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Dreyer, Sjostrom e i cineasti fuori delle avanguardie

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Al di fuori di tutto questo ricco scenario di avanguardie europee francesi tedesche e russe e di sviluppo del cinema americano esistono una lunga serie di esperienze individuali di registi che operano in altri paesi, come Carl Theodor Dreyer. In Italia negli anni Venti sembra tutto fermo e c’è una profonda crisi produttiva e distributiva. La concentrazione delle attività cinematografiche a Roma sembra frenare la creatività e i collegamenti con le altre cinematografie europee. 

Anche il cinema britannico non esprime movimenti cinematografici e avanguardie degne di nota ma in quegli anni inizia la sua carriera quello che diventerà uno dei più grandi registi della storia del cinema, Alfred Hitchcock. E’ soprattutto in Nord Europa che troviamo i cineasti più importanti che operano in solitudine: Dreyer, Sjostrom, Christensen.

I capolavori del cinema nordico: Haxan

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Il cinema nordico offre alcuni cineasti che continuano a realizzare film importanti come Sjostrom e Christensen, che realizza un vero e proprio capolavoro la stregoneria attraverso i secoli (Haxan) del 1922. Un film metanarrativo metà documentaristico che racconta l’uso della stregoneria attraverso i secoli in un’ottica di tolleranza, con scene anche grottesche ironiche per descrivere un fenomeno oscuro di violenza e repressione. 

Dopo 100 anni dall’uscita di Haxan è ancora difficile trovare un film che rende in maniera così esemplare le atmosfere diaboliche e mefistofeliche della stregoneria, con immagini che risultano più spaventose dei peggiori film splatter contemporanei. Immagini inquietanti perché reali testimonianze di fatti realmente accaduti. 

Film costosissimo con grandi qualità di innovazione passato all’epoca quasi inosservato a causa del tema trattato. Controverso, blasfemo e in alcune scene anticlericale il film fu parzialmente censurato in Svezia e ne fu vietata completamente la circolazione negli Stati Uniti. 

Tra documentario e horror

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La prima parte del film è un vero e proprio documentario e descrive l’immaginario oscuro di antiche popolazioni e le loro raffigurazione di demoni per esorcizzare le forze del male. Poi passiamo nel Medioevo e nel film si racconta l’inquisizione e i suoi metodi di tortura spietati e inumani. Mentre una donna viene costretta a confessare descrive i particolari di un Sabba al quale ha partecipato. Sacrificio di neonati, apparizioni di demoni, una scena di finzione da antologia, uno dei vertici assoluti del cinema Horror. Il regista con ironia si diverte ad interpretare il diavolo in persona. 

I volti dei personaggi sono filmati con molta naturalezza e con uno stile moderno lontano dalla espressività esagerata dell’epoca, con uno stile di recitazione minimalista. Le scenografie nelle parti di finzione sono straordinarie avvolgenti e fantastiche ispirate alla pittura fiamminga. 

Le immagini di Haxan hanno una carica straordinaria e colpiscono lo spettatore direttamente nel suo inconscio. Il film è stato apprezzato nel corso del ventesimo secolo da personaggi come William Burroughs e sono state create versioni di diversa durata. La versione più recente rimasterizzata in alta definizione dura 104 minuti. 

Un film completamente fuori dalla sua epoca: di avanguardia non solo stilistica ma contenutistico. Come le scene si raccontano con l’anticipo di 50 anni Le tentazioni del demonio nei confronti delle suore di un convento. Tra follia, superstizione, fanatismo e leggende popolari Haxan e certamente uno dei migliori film horror della storia del cinema che ogni amante della settimana arte dovrebbe vedere. 

Dreyer, regista del cinema ascetico

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Altro maestro solitario del cinema scandinavo e in questi anni Carl Th. Dreyer, regista che lavora da prima in Svezia e Danimarca e poi si sposta in Francia realizza film importanti come Le pagine del libro di Satana del 1920, L’Angelo del focolare del 1925 è un capolavoro assoluto del cinema muto La passione di Giovanna D’Arco del 1928. 

Carl Theodor Dreyer è uno dei più importanti registi della cinematografia mondiale. Maestro di uno stile molto rigoroso, ascetico e morale, egli esplora in profondità temi importanti dell’animo umano come la fede, l’amore e la morte. Dreyer rifiutò sempre la facile scorciatoia del cinema commerciale. Infatti i suoi film non ebbero un grande successo di pubblico e furono a lungo osteggiati dalla censura come nel caso de La passione di Giovanna D’Arco, che fu vietato dalla chiesa cattolica. Molti registi moderni hanno esplicitamente dichiarato di essere stati influenzati e ispirati dal suo stile. 

Dreyer nacque a Copenaghen in Danimarca il 3 febbraio del 1889 da un umile famiglia di contadini che gli diede una rigida educazione luterana. Una educazione che influenzò successivamente la realizzazione dei suoi film. In gioventù lavorò come giornalista e incontrò il cinema sottotitolando i film muti e scrivendo sceneggiature. Il successo arrivò con il film del 1925 L’Angelo del focolare, molto popolare soprattutto in Francia. Grazie a questo successo ebbe la possibilità di realizzare il suo lavoro più importante, commissionato dalla produzione francese Société General des films, La passione di Giovanna d’Arco, di cui curo personalmente anche il montaggio.

Dreyer, la filmografia completa

Præsidenten (1919)

La vedova del pastore (1920)

Pagine dal libro di Satana (1921)

Gli stigmatizzati (1922)

C’era una volta (1922)

Desiderio del cuore (1924)

Il padrone di casa (1925)

La fidanzata di Glomdal (1925)

La passione di Giovanna d’Arco (1928)

Vampyr (1932)

Jungla Nera (1936)

Mødrehjælpen (1942)

Dies irae (1943)

Due esseri (1945)

L’acqua nella campagna (1946)

Kampen mod kræften (1947)

Landsbykirken (1947)

Raggiunsero il traghetto (1948)

Thorvaldsen (1949)

Il ponte di Storstrom (1950)

Un castello in un castello (1954)

Ordet – La parola (1955)

Gertrud (1964)

I capolavori del cinema, universalmente riconosciuti, sono La passione di Giovanna d’Arco, Vampyr, Dies irae e Ordet.

La passione di Giovanna D’Arco

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La passione di Giovanna D’Arco uno dei film assolutamente imperdibili del cinema muto e realizzato da Dreyer con la collaborazione di uno staff tecnico di altissimo livello come il direttore della fotografia Rudolph Matè. Il film ha una grandissima ispirazione religiosa e morale  ed è un esemplare sintesi di tutte le più innovative tecniche e stili cinematografici visti fino a quel momento. Il processo viene mostrato con una varietà di inquadrature di angolazioni geometriche estreme e di un montaggio rapido che rendono con estrema potenza la tragedia e il dolore della vicenda. 

La passione di Giovanna D’Arco è un film in cui si condensa il meglio della sperimentazione di tutte le avanguardie europee. Forse il film in cui il cinema muto raggiunge la sua massima espressione. Film di un rigore assoluto con scenografie quasi ridotte a zero. Sfondi bianchi e lunghe ombre che evocano la tragedia della vicenda.

A tratti un kammerspiel esemplare costruito soprattutto con i primi piani dell’attrice Renée Falconetti, senza alcun trucco, con tutte le imperfezioni del tuo volto. Inquadrature minacciose e sghembe degli inquisitori e primi piani intensi di Giovanna D’Arco, dei suoi occhi che consentono quasi di scrutare la sua anima. Nella scena della tortura Dreyer sembra invece ispirarsi alle avanguardie sovietiche e all’espressionismo tedesco. Per il montaggio delle scene nella camera della tortura Dreyer sembra invece ispirarsi allo stile sovietico ed impressionista.

La censura del capolavoro di Dreyer

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L’unica proiezione originale del film fu alla sua premier di Copenaghen nel 1928. Dopo di essa la passione di Giovanna D’Arco andò incontro ad una serie di vicissitudini incredibili e all’opposizione totale della Chiesa Cattolica. Da prima censurato e rimontato in Francia su ordine dell’arcivescovo di Parigi, il negativo della copia originale  andò misteriosamente distrutto in un incendio all’UFA di Berlino. Dreyer rimonto una versione alternativa con scene non utilizzate ma incredibilmente dopo alcuni mesi anche questa andò distrutta in un incendio. Lo sventurato regista non riuscì mai a vedere il successo del suo capolavoro. 

Solo nel 1951 lo storico cinematografico Lo Duca trovò una copia di una seconda versione nei sotterranei della Gaumont, a cui aggiungerà una colonna sonora e che rimarrà per molti anni l’unica versione disponibile del film. L’epilogo però è un vero e proprio colpo di scena cinematografico: in un ospedale psichiatrico di Oslo fu ritrovata per caso una copia in ottime condizioni. Era il negativo originale della copia andata perduta nell’incendio di Berlino. 

Vampyr

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Negli anni trenta Dreyer realizza un Altro capolavoro Vampyr, del 1932, che si allontana dai codici del genere horror dell’epoca per proporre una storia di pazzia e di terrore molto personale. Un modo di raccontare con immagini perturbanti che riesce a creare un’autentica inquietudine e un senso di minaccia nello spettatore che va oltre il genere. 

La credibilità che Dreyer si era guadagnato con la passione di Giovanna d’Arco non gli consentì facilmente di realizzare un nuovo film. Il pubblico non lo aveva premiato al botteghino del cinema a causa del suo stile difficile ed estraneo alle dinamiche commerciali. Fu solo grazie all’interesse di un mecenate, il giovane Barone Nicolas de Gunzburg, che il regista potè realizzare con un budget molto basso il suo film successivo, ispirato ai racconti di uno scrittore irlandese dell’800, Sheridan Le Fanu.

Un film che si occupa di occultismo e demonologia e disegna un affresco della tradizione più oscura del Romanticismo tedesco e anglosassone. Vampyr sarà presentato a Berlino nella primavera del 1932. Il film è un condensato delle ossessioni di Dreyer che oscilla tra sogno e realtà.

La storia di Vampyr

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E’ il racconto di un orrore reale e concreto che il protagonista incontra nel suo percorso. David Gray capita casualmente in un piccolo villaggio avvolto dalla nebbia e da un’atmosfera malefica. Decide di passare la notte in una tetra locanda e riceve un’inaspettata visita di un vecchio signore che gli lascia un pacco. Sopra c’è scritto che dovrà essere aperto solo dopo la sua morte.

Poi l’uomo scompare. Il giovane cerca di ritrovare il misterioso personaggio uscendo dalla locanda e incontra delle presenze misteriose che gli indicano dove trovarlo. Poi giunge ad un edificio in rovina apparentemente disabitato ma in realtà popolato da spiriti malefici. Gray proseguirà il suo cammino fino ad imbattersi nell’omicidio del vecchio signore che gli aveva consegnato il pacco che, una volta aperto, rivela al suo interno la presenza di un libro: La strana storia dei vampiri.

Lo stile di Dreyer in Vampyr

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Il titolo originale del film è Il sogno di Allan Gray ed è rivelatore della dimensione onirica e di incubo in cui il film è ambientato. Non c’è affatto traccia di logica e razionalità. La trama serve a Dreyer come pretesto per creare una serie di invenzioni visive oniriche eccezionali che dopo 90 anni stupiscono ancora il pubblico e i registi di tutto il mondo. Ogni scena sembra davvero emergere dal subconscio più profondo ed oscuro del protagonista. 

Anche stavolta purtroppo il pubblico non comprende appieno il cinema di Dreyer e film si rivela un clamoroso insuccesso, causando una depressione al regista. Dovranno passare molti anni affinché Vampyr sia ampiamente rivalutato dalla critica cinematografica e diventi una delle opere fondamentali della storia del cinema, in particolare del cinema Horror, insieme a Nosferatu di Murnau e Dracula di Tod Browning. 

Film che hanno dato spunto e ispirazione per molti film dell’orrore dei decenni successivi. Vampyr di Dreyer però è molto diverso sia dal film di Murnau che da quello di Browning e si discosta più in generale anche dai canoni del cinema Horror. 

La scelte di Dreyer sui dialoghi

E’ fondamentalmente un film sperimentale sulla psiche e sulle immagini oniriche immerso in un’atmosfera sospesa e irreale. Dreyer aveva dovuto affrontare la difficoltà di realizzare il film in tre lingue diverse per poterlo distribuire in più mercati linguistici, ma all’epoca le lavorazioni di doppiaggio e sincronizzazione erano molto complesse. Si preferiva girare direttamente i dialoghi nelle differenti lingue. 

Per affrontare questo problema il regista decise di ridurre al minimo i dialoghi e usò le didascalie tipiche del cinema muto. Questa mancanza di dialoghi rende il film ancora più suggestivo, pervaso da un atmosfera irreale. Anche grazie alla straordinaria fotografia di Rudolph Maté che riempie le immagini di ombre inquietanti e bagliori misteriosi. Una delle tecniche più utilizzate dal direttore della fotografia fu quella di usare come filtro sull’obiettivo della macchina da presa un velo di garza con cui ottenne immagini circondate da un alone etereo quasi impercettibile. Mentre il racconto cinematografico procede le sperimentazioni fotografiche si moltiplicano. 

Prendono vita sequenze davvero indimenticabili, come quella del terribile finale che qui non riveliamo per chi non avesse visto ancora il film. Nonostante i molti film realizzati sulla figura del vampiro Vampyr di Dreyer rimane ancora oggi uno degli esperimenti cinematografici più estremi ed originali. Un’opera che si discosta notevolmente dai cliché più comuni di questa creatura tipica del cinema dell’orrore. E’ un film che invece cerca di mostrare l’essenza nascosta della psiche del mostro e il suo potere di trasformare la realtà in un mondo di ombre oscure e deformazioni della realtà, trascinando i protagonisti e lo spettatore in un incubo ad occhi aperti.

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