100 film da vedere assolutamente: i capolavori

Guarda film indipendenti e cult selezionati

Vai oltre i film proposti dalle solite piattaforme commerciali. Guarda centinaia di film indipendenti e d'autore rari, cult e documentari introvabili selezionati da tutto il mondo.

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Quando si tratta di definire i capolavori della storia del cinema capita di trovare classifiche di ogni tipo, per ogni tipo di pubblico e manipolate dal marketing delle grandi case di produzione. Classifiche che poco o nulla hanno a che vedere con i migliori film di sempre. Capita di vedere inseriti in queste liste film così commerciali  che viene da chiedersi se costoro che le hanno scritte si siano voluti prendere gioco dei lettori o se davvero credono che certi film siamo grandi capolavori senza tempo.

Se pensi che Star Wars, Salvate il soldato Ryan, Titanic, Toy Story o l’ultimo film del regista intellettuale alla moda che ha vinto un premio a Cannes siano da inserire tra i grandi capolavori della storia del cinema allora smetti di leggere, questo articolo non è per te. Ci sono tonnellate di blog e riviste che ti raccontano qualsiasi cosa per i motivi più svariati, commerciali o culturali. L’autorevole accademia a livello mondiale di Pinco Pallino potrebbe inserire nella lista anche Jurassic Park.

Se invece vuoi fare un poco di chiarezza e capire cosa va davvero oltre le mode del momento e farti un’idea a proposito del vero cinema d’arte, il cinema concepito e pensato per andare oltre il tempo e lo spazio in cui viviamo, nella visione di quello che viene inteso e percepito come arte nella Tradizione millenaria, in cui il cinema è l’ultimo arrivato, allora questa lista di capolavori cinematografici è per te.

Nosferatu (1922)

Nosferatu, eine Symphonie des Grauens (Nosferatu: A Symphony of Horror) è un film horror espressionista tedesco del 1922 diretto da F. W. Murnau e interpretato da Max Schreck e Gustav von Wangenheim. Il film è un adattamento non autorizzato del romanzo Dracula di Bram Stoker del 1897 e racconta la storia del conte Orlok (Schreck), un vampiro transilvano che viaggia a Wismar, in Germania, alla ricerca di sangue fresco.

Thomas Hutter viene inviato in Transilvania dalla sua azienda, il rappresentante immobiliare Herr Knock, per visitare un nuovo cliente chiamato Conte Orlok che intende acquistare una residenza dalla stessa casa di Hutter. Mentre si imbarca nel suo viaggio, Hutter esce in una locanda dove i residenti vengono spaventati dalla semplice menzione del nome di Orlok.

La terra dei fantasmi e il richiamo dell’Uccello della Morte: uno dei primi (sebbene non autorizzati) adattamenti di Dracula è ancora uno dei più angoscianti. L’efficienza da insetto di Max Schreck nei panni del sanguinario Conte Orlok è altrettanto travolgente e indesiderabile come lo era praticamente un secolo fa. Le immagini inquietanti di un mondo crepuscolare del regista espressionista tedesco FW Murnau hanno stabilito lo standard agghiacciante per generazioni di film dell’orrore futuri.

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La corazzata Potemkin (1925)

La corazzata Potemkin (1925) è un film muto sovietico diretto da Sergej Michajlovič Ėjzenštejn. Racconta la storia dell’ammutinamento dei marinai dell’incrociatore corazzato Kniaz Potemkin Tavricevskil, scoppiato a Odessa il 27 giugno 1905, uno degli episodi che si svolsero in Russia durante i movimenti rivoluzionari del 1905.

Questo dramma imperdibile muto russo è stato sviluppato nel caldo della propaganda sovietica e utilizzato dal governo comunista per celebrare un evento di 20 anni prima. Racconta di una ribellione di marinai che si trasforma in una vera e propria rivolta dei lavoratori nella città di Odessa.

Il film è famoso soprattutto per una sequenza spettacolare – molto imitata e parodiata – di una carrozzina che rotola giù dalla scalinata di Odessa. La corazzata Potemkin è un film da vedere assolutamente pieno di immagini potenti e idee inebrianti, e il regista Sergei Eisenstein è giustamente considerato uno dei pionieri del linguaggio cinematografico, con la sua influenza enorme nel corso dei decenni.

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Come vinsi la guerra (1926)

Come vinsi la guerra (1926) è un film comico muto americano diretto da Buster Keaton e Clyde Bruckman. Il film racconta la storia di Johnny Gray, un giovane ingegnere che, durante la Guerra Civile Americana, si trova a fronteggiare da solo l’esercito unionista per salvare la sua fidanzata, Annabelle Lee.

Per compiacere Annabelle, Johnnie si affretta a essere il primo della fila per arruolarsi nella guerra civile americana, tuttavia viene rifiutato perché è molto più utile come ingegnere, anche se non è informato del motivo reale. All’uscita, incontra il padre e anche il fratello di Annabelle, che gli fanno cenno di unirsi a loro in fila, ma si allontana, lasciandoli con l’impressione che non desideri arruolarsi.

Potrebbe non sembrare la tua normale storia d’amore, ma è esattamente ciò che è la commedia impassibile di uno degli artisti fondamentali della storia del cinema, Buster Keaton. Un’impressionante dimostrazione di tecnica fotografica, ritmo e tempismo comico, il tutto sostenuto da un sentimento genuino. Fidati di noi, è un film da vedere assolutamente: è come una locomotiva.

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Faust (1926)

Faust (1926), diretto da F. W. Murnau, è un film muto tedesco del 1926, liberamente tratto dal poema epico di Johann Wolfgang von Goethe, Faust.

Il film racconta la storia di Faust, un professore di teologia che ha perso la fede. Faust è un uomo scontento e disilluso, che si ritrova a desiderare la conoscenza e il potere. Un giorno, Faust incontra Mefistofele, un demone che gli offre un patto: in cambio della sua anima, Mefistofele gli concederà tutto ciò che desidera.

Faust è un film potente e drammatico che esplora temi universali come la natura del male, il prezzo della conoscenza e il potere della redenzione. Il film è anche un capolavoro tecnico, con una fotografia sbalorditiva e una messa in scena espressionista.

Innovazioni tecniche

Faust è un film innovativo dal punto di vista tecnico. Murnau ha utilizzato una serie di tecniche cinematografiche all’avanguardia, tra cui:

  • Panoramica: Murnau è stato uno dei primi registi a utilizzare la panoramica in modo estensivo. Questa tecnica ha permesso di creare una visione più dinamica e coinvolgente per il pubblico.
  • Doppie esposizioni: Murnau ha utilizzato le doppie esposizioni per creare effetti onirici e surreali. Queste tecniche hanno contribuito a trasmettere la natura ultraterrena del patto di Faust con Mefistofele.
  • Profondità di campo: Murnau è stato uno dei primi registi a utilizzare la profondità di campo in modo coerente. Questa tecnica ha permesso di mantenere a fuoco sia il primo piano che lo sfondo, creando un’immagine più realistica e coinvolgente.

Stile espressionista

I set e i costumi di Faust sono progettati in stile espressionista. Lo stile espressionista si caratterizza per l’uso di forme distorte, tratti esagerati e colori innaturali. Questo ha contribuito a creare un senso di inquietudine e presagio, appropriato per la storia di Faust.

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Metropolis (1926)

Metropolis (1927), diretto da Fritz Lang, è un film espressionista di fantascienza muto tedesco del 1927 che è considerato un punto di riferimento del cinema. Il film è ambientato in un futuro distopico in cui la classe operaia lavora sottoterra, mentre l’élite ricca vive in una lussuosa città grattacielo.

Trama

Il film racconta la storia di Freder Fredersen, il figlio del sovrano della città, che si innamora di Maria, una leader operaia. Maria sta diffondendo un messaggio di pace ed uguaglianza, che minaccia il potere della classe dominante. Il braccio destro di Fredersen, Rotwang, crea un androide che assomiglia esattamente a Maria, per seminare discordia tra i lavoratori.

Accoglienza

Metropolis è stato un successo commerciale e di critica al momento della sua uscita. È stato elogiato per le sue innovazioni tecniche, i suoi set e costumi altamente stilizzati e la sua esplorazione di temi importanti come la classe, la tecnologia e lo spirito umano.

Il film è stato anche controverso per la sua rappresentazione della classe operaia. Alcuni critici hanno accusato il film di essere anti-socialista e di promuovere l’idea che la classe operaia sia ignorante e facilmente manipolabile.

Nonostante le controversie, Metropolis è rimasto un classico del cinema. È stato restaurato e ripubblicato diverse volte ed è ancora oggi un film popolare e influente.

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Una pagina di follia (1926)

Una pagina di follia (1926) è un film sperimentale horror muto giapponese del 1926 diretto da Teinosuke Kinugasa. È considerato da molti uno dei più grandi film muti giapponesi mai realizzati, ed è elogiato per l’uso innovativo delle tecniche di ripresa, i set e i costumi espressionista e le potenti interpretazioni. Il film è liberamente basato sul racconto “Diario di un pazzo” di Ryunosuke Akutagawa.

Trama

Il film racconta la storia di un ex calligrafo che è costretto a lavorare in un manicomio dopo che sua moglie impazzisce. Il calligrafo si ossessiona con una giovane paziente, e la sua ossessione presto si trasforma in follia.

Temi

Il film esplora temi di follia, ossessione e la natura della realtà. È anche una critica del sistema sociale giapponese dell’epoca.

Stile

Il film è realizzato in stile espressionista, che si caratterizza per l’uso di forme distorte, tratti esagerati e colori innaturali. Questo stile crea un senso di inquietudine e presagio, appropriato per la storia del film.

Rating

Aurora (1927)

Aurora (1927), diretto da F.W. Murnau, è un film drammatico romantico muto tedesco che è ampiamente considerato uno dei più grandi film mai realizzati. Il film è una storia d’amore, redenzione e del potere della natura.

Trama

Il film racconta la storia di un giovane contadino che è tentato da una donna di città di uccidere sua moglie e unirsi a lei in città. Tuttavia, mentre sta per commettere il crimine, è sopraffatto dal rimorso e torna da sua moglie.

Temi

Il film esplora temi di amore, tentazione, redenzione e il potere della natura. È anche una storia sull’importanza della fiducia e del perdono.

Stile

Il film è realizzato in stile espressionista tedesco, che si caratterizza per l’uso di forme distorte, tratti esagerati e colori innaturali. Questo stile viene utilizzato per creare un senso di inquietudine e presagio, appropriato per la storia del film.

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La passione di Giovanna d’Arco (1928)


La passione di Giovanna d’Arco (1928)
, diretto da Carl Theodor Dreyer, è un film drammatico storico muto danese che è considerato uno dei film più importanti e influenti mai realizzati. Il film è un’interpretazione realistica e commovente del processo e della condanna a morte di Giovanna d’Arco.

Trama

Il film racconta la storia di Giovanna d’Arco, una contadina analfabeta che crede di essere stata inviata da Dio per liberare la Francia dagli Inglesi. Giovanna guida l’esercito francese alla vittoria, ma viene catturata e processata per eresia.

Temi

Il film esplora temi di fede, coraggio, e sacrificio. È anche una storia sulla lotta per l’uguaglianza e la giustizia.

Stile

Il film è realizzato in un stile realista, con un uso minimo di effetti speciali. Dreyer ha scelto di concentrarsi sulle interpretazioni degli attori e sulla narrazione della storia.

Recensione

Il regista Carl Theodor Dreyer mostra rigore con ambientazione e montaggio; il film si concentra in gran parte sull’andirivieni tra Joan ei suoi inquisitori. Realizzato alla fine dell’era del muto, un grandioso dramma storico da vedere assolutamente perché ha stabilito nuovi standard nella recitazione cinematografica, perché ha portato ad un nuovo livello il cinema di avanguardia degli anni ’30. E per altri 100 motivi.

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The Crowd (1928)

La folla (1928), diretto da King Vidor, è un film drammatico romantico muto americano che è ampiamente considerato uno dei più grandi film muti mai realizzati. Il film è la storia della lotta di un giovane uomo per raggiungere il Sogno Americano.

Trama

Il film segue John Sims, un giovane ambizioso che si trasferisce a New York City con sua moglie Mary in cerca di una vita migliore. John si fa strada da un lavoro umile a una posizione ben retribuita, ma non sembra mai riuscire a raggiungere la felicità e il successo che desidera.

Temi

Il film esplora temi di ambizione, disillusione e la natura del Sogno Americano. È anche una storia sull’importanza della famiglia e dell’amore.

Stile

Il film è realizzato in uno stile naturalistico, con un focus sul realismo e il commento sociale. Vidor utilizza una varietà di tecniche per creare un senso di realismo, tra cui riprese in esterni, camera a mano e fotografia in profondità di campo.

M, Il mostro di Dusseldorf (1931)

M, Il mostro di Dusseldorf (1931) è un film tedesco diretto da Fritz Lang. Il film racconta la storia di un serial killer di bambini che terrorizza la città di Düsseldorf. Il film è considerato uno dei precursori del genere noir e ha avuto un’influenza significativa sul cinema successivo.

La storia del film è semplice ma efficace. Un serial killer di bambini, soprannominato “M”, inizia a terrorizzare la città di Düsseldorf. La polizia è impotente a fermarlo, e la popolazione è in preda al panico. Un gruppo di criminali decide di prendere in mano la situazione e di catturare il killer da soli.

Il film è ambientato in una Germania pre-nazista, e la storia riflette le paure e le insicurezze della società tedesca dell’epoca. Il film è anche un’analisi della natura del male e della giustizia.

Uno di quei film epocali – ce n’è solo una manciata – che si trova sul confine tra il cinema muto e l’era del suono ma attinge alle virtù di entrambi, il film sul serial killer brucia con una profonda oscurità visiva mentre rallegra le orecchie con il suo fischietto “Nella sala del re della montagna” (interpretato da uno stesso Lang con le labbra da borsetta; la sua star, Peter Lorre, non sapeva fischiare).

Il tema del film è la vigilanza: dobbiamo proteggere i nostri figli, ma chi proteggerà la società da se stessa? Capolavoro da vedere assolutamente del leggendario regista Fritz Lang.

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Luci della città (1931)

Luci della città (1931) è un film comico-drammatico muto diretto da Charlie Chaplin. Il film racconta la storia di un vagabondo che si innamora di una fioraia cieca. Si propone di aiutarla a riacquistare la vista, anche se significa sacrificare la propria felicità.

Luci della città è considerato uno dei film più grandi di Chaplin. È una storia commovente e commovente che è stata lodata per il suo umorismo, il pathos e il commento sociale. Il film è stato un successo critico e commerciale al momento della sua uscita e ha mantenuto la sua popolarità da allora.

Chaplin, reticente a rinunciare alle tecniche visive che aveva imparato, ha insistito per fare della sua nuova commedia un film muto anche se gli spettatori volevano film sonori. Come sempre, la star ha avuto l’ultima risata: non solo il film è stato un enorme successo commerciale, ma si è anche concluso con il primo piano più straziante della storia del cinema, l’apice dell’emozione, nessun dialogo richiesto. Uno dei film da vedere assolutamente.

Vampyr (1932)

Vampyr (1932) è un film horror surrealista danese diretto da Carl Theodor Dreyer. Il film racconta la storia di Allan Gray, un giovane studente di occulto che arriva in un villaggio francese per investigare una serie di misteriosi omicidi.

Uno dei più grandi film horror più spaventosi di tutti i tempi. Vampyr è un film sui vampiri realizzato negli anni del cambiamento tra il cinema sonoro e il cinema muto, utilizzando il linguaggio estetico del precedente per portare lo stile horror proprio nella nuova era. In Vampyr regna una costante sensazione di ansia e presenze invisibili che si aggirano in ogni angolo.

La fotografia di Rudolph Maté documenta ogni sfumatura di luce e oscurità in una danza straordinaria. Immagini pittoriche entrate nella storia del cinema, come quello di un uomo con una falce che suona un campanello così come l’indicazione di una locanda che sporge contro un cielo oscuro.

Un film da vedere assolutamente, con scene di culto come quella in cui Allan viene messo dagli scagnozzi del vampiro in una bara, in cui Dreyer utilizza un claustrofobico punto di vista soggettivo.

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Zero in condotta (1933)

Zero in condotta è un film del 1933, scritto e diretto dal regista francese Jean Vigo. Conosciuto anche con il titolo internazionale “Zero for Conduct”, è un classico del cinema d’avanguardia e viene spesso considerato uno dei capolavori del cinema francese degli anni ’30.

Il film è ambientato in un collegio per ragazzi gestito da un sistema autoritario e repressivo, dove i giovani studenti sono costretti a vivere in un ambiente opprimente e privo di libertà. La storia segue un gruppo di quattro ragazzi, Ribera, Tabard, Bruel e Caussat, che decidono di ribellarsi contro il sistema scolastico e le sue regole opprimenti.

La ribellione inizia con atti di protesta apparentemente innocui, ma ben presto il movimento si evolve in una vera e propria rivolta. I ragazzi cercano di rovesciare l’ordine stabilito e di rovinare la festa di fine anno organizzata dai professori e dal preside.

Il film è una critica sociale contro l’autoritarismo e l’educazione tradizionale, simboleggiata dalla figura del preside, interpretato da Michel Simon. Jean Vigo utilizza uno stile registico innovativo e sperimentale, con l’uso di angolazioni insolite e di tecniche di montaggio innovative per creare un’atmosfera surreale e onirica.

Purtroppo, il film fu accolto con critiche negative inizialmente e fu soggetto a diverse censure. Fu proiettato solo in pochi cinema e venne raramente mostrato fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale. Solo in seguito, grazie alla rivalutazione e al riconoscimento da parte dei critici, “Zero in condotta” è diventato un film di culto e una pietra miliare nella storia del cinema.

Nonostante la sua breve durata (circa 44 minuti), il film ha lasciato un’impronta significativa nel panorama cinematografico e ha ispirato numerose generazioni di cineasti successivi. La sua eredità continua a vivere ancora oggi, come un esempio di cinema innovativo e di protesta contro le ingiustizie sociali, ed è un film imperdibile.

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L’Atalante (1934)

L’Atalante è un film del 1934, diretto dal regista francese Jean Vigo. È considerato uno dei capolavori del cinema d’autore e ha avuto un grande impatto sulla storia del cinema. Il film racconta la storia di una giovane coppia di sposi, Juliette e Jean, che si sposeranno e inizieranno la loro vita insieme a bordo di un barcone chiamato “L’Atalante”, navigando lungo i canali francesi.

“L’Atalante” è un esempio di cinema poetico, caratterizzato da una narrazione sognante e una profonda riflessione sulla vita e sulle emozioni umane. Jean Vigo utilizza un approccio innovativo nella sua regia, con una combinazione di elementi realistici e fantastici. Il film è noto per le sue straordinarie sequenze a bordo della nave, la rappresentazione delle vite dei marinai e il ritratto di un amore giovane e conflittuale.

Purtroppo, Jean Vigo morì a soli 29 anni poco dopo la realizzazione di “L’Atalante”, e non ebbe modo di vedere il suo lavoro riconosciuto come un capolavoro del cinema. Tuttavia, nel corso degli anni, il film è stato rivalutato e ammirato da critici e appassionati di cinema in tutto il mondo, affermandosi come un film da vedere assolutamente per ogni cinefilo. Se hai la possibilità, ti consiglio di vedere “L’Atalante” per immergerti nella sua poetica e unica esperienza visiva.

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Sazen Tange e la pentola da un milione di Ryo (1935)

Sazen Tange e la pentola da un milione di Ryo (in giapponese: “Tange Sazen Yowa: Hyakuman Ryo no Tsubo”) è un film giapponese del 1935 diretto da Sadao Yamanaka. Il film è un adattamento cinematografico di una novella giapponese del XVIII secolo scritta da Kyokutei Bakin.

Trama

La trama del film segue le avventure di Sazen Tange, un abile spadaccino con una mano sola, alla ricerca di un antico vaso giapponese dal valore di un milione di ryo. Nel corso della sua ricerca, Sazen incontra diversi personaggi eccentrici e si scontra con numerosi nemici, impegnandosi in duelli spettacolari.

Accoglienza

Il film è considerato un classico del cinema giapponese e ha influenzato numerosi registi successivi. In particolare, il personaggio di Sazen Tange è diventato un’icona della cultura popolare giapponese e ha ispirato molte opere cinematografiche e televisive.

Purtroppo, il regista Sadao Yamanaka morì pochi anni dopo l’uscita del film, durante la Seconda guerra mondiale, rendendo “Sazen Tange and the Pot Worth a Million Ryo” una delle sue ultime opere. Tuttavia, la sua influenza nel cinema giapponese è ancora molto forte e il film rimane un’opera molto amata dalla critica e dal pubblico ed uno dei film della storia del cinema da vedere assolutamente.

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Tempi moderni (1936)

Tempi moderni (1936) è un film comico-drammatico diretto da Charlie Chaplin. È considerato uno dei capolavori del cinema di Chaplin, e uno dei film più importanti e influenti della storia del cinema.

Trama

Il film racconta la storia di Charlot, un operaio addetto alla catena di montaggio in una fabbrica di lamiere. Charlot è un lavoratore diligente, ma la catena di montaggio è così veloce che lo porta alla follia.

Charlot viene licenziato dalla fabbrica e si ritrova a vagare per le strade di una città industriale. Trova lavoro come venditore di giornali, ma anche questo lavoro è faticoso e malpagato.

Charlot incontra una giovane orfana di nome Gamin, e i due si innamorano. Tuttavia, la loro relazione è ostacolata dalle difficoltà della vita in città.

Temi

Il film esplora temi di alienazione, sfruttamento e lotta di classe. È anche una storia sull’importanza dell’amore e della solidarietà.

Stile

Il film è realizzato in uno stile comico-drammatico, con un focus sull’umanità dei personaggi. Chaplin utilizza una varietà di tecniche per creare un senso di commedia e pathos, tra cui gag fisiche, pantomima e musica.

Tra i più bei film divertenti di tutti i tempi, incessantemente fantasioso, raramente ha bisogno di presentazioni. Le gag arrivano quasi con la stessa rapidità con cui puoi elaborarle, con lo stile di Chaplin evocato qui da circostanze che sembrano costruite appositamente per finire in una catastrofe. Film imperdibile.

La Grande Illusion (1937)

La Grande Illusion (1937), diretto da Jean Renoir, è un film drammatico di guerra francese che è considerato uno dei più grandi film mai realizzati. Il film è una storia di amicizia e lealtà tra due ufficiali francesi catturati durante la prima guerra mondiale.

Trama

Il film segue i capitani Maréchal e de Boëldieu, due ufficiali francesi catturati dai tedeschi. I due uomini vengono trasferiti in un campo di prigionia, dove stringono amicizia con altri ufficiali francesi.

I prigionieri progettano un’evasione, ma il piano fallisce e i due capitani vengono trasferiti in una fortezza di massima sicurezza. Nella fortezza, i due uomini incontrano il capitano von Rauffenstein, un ufficiale tedesco che è anche un uomo d’onore.

Temi

Il film esplora temi di amicizia, lealtà, e la natura della guerra. È anche una storia sull’importanza della compassione e del rispetto reciproco, anche tra nemici.

Stile

Il film è realizzato in uno stile realistico, con un focus sull’umanità dei personaggi. Renoir utilizza una varietà di tecniche per creare un senso di realismo, tra cui riprese in esterni, camera a mano e fotografia in profondità di campo.

La Bête Humaine (1938)

La Bestia Umana (1938), diretto da Jean Renoir, è un film thriller romantico francese basato sul romanzo omonimo di Émile Zola. Il film racconta la storia di Jacques Lantier, un macchinista ferroviario che è spinto alla violenza dai suoi stessi demoni interiori.

Trama

Il film è ambientato alla fine del XIX secolo. Jacques Lantier è un macchinista ferroviario che è sposato con Flore. Tuttavia, è anche attratto da Séverine, la moglie di Roubaud, il capostazione di Le Havre.

Jacques e Séverine iniziano una relazione, e pianificano di uccidere Roubaud. Lo attirano su un treno e lo spingono fuori dai binari. Tuttavia, il loro piano va storto, e Jacques è l’unico a sopravvivere.

Temi

Il film esplora temi di passione, ossessione e il lato oscuro della natura umana. È anche una storia sulla potenza distruttiva della violenza.

Stile

Il film è realizzato in uno stile realistico, con un focus sui personaggi e sulle loro motivazioni. Renoir utilizza una varietà di tecniche per creare un senso di realismo, tra cui riprese in esterni e camera a mano.

The Zero Hour (1939)

L’ora zero (1939) è un film drammatico poliziesco americano diretto da Sidney Salkow e interpretato da Otto Kruger, Frieda Inescort e Adrienne Ames. Il film è un remake del film francese del 1938 La Bête Humaine (La bestia umana), diretto da Jean Renoir e basato sul romanzo omonimo di Émile Zola.

Trama

Il film racconta la storia di Steve Reynolds, un pilota che è perseguitato dal ricordo di un incidente che ha ucciso sua moglie e suo figlio. Sta anche lottando con il suo alcolismo e la sua relazione con la sua fidanzata, Susan.

Una notte, mentre torna a casa da un viaggio, Steve è costretto a un atterraggio di emergenza in una tempesta di neve. Viene aiutato da una giovane donna di nome Linda, e presto sviluppano una relazione romantica.

Temi

Il film esplora temi di colpa, ossessione e la potenza distruttiva della violenza. È anche una storia sulla condizione umana e la lotta per superare i demoni personali.

Stile

Il film è realizzato in uno stile cupo e atmosferico, con un focus sul tumulto psicologico dei personaggi. Salkow utilizza una varietà di tecniche per creare un senso di tensione e suspense, tra cui illuminazione a basso contrasto, primi piani estremi e montaggio rapido.

Le regole del gioco (1939)

Le regole del gioco (1939) è un film drammatico francese diretto da Jean Renoir. Il film racconta la storia di un gruppo di aristocratici che si riuniscono in una tenuta di campagna per una battuta di caccia. Il film è noto per la sua complessità narrativa, la sua esplorazione delle relazioni umane e il suo uso innovativo della cinepresa.

L’aviatore André Jurieux arriva a Parigi dopo aver attraversato l’oceano con il suo aereo. Viene accolto dal suo amico Octave, che informa André che Christine, la nobildonna austro-francese, non è venuta a salutarlo. La relazione passata di Christine con André è accettata dal suo partner, dalla sua cameriera e dal loro amico Octave.

Jean Renoir ha cementato la sua maestria con questa ricerca perfetta degli strati sociali tra gli stupidi, oziosi, in procinto di essere spazzati via dalla seconda guerra mondiale. Le questioni tra gli aristocratici e i servitori fioriscono durante una battuta di caccia di una settimana in un castello, dove l’unico crimine è scambiare la frivolezza con la sincerità.

La signora del Venerdì (1940)

Walter Burns è editore del giornale The Morning Post che apprende che la sua ex moglie e anche precedente giornalista di punta, Hildegard “Hildy” Johnson, sta per sposare l’ottuso assicuratore Bruce Baldwin e per fare un vita tranquilla come moglie e madre ad Albany, New York. Walter, decide di evitare che ciò accada e attira una riluttante Hildy a coprire un’ultima storia: l’imminente esecuzione di Earl Williams, un contabile ritenuto colpevole dell’omicidio di un agente di polizia afroamericano.

Tra i tanti film di alto livello diretti dal regista Howard Hawks, His Girl Friday è il suo più incantevole e prolisso. Il laconico Hawks avrebbe minimizzato il proprio proto-femminismo per tutta la vita, il film è anche il suo più libero; le donne forti che avevano un lavoro e lavoravano meglio dei giornalisti maschi erano semplicemente ciò che voleva vedere. Un divertente capolavoro della commedia da vedere assolutamente. Se ami le parole, adorerai questo film.

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Fantasia (1940)

Fantasia è un film d’animazione da vedere assolutamente prodotto dalla Walt Disney Productions e uscito nel 1940. Si tratta di un’opera innovativa e sperimentale per l’epoca, poiché il film mescola animazione e musica classica per creare una sorta di “sinestesia” tra i sensi dell’udito e della vista.

Il film è composto da otto segmenti, ognuno dei quali è accompagnato da una colonna sonora composta da grandi musicisti come Beethoven, Tchaikovsky, Stravinsky e Bach. Gli segmenti, animati da alcuni dei migliori artisti dell’epoca, includono scene di balletto, danza delle fatine, lotta tra il bene e il male e molto altro.

Uno dei segmenti più famosi di Fantasia è probabilmente “La Sagra della Primavera” di Stravinsky, che racconta l’evoluzione della vita sulla Terra, dalla nascita del sole fino alla comparsa dei dinosauri. Il segmento è stato criticato all’epoca per la sua brutalità e violenza, ma è diventato una pietra miliare dell’animazione moderna.

Fantasia è stato un grande successo al botteghino, ma ha incontrato reazioni miste da parte della critica. Tuttavia, negli anni successivi è diventato un cult movie, apprezzato sia per la sua bellezza visiva che per la sua audacia artistica. Il film è stato inoltre molto influente sulla cultura popolare, e ha ispirato molti altri film e produzioni artistiche.

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Quarto potere (1941)

Quarto potere (Citizen Kane, 1941) è un film del regista Orson Welles, il suo primo lungometraggio cinematografico. Il film racconta la vita di Charles Foster Kane, un magnate della stampa, attraverso i ricordi dei suoi amici e conoscenti.

In un castello chiamato Xanadu, parte di un’enorme tenuta in Florida, l’anziano Charles Foster Kane è sul letto di morte. Tenendo in mano un oggetto che rappresenta un paesaggio innevato, pronuncia una parola, “Rosabella”, e muore.

Un necrologio di un cinegiornale racconta la storia della vita di Kane, un editore di giornali enormemente ricco e magnate industriale. La morte di Kane diventa una notizia strabiliante in tutto il mondo, così come il produttore del cinegiornale incarica il giornalista Jerry Thompson di scoprire il significato di “Rosabella”.

ll dramma esistenziale di Kane – interpretato con inesauribile talento dall’attore e regista prodigioso Orson Welles – da bambino disprezzato a barone della stampa. Puoi immergerti nei metodi rivoluzionari del film, come la fotografia a fuoco profondo di Gregg Toland, la genialità della sua messa in scena così come il suo esame del capitalismo americano. È anche solo una storia dannatamente bella che non devi assolutamente perdere.

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Il mistero del falco (1941)

Il mistero del falco (The Maltese Falcon, 1941) è un film noir diretto da John Huston e interpretato da Humphrey Bogart. Il film è un adattamento del romanzo omonimo di Dashiell Hammett.

A San Francisco nel 1941, gli investigatori privati ​​Sam Spade e Miles Archer incontrano la potenziale cliente Ruth Wonderly. Più tardi quella notte, Spade viene svegliato da una telefonata della polizia che lo informa che Archer è stato ucciso. Dundy suggerisce che Spade abbia avuto l’opportunità e il motivo di uccidere Thursby, che probabilmente ha ucciso Archer.

Il film è stato presentato in anteprima a New York City il 3 ottobre 1941 ed è stato nominato per tre Academy Awards. E’ stato citato da Panorama du Film Noir Américain come il primo grande film noir. Tra i migliori film noir da vedere.

La fiamma del peccato (1944)

La fiamma del peccato (Double Indemnity, 1944) è un film noir diretto da Billy Wilder e interpretato da Fred MacMurray, Barbara Stanwyck e Edward G. Robinson. Il film è un adattamento del racconto omonimo di James M. Cain.

Nel 1938, il venditore di assicurazioni Walter Neff torna nel suo ufficio nel centro di Los Angeles con una ferita da arma da fuoco alla spalla e registra un’ammissione su un dittafono. Segue un flashback. Neff incontra l’affascinante Phyllis Dietrichson durante una visita a domicilio per consigliare al marito di ripristinare la sua polizza assicurativa per il veicolo. Phyllis chiede di acquisire un piano di assicurazione contro gli infortuni per il suo partner.

Il genere deliziosamente oscuro ed elegante del film noir semplicemente non esisterebbe senza La fiamma del peccato (Double indemnity). Questo ha davvero tutto: ricordi, omicidi, ombre e sigarette in abbondanza e, ovviamente, una subdola femme fatale (Barbara Stanwyck). Uno degli eccellenti registi dell’epoca d’oro di Hollywood, Billy Wilder si è distinto in una vasta gamma di generi cinematografici, tuttavia questa gemma hard-boiled è il suo lavoro più influente, ed è un film da vedere assolutamente.

Roma, città aperta (1945)

Roma, città aperta (1945) è un film drammatico e di guerra diretto da Roberto Rossellini. Il film è ambientato durante l’occupazione nazista di Roma e racconta la storia di tre personaggi che si oppongono al regime: Don Pietro, un parroco, Manfredi, un operaio, e Pina, una giovane donna.

Le truppe delle SS tedesche stanno cercando di incarcerare Giorgio Manfredi, ingegnere comunista e capo della Resistenza contro nazisti e fascisti italiani. Inizialmente crede che Giorgio sia un poliziotto, tuttavia quando lui chiarisce che è un confederato Giorgio gli chiede di trasferire messaggi e anche contanti a un gruppo di combattenti della Resistenza fuori città, poiché ormai è riconosciuto alla Gestapo e non può farlo da solo.

Pochi movimenti cinematografici possono vantare il tasso di successo del neorealismo italiano, un’ondata del secondo dopoguerra impegnata nella lotta della classe operaia che sembra costituire solo capolavori. Roberto Rossellini è stato responsabile film drammatici neorealisti, tra cui Germania Anno Zero e anche questo dramma di repressione e resistenza, che vanta non una ma due delle scene di morte più straordinarie di tutto il cinema. Un capolavoro imperdibile.

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Ladri di biciclette (1948)

Ladri di biciclette (1948) è un film drammatico italiano diretto da Vittorio De Sica. Il film è ambientato nella Roma del dopoguerra e racconta la storia di Antonio Ricci, un uomo che viene derubato della sua bicicletta, un bene essenziale per il suo lavoro di attacchino.

Nella comunità romana della Val Melaina del secondo dopoguerra, Antonio Ricci (Lamberto Maggiorani) è senza speranza di lavoro per mantenere la moglie Maria (Lianella Carell), il figlio Bruno (Enzo Staiola) e il figlio piccolo.

Poiché il lavoro richiede una bicicletta informa Maria che non può comprarla. Maria toglie risolutamente dal letto delle lenzuola della sua dote – oggetti preziosi per una famiglia povera- e le porta al banco dei pegni, dove vengono pagate abbastanza denaro per comprare la bicicletta per Antonio.

Il capolavoro imperdibile neorealista di Vittorio de Sica è ambientato in un mondo in cui possedere una bicicletta è la chiave per lavorare, ma potrebbe altrettanto facilmente essere ambientato in un mondo in cui l’assenza di un’auto, o di asili nido a prezzi accessibili, o di una casa, o di una previdenza sociale sono barriere insormontabili per mettere il cibo in tavola. Questo è ciò che lo rende allo stesso tempo un film per l’Italia del dopoguerra e per i giorni nostri ovunque.

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Rashomon (1950)

Rashomon (1950) è un film drammatico giapponese diretto da Akira Kurosawa. Il film è ambientato nel Giappone feudale e racconta la storia di un omicidio e dello stupro di una donna, visti dal punto di vista di quattro testimoni: un boscaiolo, un monaco, un vagabondo e lo spirito della donna.

La storia inizia nell’era Heian a Kyoto. Un taglialegna e un prete sono seduti sotto la porta della città di Rashōmon per rimanere asciutti sotto un acquazzone quando un cittadino comune (Kichijiro Ueda) si unisce a loro e iniziano a raccontare una storia estremamente inquietante riguardante uno stupro e un omicidio. Né il pastore né il taglialegna riconoscono come tutti i coinvolti potrebbero aver fornito sostanzialmente diversi resoconti della stessa identica storia.

Non è esagerato affermare che il Rashomon di Akira Kurosawa ha ridefinito la narrazione cinematografica e che è uno dei film imperdibili della storia del cinema. Con la sua struttura narrativa mutevole e inaffidabile – in cui 4 individui offrono resoconti diversi di un omicidio – il film è estremamente audace e funge anche da indicatore di come esattamente ognuno possa ingannarci.

Umberto D. (1952)

Umberto D. è un film drammatico italiano del 1952, diretto dal regista Vittorio De Sica, con protagonista Carlo Battisti nel ruolo di Umberto Domenico Ferrari, un pensionato che cerca di sopravvivere in una Roma post-bellica.

Il film racconta la struggente storia di un uomo anziano che cerca di far fronte alle difficoltà della vita quotidiana: l’affitto, la pensione insufficiente, l’isolamento sociale. Umberto D. vive con la sua fedele cagnolina, Flike, e cerca di mantenere il suo appartamento nonostante i continui richiami del proprietario.

Nonostante i suoi sforzi, Umberto D. non riesce a trovare un lavoro che gli permetta di mantenere il suo stile di vita. Cerca di vendere gli oggetti di valore, ma è costretto ad abbandonare l’idea a causa dei prezzi troppo bassi che gli vengono offerti.

Umberto D. è considerato uno dei capolavori del neorealismo italiano, un movimento cinematografico che si sviluppò dopo la Seconda Guerra Mondiale e che si caratterizzò per la rappresentazione realistica della vita quotidiana e delle difficoltà economiche e sociali dell’Italia del dopoguerra.

Il film è stato apprezzato per la sua delicatezza e la sua profonda umanità, che hanno reso Umberto D. un film da vedere assolutamente, un’icona del cinema italiano e mondiale.

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I racconti della luna pallida d’agosto (1953)

I racconti della luna pallida d’agosto (Ugetsu monogatari, letteralmente “I racconti della Luna di pioggia”, 雨月物語) è un film del 1953 diretto da Kenji Mizoguchi. Il film è ambientato nel Giappone del XVI secolo e racconta tre storie di amore, morte e ambizione.

Nella città agricola di Nakanogō, sulla riva del lago Biwa nella provincia di Ōmi durante il periodo Sengoku, Genjūrō, un vasaio, porta le sue mercanzie nella vicina Ōmizo. È accompagnato da suo cognato Tōbei, che vuole essere un samurai.

Un venerato saggio dice alla moglie di Genjūrō, Miyagi, di avvisarlo dei tumulti e degli attacchi al villaggio. Tornando con i profitti, Miyagi gli chiede di smettere di andare in paese a vendere i vasi, tuttavia Genjūrō lavora per finire le sue ceramiche. Quella notte, l’esercito di Shibata Katsuie spazza via Nakanogō.

Avidità, rispetto nei confronti dei propri familiari, la dignità del lavoro sincero sono alcuni dei temi di un capolavoro del cinema giapponese. Il film ha vinto il Leone d’argento alla Mostra del Cinema di Venezia del 1953 e anche altri riconoscimenti.

Ugetsu è uno dei film da vedere assolutamente di Mizoguchi, considerato dalla critica un’opera d’arte del cinema horror giapponese, accreditato per aver contribuito a promuovere il cinema giapponese in Occidente e influenzare il cinema giapponese successivo. E’ anche un film esoterico che può essere letto a diversi livelli.

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Viaggio a Tokyo (1953)

Tokyo Story (1953) è un film drammatico giapponese del 1953 diretto da Yasujirō Ozu e interpretato da Chishū Ryū e Chieko Higashiyama. È considerato uno dei più grandi film di Ozu e uno dei più grandi film mai realizzati.

La coppia in pensione Shūkichi e Tomi Hirayama risiedono a Onomichi, nel Giappone occidentale, con la figlia Kyōko, un’educatrice di scuola elementare. La coppia si reca a Tokyo per vedere il figlio, la figlia e la nuora vedova. Il loro figlio maggiore, Kōichi, è un medico professionista che gestisce una piccola clinica nelle aree suburbane di Tokyo, così come la loro figlia maggiore, Shige, gestisce un parrucchiere.

Kōichi e Shige sono entrambi molto impegnati con il lavoro e non hanno molto tempo per i loro genitori. Solo la loro nuora vedova, Noriko, la moglie del loro figlio medio Shōji, che si stava perdendo il lavoro e si credeva morta durante la Guerra del Pacifico, fa di tutto per stare con loro.

Il dramma familiare di Yasujiro Ozu è stato creato con rigore ed in modo impeccabile. Chishu Ryu e Chieko Higashiyama sono dignitosi e commoventi come genitori che visitano i loro nipoti e figli, solo per essere trascurati. Interpretato con delicatezza, perfettamente ripreso (di solito con la cinepresa a pochi centimetri da terra), l’opera d’arte di Yasujiro Ozu è un film da vedere assolutamente che regala magnificenza e intimità.

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I sette samurai (1954)

Nel 1587, una banda di fuorilegge parla di irruzione in un villaggio di montagna, ma il loro capo decide di aspettare fino a dopo il raccolto. Gli abitanti del villaggio lo sentono e fanno affidamento su Gisaku, l’anziano della città e mugnaio, che afferma che devono assumere samurai per proteggerli.

Dal momento che non hanno soldi e possono usare solo il cibo, Gisaku suggerisce loro di localizzare i samurai affamati. Un certo numero di abitanti del villaggio si reca in città e alla fine localizzano anche Kambei, un rōnin anziano ma esperto, che vedono salvare un bambino tenuto in ostaggio da un ladro messo alle strette. Un giovane samurai di nome Katsushiro chiede di diventare un devoto di Kambei.

Film d’autore da non perdere, 207 minuti di cinema grandioso. Toshiro Mifune è superbo nei panni del sedicente samurai mezzo pazzo, ma è anche Takashi Shimura che dà al film la sua emozione.

Sansho, l’ufficiale giudiziario (1954)

Un virtuoso governatore viene bandito da un feudatario in una lontana provincia. Sua moglie, Tamaki, e i suoi bambini, Zushiō e Anju, vengono mandati da suo fratello. Prima di separarsi, il padre di Zushiō gli dice: “Senza grazia, il maschio assomiglia a un mostro. Anche se sei duro con te stesso, sii misericordioso con gli altri”.

Invita il suo ragazzo a ricordare le sue parole e gli offre anche una statuetta di Kannon, la dea della misericordia. La madre viene introdotta nel mondo della prostituzione a Sado e i giovani vengono venduti da schiavisti in una tenuta di gente ricca in cui gli schiavi vengono brutalizzati e marchiati quando tentano di fuggire.

Il cinema giapponese aveva la capacità di girare storie di fantasmi impressionanti (Ugetsu) e drammi dietro le quinte (La storia degli ultimi crisantemi), tuttavia il suo più grande tratto era una profonda e incrollabile compassione per le donne, depresse dal patriarcato e straziate nella loro sofferenza. Un tema che attraversa gran parte dell’opera di Kenji Mizoguchi.

Questo è uno dei suoi capolavori da vedere assolutamente. Queste donne sono le protagoniste di Sansho l’ufficiale giudiziario, una dramma storico di dissoluzione familiare che ti colpirà sicuramente, sia dal punto di vista dello spettacolo cinematografico d’autore, sia per l’intensità della storia raccontata. Non scusarti per le tue emozioni.

La trilogia di Apu (1955)

I 3 film comprendono una narrazione di un bildungsroman; sono tre film drammatici sull’iniziazione e sulla formazione che raccontano gli anni dell’infanzia, l’istruzione e anche la prima maturazione di un giovane bengalese di nome Apu (Apurba Kumar Roy) nella prima parte del XX secolo.

Il lamento sul sentiero

Nel primo film di Ray come regista Il lamento sul sentiero (Pather Panchali) vengono presentate le prime esperienze di Apu nel Bengala come figlio di una famiglia di casta alta. Il papà di Apu, Harihar, un bramino, ha difficoltà a mantenere la sua famiglia. Dopo la morte della sorella di Apu, Durga, la famiglia si trasferisce nella divina città di Benares.

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Aparajito (The Unvanquished)

Le risorse finanziarie della famiglia sono ancora scarse. Dopo che suo padre è morto lì, Apu e anche sua madre Sarbajaya tornano in una città del Bengala. Nonostante l’indigenza implacabile, Apu ottiene un’istruzione formale e finisce per essere un brillante tirocinante. Si trasferisce a Calcutta per cercare la sua educazione e apprendimento. Gradualmente prende le distanze dalle sue origini contadine e dalla madre che all’epoca non stava bene.

Apur Sansar (Il mondo di Apu)

Cercando di diventare un autore, Apu si scopre improvvisamente costretto a sposare una ragazza la cui madre ha rifiutato il suo sposo malato di mente il giorno della celebrazione del loro matrimonio. Il loro matrimonio si conclude con la sua morte durante il parto. Disperato Apu abbandona suo figlio, ma alla fine torna ad accettare i suoi doveri.

Stiamo barando includendo tutti e tre i film (Pather Panchali, Aparajito e Il mondo di Apu), ma in realtà, come si separano le puntate della magnifica trilogia di formazione di Satyajit Ray? Alcuni dei film indiani da vedere assolutamente, sono anche completamente riconoscibili, sia che tu provenga da Calcutta, Roma o New York.

Un condannato a morte è fuggito (1956)

Sulla strada per il carcere, Fontaine, un membro della Resistenza francese, coglie la possibilità di sfuggire ai suoi rapitori tedeschi quando l’auto che lo porta è costretta a fermarsi, tuttavia viene rapidamente arrestato, picchiato per il suo tentativo di fuga, ammanettato e portato in prigione.

Inizialmente è incarcerato in una cella della prigione dove può parlare con tre ragazzi francesi che si stanno allenando nel cortile. Gli uomini ottengono una spilla da balia per Fontaine, che gli dà la capacità di sbloccare le sue manette.

Si basa sulle memorie di André Devigny, un partecipante della Resistenza francese detenuto nella prigione di Montluc dai tedeschi occupanti durante la seconda guerra mondiale. Il protagonista del film si chiama Fontaine. Lo stesso Bresson fu messo dietro le sbarre dai tedeschi come partecipante alla Resistenza francese. La seconda parte del titolo ha origine dalla Bibbia.

Film capolavoro imperdibile: realizzato quasi tutto in una cella di prigione, con un solo attore, senza scenografie. Rigore assoluto, cinema assoluto. Il migliore di Bresson insieme ad Au hasard Balthasar.

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Il settimo sigillo (1957)

Il cavaliere Antonius Block e il suo scudiero Jöns tornano dalle Crociate per scoprire il paese devastato dalla peste. Il cavaliere incontra la Morte, che sfida a scacchi, credendo di poter sopravvivere fintanto che il gioco continua. Il gioco che iniziano continua per tutto il racconto. Il cavaliere e il suo scudiero passano davanti a una carovana di attori: Jof e sua moglie Mia, con il loro bambino Mikael e anche l’attore-manager Jonas Skat. Svegliandosi presto, Jof ha una visione di Maria e Gesù.

Il grande dramma sulla morte di Ingmar Bergman non è un film qualunque, ma è uno dei film fondamentali della storia del cinema da vedere assolutamente. E’ un’opera di profondo pensiero filosofico da vedere assolutamente almeno una volta. Ma anche 3, 4, 5, 6…

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I 400 colpi (1959)

I 400 colpi (1959) è un film drammatico francese diretto da François Truffaut. Il film è interpretato da Jean-Pierre Léaud, che interpreta Antoine Doinel, un adolescente problematico che viene mandato in un riformatorio.

Il primo in assoluto di una raccolta autobiografica di cinque film, I 400 colpi di Francois Truffaut è la storia di Antoine Doinel (Jean-Pierre Léaud), bloccato in una miserabile vita familiare. Antoine trova conforto nel vagabondaggio, nel fumare e anche nel furto con i suoi amici. La più grande rievocazione del cinema di un’infanzia travagliata.

Un dramma sulla difficoltà di diventare adulti da vedere assolutamente, emozionante, poetico, sincero come raramente accade nel cinema. Il capolavoro che ha fatto decollare il movimento della Nouvelle Vague.

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La donna che visse due volte (1958)

La donna che visse due volte (1958) è un film thriller psicologico diretto da Alfred Hitchcock. Il film è interpretato da James Stewart e Kim Novak.

Il film racconta la storia di Scottie Ferguson, un ex poliziotto che soffre di acrofobia. Scottie viene assunto dal suo amico Gavin Elster per seguire sua moglie Madeleine, che crede di essere posseduta dallo spirito di una sua antenata.

La donna che visse due volte è un film complesso e affascinante che esplora i temi dell’amore, della perdita e della follia. Il film è caratterizzato da un’atmosfera inquietante e suspense, e da una regia magistrale di Hitchcock.

Uno sconvolgimento mentale freudiano che di solito è considerato il capolavoro di Alfred Hitchcock da vedere assolutamente, Vertigo vive in un mondo esistenziale e di suspense. Mutando attraverso i costumi di Edith Head, Kim Novak si ritrova in due ruoli: Madeleine Elster e Judy Barton, entrambi desideri per ex poliziotto di James Stewart. A concludere questo brillante thriller psicologico c’è la musica di Bernard Herrmann, che si trasforma in un finale imponente.

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La Dolce Vita (1960)

La Dolce Vita (1960) è un film drammatico italiano diretto e co-sceneggiato da Federico Fellini. Il film è interpretato da Marcello Mastroianni, Anita Ekberg e Anouk Aimée.

Il film racconta la storia di Marcello Rubini, un giornalista scandalistico che vive a Roma. Marcello è un uomo cinico e disincantato, che cerca di trovare un senso alla sua vita in un mondo che gli appare vuoto e artificiale.

La Dolce Vita è un film complesso e affascinante che esplora i temi della vacuità, della superficialità e della perdita dei valori. Il film è caratterizzato da un’atmosfera decadente e decadente, e da una regia magistrale di Fellini.

Paradossalmente, la rappresentazione del film di questo ambiente come un’edonismo corrosivo per l’anima è stupefacente. Perché Fellini filma tutto con tanta verve cinematografica e arguzia che spesso è difficile non farsi prendere dagli avvenimenti deliranti sullo schermo. Gran parte di come vediamo la celebrità risale ancora a questo film; ci ha anche offerto la parola paparazzi. Decisamente, La dolce vita è uno di quei film che ti cambiano la vita.

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L’avventura (1960)

L’avventura (1960) è un film drammatico italiano diretto da Michelangelo Antonioni. Il film è interpretato da Monica Vitti, Gabriele Ferzetti e Lea Massari.

Il film racconta la storia di un gruppo di amici che si recano in vacanza in Sicilia. Durante una gita in barca, una delle ragazze, Anna (Lea Massari), scompare misteriosamente.

L’avventura è un film complesso e affascinante che esplora i temi dell’incomunicabilità, dell’alienazione e della ricerca di senso. Il film è caratterizzato da un’atmosfera sospesa e onirica, e da una regia magistrale di Antonioni.

Nato da una storia di Antonioni scritta con i co-sceneggiatori Elio Bartolini e Tonino Guerra, un film d’essai che parla della scomparsa di una ragazza (Lea Massari) durante un viaggio in barca nel Mediterraneo, e anche del successivo tradimento del suo amante (Gabriele Ferzetti) con la sua amica (Monica Vitti).

Fu girato a Roma, alle Isole Eolie e anche in Sicilia nel 1959 in condizioni economiche e fisiche difficili. Un capolavoro da vedere per capire l’essenza del cinema di Antonioni e il suo impatto su tutti gli altri cineasti.

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Fino all’ultimo respiro (1960)

Michel è un criminale vivace che ama il rischio che si modella sul personaggio cinematografico di Humphrey Bogart. Dopo aver rubato un’auto e un camion a Marsiglia, Michel elimina un poliziotto che tenta di pedinarlo.

Afflitto dalla povertà e in fuga dalla polizia, trova una passione amorosa con un’americana, Patricia, studentessa e aspirante giornalista, che vende il New York Herald Tribune sui boulevard di Parigi. Patricia lo nasconde ignara nel suo appartamento mentre lui cerca di sedurla e cerca soldi per la loro fuga in Italia.

Il sismico debutto alla regia del critico cinematografico Jean-Luc Godard potrebbe essere definito un film drammatico con contaminazioni del gangster movie e del romance, ma è in realtà un’opera che sfugge a qualsiasi genere: è un film di avanguardia rivoluzionario da vedere assolutamente, una spavalda decostruzione dell’immagine del mafioso che ha anche reinventato il cinema stesso.

Presenta tagli cubisti, riprese manuali agitate, riprese in esterni, ritmo eccentrico, oltre a digressioni impreviste riguardo a pittura, versi, società pop, letteratura e anche film. Un’avventura attraente tra il piccolo ladro Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg si trasforma in una riflessione esistenziale stranamente toccante. È una finzione pulp, ma alchemicamente profonda.

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Psycho (1960) 

Psyco (1960) è un film horror psicologico americano diretto da Alfred Hitchcock e interpretato da Anthony Perkins, Janet Leigh, Vera Miles, John Gavin e Martin Balsam. Era basato sul romanzo omonimo del 1959 di Robert Bloch. Il film è noto per il suo montaggio innovativo, la musica e la cinematografia, nonché per la sua iconica scena della doccia, che è stata ampiamente imitata e parodiata.

Il film racconta la storia di Marion Crane, una giovane donna che appropria indebitamente di 40.000 dollari dal suo datore di lavoro e si mette in viaggio per iniziare una nuova vita. Si ferma al Bates Motel, gestito dal disturbato Norman Bates. Marion viene uccisa nella doccia dalla madre di Norman, che la vede come una minaccia alla felicità del figlio.

Alfred Hitchcock desiderava girare il suo prossimo film dopo Psycho a Disneyland, tuttavia lo stesso Walt Disney rifiutò, definendo Psycho “rivoltante”. Psycho è accreditato da alcuni come uno dei primi esempi di film slasher, tuttavia, sebbene abbia sicuramente avuto un impatto sul sottogenere slasher, in realtà è tra i migliori film horror psicologici di tutti i tempi. 

La capacità di Perkins di esporre in modo credibile strato dopo strato la mente disturbata di Norman è tra le fantastiche conquiste del cinema horror, insieme allo stile di Hitchcock. Psycho è uno di quei film horror psicologici da vedere assolutamente almeno una volta nella vita.

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La fontana della vergine (1960)

https://youtu.be/Q5g2EeIp8r8

La fontana della vergine è un film svedese del 1960 diretto da Ingmar Bergman. Il film è tratto dalla ballata medievale svedese “Töre’s döttrar i Wänge”.

La storia è ambientata nella Svezia medievale e racconta di una giovane ragazza di nome Karin che viene violentata e uccisa da tre pastori. I pastori, ignari di ciò che hanno fatto, si rifugiano nella casa del padre di Karin. Il padre, Tore, cerca vendetta e uccide i pastori.

Il film è un’esplorazione delle tematiche della colpa, del perdono e della fede. Bergman utilizza la storia per esplorare la natura umana e le domande esistenziali che tutti ci poniamo. Il film è stato un successo di critica e pubblico e ha vinto l’Oscar al miglior film straniero nel 1961.

La fontana della vergine è un film complesso e ricco di simbolismi. Bergman utilizza la storia per esplorare la natura umana e le domande esistenziali che tutti ci poniamo.

Uno dei temi principali del film è la colpa. Karin è una ragazza innocente che viene violentata e uccisa. I pastori, invece, sono colpevoli del suo omicidio. Tuttavia, Bergman non presenta i pastori come dei semplici cattivi. Sono uomini semplici che hanno commesso un errore terribile. Sono anche uomini che soffrono per quello che hanno fatto.

Un altro tema importante del film è il perdono. Tore, il padre di Karin, è consumato dalla rabbia e dal desiderio di vendetta. Vuole uccidere i pastori che hanno ucciso sua figlia. Tuttavia, alla fine, Tore decide di perdonare i pastori. Questo gesto di perdono è difficile, ma è anche un gesto di amore e di compassione.

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Accattone (1961)

Vittorio (Franco Citti), soprannominato “Accattone”, conduce una vita da fannullone finché la sua prostituta, Maddalena, viene sfruttata dai suoi rivali e condannata. Senza un reddito costante tenta prima di sistemarsi con la mamma di suo figlio, ma viene scacciato dai suoi genitori; dopodiché si imbatte nella ingenua Stella e tenta di indurla a prostituirsi per lui.

Lei è disposta a provare, ma quando il suo primo cliente inizia a picchiarla, piange e scende anche dall’auto. Accattone tenta di sostenerla, ma si arrende dopo che, oltre ad avere un’insolita visione della propria morte, va a rubare con gli amici.

Indipendentemente dal fatto che sia stato filmato da una sceneggiatura, Accattone è solitamente percepito come una versione cinematografica dei primi racconti di Pierpaolo Pasolini, in particolare Ragazzi di vita e anche Una vita violenta.

È stato il primo film di Pasolini come regista, ed utilizza i volti che in seguito sarebbero stati sicuramente visti come attributi del marchio Pasolini: attori non professionisti provenienti dal luogo in cui è ambientato il film, è uno dei grandi capolavori cinematografici da vedere assolutamente sugli individui colpiti dalla povertà.

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La notte (1961)

La notte è un film del 1961 diretto dal regista italiano Michelangelo Antonioni. Fa parte della famosa “trilogia della solitudine” del regista, insieme a “L’avventura” e “L’eclisse”. Il film è un esempio significativo del cinema d’autore italiano e ha avuto un impatto duraturo sulla storia del cinema.

La trama di “La notte” segue un giorno nella vita di un intellettuale romano, Giovanni Pontano (interpretato da Marcello Mastroianni), e sua moglie Lidia (interpretata da Jeanne Moreau), durante una serata in cui partecipano a una festa elegante e poi si confrontano con i problemi della loro relazione. Il film esplora temi di alienazione, insoddisfazione esistenziale e la difficoltà di comunicazione tra le persone.

“La notte” è noto per il suo stile visivo distintivo, con lunghi piani sequenza e inquadrature precise che catturano la solitudine dei personaggi e l’atmosfera surreale delle scene urbane. Antonioni utilizza spesso il paesaggio urbano come elemento centrale delle sue opere, trasmettendo un senso di disconnessione tra gli individui e la città.

Il film è stato elogiato dalla critica per la sua profonda analisi psicologica dei personaggi e per la sua sottile ma potente riflessione sulla condizione umana. “La notte” è un’opera cinematografica complessa da vedere assolutamente che continua a essere apprezzata per la sua raffinata cinematografia e il suo impatto culturale. Se sei interessato al cinema d’autore, questo film è sicuramente una scelta imperdibile.

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L’eclisse (1962)

L’eclisse è un film diretto dal regista italiano Michelangelo Antonioni, uscito nel 1962. Come ho accennato prima, “L’eclisse” fa parte della famosa “trilogia della solitudine” di Antonioni, insieme a “L’avventura” e “La notte”. Il film è considerato uno dei capolavori imperdibili del cinema d’autore italiano e ha ricevuto elogi dalla critica per la sua visione innovativa e il suo stile cinematografico unico.

La trama di “L’eclisse” segue le vicende di una giovane donna, Vittoria (interpretata da Monica Vitti), che si trova in una fase di transizione emotiva dopo la fine di una relazione. Durante il corso del film, Vittoria incontra un giovane uomo ambizioso di nome Piero (interpretato da Alain Delon), e si sviluppa una relazione ambigua tra i due. Il film esplora temi di alienazione, isolamento e insoddisfazione nella vita moderna.

Antonioni utilizza il suo stile visivo distintivo, con lunghi piani sequenza e inquadrature precise, per creare un’atmosfera di incertezza e desolazione emotiva. Il regista esamina la difficoltà di comunicazione tra le persone e il vuoto esistenziale nei loro rapporti. “L’eclisse” è noto anche per la sua conclusione iconica, in cui una scena d’amore si trasforma in una scena di abbandono e perdita.

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L’angelo sterminatore (1962)

Durante una cena formale presso lo stravagante maniero del Señor Edmundo Nóbile e della sua dolce metà Lucía, i domestici lasciano inspiegabilmente i loro posti di lavoro finché non rimane solo il maggiordomo.

Dopo cena i visitatori si incontrano nel salone dove una delle signore, Blanca, suona un pianoforte. Più tardi, quando normalmente è previsto che tornino a casa, gli ospiti stranamente si tolgono i cappotti, si allentano i vestiti e si accontentano di dormire su divani, sedie e pavimento.

Gli ospiti consumano quel poco di cibo e bevande rimaste dalla festa della notte precedente. Solo il dottor Carlos Conde, applicando logica e ragione, riesce a mantenere la calma e guida gli ospiti attraverso il calvario. Un ospite, l’anziano Sergio Russell, muore e il suo corpo viene riposto in un grande armadio.

L’angelo sterminatore è considerato tra i migliori 1.000 film dal New York Times, ed è stato adattato a un’opera nel 2016. Film da non perdere, una delle vette del cinema surrealista.

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Carnival of Souls (1962)

Carnival of Souls (1962) è un film horror psicologico americano prodotto e diretto da Herk Harvey e scritto da John Clifford da una storia di Clifford e Harvey, con Candace Hilligoss.

Carnival of Souls è un film che segue la traccia di Night of the Hunter: creativamente genuino, da un regista alle prime armi, ma per lo più dimenticato nel suo lancio iniziale fino alla sua riscoperta anni dopo che lo ha trasformato in un vero e proprio film di culto.

Detto questo, non è l’opera d’arte di Night of the Hunter, ma è una piccola storia inquietante e straordinaria di spiriti maligni, rimpianti e spiriti inquieti. La trama racconta di una donna (Candace Hilligoss) in fuga dal suo passato che è perseguitata dalle visioni di un uomo dal viso pallido, magnificamente filmato e interpretato dal regista Herk Harvey.

Carnival of Souls è un classico film horror sui fantasmi indipendente, realizzato con un budget limitato, ed è stato anche indicato come un cult onirico da registi come David Lynch

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Otto e Mezzo (1963)

Guido Anselmi, noto regista cinematografico italiano, è alle prese con il “blocco del regista”. Bloccato nel suo nuovissimo film di fantascienza che include riferimenti autobiografici velati, in realtà ha perso interesse nella vita, tra problemi coniugali e artistici. Mentre cerca di riprendersi dalle sue ansie alle terme di Chianciano, Guido contatta un famoso critico cinematografico per valutare le idee per il suo film, ma il critico le fa a pezzi.

Guido ha visioni ricorrenti di una donna che considera cruciale per la sua storia. La sua amante Carla prevede di fargli visita, ma Guido la mette in un hotel separato. Il team di produzione del film si trasferisce all’hotel di Guido nel tentativo non riuscito di convincerlo a lavorare al film. Guido confessa alla migliore amica di sua moglie, Rosella, che voleva fare un film che fosse puro oltre che sincero: sta lottando per qualcosa di onesto da dire.

Dopo il successo de La Dolce Vita, Fellini si è risollevato da un vicolo cieco creativo con questo capolavoro autobiografico su un regista che vive un blocco creativo. Prendendo il titolo dal numero di film che Fellini aveva effettivamente finito fino a questo punto (compresi alcuni brevi segmenti per film antologici), Otto e mezzo presenta Guido assediato da adulatori e collaboratori mentre combatte per ottenere l’inizio di una ingombrante film di fantascienza .

Un film cult dei registi di tutto il mondo, il film di Fellini è stato citato e imitato in numerosi film successivi. Incantesimo del Cinema alla massima potenza dello stregone Federico Fellini è “il Film” da vedere almeno una volta prima di morire per comprendere le più alte vette del cinema. Per gli addetti ai lavori, registi e sceneggiatori, questo è il più importante film mai realizzato.

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Gli uccelli (1963)

Gli uccelli (1963) è un film horror psicologico americano diretto da Alfred Hitchcock e interpretato da Tippi Hedren, Rod Taylor e Jessica Tandy. Il film è basato su un racconto di Daphne du Maurier pubblicato nel 1952.

Il film racconta la storia di Melanie Daniels, una ricca e sofisticata donna che segue uno studente di ornitologia, Mitch Brenner, in una piccola città della California. Quando Melanie si avvicina a Mitch, gli uccelli della città iniziano ad attaccare gli umani in modo inspiegabile.

Uno dei capolavori da non perdere tra i film horror basati su storie vere, diretto da Alfred Hitchcock, Gli uccelli è incentrato su una piccola città californiana terrorizzata da uno gigantesco stormo di uccelli aggressivi.

È basato sul racconto di Daphne Du Maurier ma il film è basato anche su una storia vera, quando i residenti a Capitola, in California, si sono svegliati in una scena uscita direttamente da un film dell’orrore. All’epoca era un mistero completo, ma gli scienziati ora credono che l’acido domoico e le sue neurotossine fossero la causa del comportamento bizzarro degli uccelli.

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I mostri (1963)

I mostri è tra le vette più alte dei film comici italiani, e fu girato nel 1963 dal regista Dino Risi. Il film ebbe un notevole successo in Italia e fu tra i maggiori incassi dell’anno. Fu censurato in Spagna per le situazioni volgari e imbarazzanti.

Quasi sconosciuto fuori dall’Italia, fi distribuito solo nel 1968 negli Stati Uniti e nel 1977 fu girato un seguito, assolutamente non all’altezza del primo, che fu addirittura candidato all’Oscar, intitolato I nuovi mostri.

I protagonisti principali sono Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman sono gli interpreti principali con personaggi che diventano simbolo dei vizi della maggior parte degli italiani negli anni Sessanta, in una lunga galleria di 20 episodi esilaranti.

Indubbiamente i personaggi e le circostanze divertenti sono messi in scena in un modo che tocca i limiti più estremi della satira. La satira degli episodi colpisce personaggi di ogni genere e classe sociale, politici e poliziotti che abusano del loro potere e le classi medie.

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Au Hasard Balthazar (1966)

Au Hasard Balthazar (1966) è un film drammatico francese diretto da Robert Bresson e interpretato da Michel Simon, Anne Wiazemsky e François Lafarge. Il film è ambientato in Francia e racconta la storia di un asino, Balthazar, che passa di mano in mano, sperimentando la crudeltà e la bontà dell’umanità.

Nella campagna francese vicino ai Pirenei, un asino viene adottato da bambini piccoli: Jacques e le sue sorelle, che vivono in una fattoria. Quando una delle sorelle di Jacques muore, la sua famiglia lascia la fattoria e la famiglia di Marie prende l’asino in consegna. Il padre di Marie viene coinvolto in controversie legali sulla fattoria con il padre di Jacques e l’asino viene relegato a una panetteria locale per i lavori di consegna.

Ispirato a L’idiota di Fëdor Dostoevskij del 1868-69, il film racconta di un asino che passa attraverso diversi proprietari, molti dei quali lo trattano in modo violento. Ricordato per lo stile rigoroso della regia di Robert Bresson è considerato anche un’opera di grande impatto emotivo, spesso descritto come uno dei più grandi film di tutti i tempi. Uno di quei film che può cambiarti la vita e darti maggiore consapevolezza.

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Persona (1966)

Alma è una giovane infermiera registrata incaricata da un medico di prendersi cura dell’attrice Elisabet Vogler. Alma le legge una lettera del marito di Elisabet che ha una foto del loro bambino, e l’attrice strappa la foto. Il medico ipotizza che Elisabet possa recuperare meglio in una casetta in riva al mare, e la manda anche lì con Alma.

Al cottage, Alma informa Elisabet che nessuno le ha mai prestato attenzione prima. Alma racconta la storia di come, mentre era già in una relazione con Karl-Henrik, ha preso il sole nuda con Katarina, una donna che aveva incontrato.

Ingmar Bergman ha l’efficacia di trasformare semplici seguaci di film in deliranti tossicodipendenti; Persona è un film che non puoi perdere, uno psicodramma a doppia faccia che in qualche modo sembra essere stato girato lo scorso fine settimana con due dei migliori amici (Bibi Andersson e Liv Ullmann).

Solo per la sua intimità ed economia, il film sembra un’anteprima degli anni difficili a venire. Bergman, convalescente da una grave polmonite, compose la sceneggiatura nel centro sanitario, alle prese con una crisi che sublimò in arte di altissimo livello.

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Andrei Rublev (1966)

Andrei Rublev è un dramma storico diviso in otto episodi, con un inizio e un epilogo che riguardano solo vagamente il film principale. Il film principale ripercorre la vita del grande pittore di simboli attraverso 7 episodi che sono paralleli alla sua vita o rappresentano transizioni aneddotiche nella sua vita. L’epoca è la Russia del XV secolo, una ambientazione temporale approssimativa identificata dai combattimenti tra i principi rivali e le intrusioni tartare.

L’epico ritratto del regista sovietico Andrei Tarkovsky dei tempi dei più famosi pittori medievali russi mette in primo piano qualità come il paesaggio, lo stato d’animo e i personaggi. E’ la storia dello sforzo di un uomo per vincere il suo dilemma di fede in un mondo che sembra avere una scorta infinita di violenza fisica e litigi, ed è anche una straordinaria testimonianza della perseveranza degli artisti che operano dentro società oppressive. Una delle vette più alte del cinema d’essai, film grandioso a livello figurativo: immagini che lasciano senza fiato.

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2001: Odissea nello spazio (1968)

In un’epoca preistorica, un popolo di ominidi viene respinto dalla sua pozza d’acqua da una tribù rivale. Il giorno seguente, scoprono che un monolite alieno è  apparso tra loro; li aiuta a capire esattamente come utilizzare un osso come arma e a scacciare i loro avversari.

Milioni di anni dopo, il Dr. Heywood Floyd, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Astronautica degli Stati Uniti, fa un viaggio alla Base Clavius, un avamposto lunare degli Stati Uniti. Il suo obiettivo è quello di controllare un manufatto localizzato di recente, un monolite simile sepolto quattro milioni di anni prima vicino al cratere lunare Tycho. Lui e altri viaggiano su un Moonbus fino al monolite.

2001: Odissea nello spazio è una storia di sviluppo tecnologico e relativo disastro intrisa di umanità, in tutto il suo splendore, debolezza, nervosismo e folle aspirazione.

Il film di fantascienza più importante e più sbalorditivo della storia del cinema. Un mercato di riferimento di sballati, sbalordito dalla sua sequenza di Star Gate e dall’introduzione di elementi visivi psichedelici, l’ha consacrato immediatamente come uno dei più grandi film della storia del cinema. La spaventosa visione del futuro di Kubrick – IA e tutto il resto – sembra ancora profetica, dopo oltre 50 anni. Un film che devi vedere assolutamente se ami l’arte delle immagini in movimento: estasi visiva e sonora.

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C’era una volta il West (1968)

C’era una volta il West (1968) è un film western all’italiana diretto da Sergio Leone e interpretato da Charles Bronson, Claudia Cardinale, Henry Fonda e Jason Robards. Il film è ambientato nel West americano del XIX secolo e racconta la storia di un misterioso pistolero, Harmonica, che arriva in una piccola città per vendicare l’omicidio della sua famiglia.

Un uomo chiamato “Armonica” cerca vendetta contro il criminale Frank. In secondo luogo, Frank lavora come killer per il magnate delle ferrovie, Morton, che sta cercando di acquisire determinate terre possedute dalla famiglia Brett McBain. Gli spolverini che hanno messo gli fanno credere che siano i ragazzi di Cheyenne. Frank lascia prove per incolpare Cheyenne per gli omicidi.

Il capolavoro imperdibile dello spaghetti western di Sergio Leone è ambientato in un’America civilizzata, sebbene girato principalmente a Roma oltre che in Spagna. Il film si svolge in una frontiera astratta di vecchio contro nuovo, di eroi della vita che svaniscono nella memoria.

È un trionfo di un mondo scomparso e di un cinema impressionante. Lo sguardo gelido di Henry Fonda, le chitarre di Ennio Morricone e l’enorme Charles Bronson nei panni dell’ultimo pistolero sono solo tre fattori su un milione di cose preziose.

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Rosemary’s Baby (1968)

In quanto agnostico, Roman Polanski ha intenzionalmente tessuto un filo di incertezza nel suo adattamento del libro. Quell’incertezza aumenta l’elemento di horror psicologico di Rosemary’s Baby.

Quando una giovane coppia, Rosemary (Mia Farrow) e Guy (John Cassavetes), si trasferiscono in una casa di New York e fanno amicizia con una coppia di anziani, le loro vite iniziano a prendere strade diverse.

La professione dell’uomo è in evoluzione, e nel frattempo Rosemary immagina oscuri scenari. La crescente paura di Rosemary potrebbe essere dovuta a un disturbo mentale o potrebbe essere dovuta a qualcosa di sinistro che sta accadendo all’interno dell’appartamento.

Rosemary’s Baby è un capolavoro da vedere assolutamente dell’horror che ha finito per essere una delle pietre miliari del genere.

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La notte dei morti viventi (1968)

La notte dei morti viventi è un film apocalittico di genere horror del 1968 realizzato a basso budget da George A. Romero ed un gruppo di suoi amici. Nel film i protagonisti Barbara (interpretata da Judith O’Dea) e Johnny (Russell W. Streiner) stanno vedendo la tomba del loro papà in un cimitero di campagna della Pennsylvania quando una persona sconosciuta li colpisce.

Durante la colluttazione, Johnny viene ucciso, ma Barbara riesce a fuggire. Cerca rifugio in una fattoria, dove trova il cadavere mezzo mangiato del proprietario. Terrorizzata si imbatte in un esercito di morti viventi.

Il film horror zombie senza budget iniziale che diventa un vero e proprio biglietto da visita per il suo regista, La notte dei morti viventi di George A. Romero inizia con un singolo zombi in un cimitero e si sviluppa in un esercito di non morti che attacca una casa privata. Molti cliché spaventosi contemporanei iniziano da questo film indie. Tuttavia, assolutamente niente lo supera per stile, arguzia mordente, critica razziale, politica e spavento.

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Block Notes di un regista (1969)

Block Notes di un regista è un film documentario del 1969 diretto da Federico Fellini. Il film è stato girato a Cinecittà e segue Fellini mentre lavora al suo film Satyricon. Il film è un misto di interviste, scene di backstage e momenti di vita quotidiana a Cinecittà.

Fellini parla del suo processo creativo e della sua visione del cinema. Parla anche della sua relazione con i suoi attori e della sua passione per il cinema. Il film è un ritratto intimo di Fellini come artista e come uomo.

Block Notes di un regista è un film importante nella carriera di Fellini. È uno dei primi film in cui Fellini si è lasciato andare al suo lato più personale e autobiografico. Il film è stato un successo di critica e pubblico e ha contribuito a consolidare la fama di Fellini come uno dei più grandi registi del XX secolo.

Block Notes di un regista è un film splendido da vedere assolutamente, avanguardia che parla di cinema, ma è anche un film che parla di vita ed emoziona profondamente. È un capolavoro del cinema sperimentale che ci fa riflettere sulla natura del cinema e sulla natura della vita. È un film che ci fa sognare e ci fa divertire. È un film che ci fa pensare.

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L’uccello dalle piume di cristallo (1970)

L’uccello dalle piume di cristallo un film del 1970 diretto dal maestro del Giallo italiano Dario Argento, nel suo esordio alla regia. Il film è il primo del genere giallo italiano che inaugurò un lungo periodo di successo della categoria. Alla sua uscita il film ha avuto molto successo al botteghino con incassi di 1.650.000.000 di lire italiane.

E’ stato un successo anche fuori dall’Italia. Sam Dalmas è un autore americano in vacanza a Roma con la sua fidanzata inglese, Julia, sta vivendo il blocco dello scrittore ed è sul punto di tornare in America, tuttavia assiste all’aggressione di una signora in una galleria d’arte da parte di uno strano individuo in guanti neri che indossa un impermeabile.

Cercando di raggiungerlo, Sam è intrappolato tra 2 porte a vetri azionate meccanicamente e può semplicemente guardare la fuga dell’uomo. La signora, Monica Ranieri, ha subito l’aggressione e la polizia sequestra il passaporto di Sam per impedirgli di lasciare la nazione. Si pensa che l’aggressore sia un serial killer che sta uccidendo le ragazze in tutta la città e Sam è un testimone cruciale.

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Arancia meccanica (1971)

Arancia meccanica (1971) è un film di fantascienza distopico diretto da Stanley Kubrick e interpretato da Malcolm McDowell, Patrick Magee, Adrienne Corri, Michael Bates e Warren Clark. Il film è basato sul romanzo omonimo di Anthony Burgess pubblicato nel 1962.

I 4 teppisti protagonisti del film irrompono in un cottage, picchiando un vecchio scrittore e violentando anche sua moglie, che in seguito muore. Quando un tentativo di rapina va storto e Alex uccide una donna anziana con un enorme fallo di marmo, viene condannato a 14 anni di carcere.

Immerso in una Inghilterra distopica, è il racconto in prima persona di un giovane delinquente che si sottopone a una riabilitazione emotiva sponsorizzata dallo stato. Capolavoro cinematografico da vedere e rivedere infinite volte. Uno di quei film che ti cambia la vita, incredibile satira sui sistemi politici estremi che si basano su versioni opposte della perfettibilità umana.

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Il Padrino (1972)

Il Padrino (1972) è un film epico di gangster diretto da Francis Ford Coppola e interpretato da Marlon Brando, Al Pacino, James Caan, Richard Castellano, Robert Duvall, Sterling Hayden, John Marley, Richard Conte, e Diane Keaton. Il film è basato sull’omonimo romanzo di Mario Puzo pubblicato nel 1969.

Dai saggi di Quei bravi ragazzi a I Soprano, tutti gli imperi dell’attività criminale che seguirono Il Padrino sono figli dei Corleone: l’opera magnum di Francis Ford Coppola è uno dei capolavori seminali della categoria mafiosa. Una battuta di apertura significativa (“Credo nell’America”) mette in moto il dramma di Mario Puzo, prima che l’epopea di Coppola si trasformi in un racconto agghiacciante che distrugge il sogno americano.

La storia intrisa di corruzione racconta di una famiglia di immigrati alle prese con i valori paradossali del potere e della religione; quelle opposizioni morali si cristallizzano in un’epica serie di battesimi, magnificamente curata parallelamente all’uccisione di quattro persone di potere tra i clan. Con innumerevoli dettagli leggendari – la testa mozzata di un cavallo, la voce ansimante di Marlon Brando, il valzer memorabile di Nino Rota – l’autorità del Padrino sopravvive nel tempo.

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Roma (1972)

Federico Fellini racconta la sua giovinezza a Roma. Il film si apre con una folla chiassosa e pittoresca che accoglie il giovane che scende da un treno alla stazione Termini. Seguono sequenze che mostrano Roma durante il regime fascista negli anni ’30 e negli anni ’70.

Un giovane Fellini (Gonzales) si trasferisce in un enorme appartamento romano abitato da gente grottesca (compreso un sosia di Benito Mussolini) e gestita anche da una donna obesa. Visita 2 bordelli – uno fatiscente e sovraffollato e l’altro più lussuoso ed elegante – e apparentemente ama anche una prostituta che opera in quest’ultimo. Poi c’è un teatro di vaudeville a buon mercato, strade, tunnel, nonché un’antica catacomba con affreschi che vengono distrutti dall’aria fresca subito dopo che gli scavatori l’hanno scoperta.

È un omaggio alla città, mostrato in una serie di episodi vagamente collegati ambientati sia nel presente che nel passato di Roma. La trama è davvero poca, e l’unico “personaggio” ad affermarsi considerevolmente è la stessa Roma. Peter Gonzales interpreta il giovane Fellini e il film include molti attori non professionisti.

Film da vedere per lo stile unico, anti narrativo, a blocchi di sequenze autonome. Visionario, psichedelico, delirante. Ogni sequenza è un capolavoro, un film nel film. Ogni inquadratura, anche quelle che durano solamente due secondi, è un’opera pittorica degna di una prestigiosa galleria d’arte. Uno dei grandi viaggi visivi del XX secolo.

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Le lacrime amare di Petra von Kant (1972)

Petra von Kant (Carstensen) è una famosa stilista con sede a Brema. Il film è quasi completamente girato nella camera da letto del suo appartamento, decorata da una significativa ricreazione di Mida di Poussin e anche di Bacco (1630 circa), che raffigura donne e uomini nudi e parzialmente vestiti. La stanza contiene inoltre vari manichini a grandezza naturale per il suo lavoro.

Le relazioni coniugali di Petra si sono concluse con la morte o la separazione. Il suo primo coniuge Pierre era un grande amore, morto in un incidente d’auto mentre Petra era incinta; il 2° iniziò allo stesso modo, ma finì male. Petra vive con Marlene, un’altra designer, che tratta come una schiava, e questa relazione rivela le tendenze viziose di Petra.

Questo dramma film da vedere assolutamente è probabilmente il suo più acuto e psicologicamente complesso; indiscutibilmente, è il suo più stronzo. C’è così tanto da amare nella resa dei conti di Fassbinder, che va oltre lo spettacolo di due fashioniste in duello, in una profonda esplorazione dell’invecchiamento e dell’obsolescenza.

Solaris (1972)

Solaris è un film di fantascienza del 1972, diretto dal regista sovietico Andrei Tarkovsky. Il film è basato sul romanzo di fantascienza del 1961 scritto dallo scrittore polacco Stanisław Lem. È considerato uno dei capolavori della cinematografia sovietica e uno dei migliori film di fantascienza mai realizzati.

Trama

La trama di “Solaris” ruota attorno al dottor Kris Kelvin, interpretato da Donatas Banionis, un cosmonauta e psicologo inviato su una stazione spaziale in orbita intorno al pianeta alieno Solaris. La stazione spaziale è popolata solo da pochi scienziati e sembra essere coinvolta in strani fenomeni.

Solaris è un pianeta coperto da un vasto oceano intelligente che sembra essere in grado di materializzare le paure, le speranze e le memorie dei membri dell’equipaggio sotto forma di manifestazioni fisiche.

Recensione

Il film esplora temi filosofici e psicologici, concentrandosi sull’isolamento, la solitudine, l’amore, la memoria e la natura della realtà. “Solaris” è un’opera lenta e riflessiva, caratterizzata da lunghi piani sequenza, scene suggestive e una fotografia sorprendente. La regia di Tarkovsky enfatizza l’atmosfera surreale e onirica del pianeta alieno, mentre gli attori offrono interpretazioni coinvolgenti che catturano l’intensità emotiva della storia.

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Amarcord (1973)

Amarcord (1973) è un film commedia-drammatica semi-autobiografica sulla formazione diretta da Federico Fellini e interpretata da Bruno Zanin, Pupella Maggio, Magali Noël, Armando Brancia ed Enzo Fazioli. Il film è ambientato nella città natale di Fellini, Rimini, in Italia, negli anni ’30, e racconta la storia di Titta, un giovane ragazzo che cresce in una piccola città durante un periodo di sconvolgimenti politici e sociali.

Amarcord è considerato uno dei film più personali e autobiografici di Fellini. È una celebrazione dell’infanzia, della memoria e della bellezza del cinema. Il film è pieno di umorismo, pathos e nostalgia, ed è un must per qualsiasi fan del lavoro di Fellini.

Il titolo del film deriva dall’espressione romagnola a m’ arcôrd (“io tengo mi ricordo”). Il personaggio di Titta è senza dubbio basato sul compagno di gioventù di Fellini, riminese, Luigi Titta Benzi. Benzi finì per essere un avvocato e continuò a essere in stretto contatto con Fellini per tutta la vita. Capolavoro pieno di umanità e poesia, è un film da vedere assolutamente per tutti, anche per chi non comprende a pieno i film più complessi di Fellini.

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L’esorcista (1973) 

Nel nord dell’Iraq, il sacerdote cattolico Lankester Merrin partecipa a uno scavo storico in cui scopre un medaglione di San Giuseppe e un manufatto che rappresenta Pazuzu, un demone. Mentre Merrin si prepara a lasciare l’Iraq, trova una grande scultura di Pazuzu e osserva anche 2 animali domestici che combattono nel deserto.

A Georgetown, l’attrice Chris MacNeil lavora a un film diretto dal suo amico Burke Dennings. Il prete di Georgetown Damien Karras fa visita a sua madre a New York. Chris sente dei rumori in soffitta e Regan le racconta di un amico immaginario di nome “Captain Howdy”.

L’esorcista è sicuramente il più importante capolavoro nel sottogenere dei film horror sull’esorcismo. C’è un motivo per cui gli spettatori stavano andando via del cinema in barella quando William Friedkin ha scatenato il suo inferno cinematografico sull’umanità, ed è lo stesso motivo per cui diventiamo ombre tremanti dopo aver trascorso un po’ di tempo con Regan: semplicemente non puoi non vederlo. Uno dei film horror più spaventosi in assoluto.

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Il fantasma del palcoscenico (1974)

La storia segue il compositore di canzoni Winslow Leach, visto dall’infernale produttore di dischi Swan durante la sua esibizione come supporto alla band nostalgica in stile anni ’50 The Juicy Fruits, creata da Swan. Swan pensa che le canzoni di Winslow siano le migliori per aprire “The Paradise” – il nuovo auditorium estremamente atteso di Swan – e dà ordini al suo braccio destro Arnold Philbin di acquisire i diritti delle canzoni di Leach.

Un mese dopo Winslow si reca alla Swan’s Death Records per chiedere informazioni sulla sua musica, ma viene buttato fuori. Si insinua nella villa di Swan e osserva delle donne che si esercitano con le sue canzoni per un’audizione. Una è Phoenix, un aspirante cantante, che Winslow considera l’ideale per le sue canzoni. Winslow si innamora di Phoenix. Winslow scopre il piano di Swan di aprire il Paradiso con le sue canzoni, si intrufola nella Swan Records, ma Swan ordina ai suoi servi di picchiare Winslow e incastrarlo per spaccio di droga.

Film horror cult geniale, di avanguardia, da vedere assolutamente per la sua follia e l’innovazione che Brian De Palma ha portato nel linguaggio cinematografico. Una delle pietre miliari della carriera del regista italo-americano.

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Lo squalo (1975)

Nella città balneare di Amity Island, nel New England, una ragazza, Chrissie Watkins, si tuffa in mare. Mentre nuota, viene aggredita da un grosso pesce. Il giorno seguente, i suoi resti vengono trovati sulla spiaggia. Secondo il medico la morte è dovuta a un assalto di squali. Il capo della polizia Martin Brody viene convinto a chiudere le coste.

Il sindaco Larry Vaughn lo convince a invertire la sua scelta, temendo che il business turistico della città venga distrutto. Il medico legale accetta provvisoriamente la teoria del sindaco secondo cui Chrissie è stata uccisa in un incidente in barca. Brody accetta con riluttanza la loro decisione finché lo squalo non uccide un ragazzino, Alex Kintner, al largo di una spiaggia affollata.

L’incessante successo di Steven Spielberg non richiede preveggenza politica per rimanere pertinente: è un film su uno squalo grosso che consuma persone. Grazie in gran parte al film stesso, questa è un’ansia illogica che il pubblico non lascia mai andare.

Ogni volta che un funzionario dello stato inetto appare è difficile non pensare al sindaco Vaughn con la sua sciocca tuta stampata che dice alla gente di Amity Island che è sicuro tornare in acqua. Ciò che rende un film imperdibile Lo squalo è che gli squali sono terrificanti, ma l’avidità e l’incompetenza sono molto più temibili.

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Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975)

Questo film sul manicomio e la follia è basato sull’omonimo libro di Ken Kesey del 1962, ed tra i soli 3 film nella storia di Hollywood a vincere tutti i 5 principali Oscar per il miglior film, regista, sceneggiatura, attrice e attore. Il nido del cuculo è basato su un libro di Ken Kesey che utilizza gli abusi psichiatrici come metafora della spietatezza dello stato. 

Nell’autunno del 1963, Randle McMurphy si trova in una fattoria dell’Oregon per lo stupro di una donna di 15 anni. Finge di essere psicologicamente instabile per farsi trasferire in un istituto psichiatrico ed evitare i lavori forzati. Il reparto è controllato dalla caposala Mildred Ratched, una fredda autocrate passiva-aggressiva che spaventa i suoi clienti. Film da vedere.

Jeanne Dielman, 23, Quai du Commerce, 1080 Bruxelles (1975)

Jeanne Dielman, 23, quai du Commerce, 1080 Bruxelles (1975) è un film drammatico diretto da Chantal Akerman. Il film racconta la storia di Jeanne Dielman, una vedova belga che vive con suo figlio adolescente in un piccolo appartamento a Bruxelles. Jeanne è una donna ordinata e metodica che si prende cura di suo figlio e si guadagna da vivere come prostituta.

Questo non è solo un film d’essai, ma una finestra su una condizione universale, rappresentata in uno stile strutturalista. Portandoci nella routine, Akerman e l’attrice Delphine Seyrig creano uno straordinario senso di simpatia raramente eguagliato da altri film. Jeanne Dielman rappresenta un impegno totale per la vita di una donna, ora per ora, minuto per minuto.

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Taxi Driver (1976)

Travis Bickle è un 26enne reduce della Guerra del Vietnam alle prese con un trauma psichico. Vive da solo a New York City. Travis accetta un lavoro come tassista del turno di notte per gestire la sua persistente insonnia e l’isolamento.

Visita spesso i cinema porno sulla 42nd Street e tiene anche un diario in cui cerca consapevolmente di scrivere i suoi pensieri. Si ribella per l’attività criminale e per la degenerazione della città di cui è testimone, oltre a fantasticare di ripulire le strade dal crimine.

Un viaggio in una New York scomparsa e un ritratto di uomo contorto, Taxi Driver è un film da vedere assolutamente, all’apice dei film d’autore che hanno caratterizzato la New Hollywood degli anni ’70. La visione di Martin Scorsese è carica di un’atmosfera inquieta, sospesa tra dramma e noir, e anche la sceneggiatura del film di Paul Schrader sonda le profondità dell’animo umano che sono state date dalla memorabile interpretazione di Robert De Niro.

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Quell’oscuro oggetto del desiderio (1977)

Un amore a volte terribile e anche inutile tra Mathieu (Fernando Rey), un ricco francese di mezza età, e una giovane e povera ballerina di flamenco di Siviglia, Conchita, interpretata di Carole Bouquet e anche Ángela Molina. Le due attrici si presentano ciascuna inaspettatamente in scene separate e variano non solo fisicamente, ma anche caratterialmente.

La maggior parte del film è un flashback ricordato da Mathieu. Il film si apre con Mathieu che passa in treno da Siviglia a Parigi. Sta cercando di prendere le distanze dalla sua giovane ragazza Conchita. Mentre il treno di Mathieu si prepara a partire, scopre che Conchita lo sta inseguendo. Dal treno le butta dell’acqua sopra la testa, umiliandola. Crede che questo la ostacolerà, ma lei insiste e sale a bordo.

Basato sul romanzo del 1898 La donna e il burattino di Pierre Louÿs. È stato l’ultimo sforzo alla regia di Luis Buñuel prima della sua morte nel luglio 1983. Ambientato in Spagna e Francia sullo sfondo di un’insurrezione terroristica, il film racconta con stile surrealista la storia attraverso una serie di flashback di un anziano francese, Mathieu (interpretato da Fernando Rey), che racconta l’innamoramento di una bellissima giovane donna spagnola, Conchita (interpretata in modo intercambiabile da due attrici, Carole Bouquet e Ángela Molina), che frustra ripetutamente i suoi desideri sessuali e romantici.

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Apocalipse Now (1979)

Durante la guerra del Vietnam, il colonnello delle forze speciali dell’esercito americano Walter E. Kurtz è impazzito e sta conducendo una spietata guerriglia contro NVA e pressioni PLAF senza il consenso dei suoi comandanti. In un avamposto in Cambogia, comanda truppe americane che lo vedono come un semidio. L’agente del MACV-SOG bruciato, il capitano Benjamin L. Willard, viene mobilitato nella sede centrale della I Field Force a Nha Trang. La sua missione è “porre fine al comando di Kurtz.

La guerra del Vietnam è incessante, mentre Martin Sheen tenta di eliminare il colonnello rinnegato Marlon Brando. Lungo il percorso, ci sono ricerche, un fantastico raid in elicottero, odore di napalm, tigri e coniglietti di Playboy, fino a quando Sheen non scende dalla barca.

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Alien (1979)

L’astronave Nostromo sta tornando sulla Terra con una squadra di sette membri in tensione: il capitano Dallas, l’ufficiale esecutivo Kane, l’ufficiale di mandato Ripley, il navigatore Lambert, l’ufficiale scientifico Ash, i designer Parker e anche Brett. Rilevando una trasmissione da una luna vicina, il computer della nave, la Madre, mette in ansia il personale. Ripley scopre il contenuto della trasmissione, identificandolo come un avvertimento, ma non può comunicare l’informazione a quelli sulla nave abbandonata.

Se tutto ciò che facesse Alien fosse introdurre un’attività in franchising incentrata sulla sopravvissuta di Sigourney Weaver, lo standard dei film horror sugli alieni di Ridley Scott sarebbe ancora cementato nel canone dei film. Eppure Alien si trasforma in opera d’arte sovversiva. Gli effetti speciali e la creatura a doppia mascella di HR Giger, un’orribile visione, è uno dei più straordinari pezzi di puro artigianato del cinema. Uno dei film imperdibili del cinema di fantascienza.

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Fanny e Alexander (1982)

“Fanny e Alexander” (titolo originale: “Fanny och Alexander”) è un film del 1982 scritto e diretto dal celebre regista svedese Ingmar Bergman. È uno dei lavori più noti e acclamati di Bergman ed è considerato uno dei suoi capolavori.

Il film è ambientato nella Svezia del primo Novecento e racconta la storia di due fratelli, Fanny e Alexander, che appartengono a una famiglia di attori e vivono in un ambiente teatrale. La trama si sviluppa attorno alle esperienze di vita dei due ragazzi, che attraversano momenti di gioia e felicità, ma anche periodi di tristezza e difficoltà.

La famiglia di Fanny e Alexander è composta da personaggi complessi e sfaccettati, incluso il patrigno di Fanny e Alexander, il crudele e manipolatore vescovo Vergérus, interpretato da Jan Malmsjö, che rappresenta una figura oscura e autoritaria nella vita dei ragazzi.

Il film esplora temi profondi e universali, come l’infanzia, la famiglia, l’amore, la spiritualità, la morte e la dimensione magica e surreale della vita. Bergman utilizza un’estetica visiva e narrativa straordinariamente ricca e coinvolgente, con una particolare attenzione per i dettagli scenografici e i dialoghi intensi.

“Fanny e Alexander” è stato un grande successo internazionale, vincendo ben quattro Premi Oscar, tra cui Miglior Film in Lingua Straniera. Il film ha ottenuto anche l’ammirazione della critica e del pubblico, consolidando il prestigio di Ingmar Bergman come uno dei registi più influenti della storia del cinema.

È importante notare che esistono versioni diverse di “Fanny e Alexander”, compresa una versione cinematografica più breve e una versione televisiva più lunga. Entrambe le versioni offrono una preziosa esperienza cinematografica, ma la versione televisiva è particolarmente completa e permette di immergersi ancora più profondamente nella ricchezza della storia e dei personaggi.

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Blade Runner (1982)

Nel novembre 2019 a Los Angeles, l’ex agente di polizia Rick Deckard viene trattenuto dall’agente Gaff e portato dal suo ex manager, Bryant. Deckard, il cui compito come “blade runner” era quello di rintracciare umanoidi bioingegnerizzati e di “ritirarli” in modo terminale, viene informato che 4 replicanti si trovano illegalmente sulla Terra. I due guardano un video di un blade runner chiamato Holden che esegue il test Voight-Kampff, che è fatto per differenziare i replicanti dagli esseri umani in base alle loro azioni.

La visione di Ridley Scott di un futuro distopico è solo uno dei più eleganti film di fantascienza di sempre. Con una visuale di ispirazione noir e anche una colonna sonora inquietante di Vangelis (un’enorme influenza su Prince), Blade Runner è un film da vedere assolutamente non solo per il suo aspetto che definisce l’era, ma anche per la sua più profonda riflessione filosofica di ciò che indica essere umano.

Molti hanno effettivamente cercato di imitare l’ambientazione straordinaria del film, tuttavia queste strade bagnate dalla pioggia e panorami squallidi presentano qualcosa di unico.

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C’era una volta in America (1984)

C’era una volta in America (1984) è un film epico di gangster diretto da Sergio Leone e interpretato da Robert De Niro, James Woods, Elizabeth McGovern, Joe Pesci, e Diane Keaton. Il film è basato sull’omonimo romanzo autobiografico di Harry Grey (The Hoods in originale) del 1952.

C’era una volta in America è considerato uno dei migliori film di tutti i tempi. Il film è stato elogiato per la sua regia, la sua sceneggiatura, la sua fotografia, le sue interpretazioni, e la sua colonna sonora.

Per prima cosa, il film di Leone è lungo 4 ore. Non viene mostrato spesso nella sua forma originale e anche gli stessi produttori del film hanno pensato che fosse troppo lungo perché le persone potessero guardarlo per intero.

La versione originale di Leone per il film era di due film di 180 minuti che sarebbero stati proiettati in giorni consecutivi. Dopo il rilascio iniziale, il regista ha pianificato di modificare le due parti con una versione unica di quattro ore e 29 minuti. Un film da vedere assolutamente sull’amicizia virile e lo scorrere del tempo, per entrare nella dimensione del mito, tipica dei film di Sergio Leone.

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Stand By Me (1986)

https://youtu.be/oYTfYsODWQo

L’autore Gordie Lachance legge un articolo di notizie riguardante un accoltellamento mortale.  Ricorda un evento giovanile quando lui, il suo amico, Chris Chambers e 2 altri amici, Teddy Duchamp e Vern Tessio, viaggiarono per scoprire il corpo di un ragazzo scomparso vicino alla comunità di Castle Rock, nell’Oregon, durante il fine settimana del Labor Day nel settembre 1959.

Per molte persona nate negli anni 70 o 60 Stand By Me è il film cult anni 80 che ha messo d’accordo cinefili e spettatori comuni. È sicuramente tra i migliori film degli anni Ottanta. Il film ha una bellezza e una profondità che sembra risuonare con ogni generazione. Un sentimento di nostalgia giovanile intenso e coinvolgente che diventa una profonda riflessione sul senso della vita umana.

Stand by me è un film capolavoro senza età con un seguito di fedeli fan che lo celebrano ogni anno, un punto fermo dei ricordi dei più giovani per il passaggio iniziatico tra gli anni dell’infanzia e l’età adulta, un film non comune che migliora sempre con il passare del tempo. 

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Essi vivono (1988)

“They Live” è un film horror degli anni ’80 di John Carpenter. Il film è ambientato in una Los Angeles distopica, dove gli alieni hanno assunto le sembianze di esseri umani e controllano segretamente la società.

Il protagonista del film è Nada, un disoccupato che si ritrova a vivere per strada. Un giorno, Nada trova un paio di occhiali neri che gli permettono di vedere la realtà per come è veramente: gli alieni sono in realtà creature mostruose che controllano la mente delle persone attraverso messaggi subliminali trasmessi dalla televisione e dalla pubblicità.

Sconvolto da questa rivelazione, Nada intraprende una lotta senza sosta per liberare l’umanità dal controllo degli alieni. Uno dei migliori film sugli alieni mai realizzati.

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Quei bravi ragazzi (1990)


Quei bravi ragazzi (Goodfellas)
è un film del 1990 diretto da Martin Scorsese. Il film è basato sul romanzo Il delitto paga bene (Wiseguy) di Nicholas Pileggi, a sua volta basato sulle vicende del pentito Henry Hill.

Trama

Il film racconta la storia di Henry Hill, un giovane italoamericano che cresce a Brooklyn negli anni ’50. Henry è affascinato dal mondo della mafia, e inizia a lavorare per Paulie Cicero, un boss locale. Henry fa carriera rapidamente, e diventa amico di Jimmy Conway e Tommy DeVito, due gangster spietati.

I tre amici vivono una vita di lusso e criminalità, ma la loro amicizia inizia a vacillare quando Tommy diventa sempre più violento e instabile. Henry, intanto, inizia a pentirsi della sua vita da gangster, ma è troppo tardi per tornare indietro.

Tre decenni dopo è ancora pura adrenalina cinematografica: l’opera gangster di Martin Scorsese è un film da vedere assolutamente con eroi dai piedi di argilla e le mani intrise di sangue. È famoso per molte cose: l’iconica Copacabana, i mille momenti di agonia, la morte di Billy Batts, i colletti delle camicie di Joe Pesci, e altro… ma se c’è un solo motivo per cui è uno dei preferiti da tutti, è sicuramente la disavventura dell’antieroe di Ray Liotta, Henry Hill.

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Cape Fear (1991) 

Martin Scorsese e Robert De Niro avevano già raggiunto un livello cinematografico straordinario con il capolavoro Taxi Driver nel 1976, tuttavia il film horror degli anni ’90 Cape Fear è un altro film imperdibile. Max Cady, uno stupratore psicopatico interpretato magistralmente da De Niro pianifica una vendetta contro il suo ex avvocato Sam Bowden (Nick Nolte) per aver insabbiato le prove che avrebbero potuto evitare la sua condanna ed il carcere.

Cady invade ogni aspetto della vita di Bowdens come una fitta ombra che ricopre la sua famiglia e il suo lavoro in un inevitabile spirale di omicidi e crudeltà. Cady seduce come un serpente, affascinando le sue vittime, e si trasforma in un mostro psicopatico che colpisce la famiglia Bowden durante una tempesta torrenziale. L’imprevedibilità di Cady e il suo sadismo rendono Cape Fear un film da vedere assolutamente superbo nel genere horror/thriller.

Film capolavori recenti

Mulholland Drive (2001)

Betty scopre con sorpresa una donna che soffre di amnesia e si fa chiamare “Rita” dopo aver visto un poster del film Gilda con Rita Hayworth. Per aiutare la donna a ricordare la sua identità, Betty guarda nella borsetta di Rita, dove scopre una grande quantità di denaro e anche un insolito segreto blu.

Potresti vedere Mulholland Drive, senza dubbio tra i migliori thriller psicologici e tra i film più significativi del nuovo secolo, un centinaio di volte e ottenere comunque qualcosa di diverso ad ogni visione. Lo stravagante viaggio nella Los Angeles di David Lynch è denso di segreto, paura e anche inquietante sensualità, temi che erano stati a lungo una costante del lavoro dell’autore, ma che proprio qui hanno raggiunto la loro incedibile apoteosi.

La città incantata (2001)

È un film d’animazione giapponese del 2001 diretto dal leggendario regista Hayao Miyazaki e prodotto dallo Studio Ghibli. Il film segue le avventure di Chihiro, una giovane ragazza che si ritrova intrappolata in un mondo soprannaturale dopo che i suoi genitori sono stati trasformati in maiali da una maledizione.

Chihiro deve cercare di salvare i suoi genitori e trovare un modo per tornare a casa, ma per farlo dovrà superare una serie di sfide e incontrare una serie di personaggi strani e meravigliosi, tra cui lo spirito del fiume Haku e la misteriosa strega Yubaba.

Uno degli aspetti più affascinanti del film è il suo mondo fantastico e surreale, che è pieno di creature strane e meravigliose, come draghi, spiriti della natura e altri esseri magici. L’animazione è incredibilmente dettagliata e le immagini sono piene di colori vivaci e di particolari che rendono il mondo di Spirited Away un luogo incantevole e mozzafiato.

Il film affronta anche temi importanti come l’importanza della famiglia, la forza interiore e il valore dell’umanità, il tutto racchiuso in una storia fantastica e coinvolgente che è stata acclamata dalla critica e dal pubblico di tutto il mondo. Il film ha vinto numerosi premi, tra cui l’Oscar per il Miglior Film d’Animazione nel 2003, ed è considerato uno dei migliori film di animazione di tutti i tempi.

Il pianista (2002)

Nel settembre del 1939, Władysław Szpilman, un pianista ebreo polacco, sta suonando dal vivo alla radio di Varsavia durante l’invasione nazista della Polonia. Sperando in un rapido successo, Szpilman si rallegra con i suoi familiari in casa quando apprende che la Gran Bretagna e anche la Francia hanno proclamato guerra alla Germania, ma gli aiuti assicurati non arrivano.

I combattimenti durano poco più di un mese, con le forze armate tedesche e sovietiche che invadono la Polonia contemporaneamente su vari fronti. Varsavia entra a far parte del governo generale controllato dai nazisti. Agli ebrei viene presto impedito di lavorare o di avere società e vengono anche obbligati a indossare bracciali con stella di David blu.

Un dramma storico da vedere assolutamente prodotto da Francia, Regno Unito, Germania e Polonia. Il pianista è stato presentato in anteprima al Festival di Cannes del 2002 il 24 maggio 2002, dove ha vinto la Palma d’Oro, ed è stato lanciato su larga scala a settembre; il film ha ottenuto ampi e importanti consensi, con i critici cinematografici che hanno lodato la regia di Polanski, l’interpretazione di Brody e la sceneggiatura di Harwood.

Alla 75a edizione degli Academy Awards, il film ha vinto come miglior regista (Polanski), miglior sceneggiatura adattata (Harwood) e anche miglior attore (Brody), ed è stato nominato per altri 4, tra cui Miglior film.

Oldboy (2003)

Probabilmente il miglior film horror coreano di tutti i tempi, un thriller di vendetta del 2003 di Park Chan-wook “Oldboy”. Oh Dae-su (Choi Min-sik) è stato imprigionato in un piccolo appartamento senza finestre per 15 anni. Non ha idea di chi lo abbia fatto o perché. Un giorno viene liberato e inizia la ricerca di coloro che gli hanno rovinato la vita in modo che possa mettere in atto la sua vendetta. Lungo la strada, Dae-su si innamora di una donna, e questo rende difficile il compimento della vendetta.

Questo è un film pieno di colpi di scena, svolte, cospirazioni e bugie; quando credi di aver capito dove sta andando il film, Park ribalta le tue aspettative. Park è un regista eccezionalmente dotato e registra la sottigliezza e la complessità della vendetta, uno stile che amplia nel resto della sua Trilogia della vendetta, che consiste in “Sympathy for Mr. Vengeance” e “Lady Vengeance”.

Non è un paese per vecchi (2007)

“Non è un paese per vecchi” è un film basato sul romanzo omonimo di Cormac McCarthy. È un thriller neo-western che segue la storia di Llewelyn Moss, un cacciatore che trova una valigetta piena di denaro dopo una sparatoria tra trafficanti di droga nel deserto del Texas.

Questo atto innescerà una serie di eventi violenti, compresa la caccia implacabile di Anton Chigurh, un assassino spietato, e il tentativo del vecchio sceriffo Ed Tom Bell di fermare la violenza che sembra inspiegabile e senza senso.

Il film ha ottenuto un enorme successo e ha vinto quattro premi Oscar, inclusi quelli per il miglior film, la miglior regia e il miglior attore non protagonista per la straordinaria interpretazione di Javier Bardem nel ruolo di Anton Chigurh. È un film acclamato dalla critica, noto per la sua tensione, il suo stile visivo distintivo e le interpretazioni impeccabili del cast.

Sicilian Ghost Story (2017)

Sicilian Ghost Story è un film del 2017 diretto da Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Il film è ispirato a una storia vera accaduta in Sicilia negli anni ’90. È una commistione di elementi del cinema fantastico e del dramma sociale, che racconta la storia di un amore tra due giovani: Luna, una ragazza di 13 anni, e Giuseppe, un coetaneo scomparso misteriosamente a causa della mafia.

La pellicola esplora temi come la violenza della criminalità organizzata, l’innocenza dei bambini e il potere dell’amore. La narrazione si sviluppa attraverso un’intrecciata fusione di realismo magico e metafore visive, offrendo una prospettiva unica sulle conseguenze di un’epoca segnata dal crimine e dalla corruzione.

Il film è stato apprezzato dalla critica per la sua profondità emotiva e il messaggio che porta, oltre alla maestria tecnica e visiva dei registi. A nostro giudizio è uno dei migliori film sulla mafia mai realizzati, un’opera d’arte di grande valore sconosciuta ai circuiti mainstream.

L’isola dei cani (2018)

L’isola dei cani è un film d’animazione stop-motion del 2018 diretto da Wes Anderson. Il film è ambientato in un futuro distopico in cui il sindaco di Megasaki City, in Giappone, ha dichiarato che tutti i cani sono malati e li ha esiliati su una discarica sull’Isola dei Cani.

La storia segue un ragazzo di dodici anni di nome Atari Kobayashi, nipote del sindaco, che si avventura sull’Isola dei Cani alla ricerca del suo cane domestico, Spots. Lì, incontra un gruppo di cani randagi che lo aiutano nella sua ricerca. La banda di cani include il capo, Rex, il pastore tedesco; Boss, il bulldog americano; Duke, il cane randagio; King, il cane che una volta era un leader del circo; e Chief, il randagio solitario.

Il film è notevole per la sua estetica unica e la sua colonna sonora, che incorpora elementi della cultura giapponese e dell’orchestra tradizionale giapponese taiko. Il cast di doppiatori include nomi come Bryan Cranston, Edward Norton, Bill Murray, Jeff Goldblum, Scarlett Johansson, Tilda Swinton e Yoko Ono.

Il film è stato generalmente ben accolto dalla critica e ha vinto il premio Silver Bear per la miglior regia al Festival di Berlino 2018. Tuttavia, il film è stato anche criticato per la sua rappresentazione della cultura giapponese e per il suo utilizzo di stereotipi culturali.

Suspiria (2018)

“Suspiria” è un film del 2018 diretto da Luca Guadagnino, regista italiano noto per opere come “Chiamami col tuo nome” e “Io sono l’amore”. Si tratta di un remake dell’omonimo film horror del 1977 diretto da Dario Argento. Il film è una rivisitazione moderna che si discosta significativamente dall’originale, sia in termini di trama che di stile.

Trama

Suspiria è ambientato nella Berlino del 1977 e segue la giovane ballerina americana Susie Bannion (interpretata da Dakota Johnson) che si unisce a una prestigiosa scuola di danza diretta da Madame Blanc (interpretata da Tilda Swinton). Ben presto, Susie scopre che la scuola è impregnata di misteri, segreti oscuri e forze sovrannaturali. Durante il suo soggiorno, sospetti omicidi e scomparse cominciano a manifestarsi, conducendo Susie verso una sconvolgente verità sulla scuola e le sue maestre.

Stile

A differenza dell’originale, che si concentrava fortemente sulla sua estetica colorata e sperimentale, Guadagnino ha creato un’atmosfera molto diversa nel suo “Suspiria”. Il film è caratterizzato da un tono più cupo, grigio e oppressivo, con scene di danza elaborate e spettacolari che si intrecciano con sequenze disturbanti e viscerali. La colonna sonora, composta da Thom Yorke dei Radiohead, contribuisce a creare un’atmosfera angosciante e inquietante.

“Suspiria” ha ricevuto opinioni contrastanti dalla critica e dal pubblico. Alcuni l’hanno elogiato per la sua audacia e originalità, mentre altri hanno preferito l’atmosfera e lo stile del film originale di Dario Argento. Tuttavia, è innegabile che il film di Guadagnino sia un’opera di autore interessante e ambiziosa, con una visione distintiva e provocatoria dell’horror.

Bardo (2022)

Bardo, Cronaca falsa di alcune verità è un film messicano del 2022 diretto da Alejandro G. Iñárritu. Il film è interpretato da Daniel Giménez Cacho nei panni di un famoso giornalista messicano che si prepara alla sua morte. Il film è stato presentato in anteprima mondiale al 78º Festival del Cinema di Venezia il 2 settembre 2022, dove ha vinto il Leone d’Oro.

Il film è un viaggio attraverso la memoria e l’identità del protagonista, che si confronta con il suo passato e il suo presente. Il film è un’esplorazione della condizione umana, della perdita e del lutto. Il film è stato elogiato per la sua regia, la fotografia e le interpretazioni.

Il film è stato elogiato per la sua regia, la fotografia e le interpretazioni. La regia di Iñárritu è magistrale. Egli crea un’atmosfera onirica e surreale che rispecchia il mondo interiore del protagonista. La fotografia di Rodrigo Prieto è bellissima. Egli cattura la bellezza del Messico, ma anche la sua crudeltà.

Le interpretazioni degli attori sono tutte eccellenti. Giménez Cacho è particolarmente bravo nel ruolo del protagonista. Egli riesce a trasmettere la complessità del personaggio e la sua lotta per trovare il significato della vita. Bardo è un film potente e commovente. È un film che rimarrà con te a lungo dopo averlo visto.

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