L’infanzia di Jean Cocteau
Tra i più registi più famosi del cinema francese, nato a Maisons-Laffitte, un sobborgo alla periferia di Parigi, nel 1889, l’infanzia di Jean Cocteau rivela subito il suo interesse per le arti grafiche e la poesia. Il piccolo Jean infatti, essendo cagionevole di salute, passa ore a costruire piccoli teatrini di marionette nel cortile di casa e a disegnare.
Quando vede i suoi genitori uscire spesso la sera per andare a teatro, lasciandolo da solo a casa, il fatto di assistere agli spettacoli teatrali diventa per lui un’ossessione. Una passione per l’arte scenica che potrà realizzare qualche anno dopo.
Nel 1898 avviene una tragedia che non dimenticherà per tutta la vita: il padre Georges si spara alla testa nel suo studio. I motivi del suicidio restano misteriosi. Qualcuno parla di debiti, qualcun altro di disturbi mentali e di omosessualità repressa. Jean si trasferisce con la famiglia a Parigi a casa del nonno musicista, che tiene regolarmente concerti.
Adolescenza
L’istituzione scolastica e Jean Cocteau non hanno niente in comune. Il futuro poeta non riesce affatto ad integrarsi nella vita scolastica e viene espulso da più di un liceo, sostituendo la frequenza delle scuole ufficiali con lezioni private.
La sua vera passione è assistere agli spettacoli teatrali e scrivere poesie. Dopo alcuni tentativi per conseguire la maturità decide di abbandonare definitivamente, dedicandosi esclusivamente all’arte. Libero della scuola Jean Cocteau si butta a capofitto nella vita mondana e artistica di Parigi.
Stringe amicizia con l’attore Edouard de Max ed ha una delle sue prime relazioni sentimentali con Christiane Mancini, una studentessa del conservatorio. In questo periodo inizia a usare spesso anche gli stupefacenti come l’oppio.
L’amico Edouard de Max organizza Nel 1908 un recital di poesie di Cocteau in un teatro di Parigi. Da quel momento Jean viene diventa conosciuto nell’ambiente parigino e conosce molti altri artisti che diventano suoi amici: Proust, Catulle Mendès, Lucien Daudet, Jules Lemaitre, Reynaldo Hahn, Maurice Rostand, e comincia il suo rapporto altalenante con Anna de Noailles.
Lo stesso anno, durante un viaggio a Venezia con la madre, Cocteau è sconvolto dall’improvviso suicidio di un amico, che si spara un colpo di pistola alla tempia sulle scalinate della chiesa della Salute. Il trauma che lo aveva colpito con il suicidio del padre sembra misteriosamente riproporsi, quasi fosse un karma da affrontare.
Fra il 1909 e il 1912 pubblica diverse raccolte di poesie, di cui rifiuterà successivamente di riconoscere la paternità: La Lampe d’Aladin, Le Prince frivole, La Danse de Sophocle. Dirige insieme una rivista di lusso, Shéhérazade. Conosce François Mauriac, il pittore Jacques-Emile Blanche, Sacha Guitry. Misia Sert gli presenta Sergej Diaghilev, impresario dei Balletti Russi, che lo presenta a Nijinskij e Stravinskij.
I primi successi di Jean Cocteau
Jean Cocteau diventa celebre giovanissimo, collaborando con Diaghilev, Picasso e Sati per il balletto Parade, del 1917. Ispira poi il “gruppo dei sei”, musicisti con cui collabora per tutta la vita. Lancia il giovane romanziere Raymond Radiguet. Disegna, dipinge, scrive per il teatro e soprattutto è un poeta.
Durante la guerra Cocteau guida le ambulanze per il trasporto dei feriti e presta servizio con i fucilieri della marina militare: su questo periodo scriverà un romanzo Thomas l’impostore. Nel 1914 fonda con Paul Iribe la rivista Le Mot. Conosce Valentine Gross, che gli presenterà Braque, Derain e Satie.
In questo periodo stringe amicizia con Roland Garros, che gli fa iniziare l’attività da aviatore: il battesimo dell’aria sarà il tema della prima opera poetica di una certa importanza: Le Cap de Bonne-Espérance, di cui organizzerà vari reading che gli procurano un buon successo.
Nel 1916 viene trasferito al Servizio Propaganda del Ministero degli Esteri. Comincia a frequentare il quartiere di Montparnasse: conosce Apollinaire, Modigliani, Max Jacob, Pierre Reverdy, André Salmon, Blaise Cendrars, e soprattutto Pablo Picasso. Con Picasso nascerà un legame molto forte, e Jean Cocteau lo coinvolgerà in diversi suoi progetti di successo.
Parade e la danza
Lo spettacolo Parade, che rivelerà Jean Cocteau al grande pubblico, va in scena allo Châtelet il 18 maggio 1917: la musica è di Erik Satie, scene e costumi di Picasso, coreografie di Léonide Massine dei Balletti Russi. Lo spettacolo crea scandalo immediatamente: il pubblico si divide in modo netto tra sostenitori e detrattori. Molti non riescono a cogliere l’importanza della nuova corrente dell’Esprit nouveau, per la quale Apollinaire conierà il termine surréalisme.
Deluso dal lavoro teatrale per cui non gli viene riconosciuto adeguatamente l’impegno del suo lavoro, si dedica alla critica teatrale e artistica scrivendo saggi su Picasso e Satie. In questi anni stringe un rapporto col giovane poeta Jean Le Roi, che morirà al fronte dopo pochi mesi.
Jean Cocteau e Radiguet
Ma il legame più importante è quello con l’adolescente Raymond Radiguet, presentatogli nel 1919 da Max Jacob. Fra Cocteau e Radiguet nasce una profonda amicizia, che sarà fondamentale per lo sviluppo, umano e artistico, di Cocteau. Nonostante la differenza di età e di notorietà, Radiguet sarà in questi anni il maestro di Cocteau.
In vacanza nella costa meridionale della Francia, mentre l’amico Radiguet scrive il romanzo Il diavolo in corpo, Cocteau crea nuovi testi poetici. Ma nel 1923 Radiguet muore improvvisamente, vittima del tifo. La perdita dell’amico lascerà Cocteau in uno stato di depressione e prostrazione che lo spingerà a cercare consolazione nell’oppio.
Negli anni successivi inizia ad avvicinarsi lentamente alla religione cattolica e si disintossica dall’oppio. Nel 1925 Cocteau ha la rivelazione dell’angelo Heurtebise, personaggio-chiave della sua opera, e scriverà il poema intitolato Heurtebise. Le ricadute nella dipendenza dell’oppio però saranno frequenti. Spesso preferirà l’estasi mistica della droga alla religione.
Jean Cocteau ed il cinema
Da sempre attratto dal cinema compie alcuni tentativi prima di realizzare, grazie al mecenatismo del Conte di Noailles, un film sperimentale, Il sangue di un poeta. Nonostante molti critici e intellettuali hanno parlato di questo film come di un’opera surrealista, in realtà essa non ha nulla in comune con le opere surrealiste.
La sua tecnica non appartiene al mondo della scrittura automatica. È piuttosto un viaggio onirico che propone allo spettatore una sequenza di immagini ossessive che si trovano in tutta l’opera di Jean Cocteau: un angelo con le ali di vetro, una statua di gesso che prende vita, specchi che si possono attraversare.
Il sangue di un poeta
Una discesa nel profondo inconscio tra poesia, pensiero e visione. Jean Cocteau trasforma nella sua opera prima, come in tutti i suoi film successivi, la sua poesia in cinema. Un film difficilmente inquadrabile nella corrente del Surrealismo. I fantasmi di Jean Cocteau prendono forma in questo film difficile da raccontare con le parole.
Il rapporto tra artista e opera d’arte raccontato attraverso il mito di Orfeo, il suicidio del padre, la bisessualità, la morte dell’amato Raymond Radiguet, la dipendenza dall’oppio, la musica, la danza, la poesia, la magia di una infanzia perduta. La statua di marmo si anima al tocco del poeta e lo invita al tuffo dentro le specchio per recuperare le cose perdute. Un’ immersione nel subconscio dove il protagonista si trova a spiare dal buco della serratura rivoluzionari messicani fucilati, fumatori d’oppio, ermafroditi, bambine addestrate per lezioni di volo.
Guarda il film
Opere teatrali e viaggi
Nel 1932 inizia una relazione con la principessa Nathalie Paley, nipote dello zar Alessandro III; la principessa abortisce da una gravidanza avuta da Cocteau. All’inizio degli anni ‘30 scrive molto per il teatro e realizza opre come Le Fantôme de Marseille, La machine infernale, L’Ecole des veuves, seguendo personalmente la messa in scena dei suoi testi.
Nella 1936 parte con Marcel Khill, il suo nuovo compagno, per fare il giro del mondo in ottanta giorni. Durante il percorso incontra su una nave Charlie Chaplin e Paulette Goddard: nascerà una sincera amicizia. Il diario di questo viaggio verrà pubblicato in un testo intitolato Mon premier voyage.
Qualche anno dopo, durante i provini per Edipo Re, Jean Cocteau conosce un giovane attore di cui si innamora: Jean Marais. Tra i due nascerà una relazione che durerà fino alla morte del poeta. Marais interpreterà vari ruoli negli spettacoli tratti dai testi di Cocteau e sarà una inesauribile fonte di ispirazione negli anni successivi.
Gli anni della guerra
L’occupazione nazista crea diversi ostacoli all’attività artistica di Cocteau. Alcuni spettacoli come La Machine à écrire, provocano reazioni di dissenso e censura. Cocteau subisce anche un aggressione perché non si toglie il cappello davanti alla bandiera nazista.
Il compagno Jean Marais prende a schiaffi un giornalista che aveva scritto un articolo offensivo su Cocteau. Francois Truffaut ha messo questo episodio in una scena del film L’ultimo metrò. Per fortuna ottiene nel ‘42 un incarico al Conservatorio delle arti drammatiche.
Nel 1944 si schiera attivamente, insieme ad altri artisti, per la liberazione di Max Jacob, arrestato dalla Gestapo e giustiziato il 4 marzo nel campo di Drancy.
Scrittura per il cinema
Dagli anni 40 riprende a interessarsi attivamente al cinema. Scrive sceneggiature, dialoghi per altri registi francesi, a volte segue le riprese molto da vicino come in L’eterno ritorno di Jean Delannoy. Il successo di questo film lo consacra nella professione e le proposte si moltiplicano.
Non sempre Jean Cocteau sceglie razionalmente le collaborazioni, ma il suo contributo è sempre prezioso per i film a cui partecipa. I dialoghi scritti per Le dame du Bois de Boulogne di Robert Bresson sono un esempio di collaborazione perfettamente riuscita e della maestria di Cocteau con la parola.
Torna alla regia con La bella e la bestia, adattamento molto personale della favola di Madame de Beaumont, riscuotendo il favore del pubblico. Sviluppa una storia in cui dà rilievo al personaggio della bestia interpretato da Jean Marais con un trucco eccezionale, che può essere visto come l’immagine di un poeta sofferente.
Dopo avere collaborato alla realizzazione della Voce umana di Roberto Rossellini, interpretato da Anna Magnani, collabora anche alla scrittura di Ruy Blas di Pierre Billon e di Noces de sable di André Zwobada. Nel 1948 per un viaggio negli Stati Uniti dove incontra Greta Garbo e Marlene Dietrich.
Jean Cocteau e l’Esprit nouveau
Jean Cocteau si impegna principalmente per creare una nuova forma di meraviglioso, obbligando i collaboratori come lo scenografo Berardi, il direttore della fotografia Alekan, ad adeguarsi alle sue prospettive. In seguito adatta due suoi testi teatrali L’Aquila a due teste ed I parenti terribili proponendo un rapporto completamente nuovo fra teatro e cinema. Sono le idee artistiche raccontate in un suo celebre scritto, Esprit del 1951. Tra gli ultimi due film passano 10 anni e si collegano entrambe per tematiche e stile a Le Sang d’un poète.
Il personaggio principale è il poeta nelle vesti di Orfeo che cerca di trasportare nel mondo contemporaneo, come fa con Tristano e Isotta in L’eterno ritorno. Nessuna immagine poetica, niente fantastico convenzionale, nessun procedimento stilistico: con Orfeo riprende e amplifica il dialogo con la propria morte. L’insuccesso lo costringe ad una attesa di 10 anni per girare il film successivo, grazie all’appoggio del giovane Francois Truffaut.
Il testamento di Orfeo
In Il testamento di Orfeo Cocteau stesso interpreta il poeta e mette in scena la sua morte, trafitto dalla lancia di Minerva, nello scenario fantastico delle Cave di Beaux, in Provenza. Poi resuscita, cammina su una strada e sparisce alla vista degli uomini. Jean Cocteau fa un inventario ante mortem: è un riepilogo dei poteri della poesia.
Nel suo ultimo film, il leggendario Jean Cocteau è un poeta che viaggia nel tempo alla ricerca dell’illuminazione. In una misteriosa terra desolata, incontra anime perdute che provocano la sua morte e risurrezione. Con un cast eccezionale tra cui Pablo Picasso, Jean-Pierre Leáud, Lucia Bosè, Yul Brynner, Brigitte Bardot, il testamento di Orfeo chiude la straordinaria ricerca di Cocteau sul rapporto tra arte e vita.
Guarda Il testamento di Orfeo
Il cinema come poesia
Cocteau prende ancora parte alla scrittura e alla realizzazione di un certo numero di cortometraggi: non disprezza alcun genere. L’eclettismo resta uno dei suoi segni distintivi, una qualità che gli permette di sperimentare tra diverse modalità espressive in un epoca in cui la specializzazione sta diventando la regola.
La sua opera cinematografica è incorniciata dal mito orfico, che ritroviamo a ogni livello creativo. Orfeo il poeta tentenna, zoppica, è indeciso, un piede nella vita e uno nella morte. Il suo dramma e la sua forza provengono dal fatto che sta sul limite che separa un mondo dall’altro, l’universo visibile e l’universo invisibile e per questo è quasi sempre incompreso anche da chi gli è più vicino.
È combattuto fra l’amore e la poesia. Ma come ogni uomo degno di vivere passa attraverso una serie di morti e rinascite in successione. Jean Cocteau considera i suoi film poesie di cinema. In questo modo intende protestare contro la dicotomia così spesso ripetuta che oppone cinema della realtà e cinema di finzione.
La poesia non saprebbe essere un valore aggiunto inserito nel film con un procedimento artificiale. La poesia deve nascere autonomamente, deve scaturire dall’organizzazione delle immagini. Jean Cocteau definisce inoltre le sue opere cinematografiche dei “documentari realisti su fatti irreali”.
I due mondi, reale e irreale, si compenetrano senza che si possa sempre sapere da quale parte ci si trovi. È il significato del tema ricorrente dell’attraversamento dello specchio e delle molte immagini invertite che si trovano nei suoi film.
La bella e la bestia
Per creare Il meraviglioso Jean Cocteau rifiuta le belle immagini levigate con luce perfetta. In La bella e la bestia chiede al direttore della fotografia Alekan un’immagine dura, come può essere quella di René Clement, consigliere tecnico per questo film, o di Jean Pierre Melville che dirige I ragazzi terribili. La poesia è la precisione, il calcolo, il contrario di ciò che sembra poetico agli imbecilli”.
Jean Cocteau concepisce il montaggio come la metrica poetica. “La mia prima preoccupazione nella realizzazione di un film è quella di far sì che le immagini non scivolino, che si contrastino, si incastrino e si uniscano senza nuocere al loro spessore” .
Nei suoi film non si preoccupa delle cosiddette regole e compie deliberatamente degli errori che poi rivendica, orgoglioso di essere un autodidatta per quanto riguarda il cinema. Ogni suo trucco è allora un bricolage molto più convincente di qualunque effetto speciale.
Scrive molto, e bene, sui propri film e su quelli degli altri. In questo modo dà, senza teorizzare, una lezione di esegesi più vicina alla fenomenologia che alla strutturalismo. La sua carriera cinematografica, la sua opera orfica fanno di lui un ponte tra due periodi fondamentali del cinema francese, quello delle avanguardie e quello della Nouvelle Vague.
Jean Cocteau è un artista indipendente in tutti i significati della parola. Rifiuta sempre di inserirsi completamente nel contesto economico del cinema industriale. I suoi film si collocano controcorrente rispetto alle correnti estetiche dominanti dell’epoca. Il suo momento di gloria arriva più tardi, quando i giovani registi dei Cahiers du cinema gli rendono possibile realizzare il suo ultimo film, Il testamento di un poeta.
I giovani registi francesi e Francois Truffaut più di tutti gli altri lo stimavano incredibilmente per lo stile libero, l’indipendenza, per il suo distacco nei confronti della tecnica e il suo modo di creare opere senza scendere a compromessi con la macchina burocratica istituzionale del cinema. Morto nel 1963, Jean Cocteau quasi non conosce l’oblio: la sua influenza è sempre limitata, ma sotterranea e ininterrotta.