I Film Essenziali per un Halloween da Brivido

Indice dei contenuti

Halloween è una festa antichissima che celebra la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno, legata al ciclo delle stagioni ed al raccolto agricolo. Alcuni l’hanno associata alle feste rituali dell’antica Roma dedicate alla Dea dei frutti e dei semi Pomona, o alla ricorrenza dei morti che veniva chiamata Parentalia. Ma l’associazione più frequente della sua origine è quella legata alla festa celtica di Samhain, originaria dell’antica Irlanda. Secondo questa Antica tradizione medievale il giorno di Halloween è possibile entrare in comunicazione con le anime dei morti, e questo nel tempo ha creato La tradizionale associazione di Halloween con maschere macabre e soprannaturali. 

film-in-streaming
Halloween

La parola Halloween, che originalmente in una variante scozzese significava “notte di tutti gli spiriti sacri”, probabilmente deriva dalla storia di Jack o’ Lantern. Jack era un astuto fabbro ubriacone che riuscì in vita ad evitare che il diavolo prendesse la sua anima. Quando morì fu rifiutato sia dal paradiso che dall’inferno, e fu condannato da Satana a vagare nel mondo alla luce fioca di una lanterna scavata: to hallow in inglese significa scavare. 

Intorno all’anno 840 il papa sostituì la festa pagana con una ricorrenza ufficiale del calendario cristiano, la festa di Ognissanti del primo novembre. Ma la tradizione di Halloween riprese vita negli Stati Uniti grazie agli immigrati irlandesi a partire dalla metà dell’Ottocento. Negli ultimi anni del Ventesimo secolo la festa ha perso il suo significato originario ed è stata trasformata nei paesi anglosassoni in una festa in costume di tipo consumista. 

Costumi di Halloween

Per tutta la vacanza di Halloween, c’è l’usanza di utilizzare costumi che si potrebbero definire carnevaleschi, ma che si differenziano da essi per una significativa tendenza al macabro e al mostruoso, una usanza profondamente radicata nelle nazioni anglofone. La prima volta che furono utilizzati costumi fu la notte del 31 ottobre del 1585 in Scozia. La pratica di indossare costumi mostruosi la notte di Halloween deriverebbe dalla convinzione che, la notte del 31 ottobre, numerosi esseri soprannaturali e le anime dei morti abbiano la capacità di passeggiare sulla Terra tra i vivi.

In Nord America questa pratica viene registrata per la prima volta nel 1911, quando un giornale di Kingston, in Ontario, pubblicò un articolo in cui citava alcuni ragazzini che avevano passeggiato travestiti per le strade della città. Nei primi anni del ventesimo secolo, la pratica del travestimento era quasi nulla tra gli adulti. I costumi venivano realizzati in casa e il trucco rimaneva nello stile gotico.

A partire dagli anni ’30 alcune aziende americane iniziarono a produrre costumi per Halloween su scala commerciale, che iniziarono ad essere acquistati nei negozi di alimentari e nei negozi per bambini. I personaggi più usati erano vampiri, zombi, mostri, scheletri, streghe e fantasmi. Nel corso degli anni, a questi personaggi si sono aggiunti supereroi ed alieni. Tra gli adulti si creò la moda di indossare costumi erotici e succinti.

Halloween da un punto di vista spirituale

Il significato spirituale di Halloween ruota attorno alla morte, gli spiriti, la stregoneria, la violenza, i diavoli e il male. In azione al crescente appeal della festa, alcuni fondamentalisti religiosi e alcune chiese evangeliche conservatrici hanno fatto ricorso a dispense e fumetti per trasformare Halloween in un’occasione evangelica. Il mondo cristiano si oppone ai festeggiamenti di Halloween, ritenendo che il paganesimo, l’occulto, i fenomeni culturali e le pratiche associate siano incompatibili con la fede cristiana.

Alcuni cristiani, in particolare i discendenti degli individui celtici, da cui deriva Halloween, non gli attribuiscono un significato sfavorevole, vedendola semplicemente come una celebrazione non religiosa impegnata a commemorare “fantasmi immaginari” e a procurarsi cibi zuccherati. Per questi cristiani, Halloween non rappresenta alcun pericolo per la vita spirituale dei bambini: la morte e le credenze degli antenati celti possono essere una legittima lezione di vita e una parte del patrimonio culturale dei loro parrocchiani. Nella Chiesa cattolica degli Stati Uniti c’è chi pensa che Halloween abbia un legame con il cristianesimo.

Papà Gabriele Amorth, esorcista della diocesi cattolica di Roma, ha affermato che “commemorare Halloween è offrire una osanna al diavolo. Il quale, se amato, anche solo per una notte, crede di poter vantare diritti sulla persona”. L’arcidiocesi di Boston ha effettivamente organizzato una festa per far risalire Halloween alle sue radici cristiane come evento della notte prima di Ognissanti o All Hallows Eve.

I film horror per Halloween da non perdere

Ecco una selezione curata di film che incarnano perfettamente lo spirito più autentico e perturbante di Halloween, lontano dalle logiche commerciali e più vicino alle profondità dell’animo umano e alle sue paure più recondite. Questi sono i capolavori nascosti horror e le visioni notturne che ogni appassionato di cinema indipendente e d’autore dovrebbe riscoprire. Preparatevi a un viaggio attraverso il terrore psicologico, il folk horror e le atmosfere inquietanti che solo il cinema di genere alternativo sa offrire.

Kuroneko (1968)

“Kuroneko” (1968) è un film giapponese diretto da Kaneto Shindō ed è un notevole capolavoro dell’horror giapponese con un’atmosfera gotica e spettrale. Il film è ambientato nel periodo Muromachi del Giappone, durante un’epoca di conflitti e turbolenze.

La trama si concentra su due donne, Yone e Shige, che vengono brutalmente violentate e uccise da un gruppo di samurai durante un assalto alla loro casa isolata. Dopo la loro morte, le anime delle donne ritornano come spiriti vendicativi noti come “onryō,” desiderose di giustizia e vendetta per l’orrore subito. Le loro anime vagano nell’oscurità della notte, attirando i samurai nell’oltretomba.

Il film esplora profondamente i temi della vendetta, della redenzione e del confine sfumato tra il mondo dei vivi e dei morti. La regia di Kaneto Shindō offre un’atmosfera inquietante attraverso l’uso efficace del bianco e nero e la creazione di scenari cupi e spettrali.

“Kuroneko” è noto per le sue sequenze di terrore avvincenti e per la sua narrazione avvincente, che si basa su miti e leggende tradizionali giapponesi legate ai fantasmi e alle vendette. Il film è considerato uno dei grandi capolavori dell’horror giapponese e offre una visione appassionante della cultura e delle credenze popolari del Giappone antico in relazione ai mondi soprannaturali.

The Enchanting Ghost (1970)

“The Enchanting Ghost” è un film cinese del 1970 diretto da Ho Meng-Hua. Tuttavia, va notato che “The Enchanting Ghost” non è esattamente un film horror, ma piuttosto un dramma romantico con elementi soprannaturali e fantastici.

La storia è basata su una famosa leggenda cinese che racconta dell’amore tragico tra Liang Shan Bo e Zhu Ying Tai, due studenti che studiano insieme travestiti da maschi. Alla fine, la loro storia d’amore viene rivelata, ma a causa delle circostanze sfavorevoli, vengono separati. La parte soprannaturale del film ruota attorno al fantasma di Zhu Ying Tai, che continua a cercare di riconciliarsi con Liang Shan Bo anche dopo la morte.

Sebbene “The Enchanting Ghost” non sia un film horror nel senso tradizionale, presenta elementi di fantasia e soprannaturale legati all’amore e al destino. È un’interpretazione cinematografica di una storia molto nota in Cina, ed è noto per la sua dimensione romantica e drammatica.

Se sei interessato a storie d’amore tragiche con un tocco di sovrannaturale, “The Enchanting Ghost” potrebbe essere un film da considerare. Tuttavia, è importante notare che il tono e il genere del film potrebbero differire da quelli tipici dei film horror convenzionali.

Una visione curata da un regista, non da un algoritmo

In questo video ti spiego la nostra visione

SCOPRI LA PIATTAFORMA

The Devil’s Mirror (1972)

“The Devil’s Mirror” è un film cinese del 1972 diretto da Sun Chung. Si tratta di un film horror sovrannaturale che mescola elementi di mistero e fantasy. La trama è basata su una storia tradizionale cinese.

La storia ruota attorno a una giovane donna di nome Su Huan-Erh che, dopo essere stata rapita da banditi e poi resa libera, scopre di possedere uno specchio magico che le permette di comunicare con i morti. Lo specchio la coinvolge in un mondo sovrannaturale e oscuro, in cui affronta forze malvagie e spiriti vendicativi. Nel corso del film, emergono misteri e intrighi che portano a un climax inquietante.

Il film esplora tematiche di vendetta, mistero e soprannaturale, tipiche dei racconti tradizionali cinesi. “The Devil’s Mirror” è noto per la sua atmosfera oscura e per le immagini spettacolari che si fondono con elementi sovrannaturali.

Se sei interessato ai film horror con un tocco di fantasy e a storie basate sulla mitologia e sul folklore cinese, “The Devil’s Mirror” potrebbe essere una scelta intrigante per la tua maratona cinematografica di Halloween.

Backtrack

Backtrack
Ora disponibile

Horror, thriller, di Tom Sands, Regno Unito, 2015.
Durante una regressione in una vita passata, Ralph, 26 anni, fa l'esperienza di essere un comandante nazista in Gran Bretagna nel 1940. Nella speranza di ricostruire la sua vita precedente, va in campeggio nei luoghi che ha visto nella sua regressione. Ma il passato che Ralph sta cercando di trovare lo sta perseguitando e ha in programma una terribile vendetta per i crimini commessi quasi settant'anni fa.

LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano

Black Magic (1975) 

“Black Magic” (noto anche come “Witch”) è un film horror cinese del 1975 diretto da Ho Meng-Hua. Si tratta di un film che mescola elementi di horror, magia nera e thriller.

La trama segue un uomo che, disperato per riconquistare l’amore di una donna, si rivolge a una strega praticante di magia nera. La strega usa la magia per far sì che la donna si innamori di lui, ma le conseguenze si rivelano oscure e inquietanti. Il film esplora temi di magia, possessione e il conflitto tra il bene e il male.

“Black Magic” è noto per le sue sequenze disturbanti e per l’uso di elementi sovrannaturali. Il film affronta anche il lato oscuro della magia e delle forze soprannaturali, con risultati a volte scioccanti e angoscianti.

Se sei interessato a film che esplorano il mondo della magia nera e dell’occulto, “Black Magic” potrebbe essere una scelta intrigante per il tuo elenco di film da vedere nella notte di Halloween. Tieni presente che il film contiene contenuti disturbanti e potrebbe non essere adatto a tutti i gusti.

The Oily Maniac (1976) 

“The Oily Maniac” è un film cinese horror del 1976 diretto da Ho Meng-Hua. Si tratta di un esempio distintivo del genere “exploitation” e horror asiatico di quell’epoca.

La trama del film ruota attorno a un uomo, interpretato da Danny Lee, che scopre di avere il potere di trasformarsi in un essere sovrannaturale ricoperto di olio. Questa trasformazione gli conferisce forza sovrumana e gli permette di compiere atti di vendetta contro coloro che lo hanno sfruttato e maltrattato. Tuttavia, la sua sete di vendetta lo conduce su un sentiero oscuro e violento.

“The Oily Maniac” è noto per le sue sequenze di trasformazione, che coinvolgono l’uso di un fluido viscoso simile all’olio. Il film presenta anche elementi di sesso e violenza, comuni nei film exploitation dell’epoca.

Questo film è considerato un esempio di cinema pulp e rappresenta l’approccio audace e spesso provocatorio tipico di molti film exploitation. Se sei interessato a film d’exploitation e a opere che sfidano i confini del genere, “The Oily Maniac” potrebbe attirare la tua attenzione come scelta unica per la visione di Halloween.

Suspiria (1977)

“Suspiria” è un film horror italiano del 1977 diretto da Dario Argento. Ambientato in una scuola di danza tedesca, il film segue la storia di una giovane ballerina americana che si trasferisce lì per studiare e presto si trova coinvolta in una serie di eventi inquietanti e soprannaturali.

“Suspiria” ha un’ atmosfera tetra, una colonna sonora inquietante e sequenze visivamente intense. Il regista Dario Argento è noto per il suo stile visivamente distintivo e il suo uso dell’arte cinematografica per creare tensione e paura. Il film è caratterizzato da colori saturi e vivaci, oltre a una narrazione che mescola il mistero e l’orrore soprannaturale.

Le sequenze di omicidi e le scene di suspense in “Suspiria” sono particolarmente ben curate, creando una sensazione costante di disagio e incertezza. Il film si presta perfettamente a una visione durante le festività di Halloween, poiché è in grado di trasmettere un senso di terrore e meraviglia in un contesto gotico e sovrannaturale.

“Suspiria” è un’opzione eccellente per coloro che cercano un film sulle streghe intenso e spaventoso, grazie alla sua combinazione di estetica visiva unica e trama avvincente.

Eraserhead (1977) 

“Eraserhead” è un’opera cinematografica unica nel suo genere, diretta da David Lynch nel 1977. Questo film surreale e psicologico ha guadagnato una reputazione di film di culto grazie alla sua natura straordinariamente disturbante e alla sua capacità di sfidare le aspettative tradizionali del cinema.

La trama segue il protagonista Henry Spencer mentre naviga attraverso un mondo surreale e angosciante. Dopo la nascita prematura e mostruosa del suo figlio, Henry si ritrova intrappolato in una serie di eventi inquietanti e bizzarri. Il film esplora temi di alienazione, isolamento e ansia attraverso immagini oniriche e una colonna sonora inquietante.

L’atmosfera inquietante e angosciante di “Eraserhead” lo rende particolarmente adatto per una visione durante Halloween o in occasioni in cui si desidera sperimentare un tipo di film diverso dal solito. La sua estetica cupa e le sequenze visivamente straordinarie lo collocano tra i film da vedere per coloro che cercano una sfida mentale e visiva.

La capacità di David Lynch di creare un mondo cinematografico che sfida la realtà e che si insinua nelle paure più profonde è evidente in “Eraserhead. La trama non lineare e le immagini spesso inquietanti possono catturare l’attenzione degli spettatori e generare una sensazione di disagio.

Carnival of soul

Carnival of soul
Ora disponibile

Horror, di Herk Harvey, Stati Uniti, 1962.
Mary Henry esce indenne da un incidente automobilistico che ha causato la morte dei suoi due compagni, e parte per una strana avventura a Salt Lake City, dove si ritrova attratta da un fatiscente padiglione in riva al lago e perseguitata da una figura spettrale (interpretata dallo stesso regista). Capolavoro horror a basso budget ($ 30.000) passato inosservato all'epoca della sua uscita, è diventato un film cult negli Stati Uniti dalla fine degli anni '80. Suoni e immagini che hanno ispirato registi come George Romero e David Lynch (l'uomo mascherato di "Strade perdute"). Mai doppiato e distribuito nelle sale cinematografiche in Italia.

LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano

Venerdì 13 (1980)

“Venerdì 13” (Friday the 13th) è un film horror del 1980 diretto da Sean S. Cunningham. Il film è noto per aver contribuito a plasmare il genere slasher e per aver dato inizio a una delle saghe cinematografiche horror più famose della storia del cinema.

La trama del film ruota attorno a Camp Crystal Lake, un campeggio estivo abbandonato per anni a causa di una serie di omicidi misteriosi. Quando il campeggio viene riaperto, un gruppo di giovani monitori e campeggiatori inizia a lavorare lì per prepararlo per la riapertura. Tuttavia, presto scoprono che sono presi di mira da un assassino misterioso che inizia a ucciderli uno dopo l’altro.

“Venerdì 13” è noto per il suo approccio al genere slasher, con sequenze di omicidi brutali e una figura assassina misteriosa, Jason Voorhees, che diventerà un’icona dell’horror. Il film ha stabilito molte delle convenzioni del genere, come il killer mascherato e l’uso di sorprese spaventose.

Nonostante un budget relativamente basso, “Venerdì 13” ha ottenuto un successo sorprendente al botteghino ed è diventato un film di culto nel genere horror. Ha generato numerose sequenze e spin-off nel corso degli anni e ha influenzato in modo significativo la cultura popolare. Il film è diventato una parte importante della cultura dell’horror e ha introdotto il pubblico a uno dei cattivi più iconici del cinema, Jason Voorhees.

film-in-streaming

La casa (1981)


“La casa” (The Evil Dead) è un film horror splatter del 1981 diretto da Sam Raimi. Questo film è noto per aver dato inizio a una delle più celebri serie di culto nel genere dell’horror e per essere un esempio di come un budget limitato possa essere utilizzato in modo creativo per creare un’esperienza cinematografica intensa.

La trama segue un gruppo di cinque amici che si recano in una capanna isolata nei boschi per trascorrere un fine settimana. All’interno della capanna, scoprono un libro chiamato il “Necronomicon Ex-Mortis”, insieme a una registrazione vocale che contiene incantesimi maledetti. Nel tentativo di tradurre gli incantesimi, i protagonisti involontariamente risvegliano delle forze demoniache che li iniziano a tormentare.

Il film si evolve in una serie di eventi sempre più caotici e orrorifici, con possessioni demoniache, violenza e sequenze visivamente strazianti. Il regista Sam Raimi utilizza tecniche creative di ripresa, come il “travelling della forza malevola” che offre un punto di vista inquietante e sinistro dai demoni che li perseguitano.

“La casa” è noto per il suo stile visivo unico, che combina elementi dell’horror con momenti di umorismo nero. Inizialmente, il film è stato accolto con reazioni miste, ma nel corso degli anni ha guadagnato una solida base di fan grazie alla sua originalità e all’approccio innovativo al genere dell’horror.

La popolarità di “La casa” ha portato alla realizzazione di diversi sequel e remake, inclusi “La casa 2” (Evil Dead II), “L’armata delle tenebre” (Army of Darkness), e un reboot chiamato semplicemente “Evil Dead”. La serie è nota per il suo mix di orrore, commedia nera e scene iconiche che hanno influenzato il cinema di genere e continuano a essere celebrate dagli appassionati di horror.

Nightmare – dal profondo della notte (1984)

“Nightmare – Dal Profondo della Notte” (A Nightmare on Elm Street) è un film horror su un serial killer del 1984 diretto da Wes Craven. Il film è noto per aver introdotto uno dei cattivi più iconici del genere horror, Freddy Krueger, interpretato da Robert Englund.

La trama segue un gruppo di adolescenti che vivono in una tranquilla cittadina suburbana e condividono un incubo in cui sono perseguitati da un uomo con un guanto di lame affilate, Freddy Krueger. Tuttavia, scoprono che Freddy è molto più di un semplice incubo; è uno spirito vendicativo di un assassino condannato che è tornato dall’aldilà per tormentarli nei loro sogni. Se muoiono nei loro sogni, muoiono anche nella realtà.

“Nightmare – Dal Profondo della Notte” è noto per la sua combinazione di horror soprannaturale e slasher, con scene spaventose e morti creative. Il personaggio di Freddy Krueger è diventato un’icona dell’horror grazie al suo aspetto unico, alla sua personalità sadica e alla sua tendenza a citare battute umoristiche mentre uccide le sue vittime.

Il film ha generato una serie di sequel, prequel e remake nel corso degli anni, oltre a influenzare profondamente il genere horror. È considerato un classico del cinema horror e ha catturato l’immaginazione degli spettatori con la sua premessa inquietante e il suo antagonista memorabile.

The Ghost Story (1987)

“The Ghost Story” (noto anche come “A Chinese Ghost Story”) è un film cinese del 1987 diretto da Ching Siu-tung. Si tratta di un film appartenente al genere fantasy e horror, basato su una novella di Pu Songling. Questo film è molto conosciuto per la sua storia romantica e soprannaturale.

La trama segue un giovane viandante di nome Ning, interpretato da Leslie Cheung, che si trova a cercare riparo in una locanda durante una tempesta. Qui incontra una misteriosa donna di nome Nie Xiaoqian, interpretata da Joey Wong, che sembra avere un segreto oscuro. Con il passare del tempo, Ning scopre che Nie è un fantasma intrappolato nel mondo dei vivi a causa di eventi tragici. Nonostante le difficoltà, i due si innamorano, ma devono affrontare sfide sovrannaturali e forze oscure che cercano di tenerli separati.

Il film è noto per l’uso di effetti speciali spettacolari per l’epoca e per la sua combinazione di elementi romantici e soprannaturali. “The Ghost Story” è diventato un classico e ha ispirato numerosi adattamenti e sequel nel corso degli anni.

Se sei interessato a film romantici con elementi sovrannaturali e atmosfere misteriose, potresti apprezzare “The Ghost Story” come parte della tua visione per Halloween. 

Halloween - La notte delle streghe

Halloween - La notte delle streghe
Ora disponibile

Horror, di John Carpenter, Stati Uniti, 1978.
31 ottobre 1963, in una piccola città della provincia americana, Haddonfield, Il piccolo Michael Myers uccide a coltellate la sorella Judith. Viene ricoverato in un istituto psichiatrico ma 15 anni dopo, riesce a scappare ed a tornare nella sua città. Il dottor Sam Loomis, lo psichiatra che ha seguito Michael nel corso degli anni, lo conosce molto bene e sa quali potranno essere le sue mosse. Michael uccide un meccanico, indossa i suoi vestiti e torna nella sua fatiscente casa natale, ora abbandonata. Poi cerca di uccidere Laurie Strode e la sua amica Annie, dopo averle pedinate. Intanto il dottor Loomis arriva a Haddonfield. Prova a convincere lo sceriffo che la situazione è pericolosa e deve prendere precauzioni ma l'uomo pensa che sia allarmismo inutile. Durante la serata Laurie ed Annie vanno a fare le babysitter da due bambini in case diverse. Michael spia Annie attraverso la finestra della casa dei Wallace, pronto ad ucciderla.

Film indipendente girato con un piccolissimo budget, ha incassato nel mondo oltre 80 milioni di dollari dell'epoca. E' lo slasher movie di maggior successo e uno dei 5 film più redditizi della storia del cinema, diventato un cult con innumerevoli sequel e reboot. Carpenter descrive in maniera straordinaria la remota provincia americana e fa salire la tensione per oltre un'ora, senza che accada nulla, con una regia lineare ed efficacie, e con musiche ipnotiche realizzate da lui stesso. Un regista geniale che riesce, con pochi e semplici elementi e una piccola produzione, a realizzare un horror destinato a rimanere nell'immaginario cinematografico mondiale.

LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano

Donnie Darko (2001)

Il 2 ottobre 1988, l’adolescente Donald “Donnie” Darko cammina nel sonno all’esterno, guidato da una voce strana. Una volta fuori, incontra una essere vestito da coniglietto che si presenta come “Frank” e dice a Donnie, precisamente, che il mondo finirà entro 28 giorni, 6 ore, 42 minuti e 12 secondi.

Donnie si sveglia la mattina dopo su un campo da golf del quartiere e torna anche a casa per scoprire che un motore a reazione è effettivamente crollato proprio nella sua camera da letto. Sua sorella maggiore Elizabeth gli dice che gli investigatori non conoscono le cause dell’incidente.

Questo film d’autore surreale ambientato nella notte di Halloween ha a che fare con temi profondi ed esistenziali come il destino e la predestinazione. L’adolescente disilluso Donnie (un abbagliante Jake Gyllenhaal) è afflitto dalle visioni di un uomo con un grande costume da coniglio.

Trascorriamo il film incerti se lo strano mondo popolato di Donnie sia un elemento di qualcosa di sbagliato nella sua mente o una visione più grande, pericolosa per il mondo. Sicuramente la scelta più cerebrale di Halloween, Donnie Darko ti lascerà sicuramente a riflettere su molti dei grandi segreti della vita.

Martyrs (2008)

“Martyrs” è un film horror estremamente intenso e controverso del 2008, diretto da Pascal Laugier. Questo film è noto per la sua crudezza e brutalità, ed è indubbiamente una scelta audace e provocatoria per una visione durante Halloween o per chi cerca un’esperienza cinematografica estremamente disturbante.

La trama segue due giovani donne, Lucie e Anna. La storia inizia con Lucie, una ragazza che è stata torturata e maltrattata in giovane età da persone sconosciute. Anni dopo, Lucie trova la famiglia presumibilmente responsabile delle sue sofferenze e compie un atto di violenza contro di loro.

Lucie crede che le persone che l’hanno torturata siano parte di un gruppo di fanatici religiosi convinti che attraverso il dolore estremo e la sofferenza fisica sia possibile raggiungere una connessione diretta con Dio e scoprire i segreti dell’aldilà.

Nel corso degli eventi, il film esplora temi di dolore, sofferenza e l’effetto dell’abuso sulle vittime.

“Martyrs” è noto per le sue sequenze di violenza e la sua atmosfera tesa ed emotivamente carica. Il regista Pascal Laugier ha creato un film che spinge gli spettatori al limite, sia in termini di tensione che di riflessione sulle profondità dell’oscurità umana.

Babadook (2014)

“The Babadook” è un film horror psicologico del 2014, scritto e diretto da Jennifer Kent. Il film ha ricevuto ampi elogi dalla critica per la sua atmosfera inquietante e la profondità psicologica.

La trama ruota attorno a Amelia, una madre single interpretata da Essie Davis, che sta lottando per far fronte alla morte del marito e al comportamento difficile del figlio piccolo, Samuel, interpretato da Noah Wiseman. Samuel è convinto che una sinistra entità soprannaturale chiamata il Babadook stia tormentando la loro casa. Mentre le loro vite si trasformano in terrore e paranoia, Amelia inizia a mettere in discussione la propria sanità mentale.

“The Babadook” è celebrato per la sua tensione psicologica e la sua esplorazione del lutto, del trauma e della complessa relazione madre-figlio. Il Babadook, il cui nome proviene da un misterioso libro per bambini, diventa un simbolo delle turbolenze emotive della famiglia.

Il film è stato elogiato per le straordinarie performance, in particolare quella di Essie Davis, e per la sua narrativa inquietante e profonda. “The Babadook” è spesso considerato uno dei film horror più notevoli degli anni 2010 ed è noto per il suo approccio al genere che induce a riflettere e inquieta.

Get Out (2017)

“Get Out” è un film horror del 2017 scritto e diretto da Jordan Peele. Il film è noto per la sua fusione tra orrore e commento sociale, affrontando tematiche legate alla razza e all’identità in modo coinvolgente e provocatorio.

La trama segue Chris Washington, interpretato da Daniel Kaluuya, un uomo di colore che visita la tenuta della famiglia della sua fidanzata bianca, Rose Armitage, interpretata da Allison Williams. Mentre il weekend si svolge, Chris inizia a notare comportamenti strani e inquietanti da parte della famiglia Armitage e dei loro amici prevalentemente bianchi. Presto scopre un terribile segreto che mette in pericolo la sua vita.

“Get Out” esplora temi di razzismo, appropriazione culturale e sfruttamento dei corpi neri, il tutto all’interno di una narrazione horror sempre più avvincente e spaventosa. La regia e la sceneggiatura di Jordan Peele sono state ampiamente lodate per la loro originalità e profondità.

Il film è stato un successo sia critico che commerciale e ha ricevuto numerose nomination e premi, inclusa l’Academy Award per la Migliore Sceneggiatura Originale per Jordan Peele. “Get Out” è stato celebrato per la sua rilevanza sociale e per la sua capacità di stimolare conversazioni sulla razza e il privilegio in America, offrendo nel contempo un’esperienza horror avvincente e angosciante.

Haxan, la stregoneria attraverso i secoli

Haxan, la stregoneria attraverso i secoli
Ora disponibile

Documentario, di Benjamin Christensen, Svezia, 1922.
Profanazione di tombe, torture, suore indemoniate e sabba di streghe: Haxan, La stregoneria attraverso i secoli è un film incredibilmente originale e fuori dagli schemi che nel tempo è diventato leggendario. Tra documentario e finzione drammatica il film ci guida attraverso l'ipotesi scientifica che le streghe del Medioevo soffrivano degli stessi mali dei malati di mente dell'era moderna. Un horror gotico spaventoso e allo stesso tempo umoristico, con la creazione di sequenze documentaristiche e saggistiche che anticipano le innovazioni della Nouvelle Vague. Qualcosa di assolutamente unico nella storia del cinema.

Spunto di riflessione
In sanscrito Diavolo e Divino provengono dalla stessa radice, dev. La follia è la parte oscura dell'uomo ed è naturale come la parte luminosa. Quando sei in grado di dire a un matto che non solo lui è matto ma che lo sei anche tu, immediatamente si crea un ponte, ed è possibile aiutarlo. La natura della vita non è logica né razionale. La vita è illogica, selvaggia e contraddittoria.

LINGUA: inglese, svedese
SOTTOTITOLI: italiano

Hereditary (2018)

“Hereditary” è un film horror sovrannaturale americano del 2018, scritto e diretto da Ari Aster. Il film è noto per la sua atmosfera inquietante, le immagini disturbanti e l’esplorazione di tematiche legate al lutto e al trauma familiare.

La trama segue la famiglia Graham, in particolare Annie, interpretata da Toni Collette, che sta affrontando la recente morte della sua madre segreta ed estraniata. Mentre i membri della famiglia iniziano a vivere eventi strani e terrificanti, scoprono oscuri e inquietanti segreti legati alla loro ascendenza e alle forze sovrannaturali che sembrano essere in gioco.

“Hereditary” è elogiato per la sua narrazione lenta e psicologicamente disturbante. Esplora temi come il lutto, la malattia mentale e il modo in cui il trauma può essere ereditato attraverso le generazioni. Le immagini disturbanti e grafiche del film hanno anche lasciato un’impressione duratura sugli spettatori.

La performance di Toni Collette nel film è stata ampiamente acclamata e il film è stato riconosciuto come un punto di riferimento nel cinema horror contemporaneo. È considerato uno dei film horror più inquietanti e riflessivi degli ultimi anni e ha guadagnato un seguace dedicato tra gli appassionati del genere.

La casa delle bambole  – Ghostland (2018)

“La casa delle bambole” (conosciuto anche come “Ghostland”) è un film horror del 2018 diretto da Pascal Laugier. Questo film è noto per il suo approccio spaventoso e la sua trama coinvolgente, che potrebbe renderlo una scelta adatta per una visione durante Halloween o per chi cerca un’esperienza horror intensa.

La trama segue due sorelle adolescenti che ereditano una casa da una zia lontana. Tuttavia, dopo un’intrusione violenta da parte di intrusi, le loro vite prendono una svolta oscura e inquietante. La storia salta tra passato e presente, esplorando gli effetti traumatici degli eventi sulla psiche delle sorelle.

“La casa delle bambole” si distingue per la sua atmosfera claustrofobica e per le sequenze spaventose che coinvolgono il soprannaturale e l’orrore psicologico. Il regista Pascal Laugier è noto per i suoi film horror provocatori e intensi, e “La casa delle bambole” non fa eccezione.

Midsommar (2019)

“Midsommar” è un film horror folk del 2019 scritto e diretto da Ari Aster. Il film è noto per la sua atmosfera inquietante e surreale, nonché per l’esplorazione di temi legati al lutto, alle relazioni e alle tradizioni culturali.

La trama segue un gruppo di amici che si dirigono verso un remoto villaggio in Svezia per partecipare a una rara festa di mezza estate che si tiene solo una volta ogni novant’anni. Ciò che inizia come una celebrazione idilliaca e comunitaria prende rapidamente una piega oscura e inquietante quando i visitatori si trovano coinvolti nelle sempre più bizzarre e ritualistiche usanze del villaggio.

“Midsommar” è celebrato per la sua particolare miscela di horror e dramma, nonché per la sua cinematografia visivamente sorprendente e simbolica. Esplora temi come il lutto e il trauma, le dinamiche delle relazioni tossiche e lo scontro tra la modernità e le antiche tradizioni.

La performance di Florence Pugh nel ruolo della protagonista in lutto, Dani, ha ricevuto ampi elogi, e l’atmosfera inquietante e coinvolgente del film ha lasciato un’impressione duratura sugli spettatori. “Midsommar” è spesso considerato uno dei film horror più originali e riflessivi degli anni 2010 e ha suscitato discussioni sul suo significato più profondo e sui simbolismi presenti nel film.

Goodnight Mommy (Ich seh, Ich seh)

Il cinema austriaco di Veronika Franz e Severin Fiala ci consegna un’opera gelida e chirurgica sull’orrore dell’identità e sulla fragilità della percezione. Goodnight Mommy esplora il concetto freudiano di “perturbante” (das Unheimliche) – il terrore che scaturisce quando il familiare diventa improvvisamente estraneo. La premessa è di una semplicità disarmante: due gemelli, Elias e Lukas, attendono il ritorno della madre nella loro isolata casa di campagna. Quando lei rientra, con il volto completamente bendato a seguito di un intervento di chirurgia estetica, i ragazzi iniziano a dubitare che sia la vera madre. Il suo comportamento è cambiato: è fredda, distante, impone regole severe e sembra favorire un figlio rispetto all’altro.

Questa premessa innesca una discesa nella paranoia e nella crudeltà, vista interamente attraverso lo sguardo infantile. L’estetica del film, pulita, modernista e quasi asettica, amplifica il senso di disagio, trasformando la casa da nido a prigione psicologica. Lo spettatore è costretto a condividere i dubbi dei bambini, a scrutare ogni gesto della donna in cerca di una conferma della sua mostruosità. Ma il film opera un ribaltamento di prospettiva devastante con il suo colpo di scena finale: Lukas, uno dei gemelli, non esiste. È un’allucinazione, un prodotto della mente di Elias per far fronte a un trauma indicibile, la morte accidentale del fratello. Questa rivelazione riprogramma l’intera narrazione. La madre non è un’impostora mostruosa; è una donna distrutta dal lutto, che cerca di affrontare il proprio dolore e la psicosi del figlio sopravvissuto. La sua freddezza non è malvagità, ma il sintomo di una sofferenza insopportabile. Le bende sul suo volto diventano una maschera non solo fisica, ma emotiva, che nasconde ferite troppo profonde per essere mostrate. Goodnight Mommy è un’agghiacciante esplorazione di come il dolore possa frantumare la realtà, dimostrando che la più terrificante delle metamorfosi non è quella del corpo, ma quella della mente.

I racconti della luna pallida d'agosto

I racconti della luna pallida d'agosto
Ora disponibile

Dramma, fantasy, di Kenji Mizoguchi, Giappone, 1953.
Giappone, fine del XVI secolo: il vasaio Genjurō e suo fratello Tobei, vivono con le loro mogli Miyagi e Ohama in un villaggio della regione di Omi; Genjurō, convinto di poter guadagnare molti soldi vendendo la propria merce nella città vicina, si reca nella contea di Omizo insieme a Tobei, che si unisce a lui col solo scopo di poter diventare un samurai. Ritornati a casa con un bel guadagno, i due lavorano duramente per poter fare ancora più denaro; Tobei sempre più ossessionato dall’ambizione di diventare samurai ha bisogno dei soldi per comprare un’armatura e una lancia mentre Genjurō preso dall’avidità cerca in una sola notte di cuocere una partita di vasellame insieme al fratello. Leggenda e innovazione del linguaggio cinematografico, un mondo meraviglioso accanto ad un mondo brutale e crudele. Film misterico che apre un discorso con i piani invisibili dell'esistenza, fantasmi e incursioni nel fantastico, realizzato da Kenji Mizoguchi in un Giappone ancora raggelato dalle due bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Opera fondamentale di Mizoguchi, riconosciuta una delle massime espressioni della Settima Arte. Una altissima lezione di regia che crea meraviglia con un drammatico racconto di avidità e brama di possesso. Una donna che è un demone tentatore e una moglie abbandonata a un destino di guerra e miseria, Mizoguchi usa la macchina da presa per entrare in "un altro mondo".

Spunto di riflessione
Secondo antiche tradizioni orientali oltre il piano fisico esistono altri piani non fisici. Il piano eterico avvolge il corpo fisico, gli dona energia vitale e fa da tramite con i livelli superiori. Oltre il piano eterico c'è il piano astrale dove possono esistere entità che non sono state in grado di rassegnarsi alla perdita del proprio corpo e vagano alla ricerca di sensazioni. Sono quelli che vengono definiti comunemente "fantasmi". Queste entità sono in cerca di corpi che hanno piani eterici in disequilibrio a cui "agganciarsi" per poter vivere attraverso di loro la soddisfazione dei sensi.

LINGUA: giapponese
SOTTOTITOLI: italiano, inglese

The Lodge

Sulla scia di Goodnight Mommy, i registi Veronika Franz e Severin Fiala continuano la loro indagine sul trauma e sulla disintegrazione familiare con The Lodge, un film che esplora la natura ciclica e contagiosa del dolore. L’opera è un brutale esame del trauma religioso, ambientato in un paesaggio innevato che funge da specchio per il gelo emotivo dei suoi personaggi. La protagonista, Grace, è l’unica sopravvissuta al suicidio di massa di una setta estremista cristiana. Anni dopo, nel tentativo di costruirsi una nuova vita, si ritrova isolata in un remoto chalet di montagna con i due figli del suo fidanzato, Aidan e Mia, ostili e traumatizzati a loro volta dal recente suicidio della madre.

Il film mette in scena una crudele guerra psicologica. I bambini, incapaci di elaborare il proprio lutto e incolpando Grace per la fine del matrimonio dei genitori, decidono di sfruttare il suo passato traumatico. Attraverso una serie di manipolazioni meticolosamente orchestrate, le fanno credere di essere intrappolati in una sorta di purgatorio, un limbo tra la vita e la morte. Invece di cercare empatia in una figura che, come loro, conosce la perdita, i bambini scelgono di arma contro di lei il suo stesso dolore, innescando una reazione a catena devastante. The Lodge dimostra con spietata lucidità come il trauma non elaborato non svanisca, ma si perpetui. Ignorare o sfruttare la sofferenza altrui non fa che alimentare un ciclo di violenza. L’isolamento dello chalet, immerso in una bufera di neve che cancella ogni contatto con il mondo esterno, diventa la metafora perfetta per la prigione psicologica in cui i personaggi sono rinchiusi. Il finale è tanto inevitabile quanto agghiacciante: Grace, spinta oltre il limite della sanità mentale, non si spezza, ma regredisce. Abbraccia pienamente l’ideologia fanatica della setta da cui era fuggita, replicando i suoi rituali e infliggendo ai bambini lo stesso orrore che lei stessa aveva subito. È un monito terribile sulle conseguenze della mancanza di compassione e sulla capacità del dolore di trasformare le vittime in carnefici.

A Ghost Story

Lontano dall’horror convenzionale, A Ghost Story di David Lowery è un’elegia visiva, una meditazione poetica e straziante sul lutto, il tempo e la memoria. Il film sfida le aspettative del genere, utilizzando l’immagine quasi infantile di un fantasma coperto da un lenzuolo bianco per esplorare un terrore esistenziale profondo e universale. La storia segue un uomo, C, che dopo una morte improvvisa torna nella casa che condivideva con la moglie, M, come spettro silenzioso, condannato a osservare il tempo che scorre senza di lui.

La genialità del film risiede nella sua capacità di trasmettere un’immensa solitudine e un desiderio struggente attraverso un protagonista privo di espressioni. Il fantasma diventa un recipiente per il dolore dello spettatore, un simbolo della nostra paura più profonda: essere dimenticati. La narrazione non è lineare; il fantasma è slegato dal tempo, capace di viaggiare nel passato e in un futuro lontano, testimone della vita che continua, delle generazioni che si susseguono e della lenta cancellazione della sua stessa esistenza. Questa struttura temporale frammentata rappresenta magnificamente come il ricordo e la perdita persistano, fluttuando attraverso le epoche. Una delle scene più discusse, quella in cui M mangia quasi un’intera torta in un unico, lungo piano sequenza, non è un esercizio di lentezza fine a se stesso, ma una rappresentazione cruda e onesta del dolore acuto. È un momento di pura sofferenza fisica ed emotiva, in cui il tempo si dilata fino a diventare insopportabile, proprio come accade nei primi stadi del lutto. A Ghost Story trascende l’horror per diventare una riflessione filosofica sull’impermanenza, sull’amore che lega le anime oltre la morte e sulla disperata ricerca di un significato in un universo che sembra destinato a dimenticarci. È un’esperienza di Halloween unica, che non spaventa con i mostri, ma con il silenzio assordante dell’eternità.

The Witch

Opera seminale del folk horror contemporaneo, The Witch di Robert Eggers è un “incubo ereditato”, un’immersione meticolosa e terrificante nella paranoia religiosa del New England puritano del XVII secolo. Il film fonde con maestria una rigorosa accuratezza storica con un senso di terrore soprannaturale strisciante, creando un’atmosfera in cui l’isteria religiosa della famiglia protagonista è tanto spaventosa quanto la strega, reale e malevola, che abita i boschi circostanti. La storia di una famiglia esiliata dalla propria comunità per un eccesso di zelo religioso è, fin dall’inizio, una critica all’oppressione patriarcale e all’orgoglio che conduce alla rovina.

Il film non mette in scena una semplice battaglia tra il Bene e il Male, ma piuttosto il fallimento di una specifica e rigida interpretazione del Cristianesimo. Nonostante le preghiere ferventi, Dio rimane assente, silenzioso, incapace di offrire protezione dalla fame, dalla perdita e dall’attacco di un male antico e primordiale. La dottrina calvinista della predestinazione, che il padre William inculca nel figlio, genera una profonda ansia spirituale, un mondo in cui la salvezza non è garantita. In questo vuoto di fede e di speranza si inserisce il Diavolo, che attraverso il capro nero Black Phillip fa un’offerta diretta e tangibile: potere, libertà e piacere. La scelta finale di Thomasin, la figlia maggiore, di “vivere deliziosamente” e unirsi alla congrega non è una semplice caduta nella dannazione, ma un atto di liberazione. Intrappolata dalla pietà opprimente della sua famiglia e ingiustamente accusata di ogni sventura, Thomasin rifiuta una fede che le ha offerto solo vergogna e punizione, per abbracciare un potere che le restituisce l’autonomia. Il film suggerisce che quando la religione istituzionalizzata diventa solo uno strumento di controllo e repressione, perde la sua forza e lascia campo libero a forze più antiche e carnali, radicate nella terra stessa.

The Wailing

L’epopea horror sudcoreana di Na Hong-jin, The Wailing, è un’opera monumentale e complessa, un labirinto di generi che fonde il thriller poliziesco, il dramma familiare e il folk horror soprannaturale in un unicum di straordinaria potenza e ambiguità. La trama segue l’escalation di isteria in un tranquillo villaggio rurale dopo l’arrivo di un misterioso straniero giapponese, un evento che scatena una serie di morti brutali e inspiegabili. Questa premessa attinge alle tensioni storiche tra Corea e Giappone, utilizzando la xenofobia come catalizzatore per la paranoia che pervade il film.

Il cuore pulsante di The Wailing è il conflitto tra fede e dubbio. Il protagonista, l’agente di polizia Jong-goo, si trova intrappolato in un fuoco incrociato di forze spirituali contrastanti. Per salvare sua figlia, posseduta da uno spirito maligno, deve decidere a chi affidarsi: a un diacono cristiano, la cui fede sembra impotente; a uno sciamano tradizionale coreano, le cui intenzioni sono oscure e mutevoli; o a una misteriosa donna vestita di bianco, che appare come un fantasma protettore. La genialità del film risiede nel suo rifiuto di fornire risposte facili. Lo spettatore, come Jong-goo, è costretto a navigare in un mare di incertezza, senza mai sapere con certezza se lo straniero sia un demone, se lo sciamano stia aiutando o danneggiando, o se la donna sia un angelo custode o un’entità ingannatrice. Il vero orrore di The Wailing non è il demone stesso, ma la paralisi che deriva dal dubbio. In un mondo dove sia la fede cieca che il sospetto totale portano alla dannazione, la scelta diventa impossibile e la tragedia inevitabile. È un’opera che lascia lo spettatore a interrogarsi a lungo, dimostrando che la paura più profonda è quella che nasce dall’incapacità di distinguere il bene dal male.

La notte dei morti viventi

La notte dei morti viventi
Ora disponibile

Horror, di George A. Romero, Stati Uniti, 1968.
Ben e Barbara Huss, insieme ad altre cinque persone, restano intrappolati nella casa colonica di un cimitero della Pennsylvania pieno di "morti viventi". La notte dei morti viventi è stato il primo film della saga di Romero, a cui hanno avuto seguito numerosi remake. Alla sua uscita incassò 18 milioni di dollari in tutto il mondo, diventando un film di culto.

LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano, spagnolo, frencese

Apostle

Il regista Gareth Evans, noto per la sua maestria nel cinema d’azione con la serie The Raid, si cimenta nel folk horror con Apostle, un’opera brutale e viscerale che inietta nel genere una dose di violenza fisica quasi insostenibile. Il film combina la lenta costruzione della tensione tipica delle storie di culto con scene di tortura e gore che non lasciano scampo allo spettatore. La trama segue Thomas, un uomo tormentato che si infiltra in una remota setta su un’isola gallese per salvare la sorella rapita.

Apostle è una critica feroce al fanatismo religioso e alla corruzione del potere. La setta, guidata dal profeta Malcolm, adora una divinità della natura che mantiene fertile l’isola. Tuttavia, la loro non è una fede pura, ma un rapporto di sfruttamento: la dea è vista come una macchina da alimentare con sacrifici di sangue in cambio di prosperità. Questa perversione della spiritualità è la fonte di ogni violenza nel film. Evans mostra come un ambiente fondato sulla paura e sulla cieca obbedienza a un leader permetta a figure ancora più spietate di prendere il controllo, scatenando una spirale di atrocità. Il protagonista, un ex missionario che ha perso la fede a causa delle violenze subite, incarna il messaggio del film: non è un attacco alla spiritualità in sé, ma alle istituzioni corrotte che la manipolano per i propri fini. La distruzione della setta da parte di Thomas diventa un atto di purificazione, un modo per recuperare una forma di credo autentico distruggendo la sua versione perversa. È un folk horror che non si accontenta di inquietare, ma mira a scuotere e sconvolgere.

Lamb

Questa singolare fiaba islandese, diretta da Valdimar Jóhannsson, è un’esplorazione toccante e profondamente strana del lutto, della genitorialità e del confine labile tra l’umanità e la natura. Lamb racconta la storia di María e Ingvar, una coppia di allevatori che vive in un isolamento quasi totale, ancora segnata da una tragedia passata. La loro vita viene sconvolta quando una delle loro pecore partorisce una creatura ibrida: una bambina con la testa di agnello. Decidono di adottarla, chiamandola Ada, in un disperato tentativo di colmare il vuoto lasciato dalla perdita.

L’orrore del film non è fatto di spaventi improvvisi, ma di un’inquietudine strisciante e atmosferica. Nasce dalla silenziosa “scorrettezza” di questa nuova famiglia, una felicità costruita su una violazione delle leggi naturali. La costante e muta presenza della madre biologica di Ada, una pecora che si aggira ostinatamente intorno alla casa, è un promemoria costante di questa trasgressione. Il paesaggio islandese, vasto, spoglio e maestoso, non è solo uno sfondo, ma un personaggio a sé stante, che contribuisce a creare un senso di terrore mitico e primordiale. Il finale, tanto scioccante quanto inevitabile, serve come un cupo monito: la natura può essere accudita, ma non posseduta. Tentar di piegarla ai propri desideri, di appropriarsene per sanare le proprie ferite, porta a conseguenze inevitabili e terribili. Lamb è una favola moderna sulla superbia umana e sul prezzo che si paga quando si cerca di riscrivere l’ordine naturale delle cose.

Hagazussa

Hagazussa è un’immersione psichedelica e disturbante nel cuore più oscuro del folk horror alpino. Ambientato nel XV secolo, il film di Lukas Feigelfeld è un’esperienza sensoriale che trascina lo spettatore in un abisso di isolamento, superstizione e follia. La narrazione segue Albrun, una giovane donna emarginata dalla sua comunità rurale, che la considera una strega proprio come sua madre prima di lei. Il film si muove con un ritmo lento e contemplativo, affidandosi a dialoghi scarni e a una fotografia potente che cattura la bellezza desolata e minacciosa delle Alpi.

La forza di Hagazussa risiede nella sua profonda ambiguità. Albrun è davvero una strega in contatto con forze pagane e antiche, o è semplicemente una vittima? Una donna la cui psiche è stata erosa e distrutta da anni di trauma, ostracismo e abusi? Il regista lascia la questione aperta, costringendo lo spettatore a interrogarsi sulla natura del male. Gli eventi del film possono essere letti come manifestazioni soprannaturali o come i deliri di una mente fratturata. L’uso di funghi allucinogeni, la sessualità repressa e la violenza esplosiva si fondono in un arazzo da incubo in cui realtà e allucinazione diventano indistinguibili. È un’opera difficile e senza compromessi, un viaggio nella mente di una donna che, non trovando posto nel mondo degli uomini, cerca rifugio in un mondo di oscurità, sia esso reale o immaginario.

Saint Maud

Saint Maud è un’agghiacciante discesa nella psiche di una donna in bilico tra fervore religioso e collasso mentale. L’opera prima di Rose Glass è un potente studio del personaggio che esplora i temi della fede, della solitudine e del trauma attraverso la lente del body horror. La protagonista, Maud, è un’infermiera convertitasi di recente al cattolicesimo, che lavora come badante per Amanda, una ballerina e coreografa malata terminale. Maud si convince di avere una missione divina: salvare l’anima di Amanda prima che la morte la reclami.

Il film mantiene una tensione costante grazie all’ambiguità delle esperienze mistiche di Maud. Le sue conversazioni con Dio e le estasi fisiche che prova sono reali manifestazioni del divino o allucinazioni prodotte da una mente gravemente disturbata da un trauma passato? La risposta non è mai chiara. La vera forza motrice della sua “santa vocazione” sembra essere una profonda e disperata solitudine. In un mondo che l’ha ferita e isolata, la fede le offre uno scopo, un senso di importanza. Il corpo di Maud diventa il campo di battaglia della sua fede. Gli atti di autolesionismo – i chiodi nelle scarpe, le bruciature – non sono solo espressioni di devozione masochistica, ma la manifestazione fisica del suo tormento interiore. Il body horror in Saint Maud è intimo e psicologico. L’inquadratura finale è una delle più devastanti del cinema horror recente: per un istante, vediamo Maud trasfigurata, avvolta da un’aura angelica mentre si immola sulla spiaggia, proprio come l’aveva immaginato. Un attimo dopo, la macchina da presa rivela la realtà cruda e orribile: una donna che brucia viva, le cui urla di agonia sono l’unica, terribile verità. È il tragico epilogo di una fede che, scollegata dalla realtà, non porta alla salvezza, ma all’autodistruzione.

La vergine di cera

La vergine di cera
Ora disponibile

Horror, di Roger Corman, Stati Uniti, 1963.
Il tenente Duvalier (Jack Nicholson), un soldato francese, perde i contatti con la sua unità ed è costretto a vagare da solo vicino al Mar Baltico. Mentre è alla ricerca del suo reggimento, scorge Helene (Sandra Knight), una misteriosa bellezza, camminare da sola. Incantato, Duvalier inizia a seguirla, ma lei svanisce. In seguito la raggiunge e la segue in un castello, dove incontra il bizzarro barone Von Leppe (Boris Karloff), trova segni di stregoneria e scopre la scioccante verità su Helene. Realizzato a basso costo nel giro di pochi giorni da Roger Corman sfruttando scenografie già usate e il contratto ancora attivo con Karloff (aveva finito il film precedente in anticipo), la vergine di cera ha anche alcune sequenze girate da giovani registi che lavoravano alla factory di Corman che sarebbero diventi filmmakers di grande talento: Francis Ford Coppola, Monte Hellman. Le scene finali furono invece girate da Jack Nicholson e Jack Hill.

Spunto di riflessione
Tutte le religioni, con termini diversi, raccontano dell'esistenza dei "maghi neri" in grado di prendere il controllo di un corpo all'insaputa del proprietario. I maghi neri utilizzano i propri poteri per fini egoistici, per vendetta e altri scopi malefici. Il fenomeno è descritto in vari testi in modo piuttosto scientifico: avviene staccando il ponte eterico, che collega il corpo fisico dell'individuo con i corpi superiori, agganciandovi il proprio. Un meccanismo simile a quello che avviene nell'ipnosi e nell'anestesia totale. Il soggetto però deve essere attaccabile: la sua volontà deve essere fragile, il suo stile di vita ed il suo equilibrio devono essere precari. Se non ci sono queste condizioni il mago nero non può prendere il suo possesso.

LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano

A Dark Song

A Dark Song si distingue nel panorama dell’horror occulto per il suo approccio rigoroso e quasi documentaristico al rituale magico. Il film di Liam Gavin non tratta la magia come un espediente fantastico, ma come un processo estenuante, una prova di resistenza fisica e psicologica. La narrazione è un’intensa metafora del lavoro sul lutto, un percorso doloroso verso l’accettazione. La protagonista, Sophia, una madre devastata dalla perdita del figlio, affitta una casa isolata in Galles e assume Joseph, un occultista burbero e pragmatico, per guidarla attraverso un complesso e lungo rituale di magia angelica.

Il film demistifica l’occulto, presentandolo come un mestiere, un “lavoro da operai” dello spirito. Non ci sono incantesimi facili o evocazioni immediate. Il rituale richiede mesi di isolamento, privazione del sonno, digiuni, umiliazioni e una disciplina ferrea. Questo processo arduo rispecchia le fasi del lutto: Sophia inizia il suo viaggio spinta da un desiderio di vendetta contro gli assassini del figlio, ma il rituale la costringe a confrontarsi con il suo dolore, la sua rabbia e la sua disperazione. La sua trasformazione interiore è il vero obiettivo, che gli eventi siano soprannaturali o il risultato di un crollo psicotico indotto dall’isolamento e dallo stress è quasi secondario. Il culmine del film non è l’evocazione di un potere terrificante, ma un momento di profonda catarsi. Quando finalmente Sophia si trova di fronte all’entità che ha cercato, la sua richiesta non è più di vendetta, ma di perdono. A Dark Song è un’opera unica che utilizza la struttura di un film dell’orrore per raccontare una storia di guarigione spirituale, dimostrando che il percorso più difficile non è quello per evocare gli angeli, ma quello per affrontare i propri demoni interiori.

The Blackcoat’s Daughter

L’esordio alla regia di Osgood Perkins, The Blackcoat’s Daughter (noto anche come February), è un capolavoro di atmosfera e terrore psicologico. Il film è un esercizio di puro “dread”, un senso di angoscia strisciante che si accumula lentamente, scena dopo scena, attraverso silenzi opprimenti e una fotografia fredda e desolata. La narrazione, frammentata su diverse linee temporali, esplora gli effetti devastanti della solitudine e dell’abbandono attraverso la lente di un film di possessione.

La storia è ambientata in un collegio cattolico durante le vacanze invernali, dove due studentesse, Kat e Rose, vengono lasciate indietro. Kat, la più giovane e vulnerabile, è tormentata da visioni e da un senso di abbandono totale. Il film suggerisce che la sua “possessione” non sia un’invasione demoniaca casuale, ma una conseguenza diretta del suo isolamento. In un vuoto di affetto e connessione umana – i suoi genitori non arrivano, i suoi coetanei la ignorano – una presenza oscura diventa l’unica entità che le “parla”, l’unica forma di compagnia che le rimane. Il demone non è un aggressore, ma un sostituto perverso dell’amore. Il colpo di genio del film risiede nel suo montaggio e nella rivelazione finale, che collega la storia delle due ragazze a quella di una terza giovane, Joan, in fuga. Quando le linee temporali convergono, comprendiamo che la storia è un tragico cerchio di trauma. La violenza non è fine a se stessa, ma il risultato disperato del desiderio di ricreare l’unica connessione mai provata, anche se quella connessione era con il male stesso. È un film che si insinua sotto la pelle e vi rimane, un racconto cupo e malinconico su come la solitudine possa essere il più terrificante dei demoni.

Raw (Grave)

Il cinema di Julia Ducournau è un cinema del corpo, e Raw è la sua dichiarazione d’intenti più potente e viscerale. Il film è una storia di formazione scioccante e provocatoria che utilizza il cannibalismo come metafora audace e carnale del risveglio sessuale e della scoperta della propria identità. La protagonista, Justine, è una giovane studentessa di veterinaria, cresciuta in una famiglia di vegetariani convinti. La sua vita ordinata e repressa viene sconvolta quando, durante un brutale rito di iniziazione, è costretta a mangiare un rene di coniglio crudo.

Questo primo assaggio di carne proibita risveglia in lei una fame primordiale e inarrestabile, una pulsione ereditaria che si manifesta come un desiderio insaziabile di carne umana. Ducournau lega indissolubilmente questa nuova fame alla scoperta della sessualità. Il film interpreta letteralmente l’idea del filosofo Georges Bataille secondo cui “un bacio è l’inizio del cannibalismo”. Il desiderio erotico e la fame cannibale diventano due facce della stessa medaglia, una pulsione a consumare e a essere consumati. Raw è un’esplorazione trasgressiva del desiderio femminile, che rifiuta le rappresentazioni convenzionali per abbracciare una femminilità mostruosa e famelica. Sfida le norme patriarcali e i confini stessi tra umano e animale, civiltà e istinto. Non è un film per i deboli di stomaco, ma la sua violenza non è mai gratuita. È un’opera intelligente, audace e profondamente fisica che utilizza l’orrore per esplorare le verità più scomode sulla natura del desiderio.

Possessor

Seguendo le orme paterne, Brandon Cronenberg si dimostra un maestro dell’orrore cerebrale e corporeo con Possessor, un thriller fantascientifico che esplora le vertigini dell’identità in un mondo tecnologicamente avanzato. Il film è una riflessione agghiacciante sulla fragilità del sé e sulla violenza insita nella perdita della propria coscienza. La protagonista, Tasya Voss, è un’assassina d’élite che lavora per un’organizzazione segreta. Utilizzando una tecnologia di impianto cerebrale, è in grado di “possedere” i corpi di altre persone per commettere omicidi su commissione.

Il processo, tuttavia, non è privo di conseguenze. Ogni “possessione” lascia delle tracce, erodendo la sua stessa identità e confondendo i suoi ricordi con quelli dei suoi ospiti. Il film, pur presentando scene di body horror grafico e brutale, è principalmente un’indagine sugli “orrori della mente”. La vera arena della violenza non è il corpo, ma la coscienza. Quando un’operazione va storta, Voss si ritrova intrappolata nella mente del suo ospite, Colin, dando inizio a una feroce battaglia per il controllo. Questa lotta interna è la metafora perfetta della crisi d’identità del film: chi siamo quando la nostra mente può essere invasa e la nostra volontà soppressa? Possessor pone domande inquietanti sulla natura dell’io, sull’autenticità e sull’agenzia personale in un’era in cui la tecnologia minaccia di dissolvere i confini stessi della nostra individualità. È un’opera di fantascienza fredda, precisa e profondamente disturbante.

Notte silenziosa, notte di sangue

Notte silenziosa, notte di sangue
Ora disponibile

Horror, di Theodore Gershuny, Stati Uniti, 1972.
Slasher americano del 1972 inedito in Italia, è un horror cult precursore del genere diversi anni prima di Halloween di Carpenter, con una sceneggiatura complessa e le riprese in soggettiva del killer, che hanno ispirato molti film successivi. La sua originalità e la sua narrazione sono ciò che riescono a renderlo una piccola e poco conosciuta perla del genere. Una serie di omicidi in una piccola città del New England alla vigilia di Natale dopo che un uomo eredita una tenuta di famiglia che una volta era un manicomio. Molti dei membri del cast e della troupe erano ex superstar di Warhol: Mary Woronov, Ondine, Candy Darling, Kristen Steen, Tally Brown, Lewis Love, il regista Jack Smith e la laureata Susan Rothenberg.

LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano, francese, spagnolo

It Follows

It Follows di David Robert Mitchell è un’allegoria magistralmente costruita, un film dell’orrore che cattura un’intera gamma di ansie contemporanee. La sua premessa è tanto semplice quanto geniale: un’entità soprannaturale, lenta ma inarrestabile, perseguita la sua vittima e può essere trasmessa solo attraverso un rapporto sessuale. Questa “maledizione” crea un’atmosfera di paranoia costante, in cui ogni persona in lontananza, ogni figura che cammina lentamente, potrebbe essere la personificazione della morte.

Il film si presta a molteplici letture, e la sua forza risiede proprio in questa polisemia. L’interpretazione più immediata è quella della malattia a trasmissione sessuale, con la vergogna e la paura del contagio che essa comporta. Ma l’allegoria si estende ben oltre. Può essere letta come una critica alla “rape culture”, in cui l’intimità è perennemente minacciata dalla violenza e dalla violazione. Oppure, in una chiave più esistenziale, l’entità rappresenta l’inevitabile marcia del tempo, la fine dell’innocenza infantile e l’arrivo inesorabile delle responsabilità e della mortalità dell’età adulta. Mitchell avvolge queste paure in un’estetica onirica e senza tempo. Il film mescola elementi degli anni ’80 (le televisioni, le auto) con una sensibilità moderna, creando un universo sospeso, un “non-luogo” in cui le ansie della giovinezza diventano universali e atemporali. It Follows è un incubo a occhi aperti, un film che riesce a essere terrificante non con la velocità, ma con la certezza inesorabile del suo passo.

Under the Skin

Il capolavoro di fantascienza di Jonathan Glazer, Under the Skin, è un’esperienza cinematografica ipnotica e profondamente alienante. Il film ci costringe ad adottare la prospettiva di una creatura extraterrestre, interpretata da una Scarlett Johansson quasi irriconoscibile nella sua vacuità, mentre vaga per la Scozia in cerca di prede umane. La prima parte del film è un’agghiacciante inversione dei ruoli di genere: la seduttrice è la predatrice, e gli uomini che la seguono, spinti dal desiderio, vengono attirati in un vuoto nero e liquido dove i loro corpi vengono letteralmente consumati dall’interno. È una potente metafora dell’oggettivazione, vista da una prospettiva non umana.

Tuttavia, il film si evolve. L’entità inizia un lento e confuso processo di “umanizzazione”. L’incontro con un uomo sfigurato, che lei sceglie di liberare anziché consumare, segna un punto di svolta. Da cacciatrice spietata, diventa un’osservatrice curiosa e vulnerabile, che cerca di comprendere le stranezze dell’esistenza umana: il sapore del cibo, il calore della gentilezza, la complessità dell’intimità. Glazer utilizza una regia quasi documentaristica, con telecamere nascoste per catturare le reazioni di uomini reali e ignari, confondendo i confini tra finzione e realtà. Il risultato è un’opera che ci fa vedere il nostro mondo con occhi nuovi, rendendo il familiare profondamente strano. Under the Skin è un’indagine filosofica sull’empatia, sull’identità e su cosa significhi essere umani, un’esperienza visiva e sonora che si insinua sotto la pelle e lascia un’inquietudine duratura.

Censor

L’esordio di Prano Bailey-Bond, Censor, è un tuffo stilizzato e psicologico nell’isteria collettiva che circondò i “video nasties” nella Gran Bretagna degli anni ’80. Il film è un omaggio affettuoso e al contempo critico a un’epoca in cui l’horror a basso budget era considerato una minaccia per la fibra morale della nazione. La protagonista, Enid, è una censore cinematografica meticolosa e repressa, il cui lavoro consiste nel visionare ore di violenza grafica per “proteggere” il pubblico. La sua vita ordinata inizia a sgretolarsi quando un film dell’orrore sembra contenere inquietanti parallelismi con la scomparsa irrisolta di sua sorella, avvenuta durante l’infanzia.

Il film pone una domanda centrale e provocatoria: se queste immagini sono così dannose per lo spettatore comune, quale impatto hanno su coloro che sono costretti a guardarle per mestiere? Per Enid, la discesa nel mondo sordido e violento che dovrebbe regolamentare diventa una forma perversa di terapia. La linea tra la sua realtà e la finzione dei film inizia a svanire, e lei si imbarca in una ricerca ossessiva della verità che la porta a confrontarsi con il trauma che ha represso per tutta la vita. Bailey-Bond ricrea magistralmente l’estetica dei film horror dell’epoca, con i suoi colori saturi, le grane della pellicola e le atmosfere sognanti, ma utilizza questo stile non per mera nostalgia, ma per esplorare temi senza tempo come il lutto, la memoria e i pericoli della repressione, sia a livello personale che sociale. Censor è un’opera intelligente che usa la storia del genere per riflettere sul potere dell’arte di portare alla luce le nostre paure più profonde.

The Invitation

Il thriller psicologico di Karyn Kusama, The Invitation, è un magistrale esercizio di tensione a combustione lenta. Il film è un’indagine straziante sulla paranoia, il lutto e la pressione sociale, ambientata quasi interamente durante una cena tra amici. Il protagonista, Will, è invitato a casa della sua ex moglie, Eden, la stessa casa in cui il loro figlio morì tragicamente anni prima. L’atmosfera è carica di un dolore non detto e di un’imbarazzante cordialità.

La genialità del film risiede nel mantenere lo spettatore in un costante stato di incertezza. I sospetti di Will riguardo alle intenzioni di Eden e del suo nuovo marito sono fondati, o sono semplicemente il prodotto di un dolore mai elaborato? Kusama gioca abilmente con questa ambiguità. Ogni comportamento strano degli ospiti, ogni sorriso troppo insistente, ogni porta chiusa a chiave può essere interpretato in due modi: come un segnale di una minaccia reale o come la proiezione paranoica di un uomo traumatizzato. Il film sfrutta le convenzioni sociali della cortesia per amplificare il terrore. I personaggi ignorano segnali d’allarme per non creare imbarazzo, e Will viene costantemente messo in discussione, “gaslightato” fino a dubitare della propria sanità mentale. La tensione cresce in modo quasi insopportabile, fino a una rivelazione finale che è tanto scioccante quanto catartica. L’ultima inquadratura del film è un colpo da maestro: espande l’orrore da una singola casa a un’intera comunità, confermando che la paranoia di Will non era follia, ma una risposta agghiacciante e razionale a un male insidioso che si nascondeva in piena vista.

It Comes at Night

It Comes at Night di Trey Edward Shults è un film sull’orrore invisibile, un’opera che dimostra come la minaccia più terrificante non sia un mostro esterno, ma la paura e la paranoia che corrodono l’umanità dall’interno. Ambientato in un mondo post-apocalittico devastato da una malattia contagiosa, il film si concentra su due famiglie che cercano di sopravvivere insieme in una casa isolata nel bosco. La fragile alleanza tra di loro è costantemente minacciata dalla sfiducia e dal sospetto.

Il titolo stesso è una geniale forma di depistaggio. Lo spettatore si aspetta di vedere una creatura, un “qualcosa” che arriva di notte. Ma il film nega costantemente questa aspettativa. L’orrore non si manifesta mai pienamente; rimane un’entità astratta, una presenza suggerita dai rumori nel bosco, dagli incubi del giovane Travis e dalle regole ferree imposte dal padre per proteggere la famiglia. Shults capisce che l’ignoto è molto più spaventoso di qualsiasi mostro concreto. Rifiutandosi di mostrare la fonte del contagio o cosa si nasconde tra gli alberi, il film costringe il pubblico nello stesso stato di incertezza paranoica dei personaggi. L'”esso” del titolo non è una creatura, ma il lutto, il sospetto, la disperazione e l’oscurità che albergano nel cuore umano quando la civiltà crolla. Il tragico e brutale finale non è causato da un attacco esterno, ma dall’implosione della fiducia e dell’empatia. È la dimostrazione che, di fronte alla paura esistenziale, il nostro peggior nemico siamo noi stessi.

The Endless

Il duo registico di Justin Benson e Aaron Moorhead ci regala con The Endless un’opera che fonde in modo unico e affascinante l’horror cosmico di stampo lovecraftiano con un dramma intimo e personale. Il film segue due fratelli, Justin e Aaron, che anni dopo essere fuggiti da quella che credevano essere una “setta UFO del giorno del giudizio”, decidono di tornare per una breve visita. Scoprono una verità molto più strana e terrificante: una misteriosa e invisibile entità ha intrappolato gli abitanti del campo in una serie di loop temporali senza fine.

L’orrore del film non è fisico, ma concettuale. È il terrore di confrontarsi con una forza incomprensibile, un’entità quasi divina le cui motivazioni e la cui natura sono al di là della comprensione umana, un concetto puramente lovecraftiano che porta alla follia. Tuttavia, Benson e Moorhead ancorano questo orrore cosmico a una storia profondamente umana. I loop temporali non sono solo un meccanismo fantascientifico, ma una potente metafora dell’essere intrappolati nel passato, incapaci di superare i propri traumi e le proprie dinamiche relazionali. La lotta dei due fratelli per sfuggire all’entità è anche una lotta per liberarsi dal loro rapporto co-dipendente e dalle ferite del passato. The Endless è un film intelligente e ambizioso che esplora la scelta tra una prigione sicura e ripetitiva e un futuro sconosciuto e spaventoso, dimostrando che l’horror più efficace è quello che parla tanto dell’universo quanto dell’animo umano.

Coherence

Realizzato con un budget irrisorio e basato in gran parte sull’improvvisazione, Coherence di James Ward Byrkit è un thriller fantascientifico di una brillantezza concettuale sbalorditiva. Il film è un rompicapo psicologico che dimostra come l’orrore più efficace non necessiti di mostri o effetti speciali, ma solo di un’idea potente e delle terrificanti implicazioni della fisica quantistica. La premessa è semplice: durante una cena tra amici, il passaggio di una cometa provoca uno strano blackout. Presto, il gruppo si rende conto che la cometa ha fratturato la realtà, creando un numero infinito di universi paralleli che si intersecano momentaneamente.

Il terrore in Coherence nasce dalle vertigini filosofiche della sua premessa. L’identità personale si dissolve: la persona con cui stai parlando potrebbe non essere la “tua” versione di quella persona. La fiducia crolla, sostituita da una paranoia crescente. Ogni decisione ha conseguenze potenzialmente catastrofiche, poiché potrebbe intrappolarti in una realtà che non è la tua. Il film è un esperimento mentale portato alle sue estreme e più spaventose conseguenze. La casa diventa un laboratorio in cui le relazioni umane si disintegrano di fronte all’incomprensibile. È un’opera che premia l’attenzione dello spettatore, un puzzle intricato che esplora la paura della perdita del sé e la scoperta che le versioni più oscure di noi stessi potrebbero essere a un solo passo, in un’altra stanza, in un’altra realtà.

The House of the Devil

The House of the Devil di Ti West è una lettera d’amore al cinema horror degli anni ’70 e ’80, un omaggio meticoloso e straordinariamente efficace a un’epoca in cui la suspense valeva più dello shock. Il film è una ricostruzione quasi perfetta dello stile e dell’atmosfera dei thriller a combustione lenta, in particolare quelli legati al fenomeno del “Satanic Panic” che attraversò l’America in quegli anni. La trama segue una studentessa universitaria che, disperatamente a corto di soldi, accetta un lavoro di babysitting in una casa isolata durante un’eclissi lunare.

West non si limita a citare il passato; lo resuscita. Ogni dettaglio è curato alla perfezione per ricreare l’estetica dell’epoca: la fotografia granulosa girata in 16mm, l’uso deliberato e lento dello zoom, i titoli di testa in caratteri gialli, i costumi, le acconciature e la colonna sonora. Ma l’omaggio più grande è al ritmo. Il film si prende il suo tempo, costruendo una tensione quasi insopportabile attraverso l’attesa. Per gran parte della sua durata, non accade quasi nulla di esplicitamente spaventoso. L’orrore si annida nei dettagli: una conversazione strana, una casa troppo silenziosa, la sensazione che qualcosa sia terribilmente sbagliato. Quando la violenza finalmente esplode nel climax, è tanto più scioccante perché arriva dopo un’ora di angoscia strisciante. The House of the Devil non è un semplice esercizio di stile; è la dimostrazione che l’atmosfera e l’attesa possono essere molto più terrificanti di qualsiasi spavento improvviso, un promemoria di come si faceva l’horror prima che fosse dominato dal gore e dal ritmo frenetico.

Let the Right One In

Il capolavoro svedese di Tomas Alfredson, Let the Right One In, è una decostruzione lirica e malinconica del mito del vampiro. Il film spoglia la figura del non-morto di ogni romanticismo gotico per rivelarne il nucleo di profonda e dolorosa solitudine. Ambientato in una desolata periferia di Stoccolma negli anni ’80, il film racconta la storia di Oskar, un dodicenne fragile e vittima di bullismo, e del suo incontro con Eli, una creatura apparentemente della sua età che si rivela essere un vampiro antico, intrappolato per sempre in un corpo infantile.

La loro relazione è il cuore pulsante del film: una tenera e triste storia d’amore tra due emarginati, due anime sole che trovano conforto l’una nell’altra in un mondo freddo e ostile. Il paesaggio innevato e cupo della Svezia invernale è lo specchio perfetto del gelo emotivo che circonda i personaggi. Alfredson utilizza le regole classiche del vampirismo in modo metaforico e potente. La necessità di Eli di essere “invitato” per entrare in una casa diventa un simbolo della vulnerabilità e della fiducia necessarie per costruire qualsiasi legame umano. L’atto di invitare qualcuno nella propria vita è un rischio, un’apertura che può portare tanto alla salvezza quanto alla distruzione. Let the Right One In reinventa il vampiro non come un predatore seducente, ma come una figura tragica, la cui immortalità non è un dono, ma una condanna a un’eternità di isolamento. È un film che unisce l’orrore e la tenerezza in un modo indimenticabile, dimostrando che anche le storie più oscure possono contenere una fragile scintilla di calore umano.

Green Room

Green Room di Jeremy Saulnier è un assalto ai nervi, un “siege thriller” (thriller d’assedio) di un’efficienza brutale e spietata. Il film è un’esperienza viscerale e senza compromessi che getta una sfortunata band punk, The Ain’t Rights, nella tana del lupo: un locale per skinhead neo-nazisti in una remota zona dell’Oregon. Dopo aver assistito a un omicidio, la band si barrica nella “green room” del locale, dando inizio a una lotta disperata per la sopravvivenza.

Ciò che eleva Green Room al di sopra di un semplice esercizio di violenza è il suo realismo crudo e la sua totale assenza di eroismo. I personaggi non sono eroi d’azione; sono persone comuni, terrorizzate, che prendono decisioni imperfette e spesso sbagliate sotto una pressione inimmaginabile. La violenza è improvvisa, goffa e terribilmente reale. Saulnier non la estetizza; la mostra nelle sue conseguenze sgradevoli e dolorose, concentrandosi sull’impatto fisico e psicologico sui personaggi. Il cast è eccezionale, ma è Patrick Stewart a rubare la scena in un ruolo che sovverte completamente la sua immagine pubblica. Il suo Darcy, il leader dei neo-nazisti, non è un fanatico urlante, ma un uomo calmo, pragmatico e metodico. La sua fredda e calcolatrice spietatezza è ciò che lo rende così terrificante. È un uomo che tratta la violenza come un problema logistico da risolvere con la massima efficienza. Green Room è un’opera di tensione pura, un pugno nello stomaco che non lascia respiro, un’esperienza cinematografica che fa sentire lo spettatore intrappolato nella stanza insieme ai protagonisti, fino al suo sanguinoso epilogo.

Kill List

Il cinema di Ben Wheatley è imprevedibile e audace, e Kill List è forse la sua opera più disorientante e sconvolgente. Il film è un ibrido di generi che inizia come un crudo dramma familiare e un thriller su commissione, per poi precipitare in un abisso di folk horror pagano e paranoia esistenziale. La narrazione segue Jay, un ex soldato diventato sicario, ancora traumatizzato da una missione fallita a Kiev. Pressato dai problemi economici e da una relazione coniugale tesa, accetta un nuovo “lavoro”: una lista di tre persone da eliminare.

Wheatley orchestra un cambiamento di tono magistrale e destabilizzante. La prima parte del film è radicata in un realismo quasi documentaristico, con dialoghi improvvisati e una rappresentazione opprimente della tensione domestica. Man mano che Jay e il suo partner Gal procedono con gli omicidi, elementi di stranezza iniziano a insinuarsi nella narrazione. Le vittime sembrano conoscere il loro destino, e ringraziano Jay prima di morire. La violenza diventa sempre più brutale e insensata. L’atto finale abbandona ogni pretesa di realismo e si tuffa in un incubo ritualistico. Jay si ritrova braccato da una setta mascherata in una foresta, in una sequenza che evoca The Wicker Man sotto steroidi. Il finale è uno dei più nichilisti e devastanti del cinema horror moderno, un colpo di scena che non offre alcuna spiegazione o catarsi, ma solo un senso di orrore totale e ineluttabile. Kill List è un’esperienza cinematografica che tira via il tappeto da sotto i piedi dello spettatore, un viaggio nel cuore nero dell’oscurità umana che lascia un’impronta indelebile.

Una visione curata da un regista, non da un algoritmo

In questo video ti spiego la nostra visione

SCOPRI LA PIATTAFORMA
Immagine di Fabio Del Greco

Fabio Del Greco

Lascia un commento

Scopri i tesori sommersi del cinema indipendente, senza algoritmi.

indiecinema-catalogo