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Kenji Mizoguchi

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Kenji Mizoguchi, uno dei registi più importanti di tutti i tempi, nasce nel 1898 a Tokyo. Il padre è un modesto artigiano che ha molte difficoltà economiche e vende impermeabili ai soldati durante la guerra contro la Russia. Per sopravvivere si trasferisce nella comunità di Asakusa, un luogo pieno di teatri popolari e artisti poverissimi, ed è costretto a offrire sua figlia di 14 anni Suzu come geisha.

Kenji porterà sempre con sé ricordi di questo periodo della sua vita. La morte della madre quando Kenji ha 17 anni costringe il giovane a trovare un lavoro qualsiasi. Successivamente il fratello, al quale sarà legato per tutta la vita, riesce a dare a Kenji l’opportunità di riprendere gli studi di ricerca abbandonati per diventare medico. 

A 19 anni si occupa di marketing e nel tempo libero si dedica all’organizzazione di gruppi teatrali. A 22 anni entrò nel cinema come attore e nel breve spazio di due anni, ha diretto il suo primo film. Nel 1925 ha già diretto più di 30 film molto diversi: da film contemporanei (gendaigheki) a film storici (jidaigheki), a film accademici o tratti dalla letteratura occidentale.

Nel 1923 un terribile terremoto rovinò la maggior parte della cineteca (e della città di Tokyo). Le case di produzione Nikkatsu e Shochiku trasferirono la loro sede nel Kansai. Negli anni successivi, i bombardamenti di Tokyo durante la seconda guerra mondiale e l’umidità naturale del clima faranno altri danni irreparabili al patrimonio cinematografico giapponese.

Kenji Mizoguchi ha iniziato la sua attività di regista in un momento di grande fermento per l’industria cinematografica  e si è fatto le ossa con una serie di film davvero diversificata. Ha dovuto aspettare fino al 1936 con Elegia di Osaka per poter creare un’opera personale. La sua filmografia d’autore continua con Le sorelle di Gion nello stesso anno. La guerra lo costringe ancora a fare compromessi: gli viene chiesto di realizzare alcuni film storici di propaganda, tra cui Genroku Chushingura – La Vendetta dei 47 ronin. Alla fine della guerra, Mizoguchi torna a dedicarsi ai suoi temi preferiti, inizialmente sotto forma di teatro moderno e successivamente ricopre anche la carica di presidente della Director’s Guild of Japan fino al 1955.

Il suo periodo di fama inizia grazie al successo ottenuto da Rashomon di Kurosawa nel 1951 alla Mostra del Cinema di Venezia. Il mercato occidentale si apre ai registi dell’Estremo Oriente e riconosce gli ultimi lavori di Mizoguchi come film da vedere assolutamente e capolavori del cinema. Il regista morì di leucemia nel 1956 a Kyoto mentre si preparava a girare “Storia di Osaka”.

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Stile e poetica di Kenji Mizoguchi

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Nel suo stile ineguagliabile, in cui la vita sembra scorrere come per magia e la tecnica del piano sequenza anticipa il cinema di Antonioni e Jancsó, Mizoguchi ha osservato il mondo e le sue contraddizioni e cambiamenti, le sopravvivenze del passato nel travaglio di una nuova epoca. Attraverso un realismo umanista, il suo punto di vista è stato quello di un’osservazione sgradevole piuttosto che di denuncia, e la sua visione lirica, genuina e controllata, non cade mai nel paternalismo e nella polemica.

Attraverso gli spazi si svelano la potenza di un individuo e la nullità dell’altro: inchini che non finiscono mai, salamelecchi, individui che si umiliano strisciando per terra. E nonostante tutte queste inquadrature di individui che attraversano passaggi e spazi, non capiamo mai cosa si prova a vivere in quelle case, poiché si tratta semplicemente di scenografie, scenografie fatte di forme rettangolari, volumi, linee e cubi, e la loro superficie è fittizia, parte della struttura stessa del potere.

Gli individui su cui si concentra Mizoguchi sono compulsivi, persino isterici nelle loro esigenze, vivono in un inferno, se non addirittura nel mondo dei burattini. “Descrivimi l’implacabile”, chiese Mizoguchi al suo fedele sceneggiatore Yoshikata Yoda, all’epoca di Naniwa hika (Elegia di Naniwa, 1936). “Descrivimi l’implacabile, l’egocentrico, il sensuale… Ci sono solo individui orribili in questo mondo.” In questo senso, il melodramma naturalistico era il mezzo perfetto: “Tutto ha bisogno di essere messo a fuoco… Dovresti comporre un’opera fantastica alla maniera di Balzac, Stendhal, Victor Hugo o Dostoevskij”.

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I film di Kenji Mizoguchi da vedere assolutamente

Elegia di Osaka (1936)

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La colonna sonora jazz sbarazzina e le inquadrature iniziali di accompagnamento delle insegne al neon lampeggianti di Osaka creano scintillanti paesaggi urbani. E’ lo scenario per questo racconto estremamente modernista tipico dello stile di Mizoguchi che tratta del sacrificio femminile. La sceneggiatura è di Yoshikata Yoda, amico e collaboratore per molti anni di Mizoguchi: è la vicenda di un’operatrice del centralino di un’azienda farmaceutica che inizia una relazione con il suo capo sposato per pagare i debiti dei suoi famigliari.

La storia si svolge sullo sfondo di caffè, outlet, stazioni della metropolitana e altre aree urbane contemporanee che sembrano un mondo a parte rispetto alle immagini del Giappone che la maggior parte dell’occidente immagina. Allo stesso modo si è dimostrato un po’ troppo in anticipo sui tempi; la sua visione cosmopolita di Osaka e l’interpretazione progressista delle opinioni pubbliche affrontate dalle donne giapponesi contemporanee indipendenti ne fecero un titolo discutibile nel clima culturale conservatore dell’epoca, e la distribuzione fu momentaneamente sospesa dal Ministero degli Affari Giapponesi. Impressionante è la fotografia di Minoru Miki, che anticipa lo stile di Gregg Toland in Citizen Kane.

Le sorelle del Gion (1936)

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La storia si ambienta dietro le quinte della vita delle geishe costrette dalle necessità economiche a fare quella vita. Un tema su cui Kenji Mizoguchi sarebbe tornato nel corso della sua carriera in film come A Woman of Rumor (1954) e Street of Shame (1956). Il quartiere dei divertimenti di Gion a Kyoto rappresenta al massimo lo scontro tra la tradizione e la modernità, incarnati rispettivamente dai 2 fratelli della geisha.

Umekichi crede nella cattiva sorte, consapevole della sua esigenza di sicurezza mentre vive la sua giovinezza, mentre suo fratello e sua sorella più giovane adottano un atteggiamento più severo verso gli uomini che le usano come geishe. Entrambe scoprono che le loro prospettive sono limitate dalla loro professione. Uno straordinario lavoro della produzione prebellica del regista, ancora una volta sceneggiato da Yoda da una storia iniziale di Mizoguchi.

La storia dell’ultimo crisantemo (1939)

“La storia dell’ultimo crisantemo” è un film giapponese del 1939 diretto da Kenji Mizoguchi. Questo è un dramma storico noto per la sua narrazione delicata e la maestria della regia di Mizoguchi.

La trama di “La storia dell’ultimo crisantemo” è ambientata nel periodo Meiji (fine XIX secolo) e ruota attorno a un giovane attore di kabuki di nome Kikunosuke, interpretato da Shotaro Hanayagi. Nonostante le sue aspirazioni a diventare un attore di successo come suo padre, Kikunosuke lotta per ottenere il riconoscimento del pubblico e dei critici. Viene respinto e considerato un dilettante a causa del suo status di figlio d’arte.

Il film segue il percorso di Kikunosuke mentre cerca di dimostrare il suo talento e di superare l’ombra del padre. La storia è anche un’explorazione della tradizione kabuki e dei sacrifici che gli attori devono compiere per eccellere in questa forma d’arte.

“La storia dell’ultimo crisantemo” è noto per le sue lunghe riprese senza interruzioni, una caratteristica distintiva dello stile di regia di Kenji Mizoguchi. Il film offre uno sguardo intenso e profondo sulla vita dell’artista e sui conflitti tra tradizione e aspirazione personale.

Il titolo del film fa riferimento a una canzone kabuki tradizionale e simboleggia la bellezza, la fragilità e la brevità della vita. “La storia dell’ultimo crisantemo” è considerato uno dei capolavori del cinema giapponese e una pietra miliare nella filmografia di Mizoguchi.

La vendetta dei 47 ronin (1941)

“La vendetta dei 47 ronin” è un film giapponese del 1941 diretto da Kenji Mizoguchi. Questo è un dramma storico basato sulla famosa storia dei 47 ronin, noti anche come “47 samurai,” che vendicarono la morte del loro signore.

La trama di “La vendetta dei 47 ronin” è ambientata nel XVIII secolo e segue la storia dei ronin, guerrieri samurai senza padrone, noti come “chūshingura.” Questi ronin decidono di vendicare la morte del loro signore, Lord Asano, che è stato costretto a commettere seppuku (un atto di suicidio onorevole) a seguito di un incidente con Lord Kira, un alto funzionario del governo.

I 47 ronin pianificano e attuano una vendetta segreta che richiede anni di pianificazione e sacrificio. La storia esplora i loro sentimenti di lealtà, onore e vendetta mentre cercano di ripristinare l’onore del loro signore e del clan.

Il film è noto per la sua fedeltà alla storia storica e per la profonda riflessione sui valori samurai, tra cui la fedeltà e il dovere. Kenji Mizoguchi dirige il film con maestria, catturando l’atmosfera dell’epoca e offrendo una rappresentazione coinvolgente della storia dei 47 ronin.

“La vendetta dei 47 ronin” è uno dei film più celebri e rispettati della cinematografia giapponese ed è considerato un capolavoro del regista Kenji Mizoguchi.

Miyamoto Musashi (1944)

“Miyamoto Musashi” è un film giapponese del 1944 diretto da Kenji Mizoguchi. Questo è un dramma storico basato sulla vita del leggendario samurai Miyamoto Musashi, noto come uno dei più grandi spadaccini nella storia del Giappone.

La trama di “Miyamoto Musashi” segue la vita di Musashi, interpretato da Toshiro Mifune, dall’inizio della sua carriera come giovane guerriero indisciplinato fino alla sua evoluzione in un maestro spadaccino. Il film narra le sue lotte, i duelli e la sua ricerca di perfezionamento nell’arte del kenjutsu (la tecnica della spada).

La storia esplora anche gli aspetti della filosofia di Musashi, inclusa la sua scrittura del famoso trattato “Il libro dei cinque anelli,” in cui espone le sue idee sulla strategia e la mentalità del guerriero. Musashi è rappresentato come un personaggio complesso che cerca la verità attraverso la spada.

“Miyamoto Musashi” è noto per la sua interpretazione iconica di Toshiro Mifune nel ruolo principale e per la sua rappresentazione di una delle figure più leggendarie della storia giapponese. Il film è stato uno dei primi ad adattare la vita di Musashi per il cinema ed è stato seguito da altre produzioni che hanno esplorato ulteriormente la vita di questo leggendario samurai.

Utamaro e le sue cinque mogli (1946)

“Utamaro e le sue cinque mogli” è un film giapponese del 1946 diretto da Kenji Mizoguchi. Questo è un dramma storico e biografico che esplora la vita del famoso pittore e incisore giapponese Kitagawa Utamaro.

La trama di “Utamaro e le sue cinque mogli” è ambientata nel periodo Edo del XVIII secolo e segue la vita e la carriera di Utamaro, interpretato da Minosuke Bando. Utamaro è noto per le sue opere d’arte ukiyo-e, che ritraggono scene di vita quotidiana, geishe e belle donne. Il film esplora la sua relazione con le cinque donne che sono state importanti nella sua vita e che hanno ispirato le sue opere.

Il film mette in evidenza la lotta di Utamaro per esprimere la sua visione artistica in un’epoca in cui la censura era rigorosa. Esplora anche i temi dell’amore, dell’arte e dell’indipendenza personale.

“Utamaro e le sue cinque mogli” è noto per la sua bellezza visiva e per la fedeltà nella rappresentazione delle opere d’arte di Utamaro. Kenji Mizoguchi dirige il film con il suo stile distintivo, che spesso esplora le sfumature dei personaggi femminili nelle sue opere.

Il titolo del film fa riferimento al fatto che Utamaro è stato sposato cinque volte nella sua vita, e ognuna di queste donne ha avuto un impatto significativo sulla sua arte e sulla sua vita. Il film offre una prospettiva affascinante sulla cultura e sull’arte del periodo Edo in Giappone.

Le signore della notte (1948)

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Girato principalmente in esterni tra le macerie e la devastazione dell’era dell’occupazione di Osaka, questo film presenta una città molto cambiata dalla sua rappresentazione più vibrante in Elegia di Osaka poco più di un anno prima: un gruppo di donne spinte alla prostituzione dalle difficoltà del dopoguerra sono un mondo a parte rispetto alle suore di Gion.

È un affascinante momento di transizione nella carriera di Kenji Mizoguchi, un film degno di nota per il suo grintoso approccio neorealista e un’efficace interpretazione di Kinuyo Tanaka, l’attrice che, dopo il suo primo ruolo centrale per lui in un altro film ambientato in città, l’ormai perduto A Woman di Osaka (1940), sarebbe finita per essere strettamente associata al regista sia sullo schermo che fuori.

Il ritratto della signora Yuki (1950)

“Il ritratto della signora Yuki” (in giapponese: “Yuki fujin ezu”) è un film giapponese del 1950 diretto da Kenji Mizoguchi. Questo è un dramma storico e psicologico che esplora la vita e le sfide di una giovane vedova nel Giappone dell’era Meiji.

La trama di “Il ritratto della signora Yuki” è ambientata nel periodo Meiji (fine XIX secolo) e segue la storia di Yuki, interpretata da Machiko Kyō, una giovane vedova che è costretta a lavorare come serva nella casa di un ricco mercante di seta dopo la morte del marito. Il film esplora le difficoltà che Yuki deve affrontare mentre cerca di mantenere la sua dignità e il suo onore in una società rigidamente stratificata.

La storia mette in evidenza le sfide e le ingiustizie che le donne, in particolare le vedove, dovevano affrontare nell’era Meiji, quando le tradizioni e le aspettative sociali erano in rapido cambiamento.

“Il ritratto della signora Yuki” è noto per la sua profonda riflessione sui diritti delle donne e sulla loro lotta per l’indipendenza e l’uguaglianza. Kenji Mizoguchi dirige il film con il suo stile distintivo, che spesso esplora le difficoltà delle donne nella società giapponese.

Il titolo del film si riferisce al ritratto di Yuki, che gioca un ruolo simbolico nella storia e nella rappresentazione della sua dignità e forza interiore. Il film è considerato un classico del cinema giapponese e una delle opere più importanti di Kenji Mizoguchi.

Miss Oyu (1951)

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Primo film di Kenji Mizoguchi per Daiei, lo studio più attivo nello spingere il cinema giapponese verso il pubblico straniero negli anni ’50, Miss Oyu include Kinuyo Tanaka nei panni dell’omonima vedova che si innamora dell’uomo che sta per sposarsi con la sorella minore Shizu. Vedendo l’amore di Oyu ricambiato dal suo aspirante partner, Shizu escogita un piano per portare avanti la finta relazione coniugale in linea con la correttezza, ma affinché serva da facciata per una relazione altrimenti socialmente impossibile.

Basato sul romanzo di Junichiro Tanizaki del 1932 The Reed Cutter, questo delicato ritratto di un ménage à trois ha segnato la prima collaborazione di Mizoguchi  con il direttore della fotografia Kazuo Miyagawa, i sofisticati piani sequenza del quale avrebbero influenzato il lavoro successivo del regista.

La vita di Oharu (1952)

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Kenji Mizoguchi inizialmente ha ottenuto un vero riconoscimento al di fuori del Giappone con questo adattamento di un racconto del XVII secolo di Saikaku Ihara, La donna che amava l’amore, vincendo un premio al Festival Internazionale del Cinema di Venezia. In realtà era stato scelto per il premio del Leone d’oro e il regista fu dispiaciuto che il giovane Kurosawa lo avesse superato con la vittoria a sorpresa per Rashomon.

Il film ha fornito a Tanaka (allora 42 anni) uno dei suoi ruoli più ricordati, la figlia di un samurai della corte reale. L’attrice interpreta una varietà di età del personaggio nel corso dei decenni mentre la narrazione descrive l’inesorabile caduta verso il basso del suo personaggio attraverso gli strati sociali nella prostituzione e nell’accattonaggio dopo che il suo amore proibito per un umile paggio (Toshiro Mifune) viene scoperto e viene bandita da Kyoto.

Una rappresentazione potente, se non in qualche modo estenuante, di una donna in balia del patriarcato storicamente radicato nella società giapponese, il film è stato criticato in alcuni ambienti come un estetizzazione della sofferenza del personaggio principale. A livello visivo è tra le opere più importanti di Mizoguchi, con le fluide carrellate che forniscono alcuni dei più superbi esempi di piani sequenza.

I racconti della luna pallida d’agosto (1953)

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Adattato da un racconto di Ueda Akinari (1734-1809), questo poetico racconto morale esoterico ambientato durante il periodo della guerra civile del tardo XVI secolo segue i diversi destini di 2 fratelli che si guadagnano da vivere come vasai e le loro particolari cadute attraverso il desiderio, omicidio, avidità e presunzione – con il solito punto di vista di Mizoguchi che sono le donne che alla fine soffrono per le vanità dei loro uomini.

L’aspetto soprannaturale arriva quando Genjuro, è tentato da Lady Wakasa: si tratta di un film precursore dell’horror giapponese. Tuttavia, questo è una storia di brividi discreti, sottili sentimenti e una forte dimensione spirituale, con la sequenza onirica che descrive in dettaglio l’arrivo di Genjuro al maniero della nobildonna e la successiva seduzione che senza dubbio conta come una delle più belle sequenze del cinema mondiale.

La trama di “I racconti della luna pallida d’agosto” è ambientata nel Giappone dell’era Edo e segue la storia di Genjuro, un ceramista, e di suo cognato Tobei, un contadino. Dopo che il loro villaggio è stato distrutto da un’incursione, i due uomini cercano di ricostruire le loro vite. Genjuro cerca di far prosperare la sua attività di ceramista, mentre Tobei sogna di diventare un samurai.

Il film esplora le ambizioni e i desideri dei personaggi mentre intraprendono viaggi separati. Durante il loro cammino, incontrano personaggi misteriosi e vivono esperienze soprannaturali che sfidano la loro comprensione della realtà.

“I racconti della luna pallida d’agosto” è noto per la sua atmosfera onirica e il suo stile visivo distintivo. Kenji Mizoguchi dirige il film con maestria, combinando il reale e il fantastico in una narrazione coinvolgente.

Il titolo del film suggerisce un legame tra la luna pallida di agosto e gli eventi soprannaturali che si verificano nella storia. Il film offre una prospettiva unica sulla cultura e le credenze tradizionali giapponesi mentre esplora le ambizioni umane e le loro conseguenze.

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L’intendente Sansho (1954)

“L’intendente Sansho” (in giapponese: “Sanshō dayū”) è un film giapponese del 1954 diretto da Kenji Mizoguchi. Questo è un dramma storico e umanista basato su una storia tradizionale giapponese.

La trama di “L’intendente Sansho” è ambientata nell’antico Giappone e segue la storia di una nobile famiglia caduta in disgrazia. Il capofamiglia, l’intendente Sansho, gestisce un’azienda schiavistica brutale, costringendo i contadini a lavorare duramente e punendo severamente chiunque cerchi di fuggire.

La storia si concentra su due dei figli della famiglia nobile, Zushio e Anju, che vengono separati dai genitori e trascorrono gran parte della loro vita in condizioni di schiavitù. Il film esplora il loro viaggio per cercare di riunirsi con la loro madre e ripristinare l’onore della loro famiglia.

“L’intendente Sansho” è noto per la sua profonda meditazione sulla compassione, la dignità umana e la lotta per la giustizia. Il film è un ritratto straziante delle condizioni umane in un’epoca in cui la crudeltà era diffusa e mette in luce il conflitto tra il dovere filiale e il desiderio di libertà.

Kenji Mizoguchi dirige il film con il suo stile caratteristico, noto per le sue lunghe riprese senza tagli e la sua attenzione ai dettagli. Il titolo del film si riferisce all’antagonista principale, l’intendente Sansho, un personaggio spietato che rappresenta il lato oscuro dell’autorità e del potere.

“L’intendente Sansho” è considerato uno dei capolavori di Kenji Mizoguchi e una delle opere più influenti nella storia del cinema giapponese.

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Una donna di cui si parla (1954)

“Una donna di cui si parla” è un film giapponese del 1954 diretto da Kenji Mizoguchi. Questo è un dramma sociale che esplora le questioni della fama, della reputazione e delle sfide che le donne affrontano nella società giapponese.

La trama di “Una donna di cui si parla” si concentra su Mizoguchi, un pittore di paesaggi, e sulla sua relazione con una giovane donna di nome Miyako, interpretata da Kinuyo Tanaka. Mizoguchi diventa famoso grazie al ritratto di Miyako, ma il prezzo della fama inizia a minare la loro relazione.

Il film esplora come la fama e la reputazione possono influenzare le vite delle persone e mette in evidenza le pressioni sociali e culturali che le donne devono affrontare in una società patriarcale. Affronta anche il tema dell’arte e della sua relazione con la realtà.

“Una donna di cui si parla” è noto per la sua narrazione complessa e per le sue riflessioni sulla natura umana e sulle aspettative sociali. Kenji Mizoguchi dirige il film con il suo stile caratteristico, che spesso esplora i conflitti interiori dei personaggi.

Il titolo del film si riferisce alla figura di Miyako, la donna di cui si parla e la cui storia diventa oggetto di speculazione e pettegolezzi. Il film offre una prospettiva interessante sulla società giapponese dell’epoca e sui dilemmi individuali dei suoi personaggi.

Gli amanti crocifissi (Chikamatsu monogatari) (1954)

“Gli amanti crocifissi” è un film giapponese del 1954 diretto da Kenji Mizoguchi. Questo è un dramma storico e romantico basato su una storia tradizionale giapponese.

La trama di “Gli amanti crocifissi” è ambientata nel XVIII secolo e segue la storia proibita d’amore tra Jihei, un commesso di un negozio di kimono, e Koharu, una giovane geisha. La loro relazione è ostacolata dalle rigide convenzioni sociali dell’epoca, che proibiscono a Jihei di sposare Koharu a causa del suo basso status sociale.

Il film esplora i conflitti tra l’amore e le aspettative sociali, mentre Jihei cerca di trovare una soluzione per essere con la donna che ama. La storia è intrisa di dramma, passione e sacrificio.

“Gli amanti crocifissi” è noto per la sua bellezza visiva e per il suo tocco romantico. Kenji Mizoguchi dirige il film con il suo stile distintivo, che spesso esplora le sfumature delle relazioni umane e le tensioni tra desiderio individuale e conformità sociale.

Il titolo del film fa riferimento al destino tragico degli amanti e alle difficoltà che devono affrontare a causa della loro relazione proibita. Il film è considerato uno dei capolavori di Kenji Mizoguchi e uno dei classici del cinema giapponese.

L’imperatrice Yang Kwei-fei (1955)

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Pochi inserirebbero il primo film a colori di Kenji Mizoguchi (insieme all’epopea storica dello stesso anno Tales of the Taira Clan) come tra le sue opere più riconosciute.

È comunque un film di grande interesse, uno dei primissimi di una serie di coproduzioni giapponesi con Shaw Brothers di Hong Kong avviata dal presidente di Daiei, Masaichi Nagata, nel tentativo di coltivare un’intesa cinematografica tra il Giappone e i suoi vicini del sud-est asiatico appena un anno dopo la guerra.

Nonostante gli ornamenti orientali, tuttavia, questo delizioso racconto incastonato nella Cina della dinastia Tang dell’VIII secolo segue una tipica storia di Mizoguchi, con Machiko Kyo nel ruolo dell’innocente giovane concubina dell’imperatore Xuan Zong, rimasto vedovo, che cade vittima delle sue autorità di corte e le turbolenze politiche del tempo.

Il film può sembrare un po’ rigido, tuttavia i costumi e le scenografie elaborate, decorate dalla sontuosa fotografia di Kohei Sugiyama, lo rendono molto bello da vedere.

La nuova storia del clan Taira (1955)

“La nuova storia del clan Taira” (in giapponese: “Shin Heike monogatari”) è un film giapponese del 1955 diretto da Kenji Mizoguchi. Questo dramma storico esplora le lotte di potere e i conflitti all’interno del clan Taira alla fine del XII secolo in Giappone.

La trama de “La nuova storia del clan Taira” è ambientata durante la fine del periodo Heian e si concentra sull’ascesa al potere e sulla successiva caduta del clan Taira. Il film rappresenta le rivalità interne del clan, gli intrighi politici e i conflitti con altri potenti clan, in particolare il clan Minamoto.

Uno dei personaggi centrali del film è Taira no Kiyomori, interpretato da Raizō Ichikawa, che svolge un ruolo cruciale nell’ascesa del clan. La storia esplora anche temi di lealtà, ambizione e le conseguenze del potere.

Kenji Mizoguchi dirige il film con la sua attenzione caratteristica per i dettagli storici e i personaggi complessi. Il titolo del film suggerisce un proseguimento dell’epica giapponese classica “Il racconto dei Taira,” che narra il conflitto tra i clan Taira e Minamoto.

“La nuova storia del clan Taira” è noto per la sua narrazione epica e l’accuratezza storica, offrendo una rappresentazione drammatica di un periodo significativo della storia giapponese.

La strada della vergogna (1956)

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“La strada della vergogna” è un film giapponese del 1956 diretto da Kenji Mizoguchi. Questo è un dramma che esplora il tema della prostituzione nell’antico Giappone e i dilemmi morali che le donne coinvolte devono affrontare.

La trama di “La strada della vergogna” è ambientata a Kyoto nel XIX secolo e segue la vita di un gruppo di donne che lavorano in una casa di piacere chiamata “Yoshiwara.” Il film esplora le loro diverse storie e le circostanze che le hanno portate a intraprendere questa professione.

Mentre le donne cercano di sopravvivere in una società che le emargina e le giudica duramente, il film mette in evidenza i conflitti morali che devono affrontare e le scelte difficili che devono fare. La storia si concentra in particolare su due delle donne della casa, interpretate da Machiko Kyō e Aiko Mimasu.

Kenji Mizoguchi dirige il film con il suo stile distintivo, noto per la sua sensibilità verso i personaggi femminili e per la sua capacità di esplorare le sfumature delle loro esperienze. Il titolo del film si riferisce alla strada nel quartiere Yoshiwara, ma rappresenta anche il percorso doloroso e difficile delle donne coinvolte nella prostituzione.

“La strada della vergogna” è un’opera toccante e commovente che affronta tematiche sociali e morali complesse ed è considerato uno dei capolavori di Kenji Mizoguchi.

Mizoguchi purtroppo è morto tre mesi dopo la sua uscita, e con esso, un intero periodo del cinema classico giapponese è arrivato alla fine.

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