Dopo la fine della prima guerra mondiale e prima della grande depressione del 1929 si impone nel mondo l’industria del cinema di Hollywood e la storia del cinema cambia radicalmente. Un’industria che si presenta al grande pubblico come una fabbrica dei sogni che propone la realizzazione del sogno americano. Una serie di personaggi, eroi ed eroine quasi sempre di bell’aspetto, in cui il pubblico si identifica e che spesso incarnano dei modelli da raggiungere.
Hollywood è una vera e propria fabbrica dell’immaginario, una catena di montaggio dove si realizzano film classificati in generi facilmente codificabili. Un modo di fare cinema molto lontano da quello delle avanguardie europee. La ricerca artistica avviene ad Hollywood a volte quasi per caso, a volte grazie al merito di bravi registi che vengono messi a fare film commerciali e ne approfittano anche per sperimentare le loro idee più audaci.
Ma l’obiettivo del cinema di Hollywood è essenzialmente quello del business commerciale e di offrire al pubblico mondi di evasione in un universo di sogni ottimistici. I film infatti raramente assumono un punto di vista negativo e nichilista che troviamo spesso nel cinema europeo. Offrono invece spesso una visione del mondo eccessivamente edulcorata e positiva, sia nei racconti che nelle stile delle immagini.
L’ascesa del cinema di Hollywood è favorita dalla crisi successiva alla fine della grande guerra. L’economia mondiale è in ginocchio e gli Stati Uniti si pongono come leader mondiali in diversi settori chiave. Si afferma una politica di liberismo estremo che consente ai prodotti dell’industria americana di imporsi sui mercati stranieri.
Gli anni 20 sono una fase di grande sviluppo economico e di grande euforia e benessere generale. Alcune fasce sociali come gli immigrati contadini e i minatori sono però esclusi se non addirittura penalizzati da questa euforia consumistica. È quella che viene definita l’età del jazz o i ruggenti anni 20, in cui si beve alcol di contrabbando e si va in cerca di nuovi sogni e mitologie.
Il cinema di Hollywood come prodotto di consumo
Il cinema di Hollywood è favorito da una grande disponibilità di capitali e da un pubblico che passa in pochi anni da 40 a 80 milioni di spettatori. Inoltre c’è la possibilità di esportare i propri prodotti cinematografici in tutto il mondo.
Il film è visto essenzialmente come un prodotto di consumo e la sua produzione è strutturata rigidamente in un sistema verticale di cui gli Studios controllano tutte le fasi, dalla scrittura alla distribuzione. Gli sceneggiatori, gli attori e i registi sono impiegati pagati molto generosamente al servizio del produttore, ed il film deve esistere solo se produce un buon profitto.
Molte case di produzione decidono di costruire i propri cinema in ogni parte della nazione per massimizzare i profitti. Le sale che non appartengono ai grandi studi sono costrette fin da quell’epoca a prenotare il film con un sistema chiamato Block Booking: gli esercenti vengono costretti a prenotare interi pacchetti dei film degli studios, che comprendono film minori insieme ai grandi successi. Questa è ancora una pratica quotidiana per gli esercenti di tutto il mondo oggi.
Hollywood e il cinema degli Studios
Gli studi si alleano tra di loro e diventano un vero e proprio oligopolio del settore cinematografico, senza lasciare nessuno spazio alla concorrenza e alle produzioni indipendenti, che invece avevano avuto un’importanza fondamentale nello sviluppo del cinema in Europa. Le sale vengono costruite come architetture favolose, ispirate ad un mondo esotico, barocco e rococò, per dare al pubblico popolare l’illusione temporanea di un viaggio in un mondo di ricco e fantastico. Quel mondo che gli era sempre negato nella vita quotidiana.
Lo spettacolo era arricchito anche da cinegiornali, comiche, intermezzi musicali ed altre performance dal vivo. Le tre grandi case di produzione erano la Paramount, la Metro-Goldwyn-Mayer e la First National. Gli studi più piccoli erano la Universal, La Fox, la Producer Distributing Corporation, La Film Booking Office e la Warner Brothers. Ad esse si aggiunge la United Artists creata nel 1919 da attori e registi come Mary Pickford, Douglas Fairbanks, Charlie Chaplin e David Wark Griffith. Il loro obiettivo era uscire dall’oligopolio e dal dominio delle grandi case di produzione per continuare a rendere possibile l’esistenza di una produzione cinematografica più indipendente.
Hollywood e il cinema delle star
Il cinema hollywoodiano nasce quindi come organismo industriale e produttivo, in contesto di lavoro orientato all’efficienza e alla qualità dei prodotti. Ma si trova ad operare in un contesto diverso dall’industria tradizionale. È necessario per esempio controllare e romanzare la vita dei divi e il loro lato scabroso. Il gossip e il pettegolezzo diventano uno dei principali strumenti per attrarre il pubblico a guardare i film degli attori più famosi, e la vita di certi attori incomincia ad essere controllata dai produttori anche fuori dal set, per farne uno strumento di marketing.
Gli scandali, gli adulteri, la vita di lusso sfrenato e le relazioni amorose della vita privata dei divi si diffondono tramite la stampa, per creare sul mondo del cinema un alone di mito irraggiungibile. Mondo di enorme ricchezza e di vite avventurose che il pubblico delle classi più basse può avere vivere attraverso il sogno ad occhi aperti del grande schermo.
La censura e la morale dei film di Hollywood
La chiesa e gruppi religiosi non vedono di buon occhio i fatti di cronaca e le ricchezze esagerate del mondo di Hollywood e iniziano a schierarsi contro di esso insieme ai benpensanti statunitensi dell’epoca. È per questo che Hollywood, sentendosi in pericolo, in cerca di legittimazione, decide di avviare una politica editoriale dei propri film moralista e controllata dalla censura.
Nel 1922 i principali studi si uniscono per creare la Motion Picture Producers and Distributors con lo scopo di stabilire una serie di regole per regolamentare il contenuto morale dei film. A capo della MPPD venne chiamato il repubblicano William Hays, un ministro potente che poteva fare da collegamento con Washington. Le sue riforme creano restrizioni ai contenuti dei film fino ad essere sintetizzate nel 1934 con l’emanazione di una vera e propria legge soprannominata il “Codice Hays”. Il codice standardizzava e regolamentava entro ristretti limiti morali ispirati dalla chiesa cattolica la produzione di tutti i film statunitensi, classificati in generi ben definiti.
Gli elementi distintivi del cinema hollywoodiano diventavano quindi un modello spettacolare ripetitivo e ben riconoscibile con la presenza di ottima cura tecnica e formale, contenuti moralmente corretti secondo la cultura dominante dei benpensanti. L’attesa dello spettatore prima dell’uscita dei film viene alimentata da campagne di marketing studiate nei minimi dettagli e diffuse dai mezzi di informazione.
I registi-imprenditori di Hollywood
Il contesto di Hollywood consentirà l’ascesa al successo di personalità registiche e artistiche di un certo tipo. Molti grandi registi delle avanguardie europee non avrebbero avuto la minima possibilità di lavorare in un’industria cinematografica di questo tipo, che operava in antitesi con le loro motivazioni di ricerca e sperimentazione.
Il padre del cinema americano spettacolare e dai grandi budget è sicuramente David Wark Griffith, che con i suoi film colossal Nascita di una nazione e Intolerance si impone all’attenzione di tutto il mondo. I film di Griffith inventano nuovi codici del linguaggio cinematografico in un contesto di grande produzione industriale.
A continuare il suo filone sarà il suo allievo Erich Von Stroheim, con la sua poetica dell’eccesso di ascendenza decadente Europea. Il cinema comico invece viene profondamente rinnovato da personalità eccezionali come Charlie Chaplin e Buster Keaton. Uno dei registi che sposa in pieno la logica industriale di produzione hollywoodiana è Cecil B. De Mille, regista dalle indubbie qualità di imprenditore e produttore.
Cecil B. De Mille
I suoi film puntano sulla spettacolarità e su filoni drammatici ben precisi, come quelli della commedia brillante a sfondo erotico e della donna fatale e spregiudicata interpretata spesso da Gloria Swanson. Fino ad arrivare nel decennio successivo ai grandi film storici spettacolari come lo spettacolare e costosissimo kolossal di Cecil B. De Mille I dieci comandamenti del 1923, che narra l’episodio biblico alternato ad una parabola moderna. Il film condanna apparentemente da ogni punto di vista le sfrenatezza sessuali e i vizi, in linea con la rigida regolamentazione della censura americana. Ma ne approfitta per mostrare orge e scene peccaminose per attrarre il pubblico in cerca di trasgressioni.
La geniale formula imprenditoriale di De Mille si può riassumere in sangue, sesso e Bibbia, ed è alla base dei kolossal successivi come Il re dei re e il segno della croce, fino diversi anni più tardi a Sansone e Dalila del 1949. De Mille è il regista perfetto per Hollywood che riesce a incanalare la sua creatività artistica in un’idea profittevole e di grande business. Altri registi come Frank Borzage si trovano a proprio agio nella politica degli Studios, che continua a produrre una filmografia di sfarzosi kolossal fino agli anni 50.
Uno dei maggiori successi su il film Ben Hur, del 1926, prodotto dalla Metro-Goldwyn-Mayer. Un colossal con decine di migliaia di comparse, per cui si dovette costruire come scenografia l’intero Circo Massimo di Roma. Girato con tecniche di ripresa innovative, come quella applicata alla corsa delle bighe, che prevedevano l’utilizzo contemporaneo di molte cineprese, dislocate in differenti punti di vista.
King Vidor
Un altro grande regista del sistema hollywoodiano degli anni Venti fu King Vidor che realizzò una grande epopea pacifista dal titolo La grande parata, del 1925, in cui alternava sapientemente scene di conflitto bellico con situazioni sentimentali: canoni e stereotipi diffusi nel cinema hollywoodiano ancora oggi.
Il successo del film diede al capo della MGM Irving Thalberg della la fiducia in Vidor: il regista potè realizzare un film più impegnato e anticonformista come La folla, del 1928. Un film raro ad Hollywood in quel periodo, che Indaga la parabola esistenziale di un uomo qualsiasi dall’infanzia alla maturità in una grande metropoli come New York. Una riflessione sul conformismo e la perdita di individualità dell’uomo di quel momento storico nella nuova dimensione della omologazione di massa e uno sguardo ironico e disincantato sulla ideologia fintamente ottimistica del self made man e del sogno americano.
La folla è forse l’apice del cinema muto statunitense e mostra soluzioni tecniche e stilistiche audaci che rappresentano con straordinaria forza simbolica il rapporto tra individuo e folla e la perdita dell’identità. Un film che si ispira e che ha la forza dell’espressionismo tedesco utilizzando movimenti di macchina e luci come potenti simboli del suo contenuto narrativo.
Nasce un cinema commerciale capace anche di funzionare come strumento di indagine sociale e politica che continua anche negli anni successivi, nel 1929, con Alleluia un film sulla condizione degli uomini di colore nelle piantagioni di cotone del Sud. Nostro pane quotidiano, del 1934, che affronta la piaga della disoccupazione e che racconta la crisi della grande depressione del 1929.
Vidor proseguirà la sua carriera in quel sistema di generi classici che verrà proposto da Hollywood negli anni successivi per consolidare le sue strategie produttive e si impone in tutto il mondo come codificazione dei generi a cui corrispondono diversi target di pubblico e di business.
John Ford
All’interno del genere nascono alcuni filoni tipici di quegli anni come il filone pacifista, il film di guerra, lo slapstick comico e il Western. I Western erano realizzati anche a basso costo per il pubblico della provincia americana. Uno dei registi che esordisce proprio con questo tipo di film a basso costo e John Ford, con il suo film del 1924 Il cavallo di acciaio (The Iron Horse). Negli anni successivi John Ford diventerà il più importante autore del genere Western, capace di visualizzare la dimensione archetipica della natura e del paesaggio e di incarnare la mitologia e l’ideologia del West.
I generi cinematografici a Hollywood
Grazie al cinema espressionista ed al successo de Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene che arriva negli USA nel 1921 nasce l’interesse degli Studi per il genere horror e che sarà trattato soprattutto dalla Universal. L’attore Lon Chaney si specializza nel genere realizzando film come Il gobbo di Notre Dame e Il fantasma dell’Opera del 1925. Sara però la MGM a siglare il famoso sodalizio tra Lon Chaney e il regista Tod Browning con il quale l’attore realizzerà i film più importanti come Lo sconosciuto del 1927.
Nasce anche per ragioni di tipo sociologico il filone del Gangster film legato all’aumento del crimine e del contrabbando di liquori nell’epoca del proibizionismo. Alcuni film come Le notti di Chicago (Underworld) del 1927 di Joseph von sternberg realizzato per la Paramount, Marocco nel 1930 e Shanghai Express del 1932 gettano le basi e i prototipi del genere gangster.
I vari generi cinematografici riflettono gli umori e la società in evoluzione dei ruggenti anni Venti mentre lo Star System si modella in modo da essere interprete di umori, desideri e aspirazioni del pubblico di massa. Nascono divi nel genere romantico come Rodolfo Valentino che incarna una virilità latina da fotoromanzo. John Gilbert interprete della grande parata che incarna il Romanticismo più libero e spregiudicato. Un nuovo modello di attrici Vamp come Gloria Swanson, l’opposto delle fidanzate d’America tipo Mary Pickford nello stile puritano e Vittoriano del cinema di Griffith. L’atlético Douglas Fairbanks, interprete del notevole Il ladro di Bagdad di Raul Walsh del 1924, che rappresenta invece la spinta ottimistica e positiva del decennio, un nuovo tipo di americano che affronta con spensieratezza e positività la ricostruzione della società americana dopo la guerra.
Infine star e interpreti di se stessi come Charlie Chaplin e il controverso regista Erich Von Stroheim, interpreti di personaggi ricorrenti come il vagabondo e l’ufficiale cinico, che esprimono uno stile di cinema più indipendente e di gusto europeo. Mostrando le contraddizioni della società americana e dei suoi fragili valori che di lì a poco saranno travolti dalla grande depressione.
Hollywood e i film classici
Lo stile classico hollywoodiano raggiungerà la sua piena maturità con l’avvento del sonoro negli anni 30 e 40. Il sonoro consentirà di uscire da un’idea di cinema come linguaggio parziale e non autosufficiente accompagnato da spettacoli dal vivo e esecuzioni sonore a linguaggio totalmente autosufficiente. Il mondo dentro il grande schermo diventerà un mondo senza alcun collegamento con la realtà fuori dallo schermo di cui godere in maniera autonoma.
Molte grandi opere del cinema che sono nate da questa epoca ed erano realizzate con una tecnica di produzione estremamente disciplinata. Poiché venivano realizzati molti film, non tutti dovevano avere necessariamente successo. Uno studio poteva scommettere su un budget medio con una grande sceneggiatura e attori sconosciuti. Ciò accadde per Quarto potere (1941), girato da Orson Welles e considerato tra i migliori film mai realizzati. Vari altri supervisori testardi, come Howard Hawks, Alfred Hitchcock e Frank Capra, hanno combattuto gli studi cinematografici di Hollywood per realizzare le loro visioni fantasiose.
L’apice del successo del sistema dei grandi studi di Hollywood potrebbe essere stato l’anno 1939, che vide il lancio di film classici più famosi della storia del cinema. Il design visivo-narrativo del cinema di Hollywood è stato fortemente influenzato dai concetti del Rinascimento e anche dal suo concetto di rinascita della razza umana come obiettivo principale.
La produzione di film a Hollywood
Lo stile classico di Hollywood è differenziato in 3 gradi fondamentali: dispositivi, sistemi, e relazioni di sistemi. Gli strumenti più fondamentali per il cinema hollywoodiano classico sono quelli della relazione tra spettatore e scena sullo schermo. La regola dei 180 gradi mantiene l’inquadratura della scena filmata producendo un asse immaginario di 180 gradi tra la scena e il pubblico, consentendo agli spettatori di orientarsi chiaramente all’interno dell’ambientazione e le azioni in una scena. Secondo la regola dei 30 gradi, i tagli di montaggio da cui si guarda l’inquadratura successiva dovrebbero essere modificati affinché lo spettatore riconosca un aggiustamento del punto di vista. I tagli che non si attengono alla linea guida di 30 gradi sono da evitare per mantenere l’impressione di connessione temporale tra le immagini in movimento. Le linee guida a 30 e 180 gradi sono standard fondamentali nel cinema che sono stati inventati nel cinema delle origini, come si vede nel film francese del 1902 di George Méliès A Trip to the Moon. Queste regole servivano per aiutare a mantenere la connessione, come nel taglio trasversale, che sviluppa la sequenza delle azioni in location differenti. Sono ammessi tagli di immersione del tipo del taglio assiale, che non altera in tutto l’angolo di ripresa, ma ha il chiaro obiettivo di rivelare un punto di vista più dettagliato o più lontano del soggetto, e quindi anche di conseguenza non interferisce con la connessione temporale.
La narrazione dei film hollywoodiani
La narrazione classica dei film di Hollywood avanza costantemente attraverso la psicologia dei personaggi, cioè per volontà di una personalità umana e per affrontare gli ostacoli nella direzione di un obiettivo specifico. Questa componente narrativa è tipicamente costituita da una storia chiave (ad esempio un amore) collegata a una o più storie aggiuntive. Questa storia è strutturata con un inizio, un centro e una fine distinti, e di solito c’è una risoluzione ben definita. L’uso di attori, eventi, azioni causali, svolte narrative principali e secondarie sono attributi fondamentali del film classico di Hollywood. I personaggi nel cinema classico di Hollywood hanno caratteristiche chiaramente definite, sono energici e molto orientati agli obiettivi. Sono motivati da motivazioni psicologiche piuttosto che sociali. La storia è una catena di effetti domino con agenti causali: in un film classico di Hollywood, le occasioni non si verificano arbitrariamente.
Tempo e spazio del film di Hollywood
Il tempo dei film di Hollywood è lineare senza salti temporali, per il motivo che che la non linearità richiama l’attenzione sull’artificiosità del mezzo cinematografico. L’unica manipolazione del tempo accettabile nei film di Hollywood classici è il flashback. Viene utilizzato principalmente per presentare una serie di ricordi di un personaggio, come ad esempio in Casablanca.
La più importante regola dei film classici relativa al tempo è la durata dei soggetti filmati: il pubblico deve credere che la scena esista al di fuori dell’inquadratura del film per mantenere l’aspetto realistico del racconto. La tecnica di gestione dello spazio nella Hollywood classica mira a nascondere la bidimensionalità dello schermi di proiezione ed è anche molto centrata sul corpo dei personaggi. La maggior parte delle inquadrature in un film classico si concentrano su movimenti o volti e sono inquadrature in campo medio e campi medio-lunghi. Un film classico di Hollywood somiglia ad un’opera teatrale filmata, in quanto gli eventi sembrano durare abbastanza e le inquadrature ci offrono l’angolo di visione ideale dell’intera commedia. Le regole del cinema classico di Hollywood sono quindi fortemente in contrasto con la visione del cinema d’essai, sperimentale e d’avanguardia, in cui il regista cerca angoli di ripresa soggettivi e non prevedibili.
Questa regola dello spazio contiene 4 elementi principali: focalizzazione, profondità, bilanciamento e frontalità. I soggetti o le cose importanti sono principalmente nella parte centrale dell’immagine e sempre ben visibili, ben illuminati e messi a fuoco perfettamente. Il bilanciamento è la regola secondo la quale i personaggi e gli oggetti filmati sono ugualmente distribuiti in tutta l’inquadratura. L’azione è filmata nella direzione dello spettatore, frontalmente, è il set della scena, la luce e i costumi sono creati per dividere il primo piano dalla sfondo dell’immagine. La fotografia utilizza principalmente la tecnica delle luci a tre punti, in particolare l’illuminazione high-key, abbastanza priva di ombre scure, omogenea e diffusa. Si tratta di un tipo di luce che suggerisce una stato d’animo ottimista. Il tempo e lo spazio sono sempre subordinate alla componente narrativa.