Una pagina di follia

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La scuola delle nuove percezioni 

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Una pagina di follia (A Page of Madness) è un film giapponese di avanguardia muto di genere horror del 1926 diretto da Teinosuke Kinugasa. Per oltre 45 anni il film è stato perduto, poi ritrovato dallo stesso regista nel suo magazzino in modo casuale nel 1971. Si tratta di un film progettato dal Movimento di artisti giapponesi chiamato Shinkankakuha, che vuol dire scuola di nuove percezioni

Era un movimento di avanguardia che somigliava per certi versi all’espressionismo tedesco ed europeo, che si allontanava dalla concezione di visione pura della realtà per contaminarla con le visioni dell’inconscio e deformarla con le paure e le emozioni della mente. 

Si tratta di un film da vedere assolutamente, spesso accostato spesso ai capolavori dell’espressionismo tedesco come Il gabinetto del dottor Caligari. Il film tedesco Infatti è la deformazione cinematografica per antonomasia: tutte le scenografie e i set del film sono completamente irreali, costruiti con linee oblique e false prospettive, tipiche del linguaggio onirico. 

Guarda Il gabinetto del dottor Caligari

Una pagina di follia non arriva a questo artificio scenografico: cerca invece di portare la visione e il surrealismo nelle immagini del quotidiano, come avviene in un certo senso nel cinema di David Lynch

La sceneggiatura è il frutto della collaborazione tra il regista e altri 3 scrittori, tra i quali lo scrittore della storia originale Yasunari Kawabata, che vinse il Premio Nobel per la letteratura nel 1968. Una pagina di follia è uno dei film che ha influenzato la storia del cinema e lo sviluppo del linguaggio cinematografico.

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Una pagina di follia: la trama

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Film sperimentale, surrealista, denso di visioni oniriche, la trama di Una pagina di follia è un pretesto per addentrarsi nei meandri dell’inconscio. Un uomo lavora come custode in un manicomio. Riceve la visita di sua figlia e scopriamo che in precedenza era un marinaio che ha cambiato lavoro per stare vicino alla moglie ricoverata nel manicomio. 

In realtà lui stesso è la causa della pazzia della moglie. I suoi complessi di colpa lo hanno spinto a fare il custode del manicomio per prendersi cura di lei. La figlia gli comunica che si sta per sposare ma il padre è preoccupato che lo sposo scopra la pazzia della madre. Si dice infatti che la pazzia sia ereditaria e il promesso sposo potrebbe avere paura di avere in futuro una moglie pazza. 

Il custode quindi, in preda a deliri mentali, decide di nascondere la moglie in un luogo dove nessuno possa più sapere della sua esistenza. Progetta anche di uccidere il capo del manicomio. Poi perde completamente il contatto con la realtà e ha delle visioni sempre più folli, come ad esempio la visione in cui vede un uomo con la barba ricoverato nel manicomio sposare sua figlia. 

Il confine tra realtà e incubo si dissolve. Visioni e immagini reali si confondono in un film che è la rappresentazione stessa della pazzia. Il cinema è lo strumento più adatto per rappresentare il mondo folle e onirico della mente, le paure profonde dell’inconscio

Guarda Una pagina di follia


Lo stile del film

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Non c’è dubbio che la storia di Una pagina di follia sia singolare e in qualche modo correlata al suo contenuto. È come se il film stesso, perduto e recluso in un magazzino per 45 anni, sia stato recluso ed emarginato dalla società. Ha ritrovato la razionalità e la sua vita cinematografica solo grazie al ritrovamento del regista dopo quasi mezzo secolo. 

Il film è una critica ai manicomi e al trattamento riservato alle persone affette da malattia mentale. Un tema molto sentito in quegli anni in tutto il mondo, come testimoniano molti altri film realizzati in quel periodo su questo tema. Tra tutti possiamo citare il capolavoro svedese Haxan, la stregoneria attraverso i secoli, di Benjamin Christiansen. 

È come se Una pagina di follia trasformasse la malattia mentale in linguaggio cinematografico: incubi, distorsioni, sfocatura, immagini che si raddoppiano, sovrapposizioni, sovraesposizione di luce. Gli incubi e I deliri della mente sono il linguaggio stesso del film. 

Le maschere sono il tema simbolico intorno a cui ruota tutto il film, la rappresentazione concreta dello smarrimento dell’individualità dei pazienti del manicomio, rinchiusi tra sbarre e corridoi oscuri senza fine. 

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Alcune scene risultano complesse e difficili da comprendere: all’epoca venivano spiegati in Giappone da uno Benshi, un uomo che durante la proiezione spiegava la trama. Quello che in Europa si chiamava imbonitore. 

Ma questa complessità, questa mancanza di una trama classica è proprio il motivo per cui qualsiasi amante del cinema surrealista non dovrebbe assolutamente perdere la visione del film Una pagina di follia. 

Il cinema dell’inconscio

Si tratta di un film horror atipico, cinema estremo, sperimentale e folle, che va oltre i codici della narrazione conosciuta fino a quel momento. Si tratta di un’opera vibrante e di grande impatto emotivo, che porta l’esperienza cinematografica ad un altro livello di percezione. 

Una pagina di follia e senza dubbio uno dei film giapponesi più radicali e perturbanti mai realizzati, che esplora le enormi potenzialità dell’arte cinematografica ancora oggi sconosciute. Il racconto, la fotografia, il montaggio e la musica si fondono alla perfezione in un flusso visivo ipnotico, un musical dell’inconscio. 

David Lynch è un regista che ama i balletti dell’inconscio: Mulholland Drive inizia con un ballo onirico, proprio come la fine di Inland Empire. Forse Una pagina di follia è stata una fonte d’ispirazione anche per David Lynch

Le immagini di Una pagina di follia si stampano a lungo nella mente dello spettatore. Probabilmente perché sono archetipi del nostro inconscio collettivo. Immagini che in qualche modo tutti abbiamo incontrato qualche volta in un sogno o in un incubo. 

Il film è stato inserito nella prestigiosa rivista Slant Magazine come uno dei 50 film horror migliori di tutti i tempi. Si tratta in realtà principalmente di un dramma con delle contaminazioni horror. 

Il regista di Una pagina di follia

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Il regista Teinosuke Kinugasa sul set

Teinosuke Kinugasa si è dedicato al cinema di avanguardia all’inizio della sua carriera realizzando due capolavori del cinema muto come Una pagina di follia e Jûjiro, il primo film giapponese adesso distribuito in Europa.

Successivamente, negli anni 50, si è dedicato a grandi produzioni in costume conservando però un linguaggio cinematografico raffinato e di avanguardia, come il capolavoro La porta dell’Inferno del 1953.

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