Il cinema surrealista: l’inconscio nei film

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Dove nasce il surrealismo?

Anche il surrealismo è stato un movimento di avanguardia per lo sviluppo della storia del cinema. Come il cinematografo dei fratelli Lumiere e la maggior parte delle avanguardie del 900 nasce a Parigi. Mentre la New York del nuovo mondo si sviluppava come l’astronave di Metropolis di Fritz Lang inseguendo il successo economico del Sogno Americano, Parigi, la città delle luci, continuava ad essere la capitale mondiale dell’arte e dei movimenti di avanguardia che hanno cambiato la storia del ‘900. La città delle luci fu il ritrovo di artisti surrealisti determinati a cambiare lo stato delle cose, in lotta contro la tradizione e il pensiero dominante. Uomini folli e visionari in cerca di realizzare progetti e battaglie culturali radicali. L’arte surrealista era uno delle loro armi più potenti.

André Breton e l’eredità del Dadaismo

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Il poeta André Breton fu il principale esponente del surrealismo. Cercò di incanalare l’energia creativa ma distruttiva del dadaismo e fu il principale teorico e ispiratore del surrealismo. La ribellione e la trasgressione dadaista era diventata con il tempo fine a se stessa e autodistruttiva. André Breton e i primi esponenti del surrealismo capirono che si poteva prendere il meglio di essa e incanalarla in un’energia creativa e positiva. L’arte surrealista doveva essere qualcosa di costruttivo e gli artisti surrealisti non volevano cedere al nichilismo e alla ribellione fine a se stessa.

Arte e inconscio

Il surrealismo nasce a Parigi nel 1924, ispirato dai libri di Jung e Freud, come L’interpretazione dei sogni. Il suo obiettivo era quello di esplorare arte e inconscio e le profondità della psiche umana. Abbandonare le forme di racconto razionali per scendere nell’irrazionalità e nella follia della psiche. Il surrealismo e l’arte surrealista usa i simboli e le figure misteriose del mondo dei sogni, con i loro conflitti violenti ed inspiegabili. Gli artisti surrealisti amano le apparizioni mostruose e grottesche, il non senso, i legami di significato misteriosi tra gli oggetti della narrazione.

La tecnica principale del surrealismo è la scrittura automatica e i meccanismi di automatismo psichico senza controllo. Le opere surrealiste mostrano le libere associazioni del pensiero irrazionale dell’inconscio, dell’ immaginazione in stato sub-cosciente, concetti, figure e simboli apparentemente scollegati tra loro. Il surrealismo rifiuta la razionalità logica per esplorare le connessioni misteriose del mondo onirico.

Scrittura automatica e libera associazione

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In alcuni incontri, ad esempio, gli artisti surrealisti facevano un gioco. Si partiva da una parola o da un’immagine scritta su un foglio di carta che circolava tra tutti i partecipanti, senza che nessuno potesse vedere quali modifiche e aggiunte apportava l’altro al foglio. Ognuno aggiungeva un’immagine o una parola secondo una propria associazione di idee. Il gioco si evolveva spesso in modi imprevedibili, producendo concetti apparentemente senza senso. Ad esempio, una volta, dal concetto iniziale inventato da uno dei giocatori di “cadavere” ne seguì quello di squisito, vino, bere. Ne venne fuori la seguente frase, con una singolare suggestione emotiva: il cadavere squisito berrà del buon vino.

Le opere surrealiste ruotavano intorno a tre concetti fondamentali: l’amore come forza trainante della vita, il sogno come liberazione dell’immaginazione e del suo potere. La liberazione delle convenzioni sociali come atto di ribellione all’omologazione sociale. La terza fu l’ossessione cinematografica dell’intera una vita del più grande regista surrealista, lo spagnolo Luis Bunuel.

Il surrealismo è il movimento artistico d’avanguardia di maggior diffusione e di maggior successo mai esistito. Nato in periodo dove i movimenti di avanguardia si susseguivano uno dietro l’altro con vita breve. Gli artisti surrealisti si sono diffusi invece in tutto il mondo e sono moltissimi ancora oggi, discepoli di una visione del mondo che probabilmente durerà molto a lungo.

Si potrebbe affermare, in un certo, senso, che i semi che hanno fatto nascere il surrealismo esistevano da secoli. Il motivo del successo del surrealismo forse è che l’esplorazione dell’inconscio e dei territori sconosciuti della psiche umana è da sempre un’azione profondamente collegata ai meccanismi creativi dell’arte e, più in generale, della crescita della consapevolezza del proprio mondo interiore.

Artisti surrealisti

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Oltre alla sua guida spirituale, il poeta André Breton, noti esponenti del surrealismo sono stati i pittori Jean Mirò, René Magritte, Salvador Dalì, Max Ernst, e poeti e scrittori come Guillaume Apollinaire, Louis Aragon, Antonin Artaud, Tristan Tzara. Alcuni di loro provenivano dal Dadaismo. Alcuni surrealisti sposarono successivamente la corrente anarchica e comunista. Altri, come Luis Bunuel, ritenevano il marchese de Sade un precursore e ispiratore del movimento. Le opere surrealiste di Bunuel infatti sono intrisa di perversioni erotiche e pulsioni sadomasochistiche.

Il surrealismo e il cinema

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Nel cinema possiamo citare tre grandi registi surrealisti, anche se la vera lista, contando anche le contaminazioni tra realtà e fantasia che avvengono all’interno di molti film, sarebbe gigantesca. Luis Bunuel, Alejandro Jodorowsky e Federico Fellini. Il regista surrealista più puro e militante dei tre, che ha frequentato di persona gli artisti surrealisti di Parigi, è Luis Bunuel, che insieme all’amico Salvador Dalì, ha l’avvio al percorso del movimento nel cinema. La maggior parte della sua filmografia è composta di opere surrealiste. I film surrealisti che si ispirano al movimento attraversano tutta la storia del cinema, il cinema è l’arte che funziona meglio per raccontare l’irrazionale e l’inconscio.

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Si potrebbe affermare che il cinema surrealista è l’apice dell’evoluzione del cinema fantastico di Méliès, opposto al percorso realistico e “documentario” dei fratelli Lumière. Cinema e surrealismo sembrano essere nati l’uno per l’altro. La lista dei film surrealisti e dei registi surrealisti è molto lunga, ma la maggior parte di loro è influenzata solo in parte. Si potrebbero citare ad esempio David Lynch, David Cronenberg, Abel Ferrara, Tinto Brass, Alfred Hitchcock, ma sono in realtà moltissimi. L’unico regista surrealista al 100%, riconosciuto dai teorici del cinema è Luis Bunuel.

Il surrealismo continuare costantemente a ispirare opere ancora oggi e lo ritroviamo in molte opere d’arte moderna, in molti film degli anni 2000. Ma la fine ufficiale indicata da storici e critici del movimento è la fine della seconda guerra mondiale. E successivamente la morte del suo capo spirituale, André Breton.

I film surrealisti da vedere assolutamente

Entr’acte (1924)

“Entr’acte” è un breve film d’avanguardia diretto da René Clair, un regista francese, nel 1924. Il film è noto per il suo stile sperimentale e surrealistico, influenzato dai movimenti dadaisti e surrealisti dell’epoca.

“Entr’acte” è stato originariamente creato come un film d’intervallo da mostrare durante una performance di balletto dei Ballets Suédois al Théâtre des Champs-Élysées di Parigi. Il film presenta una serie di scene bizzarre e sconnesse, tra cui riprese di un carro funebre trainato da un cammello, una partita a scacchi giocata su un tetto e vari trucchi visivi e gag.

Il film è noto per l’uso di effetti di rallentamento e inversione, tecniche innovative nel cinema dell’epoca. La musica per “Entr’acte” è stata composta da Erik Satie, un compositore di spicco associato alla scena artistica d’avanguardia di Parigi.

“Entr’acte” è considerato un classico del cinema sperimentale delle prime fasi e viene spesso studiato per il suo contributo allo sviluppo del surrealismo nel cinema. Rimane un’opera influente nella storia del cinema e viene celebrato per il suo approccio innovativo e non convenzionale alla produzione cinematografica.

Anémic Cinéma (1926)

“Anémic Cinéma” è un cortometraggio sperimentale diretto da Marcel Duchamp, un celebre artista francese associato al movimento dadaista. Il film è stato realizzato nel 1926 ed è noto per la sua natura altamente astratta e concettuale.

Il titolo stesso, “Anémic Cinéma”, è un gioco di parole che gioca con il concetto di anemia, ma in realtà non ha alcuna connessione diretta con la condizione medica dell’anemia. Il film è più un’opera d’arte visiva in movimento che una narrazione tradizionale.

Il film è composto da una serie di 700 fotogrammi, ciascuno dei quali contiene una spirale in movimento e una serie di giochi di parole visivi e verbali. Duchamp utilizza l’arte visiva e le parole per creare un’esperienza surreale e concettuale, sfidando le aspettative tradizionali del cinema.

“Anémic Cinéma” è considerato un esempio importante del cinema d’avanguardia e dadaista ed è noto per la sua sperimentazione formale e concettuale. Il film riflette l’interesse di Duchamp per l’arte concettuale e l’uso del cinema come mezzo per esplorare nuove idee visive e concettuali. È un’opera che sfida lo spettatore a pensare in modo non convenzionale e a esplorare il medium cinematografico in modo innovativo.

Emak-Bakia (1926) 

“Emak-Bakia” è un altro cortometraggio d’avanguardia diretto dal regista francese Man Ray nel 1926. Il titolo “Emak-Bakia” è una frase basca che si traduce approssimativamente come “Lasciami in pace” o “Smettila di disturbarmi”, aggiungendo un elemento di mistero e ambiguità al film.

Il film è un notevole esempio di cinema dadaista e surrealista, noto per le sue qualità oniriche e astratte. Presenta una serie di scene surreali e sconnesse, spesso con tecniche sperimentali di ripresa e montaggio. Man Ray ha impiegato vari effetti visivi e tecniche, tra cui sovrapposizioni, sovrapposizioni multiple e montaggio rapido, per creare un’atmosfera sognante e disorientante.

“Emak-Bakia” è considerato una delle opere cinematografiche più significative di Man Ray e incarna la fascinazione surrealista per l’inconscio e l’immaginario dei sogni. Il film è anche noto per l’uso di innovative tecniche visive e cinematografiche, che erano all’avanguardia per l’epoca.

Come molti film d’avanguardia del suo periodo, “Emak-Bakia” sfida le tradizionali strutture narrative e invita gli spettatori a interpretare il suo contenuto astratto e simbolico a proprio piacimento. Rimane un’opera importante e influente nella storia del cinema sperimentale e del surrealismo.

La Coquille et le Clergyman (1928)

“La Coquille et le Clergyman” è un film del cinema d’avanguardia diretto da Germaine Dulac, una regista francese, nel 1928. È considerato uno dei primi film surrealisti ed è spesso associato al poeta e scrittore surrealista Antonin Artaud, autore della sceneggiatura.

Il film è noto per la sua immagine onirica e simbolica, oltre che per la sua struttura narrativa sperimentale. “La Coquille et le Clergyman” esplora i pensieri e i desideri interiori di un ecclesiastico che diventa ossessionato dalla bellezza di una donna e tormentato dai suoi desideri repressi. Il film utilizza immagini surreali e astratte per trasmettere la turbolenza psicologica dell’ecclesiastico, sfumando i confini tra realtà e subconscio.

“La Coquille et le Clergyman” è significativo non solo per i suoi temi surrealisti, ma anche per le innovative tecniche di cinematografia e montaggio. È stato uno dei primi film a utilizzare immagini oniriche e simboliche per raccontare una storia ed ha avuto una notevole influenza sullo sviluppo del cinema surrealistico.

Il film è celebrato per il suo approccio pionieristico alla narrazione e la sua capacità di creare un’atmosfera ipnotica e onirica. Rimane un’opera importante nella storia del cinema d’avanguardia e surrealista ed è considerato un classico delle prime fasi del cinema sperimentale.

Un Chien Andalou (1929)

“Un Chien Andalou” è un famoso e influente cortometraggio surrealista diretto da Luis Buñuel e co-scritto insieme a Salvador Dalí. È stato pubblicato nel 1929 ed è considerato una delle opere più iconiche del cinema surrealista.

Il titolo “Un Chien Andalou” si traduce in italiano come “Un cane andaluso”, anche se non ha una connessione narrativa letterale con un cane. Il film è noto per la sua struttura onirica e non lineare e per le sue immagini sorprendenti e surreali.

“Un Chien Andalou” è composto da una serie di vignette debolmente collegate, spesso bizzarre e disturbanti. Si apre con una scena famosa in cui un uomo (interpretato da Buñuel stesso) affila un rasoio a lama diritta e poi taglia un occhio di una donna. Questa immagine impressionante e inquietante è spesso considerata uno dei momenti più iconici nella storia del cinema.

Il film prosegue con una serie di scene surreali e apparentemente non correlate, e non segue una struttura narrativa tradizionale. Invece, esplora temi del desiderio, della sessualità e dell’irrazionale attraverso una serie di immagini sorprendenti e simboliche.

“Un Chien Andalou” è celebrato per la sua capacità di evocare forti reazioni emotive e psicologiche negli spettatori. Viene spesso analizzato per il suo utilizzo della logica onirica e per l’esplorazione della mente subconscia. Il film ha avuto un profondo influsso sul cinema surreale e sperimentale e rimane un classico duraturo nella storia dell’arte cinematografica.

L’Age d’Or (1930)

“L’Âge d’Or” (“L’Età dell’Oro”) è un altro influente film surrealista diretto da Luis Buñuel e pubblicato nel 1930. Come “Un Chien Andalou”, anche questo film è stato co-scritto con Salvador Dalí ed è noto per il suo contenuto provocatorio e surreale.

“L’Âge d’Or” è una critica tagliente e satirica della società borghese e delle sue convenzioni. Utilizza situazioni surreali e assurde per sfidare le norme sociali ed esporre l’ipocrisia dei costumi contemporanei. Il film è noto per le sue scene controverse e scioccanti, che includono immagini sessuali e blasfeme, progettate per provocare e sfidare le sensibilità del suo tempo.

La narrazione del film è frammentata e disconnessa, molto simile a un sogno o a uno stato di coscienza. Racconta la storia di una coppia innamorata che affronta vari ostacoli e pressioni sociali che impediscono loro di consumare la loro relazione. Durante il film, ci sono cambiamenti improvvisi e surreali di tono e argomento.

“L’Âge d’Or” suscitò scandalo e controversia al momento della sua uscita, e la sua proiezione iniziale a Parigi nel 1930 portò a rivolte e interruzioni da parte di gruppi conservatori e religiosi. Di conseguenza, il film fu vietato in diversi paesi e non fu ampiamente proiettato per molti anni.

Nonostante la controversia e la reazione iniziale, “L’Âge d’Or” è ora considerato un classico del cinema surrealista. Rimane un’opera importante per la sua esplorazione audace e senza compromessi dei tabù sociali e per la sfida alla narrazione convenzionale e alla narrazione visiva.

Meshes of the Afternoon (1943)

“Meshes of the Afternoon” è un cortometraggio sperimentale diretto da Maya Deren, un’influente regista e artista americana. Il film è stato realizzato nel 1943 ed è spesso citato come un classico del cinema d’avanguardia.

Il film è noto per la sua narrazione onirica e surreale, oltre che per l’innovativo utilizzo delle tecniche cinematografiche. “Meshes of the Afternoon” esplora temi legati all’identità, alla percezione e alla mente inconscia. Racconta la storia di una donna (interpretata da Maya Deren stessa) intrappolata in una serie ciclica e surreale di eventi all’interno della sua stessa casa. Il film sfuma i confini tra realtà e sogno, creando un senso di disorientamento e ambiguità.

Una delle caratteristiche notevoli del film è l’uso della ripetizione e del simbolismo. Vari oggetti e azioni vengono ripetuti durante il film, creando un senso di déjà vu e suggerendo che la protagonista sia intrappolata in un ciclo di esperienze ricorrenti.

“Meshes of the Afternoon” è celebrato per la sua poesia visiva e la sua capacità di trasmettere emozioni e idee complesse attraverso le sue immagini astratte e simboliche. Ha avuto un notevole influsso nello sviluppo del cinema sperimentale e femminista ed è considerato un’opera fondamentale nella storia del cinema d’avanguardia. Il contributo di Maya Deren al mondo del cinema sperimentale continua ad essere molto apprezzato, e “Meshes of the Afternoon” rimane una delle sue opere più durature e celebrate.

La Bella e la Bestia (1946)

“La Bella e la Bestia” è un celebre film francese diretto dal regista Jean Cocteau nel 1946. Il film è conosciuto anche con il titolo in inglese “Beauty and the Beast”. Si tratta di una delle più iconiche e amate versioni cinematografiche della favola di “La Bella e la Bestia”.

La storia del film è un adattamento della favola tradizionale di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, incentrata sulla relazione tra Belle, una giovane donna intelligente e gentile, e una Bestia mostruosa che in realtà è un principe sotto l’incantesimo di una maledizione. La trama racconta il processo attraverso il quale Belle supera le apparenze esterne per scoprire la bellezza interiore della Bestia, portando alla sua trasformazione in un principe.

“La Bella e la Bestia” è noto per la sua straordinaria scenografia e i suoi effetti speciali, considerati avanzati per l’epoca. Jean Cocteau ha creato un mondo magico e fiabesco che ha contribuito a definire l’immaginario visivo del racconto di “La Bella e la Bestia”. Il film è un esempio di cinema poetico e surreale, che mescola elementi fantastici con una sensibilità artistica distintiva.

Il film è ancora oggi considerato un classico del cinema francese e una delle versioni più amate della storia di “La Bella e la Bestia”. È apprezzato per la sua bellezza visuale e il suo approccio artistico alla narrazione fiabesca, oltre che per il modo in cui affronta temi di bellezza interiore e amore genuino.

Nazarín (1959)

“Nazarín” è un film messicano del 1959 diretto dal celebre regista spagnolo Luis Buñuel. Il film è un adattamento dell’omonimo romanzo di Benito Pérez Galdós ed è noto per la sua esplorazione di temi religiosi e morali.

La storia ruota attorno al personaggio di Padre Nazario, interpretato da Francisco Rabal, un umile e devoto prete cattolico che cerca di vivere la sua vita in conformità con gli insegnamenti di Gesù Cristo. Tuttavia, il suo impegno incrollabile nell’aiutare i poveri e gli emarginati spesso lo porta in conflitto con la gerarchia della Chiesa e le norme della società.

“Nazarín” è una critica alle contraddizioni e alle ipocrisie presenti nella Chiesa e nella società. I tentativi di Padre Nazario di condurre una vita di pura virtù cristiana sono accolti con scetticismo, rifiuto e tradimento da coloro che lo circondano. Il film solleva interrogativi sulla vera natura della carità cristiana e sulle sfide legate alla vita di principi morali irremovibili in un mondo pieno di corruzione e cinismo.

Luis Buñuel, noto per il suo stile surreale e sovversivo, ha adottato un approccio più diretto e realistico in “Nazarín”. Tuttavia, il suo stile distintivo è comunque evidente nella sua esplorazione delle complessità della natura umana e dello scontro tra ideali religiosi e desideri terreni.

“Nazarín” è considerato uno dei capolavori di Buñuel ed è elogiato per la sua riflessione stimolante sulla fede, la moralità e le norme sociali. È un film potente e contemplativo che continua ad essere studiato e apprezzato per la sua esplorazione di questi temi duraturi.

L’Anno scorso a Marienbad (1961)

“L’Anno scorso a Marienbad” è un influente film francese diretto da Alain Resnais e uscito nel 1961. Il film è celebre per la sua narrazione avanguardista ed enigmatica, nonché per le innovative tecniche visive e narrative utilizzate.

La trama del film è deliberatamente sfuggente e aperta a interpretazioni. Ruota attorno a un uomo (interpretato da Giorgio Albertazzi) che incontra una donna (interpretata da Delphine Seyrig) in un lussuoso hotel europeo. L’uomo insiste sul fatto che si siano incontrati l’anno precedente nello stesso posto e che avevano pianificato di fuggire insieme. Tuttavia, la donna non ricorda questo incontro, e la narrazione diventa un complesso intreccio di memoria, tempo e realtà.

“L’Anno scorso a Marienbad” è noto per la sua intricata struttura narrativa non lineare, con scene e dialoghi spesso ripetuti o riorganizzati. Il film sfuma i confini tra passato e presente, memoria e fantasia, realtà e sogno, creando un senso di disorientamento e mistero.

Lo stile visivo del film, caratterizzato dalla sua elegante cinematografia in bianco e nero e dall’uso di lunghe riprese in tracking, contribuisce alla sua atmosfera ipnotica e onirica. L’ambientazione dell’hotel è visivamente sontuosa e labirintica, aggiungendo al senso di ambiguità e incertezza.

“L’Anno scorso a Marienbad” è considerato un capolavoro del cinema francese e un’opera fondamentale del movimento della Nouvelle Vague francese. Sfida la narrativa convenzionale e invita gli spettatori a impegnarsi attivamente nella sua storia, rendendolo un film che continua ad essere analizzato e discusso per i suoi temi complessi e l’approccio innovativo al cinema.

L’Angelo Sterminatore (1962)

“L’Angelo Sterminatore” è un film diretto dal regista spagnolo Luis Buñuel e uscito nel 1962. In italiano, il titolo significa “L’Angelo sterminatore”. Il film è noto per essere una delle opere più emblematiche e provocatorie di Buñuel, che spesso esplorava temi surrealisti e critici nei suoi lavori.

La trama di “L’Angelo Sterminatore” è situata in una sontuosa residenza durante una cena elegante. Dopo il pasto, i membri della festa scoprono che, per qualche motivo misterioso e inspiegabile, non riescono a lasciare la casa. Questa situazione si protrae nel corso dei giorni, e la civiltà e la decoro dei personaggi iniziano a sgretolarsi, dando vita a un ambiente caotico e disgregato.

Il film è una critica satirica alla società borghese e alle convenzioni sociali. Rappresenta una sorta di allegoria del conformismo e dell’ipocrisia della classe sociale privilegiata. La casa diventa una sorta di prigione metaforica, e la situazione mette in luce le debolezze umane, la meschinità e la follia collettiva dei personaggi.

“L’Angelo Sterminatore” è uno dei film più discussi e enigmatici di Buñuel. Come spesso accade nelle opere del regista, la trama è ricca di simbolismo e può essere interpretata in diversi modi. Il film è celebrato per la sua abilità nel destabilizzare lo spettatore e nel suscitare reazioni intense.

Nel panorama del cinema surrealista e d’avanguardia, “L’Angelo Sterminatore” è un’opera di riferimento e rimane uno dei film più iconici e provocatori della carriera di Luis Buñuel.

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Giulietta degli spiriti (1965) 


“Giulietta degli Spiriti” è un film italiano diretto da Federico Fellini e uscito nel 1965. Il titolo in inglese si traduce in italiano come “Giulietta degli Spiriti”. Il film è noto per essere il primo lungometraggio a colori di Fellini ed è caratterizzato da atmosfere oniriche e surreali.

Il film racconta la storia di Giulietta, interpretata da Giulietta Masina, una donna di mezza età che sta vivendo una crisi personale nel suo matrimonio. Inizia a sospettare che suo marito le sia infedele e cerca conforto e risposte attraverso gli incontri con vari personaggi eccentrici e mistici.

“Giulietta degli Spiriti” è spesso descritto come un viaggio nell’interiorità della protagonista, sfumando i confini tra realtà e fantasia. Il film è ricco di simbolismo e presenta sequenze oniriche, allucinazioni e scene visivamente stravaganti che riflettono il tormento interiore e i desideri di Giulietta.

Il film di Fellini esplora temi legati all’emancipazione femminile, alla sessualità e alla ricerca dell’identità personale. Si tratta di una deviazione rispetto ai suoi precedenti lavori neorealisti e rappresenta una transizione verso uno stile di regia più surreale e fantastico.

Il film è celebrato per la sua inventiva visuale e l’interpretazione di Giulietta Masina nel ruolo principale. È considerato un’opera significativa nella filmografia di Fellini e nella storia del cinema italiano. “Giulietta degli Spiriti” è apprezzato per la sua narrazione unica e immaginativa, rendendolo un classico del cinema europeo.

Simon del deserto (1965)

“Simón del Desierto” è un film messicano diretto dal regista spagnolo Luis Buñuel e uscito nel 1965. Il titolo si traduce in italiano come “Simone del deserto”. Il film è un’esplorazione surreale e satirica di temi religiosi e della natura umana.

La storia ruota attorno a Simón, interpretato da Claudio Brook, un devoto asceta che vive in cima a una alta colonna nel deserto, cercando l’illuminazione spirituale e la vicinanza a Dio. È visitato da vari personaggi, tra cui il Diavolo, che lo tenta con desideri terreni e mette in discussione l’autenticità della sua pietà.

“Simón del Desierto” è noto per la sua visione provocatoria e sovversiva della devozione religiosa e del concetto di ascetismo. Buñuel utilizza il personaggio di Simón per sfidare le nozioni religiose convenzionali ed esplorare la tendenza umana al peccato e alla tentazione, anche nei soggetti più devoti.

Il film è caratterizzato dall’umorismo surreale e assurdo tipico di Buñuel, nonché dalla sua critica acuta della religione organizzata. Pur essendo relativamente breve, il film ha un forte impatto nella sua esplorazione della fede, del dubbio e delle complessità della spiritualità umana.

“Simón del Desierto” è considerato uno dei lavori importanti di Buñuel e è apprezzato per il suo coinvolgimento artistico e intellettuale con temi religiosi. È un film che invita alla riflessione e visivamente impressionante, e continua a essere studiato e discusso nel contesto del cinema surreale e d’avanguardia.

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Weekend (1967)

“Weekend” è un film francese del 1967 diretto da Jean-Luc Godard. È noto per il suo stile sperimentale e provocatorio, nonché per la sua tagliente critica sociale e politica. Il film è spesso associato al movimento della Nouvelle Vague francese e è considerato una delle opere più audaci di Godard.

La storia segue una coppia borghese sposata, Roland e Corinne, che partono per un viaggio di fine settimana per visitare il padre della moglie e riscuotere un’eredità. Mentre si imbarcano nel loro viaggio, si trovano ad affrontare una serie di situazioni strane e surreali, tra cui ingorghi stradali, incidenti automobilistici e incontri con vari personaggi eccentrici.

“Weekend” è famoso per la sua lunga ripresa di un enorme ingorgo stradale, che è una delle sequenze più iconiche e memorabili del film. Il film presenta anche scene di violenza grafica e umorismo nero.

Oltre alla sua narrativa e alle sue immagini non convenzionali, “Weekend” è una critica tagliente al consumismo, al materialismo e alla decadenza della società occidentale. Esplora temi come l’avidità, lo sfruttamento e il collasso dell’ordine sociale. Godard utilizza il caos e la violenza rappresentati nel film come metafora per gli sconvolgimenti sociali degli anni ’60.

“Weekend” è considerato un punto di riferimento nella storia del cinema per il suo innovativo approccio alla realizzazione cinematografica. Sfida la tradizionale narrazione e struttura narrativa ed è celebrato per il suo contenuto provocatorio e sovversivo. Sebbene possa essere sfidante e polarizzante per alcuni spettatori, rimane un’opera d’arte significativa nel mondo del cinema.

Il paese incantato (1968)

“Il paese incantato” è un film messicano del 1968 diretto da Alejandro Jodorowsky. È basato su un’opera teatrale di Fernando Arrabal e segna l’esordio alla regia di Jodorowsky. Il film è noto per il suo contenuto surreale e provocatorio ed è considerato un esempio precoce di cinema d’avanguardia.

La storia segue Fando, interpretato da Sergio Kleiner, e la sua ragazza paralizzata, Lis, interpretata da Diana Mariscal, mentre intraprendono un viaggio surreale e onirico attraverso un paesaggio post-apocalittico alla ricerca della mitica città di Tar. Lungo il percorso, incontrano una serie di personaggi e situazioni bizzarre e grottesche.

“Il paese incantato” è caratterizzato dalle sue immagini oniriche e allucinatorie, nonché dall’uso di simbolismo religioso e sessuale. Il film è noto per spingere i limiti della narrazione convenzionale ed è provocatorio e controverso, includendo scene esplicite e rappresentazioni di violenza.

Alla sua uscita, “Il paese incantato” ha generato notevole controversia ed è stato vietato in diversi paesi. È stato anche oggetto di dibattito all’interno dei movimenti d’avanguardia e controculturali degli anni ’60.

Il film è spesso considerato un classico cult e viene apprezzato per il suo approccio audace e non convenzionale alla realizzazione cinematografica. Rimane un’opera importante nella storia del cinema sperimentale ed ha influenzato le generazioni successive di registi che esplorano temi surreali e provocatori nei loro lavori.

La Via Lattea (1969)

“La Via Lattea” è un film del 1969 diretto dal regista spagnolo Luis Buñuel. Il film è noto per la sua natura surrealista e provocatoria e affronta temi religiosi in modo critico e provocatorio.

La trama del film segue due vagabondi, interpretati da Paul Frankeur e Laurent Terzieff, che intraprendono un viaggio a piedi attraverso la Francia. Nel corso del loro viaggio, incontrano una serie di personaggi, partecipando a discussioni teologiche e religiose. Man mano che procedono, il viaggio dei due vagabondi inizia a sfociare in episodi surreali e metafisici, dove si scontrano con rappresentazioni di diverse eresie religiose e incongruenze storiche.

“La Via Lattea” è noto per il suo stile provocatorio e la sua narrazione non lineare. Il film affronta criticamente temi religiosi e si concentra su dibattiti teologici, contraddizioni dottrinali e la diversità delle credenze religiose. Buñuel utilizza il viaggio dei protagonisti come una sorta di viaggio nell’incredulità religiosa e nella ricerca della verità.

Il film è intriso dello spirito surreale tipico di Buñuel e presenta elementi di umorismo nero e satira. È considerato un’opera emblematica del cinema surrealista e rappresenta una delle interpretazioni più audaci e provocatorie delle questioni religiose sul grande schermo.

“La Via Lattea” è un film che stimola la riflessione e solleva interrogativi su fede, religione e spiritualità. È apprezzato dagli amanti del cinema sperimentale e surreale e rimane un’opera importante nella filmografia di Luis Buñuel.

Satyricon (1969)


“Satyricon” è un film italiano del 1969 diretto da Federico Fellini. Il film si ispira liberamente all’opera “Satyricon” dell’antico autore romano Petronio, che è una delle prime opere di narrativa sopravvissute nella letteratura occidentale. L’adattamento cinematografico di Fellini è noto per le sue immagini surreali ed esuberanti, nonché per l’esplorazione di temi legati alla decadenza e alla dissolutezza nell’antica Roma.

Il film non segue una struttura narrativa tradizionale, ma presenta invece una serie di episodi e vignette vagamente collegate che descrivono le avventure e le disavventure di Encolpio e Ascilto, due amici nell’antica Roma. Il loro viaggio li porta attraverso un mondo bizzarro e decadente, popolato da personaggi eccentrici, incontri erotici e paesaggi surreali.

Il “Satyricon” di Fellini è celebrato per le sue scenografie stravaganti, i costumi colorati e le sequenze oniriche. Cattura la decadenza e la corruzione morale della società dell’antica Roma, servendo anche come commento su questioni contemporanee e sul declino della civiltà occidentale.

La narrazione non lineare e frammentata del film, unitamente alla sua ricchezza visiva e tematica, lo ha reso oggetto di analisi e interpretazione critica. È considerato uno dei lavori più visualmente stupefacenti e audaci di Federico Fellini, che mette in mostra il suo approccio unico alla realizzazione cinematografica.

“Satyricon” rimane un film notevole e influente nel panorama del cinema d’arte, noto per la sua sperimentazione artistica e l’esplorazione dei limiti della narrazione e della realizzazione cinematografica tradizionale.

The Cremator (1969)

“Il Crematore” è un film cecoslovacco del 1969 diretto da Juraj Herz. Questo film è un lavoro oscuro e inquietante che rientra nei generi dell’horror e del thriller psicologico. È basato su un romanzo di Ladislav Fuks.

La storia è ambientata a Praga durante gli anni ’30 e segue la vita di Karl Kopfrkingl, interpretato da Rudolf Hrušínský. Karl è un crematore apparentemente tranquillo e altamente efficiente che lavora in un crematorio. Tuttavia, man mano che diventa sempre più ossessionato dal suo lavoro e influenzato dall’ideologia nazista, comincia a credere che cremare le persone liberi le loro anime e che abbia una missione divina di “salvare” il maggior numero possibile di anime cremando i vivi.

“Il Crematore” esplora temi quali l’illusione, il fanatismo e gli effetti disumanizzanti del totalitarismo. Il film è noto per la sua atmosfera inquietante, le immagini surreali e il graduale declino del protagonista nella follia.

La regia di Juraj Herz e l’interpretazione di Hrušínský sono molto apprezzate per aver creato un’esperienza cinematografica inquietante e riflessiva. “Il Crematore” è spesso considerato un capolavoro del cinema ceco e rimane una potente e disturbante esplorazione della psiche umana in circostanze estreme. È considerato un classico del cinema dell’Europa orientale e continua ad essere oggetto di studio per i suoi temi complessi e la narrazione visiva.

El Topo (1970)

El Topo” è un film messicano del 1970 diretto da Alejandro Jodorowsky, che interpreta anche il ruolo principale. Il film è noto per il suo stile surreale e d’avanguardia ed è spesso considerato un classico cult. “El Topo” è stato un lavoro rivoluzionario che ha avuto un impatto significativo nel mondo del cinema.

La storia del film segue El Topo, un pistolero interpretato da Jodorowsky, mentre intraprende una ricerca dell’illuminazione. La narrazione mescola elementi del genere western con temi surreali e allegorici. Il viaggio di El Topo lo porta attraverso una serie di incontri bizzarri e simbolici, ognuno dei quali mette alla prova le sue percezioni e le sue convinzioni.

“El Topo” è caratterizzato dalla sua cinematografia unica e visivamente sorprendente, dal simbolismo religioso e filosofico e dall’esplorazione della sessualità e della violenza. Il film è stato influente nell’introdurre il concetto di “midnight movie” ed è diventato una sensazione cult, specialmente tra il pubblico del cinema controculturale e underground.

L’approccio non convenzionale e provocatorio di Alejandro Jodorowsky alla narrazione in “El Topo” lo ha reso una pietra miliare nel campo del cinema d’avanguardia e sperimentale. La narrazione non lineare del film e le immagini surreali sfidano le convenzioni cinematografiche tradizionali e continuano a ispirare registi ed artisti ancora oggi.

“El Topo” è spesso considerato una delle prime opere del fenomeno delle “midnight movie”, che ha portato all’ascesa di film non convenzionali ed sperimentali come attrazioni da mezzanotte per il pubblico cult. Rimane un’opera significativa e duratura nella storia del cinema.

Il fascino discreto della borghesia (1972)

“Il fascino discreto della borghesia” è un film francese del 1972 diretto da Luis Buñuel. Il film è una commedia surreale e satirica che esplora le assurdità e le ipocrisie della classe borghese.

La narrazione del film è strutturata in una serie di vignette e ruota attorno a un gruppo di sei individui della classe media alta che cercano continuamente di cenare insieme ma vengono costantemente interrotti da eventi strani e surreali. Queste interruzioni vanno dai sogni bizzarri alle rivoluzioni politiche e mettono in evidenza l’incapacità dei personaggi di soddisfare i loro desideri più semplici.

Buñuel utilizza le situazioni assurde e oniriche del film per criticare la compiacenza della borghesia e la loro distanza dalle realtà del mondo. I personaggi sono ritratti come egocentrici e ignari delle sofferenze e delle turbolenze al di fuori della loro bolla sociale.

“Il fascino discreto della borghesia” è noto per la sua acutezza intellettuale, il suo umorismo intelligente e il suo commento sovversivo sulla classe sociale e sui valori borghesi. Ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero nel 1973 ed è considerato uno dei capolavori di Buñuel.

Il film è un classico del cinema surrealista e rimane molto apprezzato per la sua esplorazione stimolante e umoristica delle convenzioni sociali e del comportamento umano. È una testimonianza della capacità di Buñuel di usare il surrealismo per criticare e satirizzare il mondo che lo circonda.

Roma (1972)

“Roma” è un film italiano del 1972 diretto da Federico Fellini. Il film è un’opera semi-autobiografica che presenta un ritratto poetico e impressionistico di Roma, nonché alcuni dei ricordi ed esperienze personali di Fellini.

Il film non segue una struttura narrativa tradizionale, ma offre invece una serie di vignette ed episodi che catturano vari aspetti della vita a Roma. Mescola realismo e surrealismo, mentre Fellini esplora sia gli aspetti storici che quelli contemporanei della città. Il film tocca temi della memoria, del tempo e del passaggio della storia.

“Roma” è noto per la sua ricchezza visiva e la sua rappresentazione evocativa della città. Presenta sequenze elaborate e oniriche, tra cui una memorabile scena di ingorgo stradale, oltre a momenti di umorismo, nostalgia e riflessione.

L’uso di Roma da parte di Fellini sia come sfondo che come personaggio nel film gli permette di esplorare i suoi stessi legami personali con la città e al contempo affrontare temi più ampi della cultura e della società italiana. “Roma” è considerato uno dei lavori più personali e introspettivi di Fellini e mostra il suo stile distintivo come regista.

Il film è celebrato per la sua cinematografia, scenografia e l’approccio unico di Fellini alla narrazione. “Roma” rimane un’opera significativa nella filmografia del regista e continua ad essere apprezzato per la sua esplorazione artistica e poetica della città eterna.

Pink Flamingos (1972)

“Pink Flamingos” è un film underground americano del 1972 diretto da John Waters. Questo film cult è noto per il suo contenuto provocatorio e trasgressivo, che spinge i confini del gusto e dell’accettabilità. “Pink Flamingos” è spesso associato al fenomeno dei “Midnight Movie” e all’ascesa del cinema indipendente e sovversivo.

Il film ha come protagonista il personaggio Divine, interpretato dall’iconica drag queen Divine (Harris Glenn Milstead), che vive in una roulotte con la sua famiglia e compete per il titolo di “la persona più sporca del mondo” contro altri contendenti. Il film è pieno di scene esplicite e scioccanti, tra cui scene di nudità, violenza e vari atti di devianza.

John Waters ha utilizzato “Pink Flamingos” come mezzo per sfidare le norme e le convenzioni sociali, in particolare nei campi della sessualità e dell’identità di genere. Il film è una celebrazione del grottesco e un rifiuto dei valori mainstream.

Nonostante la sua notorietà e il contenuto controverso, “Pink Flamingos” ha avuto un impatto duraturo sul cinema underground e indipendente. Rimane un’opera significativa nella storia del cinema trasgressivo ed è considerato un punto di riferimento nella sovversione delle norme culturali.

Lo spirito dell’alveare (1973)

“Lo spirito dell’alveare” è un film spagnolo del 1973 diretto da Víctor Erice. Il film è considerato un capolavoro del cinema spagnolo e uno dei migliori esempi del cinema d’autore.

La storia è ambientata nella Spagna rurale del 1940, subito dopo la fine della guerra civile spagnola. Il film segue la vita di una giovane ragazza di nome Ana, interpretata da Ana Torrent, che è affascinata dal film “Frankenstein” del 1931 di James Whale. Dopo aver visto il film in un piccolo cinema di paese, Ana sviluppa un’ossessione per la creatura di Frankenstein.

“Lo spirito dell’alveare” è noto per la sua atmosfera malinconica e il suo ritmo contemplativo. Il film esplora temi di isolamento, solitudine e disillusione attraverso gli occhi di una bambina. È anche un’opera ricca di simbolismo, con il mostro di Frankenstein che rappresenta la paura e l’alienazione che permeano la società postbellica spagnola.

Il film è noto per la sua cinematografia straordinaria e la sua capacità di catturare la bellezza e la desolazione della campagna spagnola. È stato elogiato per le performances dei suoi attori, in particolare quella della giovane Ana Torrent.

“Lo spirito dell’alveare è un film profondamente poetico e riflessivo che ha guadagnato un posto d’onore nella cinematografia spagnola. È considerato un’opera d’arte del cinema e continua ad essere studiato e apprezzato per la sua bellezza visiva e la sua profonda esplorazione dei conflitti interiori dell’individuo.

La montagna sacra (1973)


“La montagna sacra” è un film d’avanguardia messicano-americano del 1973 diretto da Alejandro Jodorowsky. Questo film surreale e visivamente straordinario è noto per i suoi temi psichedelici e metafisici e nel corso degli anni ha acquisito un seguito di culto.

La trama del film è altamente simbolica e non lineare, il che lo rende aperto a varie interpretazioni. Segue un personaggio noto come Il Ladro, interpretato lo stesso da Jodorowsky, che intraprende un viaggio surreale e spirituale. Lungo il percorso, incontra un gruppo di individui, ognuno dei quali rappresenta uno dei pianeti del sistema solare. Insieme, si mettono in viaggio per trovare il Santo monte, dove credono di trovare il segreto dell’immortalità.

“La montagna sacra” è caratterizzato dalla sua immagine surreale e spesso scioccante, nonché dal suo commento sul consumismo, la religione e la ricerca dell’illuminazione. Jodorowsky utilizza il film per sfidare le norme sociali e il pensiero convenzionale, invitando gli spettatori a mettere in discussione la natura della realtà e la condizione umana.

La scenografia e gli effetti visivi del film sono estremamente innovativi e sono stati elogiati per la loro creatività e arte. “Il Santo monte” è spesso considerato un’opera rappresentativa della controcultura degli anni ’70 ed è celebrato per le sue qualità che stimolano la mente e fanno riflettere.

Anche se “La montagna sacra” potrebbe non essere adatto a tutti a causa della sua natura surreale e sperimentale, rimane un’opera significativa e influente nel mondo del cinema d’avanguardia, venerata per la sua audace visione artistica e profondità filosofica.

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Il Fantasma della libertà (1974)

“Il Fantasma della libertà” è un film francese del 1974 diretto da Luis Buñuel. Il film è un’opera surreale e satirica che esplora vari scenari assurdi e non convenzionali che sfidano le norme sociali e le aspettative convenzionali.

Il film è strutturato come una serie di vignette debolmente collegate, ognuna delle quali presenta situazioni strane e disruptive. Questi scenari includono una cena in cui gli ospiti siedono su water anziché su sedie, un gruppo di monaci che si comporta in modo strano e un’indagine della polizia che si svolge in ordine cronologico inverso.

“Il Fantasma della libertà” è noto per il suo umorismo assurdo, la logica onirica e la capacità di sovvertire le tradizionali strutture narrative. Buñuel utilizza queste scene disconnesse per criticare e prendere in giro vari aspetti della società, tra cui la religione, il sistema legale e le norme borghesi.

Come molte opere di Buñuel, “Il Fantasma della libertà” invita gli spettatori a mettere in discussione le convenzioni e le ipocrisie della vita quotidiana. È un film che incoraggia l’interpretazione e la riflessione, con la sua narrazione surreale e frammentata che sfida le aspettative dello spettatore e lo spinge a considerare gli assurdi dell’esistenza umana.

“Il Fantasma della libertà” è un esempio classico del cinema surreale e viene celebrato per la sua esplorazione intellettuale e artistica delle narrazioni non convenzionali. Continua ad essere studiato e apprezzato per le sue qualità stimolanti e sovversive.

Quell’oscuro oggetto del desiderio (1977)


“Quell’oscuro oggetto del desiderio” è un film franco-spagnolo del 1977 diretto da Luis Buñuel. Il film è un’esplorazione surreale e provocatoria del desiderio, dell’ossessione e delle complessità delle relazioni umane.

La trama del film ruota attorno al personaggio di Mathieu, un ricco e anziano francese interpretato da Fernando Rey, che si infatua di una giovane spagnola di nome Conchita. Conchita è interpretata da due attrici diverse, Carole Bouquet e Ángela Molina, che si alternano nel ruolo durante tutto il film. Questa dualità contribuisce alla sensazione di ambiguità e surrealismo del film.

La ricerca di Mathieu di Conchita è contrassegnata dal suo desiderio ossessivo per lei, e il loro rapporto è caratterizzato da una serie di incontri strani ed enigmatici. Conchita sfugge costantemente agli avanzamenti di Mathieu, creando una dinamica di desiderio e frustrazione.

Buñuel utilizza “Quell’oscuro oggetto del desiderio” per approfondire le complessità del desiderio umano, la lotta di potere tra i sessi e l’irrazionalità dell’amore. Il film è ricco di sequenze surreali e oniriche che sfidano la narrazione convenzionale e invitano gli spettatori a interrogarsi sulla natura del desiderio e dell’ossessione.

Come in molti film di Buñuel, “Quell’oscuro oggetto del desiderio” è caratterizzato dal suo acuto spirito critico e dal commento sovversivo sulle norme sociali e la politica sessuale. È un’opera stimolante ed enigmatica che incoraggia l’interpretazione e la riflessione sui misteri del desiderio umano.

Il film è spesso considerato uno dei capolavori tardivi di Buñuel e rimane un contributo significativo alle tradizioni del cinema surrealista e d’avanguardia.

Eraserhead (1977)

“Eraserhead” è un body horror surreale del 1977 diretto da David Lynch. Questo cult movie rappresenta il primo lungometraggio di Lynch ed è noto per la sua atmosfera inquietante e onirica, nonché per la sua capacità di evocare un senso di angoscia esistenziale.

Il film segue la vita di Henry Spencer, interpretato da Jack Nance, un uomo che vive in un paesaggio industriale e distopico. Dopo che la sua ragazza dà alla luce un bambino deforme e apparentemente inumano, la vita di Henry precipita in una serie di eventi disturbanti e surreali. Mentre lotta per prendersi cura del bambino e navigare nel suo desolato ambiente, il film esplora temi di isolamento, alienazione e gli orrori della vita quotidiana.

“Eraserhead” è rinomato per la sua cinematografia in bianco e nero, il design sonoro inquietante e la struttura narrativa non convenzionale. Presenta una colonna sonora inquietante e extraterrestre del compositore Alan R. Splet, che contribuisce alla qualità da incubo del film.

Il “Eraserhead” di David Lynch è spesso considerato un lavoro fondamentale del cinema indipendente e un esempio principale dello stile distintivo di Lynch come regista. La sua narrazione enigmatica e aperta lascia spazio all’interpretazione ed è diventata oggetto di analisi e discussioni accademiche.

Le immagini surreali e inquietanti del film, insieme alla sua esplorazione degli angoli bui della psiche umana, gli hanno valso un seguito devoto e hanno consolidato il suo status di classico sia nel genere horror che in quello d’arte. Continua a influenzare registi ed artisti che cercano di sfidare la narrazione e la rappresentazione visiva convenzionali.

Stalker (1979)


“Stalker” è un film di fantascienza sovietico del 1979 diretto da Andrei Tarkovsky. Quest’opera visivamente sorprendente e filosofica è spesso considerata uno dei più grandi film nella storia del cinema ed è un pilastro della filmografia di Tarkovsky.

Il film è liberamente basato sul romanzo “Picnic sul ciglio della strada” di Arkady e Boris Strugatsky ed è ambientato in un paesaggio misterioso e post-apocalittico noto come “La Zona”. In questa Zona, esiste una stanza che si dice esaudisca i desideri più profondi di chiunque vi entri. Una guida, chiamata “Stalker”, conduce due clienti, lo Scrittore e il Professore, nella Zona alla ricerca di questa enigmatica stanza.

“Stalker” è rinomato per il suo ritmo lento e ponderato, le lunghe riprese e i complessi temi filosofici. Esplora domande sulla natura del desiderio umano, il potere della fede e le conseguenze del raggiungimento dei desideri più profondi.

Lo stile visivo del film è contraddistinto dalla sua straordinaria cinematografia, con Tarkovsky e il direttore della fotografia Alexander Knyazhinsky che creano immagini memorabili e affascinanti. L’uso del colore e della composizione contribuisce alla qualità onirica del film.

“Stalker” è celebrato per la sua profondità intellettuale e la sua capacità di suscitare pensiero e riflessione negli spettatori. È un film che invita a molteplici interpretazioni ed è stato oggetto di estese analisi e discussioni.

Come molte opere di Tarkovsky, “Stalker” è un’esperienza cinematografica impegnativa e profonda che ricompensa lo spettatore attento e riflessivo. Rimane un capolavoro duraturo del cinema mondiale e continua a influenzare registi ed artisti con la sua ricchezza filosofica e visiva.

Alice (1988)

“Alice” è un film fantasy del 1988 diretto dal regista ceco Jan Švankmajer. Il film è un’oscura e surreale interpretazione di “Alice nel Paese delle Meraviglie” e “Attraverso lo Specchio” di Lewis Carroll. Combina la live-action con l’animazione stop-motion e la puppetteria per creare un’interpretazione unica e inquietante del classico racconto.

In questa versione delle avventure di Alice, il film inizia con una Alice reale che, dopo essersi addormentata, sogna un mondo da incubo popolato da personaggi strani e grotteschi. Švankmajer utilizza una varietà di tecniche non convenzionali e talvolta disturbanti per dare vita alla storia di Carroll. Oggetti di tutti i giorni vengono trasformati in creazioni surreali e spesso inquietanti, e il film sfuma la linea tra l’ordinario e il fantastico.

“Alice” è noto per la meticolosa attenzione ai dettagli nella sua animazione stop-motion e per la sua capacità di creare un senso di disagio e meraviglia. Esplora temi di trasformazione, identità e l’assurdità della vita quotidiana, mantenendo al contempo un’atmosfera distintamente oscura e surreale.

Jan Švankmajer è celebrato per il suo approccio unico e innovativo alla regia, e “Alice” è considerato uno dei suoi lavori più iconici. Il film si rivolge a coloro che apprezzano il cinema non convenzionale e hanno un gusto per l’inusuale e il fantastico.

È importante notare che “Alice” è molto diverso dalle più tradizionali trasposizioni delle storie di Lewis Carroll e offre una visione decisamente più cupa e surreale della materia originale, rendendolo un’esperienza cinematografica unica e affascinante.

Riflessi sulla pelle (1990)


“Riflessi sulla pelle” è un film horror britannico-canadese del 1990 scritto e diretto da Philip Ridley. Il film è noto per la sua narrazione oscura e atmosferica, nonché per l’esplorazione di temi legati all’innocenza, alla violenza e alla vita rurale.

Ambientato nel Midwest americano degli anni ’50, il film segue la vita di un giovane ragazzo di nome Seth Dove, interpretato da Jeremy Cooper. Seth diventa affascinato dagli eventi misteriosi e inquietanti che accadono nella sua piccola comunità rurale, tra cui le morti inspiegabili di diversi bambini. Mentre approfondisce i misteri, incontra una serie di personaggi bizzarri e inquietanti, tra cui la sua famiglia tormentata e una misteriosa donna di nome Dolphin Blue, interpretata da Lindsay Duncan.

“Riflessi sulla pelle” è caratterizzato dalla sua cinematografia cupa ed evocativa, che contribuisce a creare un senso di disagio e di presagio. Il film esplora i temi della perdita dell’innocenza, dell’impatto della violenza sugli individui e sulle comunità, e della linea sottile tra realtà e sovrannaturale.

Lo stile di regia di Philip Ridley in “The Reflecting Skin” viene spesso descritto come onirico e da incubo. Il film combina elementi di horror, dramma e surrealismo per creare una narrazione unica e inquietante.

Sebbene “Riflessi sulla pelle” potrebbe non essere altrettanto conosciuto come altri film horror, ha guadagnato un seguito di culto per la sua narrazione atmosferica e per i temi che suscitano riflessione. È un film che invita all’interpretazione e alla riflessione sulla sua narrazione oscura e inquietante.

Arizona Dream (1993)

“Arizona Dream” è un film surreale del 1993, una commedia-drammatica diretta da Emir Kusturica. Il film è noto per la sua narrazione eccentrica e onirica, che mescola elementi di commedia, dramma e surrealismo.

La storia segue Axel Blackmar, interpretato da Johnny Depp, un giovane proveniente da New York che viaggia in Arizona per partecipare al matrimonio di suo zio Leo. Mentre è in Arizona, Axel si trova invischiato in una serie di eventi strani e fantasiosi, tra cui innamorarsi di due donne, Elaine e Grace, interpretate rispettivamente da Faye Dunaway e Lili Taylor. Il film esplora temi come l’amore, la libertà e la ricerca dei propri sogni.

“Arizona Dream” è caratterizzato dal suo umorismo eccentrico e stravagante, così come dall’uso di elementi surreali e fantastici. Presenta sequenze oniriche surreali e voli di fantasia creativi, che contribuiscono alla sua narrativa unica e imprevedibile.

Il film beneficia anche di una colonna sonora distintiva composta da Goran Bregović, che mescola musica dell’Europa orientale e gitana con un tocco contemporaneo.

“Arizona Dream” è un film visivamente suggestivo ed emotivamente coinvolgente che si rivolge a coloro che apprezzano una narrazione non convenzionale e un umorismo fuori dal comune. Nel corso degli anni ha acquisito un seguito di culto e rimane un notevole contributo nella filmografia di Emir Kusturica.

Mulholland Drive (2001)

“Mulholland Drive” è un film neo-noir, thriller e mistero americano del 2001 scritto e diretto da David Lynch. Il film è noto per la sua trama complessa ed enigmatica, nonché per la sua atmosfera surreale e onirica. Ha ricevuto l’acclamazione della critica ed è spesso considerato uno dei più grandi film del XXI secolo.

La storia di “Mulholland Drive” ruota attorno a una giovane donna di nome Betty Elms, interpretata da Naomi Watts, che arriva a Los Angeles con il sogno di diventare un’attrice. Scopre una donna affetta da amnesia, Rita, interpretata da Laura Harring, nell’appartamento di sua zia e insieme intraprendono un viaggio misterioso e disorientante per scoprire la vera identità di Rita. Mentre approfondiscono i misteri labirintici di Hollywood, il film esplora temi legati all’identità, all’illusione e al lato oscuro della fama.

“Mulholland Drive” è celebrato per la sua narrazione non lineare e per la sua capacità di sfumare i confini tra realtà e sogni. Il film è diviso in due parti distinte, con la seconda parte che offre una reinterpretazione degli eventi della prima parte, aggiungendo ulteriori strati di complessità alla trama.

Lo stile surreale e lynchiano di David Lynch sono in piena mostra in “Mulholland Drive,” e il film presenta immagini suggestive, una colonna sonora ipnotica di Angelo Badalamenti e interpretazioni memorabili del suo cast.

Il film ha suscitato ampie analisi e interpretazioni, con varie teorie sul suo significato e simbolismo. Continua ad essere oggetto di discussioni e dibattiti tra cinefili e studiosi.

“Mulholland Drive” è un capolavoro cinematografico che sfida la narrazione convenzionale e invita gli spettatori a immergersi nel suo mondo enigmatico e ipnotico. Rimane una testimonianza della maestria di David Lynch come regista e della sua capacità di creare cinema stimolante e inquietante.

Inland Empire (2006)

“Inland Empire” è un film sperimentale e misterioso del 2006, scritto e diretto da David Lynch. È noto per la sua narrazione complessa ed enigmatica, gli elementi surreali e l’uso del video digitale. Il film è la pellicola più lunga di Lynch e uno dei suoi lavori più impegnativi, con una durata di oltre tre ore.

La storia di “Inland Empire” ruota attorno a un’attrice di nome Nikki Grace, interpretata da Laura Dern, che viene scelta per un misterioso progetto cinematografico. Mentre si immerge nel suo ruolo, realtà e finzione si mescolano e Nikki si trova sempre più invischiata in una narrazione labirintica e allucinante che intreccia diverse trame e personaggi.

Il film è notevole per la sua narrazione non lineare, le sequenze oniriche e l’uso di simbolismo e immagini inquietanti tipici di Lynch. Crea un senso di disagio e disorientamento mentre esplora temi legati all’identità, alla performance e ai confini sfumati tra finzione e realtà.

“Inland Empire” è stato girato in video digitale, il che permette a Lynch di sperimentare con diversi stili visivi e di creare un’atmosfera volutamente disorientante e ultraterrena. La narrazione frammentata e le sequenze surreali rendono il film un’esperienza di visione impegnativa che invita all’interpretazione e alla discussione.

Come molti dei lavori di David Lynch, “Inland Empire” ha suscitato ampie analisi e dibattiti tra cinefili e studiosi, e continua a essere un oggetto di fascinazione per coloro che apprezzano il cinema non convenzionale e stimolante.

È importante notare che “Inland Empire” è un film che deliberatamente abbandona le convenzioni tradizionali della narrazione a favore di un approccio più astratto ed sperimentale, rendendolo un viaggio cinematografico unico e coinvolgente per coloro disposti ad esplorare i suoi misteri.

Holy Motors (2012)

“Holy Motors” è un film fantasy drammatico franco-tedesco del 2012 scritto e diretto da Leos Carax. Il film è noto per la sua narrazione surreale ed enigmatica, nonché per l’esplorazione dell’identità, della performance e della natura stessa del cinema.

La storia di “Holy Motors” segue Monsieur Oscar, interpretato da Denis Lavant, un uomo misterioso che attraversa Parigi in una limousine allungata, assumendo vari ruoli e personaggi durante la giornata. Questi ruoli spaziano da un uomo d’affari a un performer di motion capture a un suonatore di fisarmonica in un intermezzo musicale. Mentre si trasforma in questi personaggi, il film sfuma i confini tra realtà e performance, diventando difficile comprendere chi sia veramente Monsieur Oscar.

Il film è una meditazione sulla natura della recitazione e sulle maschere che le persone indossano nella loro vita quotidiana. Esplora temi di trasformazione, identità e l’evoluzione della narrazione nell’era digitale.

“Holy Motors” è celebrato per la sua narrativa innovativa e surreale, e presenta una memorabile interpretazione di Denis Lavant, che dà vita a una vasta gamma di personaggi con precisione ed emozione. Nel film compare anche in un cameo Kylie Minogue.

La regia di Leos Carax in “Holy Motors” è caratterizzata dalla sua qualità onirica e dalla capacità di sfidare le convenzioni narrative e cinematografiche. Il film invita gli spettatori a mettere in discussione i confini tra realtà e performance, lasciando spazio a interpretazioni e discussioni.

Come molti film d’avanguardia, “Holy Motors” potrebbe non appassionare tutti gli spettatori, ma ha ricevuto l’acclamazione della critica per il suo approccio artistico e provocatorio alla narrazione e alla performance. Continua ad essere oggetto di fascinazione e analisi tra cinefili e studiosi.

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