I film indipendenti negli Stati Uniti

I film americani indipendenti nascono per sottrarsi al meccanismo del cinema industriale di accorpamento delle risorse creative dentro un unicum decisionale per reinventarsi gestori di se stessi e delle proprie capacità artistiche. Tra essi sono stati prodotto alcuni ma i film imperdibili della storia del cinema. E’ successo spesso nel corso della storia dei film americani indipendenti, da quando tutto ebbe inizio tra gli anni ’40 e ’50, con le opere di Edgar G. Ulmer dall’interno degli studios e con i cortometraggi fortemente sperimentali, degni successori del radicale surrealismo degli anni ’20 e ’30, di autori come Stan Brakhage, Kenneth Anger e Maya Deren. Gli stessi registi che contribuirono poi nel 1960 alla costituzione del manifesto del New American Cinema Group ad opera di Jonas Mekas. Il gruppo raccoglieva in seno svariate figure, fra le quali anche Shirley Clarke (della Scuola di New York assieme a Cassavetes) e Andy Warhol.
A diffondere l’importanza di opere innovative e molto personali di questi autori, contribuisce una rivista come Film Culture. Ci vorrà del tempo però per assicurare loro un riconoscimento pubblico tale da influenzare l’operato dei cineasti del futuro, e per certi aspetti ancora oggi del presente, della New Hollywood (Penn, Peckinpah, Coppola, De Palma, Scorsese, Pollack, Pakula, Friedkin, Altman, Allen, Bogdanovich, Nichols, Lucas, Spielberg, Rafelson, Schatzberg, Ashby, Hellman, ecc, e altri autori europei trapiantati come Polanski, Forman, Schlesinger, Boorman, e via dicendo).
Si aggiungono, alla folta schiera di film americani indipendenti di quegli anni, tutta una serie di star uscite dalla scuola di Strasberg, sotto l’egida del metodo Stanislavskij, capaci di affrontare le nevrosi e i problemi in maniera profonda, psicologica e con assoluta aderenza al vissuto dei personaggi (da Marlon Brando a Paul Newman, da Robert Redford a Gene Hackman, da Robert De Niro ad Al Pacino, da Dustin Hoffman a Jack Nicholson, da Roy Scheider a Christopher Walken, da Faye Dunawau a Meryl Streep, da Jane Fonda a Sally Field, da Diane Keaton a Barbra Streisand, da Gena Rowlands a Glenda Jackson).
I temi ricorrenti dei film americani indipendenti

Solitudine, viaggio, dispersione, allontanamento dalla realtà concreta, problemi di disagio giovanile, sessualità esplicita, rapporti di potere e di violenza, problemi insiti nel ruolo della donna e delle minoranze etniche all’interno dei meccanismi della società. John Cassavetes fu uno dei principali artefici del cinema indipendente americano e un certo Martin Scorsese, in piena e proficua attività ancora oggi, dichiara essere stato tra i suoi maestri e sostenitori più pervicaci.
Cassavetes era attore di talento che un po’ come Orson Welles, decise di sfruttare i ricavi dai ruoli ottenuti nei film hollywoodiani, per investirli nei suoi film indipendenti, realizzati in “famiglia” assieme ad amici tecnici e attori di alto livello, secondo un approccio creativo improntato sulla diramazione di un flusso di pensieri, idee, suggestioni dialettiche.
Com’è evidente anche in Volti (1968), si delineano nell’atto stesso di creazione narrativa, a partire da un canovaccio di temi, stralci di dialoghi e da una scaletta di base utile al fondamentale comparto attoriale. Realismo, documentarismo, improvvisazione, mezzi tecnici leggeri, divengono le basi di partenza del cinema indipendente americano, memori in particolare della lezione di Luis Bunuel e René Clair.
La produzione dei film indipendenti americani
I film indipendenti americani erano film che potevano essere girati con 10-15.000 euro, cifre davvero inusuali per il cinema industriale hollywoodiano che negli anni ’50 andava ancora per la maggiore, nonostante lo sviluppo del genere noir negli Quaranta, avesse offerto delle possibilità di abbattimento dei costi, a fronte di sceneggiature spesso e volentieri di alto livello, che si rivelò assai vantaggioso per gli stessi studios.
Sviluppo e codificazione che si è poi ripetuta a cicli, con i film underground e di blaxploitation negli anni ’60-’70, opere di registi come Russ Meyer, Herschell Gordon Lewis, Ossie Davis, Melvin Van Peebles, Gordon Parks, Jack Hill, che erano solite omaggiare, citare, parodiare anche, polizieschi, horror, musical, con inusitata sfrontatezza, perfettamente in linea con la rivoluzione sessuale allora in voga e che proprio grazie a quella e al successo di film come Gola Profonda, spinsero studi come la Warner a contribuire economicamente a film di questo tipo.
Film di genere che cominciarono a morire dopo la metà degli anni Settanta, anche per via di associazioni nazionali che s’impegnarono in una crociata per bandire violenza e sessualità dai grandi schermi. La religione e la cappa mediatica attorno a razzismo e pornografia, dalle alte schiere del vescovado, inasprì censure e blocchi di diffusione o veri e propri dimezzamenti di montaggio di opere coraggiose e provocatrici del buon costume, che del resto non erano nuove nel sistema di controllo.
C’è da dire anche che i film della blaxploitation cominciarono a essere sfruttati da produttori e registi bianchi e la protesta che sancì la fine del genere partì anche e soprattutto dalle comunità di afroamericani che non vedevano di buon occhio la cosa, poiché le opere si erano rapidamente trasformate in una sequela di stereotipi sulla loro calpestata cultura e dignità sociale. Sottogeneri che al pari dell’estetica pop e fumettistica di quei decenni, sono sempre stati fonte d’ispirazione per un cineasta come Quentin Tarantino, secondo diverse sue esplicite dichiarazioni. Ce lo testimonia tutta la sua filmografia.
I film americani indipendenti negli anni ’80 e ’90

Il cinema indipendente americano si rivitalizza poi negli anni ’80 e ’90, grazie all’apporto di autori fondamentali come Jim Jarmusch, Spike Lee, Steven Soderbergh, Richard Linklater, Robert Rodriguez. Fino ad arrivare a oggi e all’espansione delle possibilità grazie all’ulteriore alleggerimento dei mezzi e dei costi, dovuto alla perfettibilità della tecnologia che gradualmente ha permesso un sempre maggiore abbattimento dei costi grazie alla democrazia del digitale, prima con l’abbandono della pellicola 35 mm e con i noleggi delle attrezzature e della stampa dei negativi, a favore di cineprese maneggevoli ed economiche, poi con lo sviluppo sempre più sofisticato e intellegibile di software che hanno permesso di abbattere i costi di post-produzione in maniera significativa.
Secondo Geoff King, dal suo volume Il Cinema Indipendente Americano: “I film indipendenti americani vengono prodotti in un mondo ad ultra basso budget lontanissimo da quello dei blockbuster hollywoodiani; adottano strategie formali che abbandonano o smontano le convenzioni della lineare scorrevolezza tipiche dello stile classico hollywoodiano; offrono prospettive provocatorie su questioni sociali, una rarità a Hollywood”.
Contrariamente a quanto il pubblico medio crede e spesso assiste oggi nelle sale, il vero cinema indipendente nasce laddove il pubblico crede esista solo Hollywood. Non c’è forma migliore di contrapposizione allo strapotere dell’industria di genere blockbuster a profusione, remake e sequel a ripetizione dentro un meccanismo di sfruttamento ormai logoro di marchi, come una catena senza fine di marketing pubblicitario.
Non c’è alternativa migliore, se non quella di rigenerazione delle coordinate stabilmente inculcatesi nell’immaginario creativo di produzione di un film, attraverso un alleggerimento delle risorse tecniche a totale favore della ricerca di vie alternative di racconto per mezzo di sovrapposizioni e digressioni temporali, suggerenti una precisa cifra stilistica. Si conferisce una libertà espressiva assoluta a sceneggiatori e registi, perché c’è fiducia (quasi sempre sono la stessa persona).
I film americani indipendenti prodotti dagli Studios
Sono nate produzioni come la New Line e la Miramax che hanno contribuito allo sdoganamento di autori indipendenti (al pari di certi festival ormai di forte richiamo come il Sundance), dando loro budget dal secondo lungometraggio più elevati, a dimostrazione del fatto che negli Stati Uniti s’invita ad osare con il budget che si ha a disposizione e si viene supportati spesso e volentieri sia a livello produttivo che distributivo. Magari non si entra nel mainstream sempre e comunque e non si fanno soldi, ma si costituisce il proprio circuito di fruizione e di mantenimento dei ricavi dentro l’ottica del low-budget, se non addirittura del micro-budget.
Dentro queste prospettive, inoltre, sempre più attori di calibro e ritenuti dei divi, hanno cominciato a cimentarvisi, generando un fronte alternativo di ricavi che ha permesso ad altri autori indipendenti o a loro stessi, scopertisi poi produttori indie, di far sì che proliferasse nel pubblico la scoperta di questo universi alternativi. I budget a disposizione, divengono poi più alti di film in film. Tutto questo è stato possibile a un punto tale che oggi negli Stati Uniti le opere indipendenti da quelle che non lo sono a tutti gli effetti, arrivano a confondersi.
Un demiurgo, quindi, un autore totale che si occupa anche di sceneggiatura, cosa tutt’altro che scontata in America, terra di grandissimi sceneggiatori. L’autore indipendente si rivela essere, potenzialmente, una miniera d’oro per il futuro di produttori intelligenti. Sono investimenti che raramente vanno a perdere, perché inseriti comunque dentro una filiera, un sistema che permette loro una diffusione minima, a fronte di un budget microscopico. Rischiano in partenza decisamente di più le produzioni colossali che investono anche solo in pubblicità, il quadruplo. Il problema è poi che questo sistema di cose non funziona allo stesso modo in Italia, dove non c’è sostegno e diffusione nei riguardi degli indipendenti.
La distribuzione dei film americani indie

La televisione, ed è un problema molto europeo, si è mangiata il cinema e una fetta sempre maggiore di pubblico scambia prodotti cinematografici per prodotti in realtà televisivi. Le serie-tv hanno preso il sopravvento, complice anche il rapido mutamento tecnologico che ha permesso di fruire di film da casa o tramite la supportabilità dei telefoni a costi irrisori, e della nascita di Netflix che ha accorpato sia le macro che le micro realtà di settore, inglobando in un imbarazzante calderone il meglio degli autori con il peggio delle realtà produttive più dozzinali. A fronte di ciò, la ricezione che il pubblico medio ha del cinema indipendente, almeno nella maggior parte dei paesi europei, è quella di un film realizzato da amatori che ci provano soltanto, al di fuori dei giochi dei grandi. Film di scarso valore perché non intrattengono in maniera didascalica e perché non offrono lo stesso tipo di spettacolo.
Ma i film indipendenti americani, i veri film indipendenti, si sono rivelati spesso dei successi, proprio in rapporto all’investimento iniziale e spesso sono degni dello spettacolo, meno reale, delle grandi produzioni. Molti di questi film si fondano a livello costitutivo su controversie riguardanti tematiche sociali di una certa rilevanza (vedi diversi film di Spike Lee, (su tutti il caso di Fa la cosa giusta, 1989) che affrontano di petto, in maniera molto diretta e scottante.
Questo tipo di film sono importanti anche perché si allineano il più delle volte con le minoranze sociali o perché danno spesso voce a contesti e individui solitamente non raccontati approfonditamente nel cinema delle majors. In quei contesti, si è formata indissolubilmente una coscienza sociale ed estetica, a conferma che una modalità di produzione alternativa è possibile e assolutamente necessaria.
Vale lo stesso, seppur con le differenze del caso, anche per l’Inghilterra. E’ ormai una questione di consapevolezza. Conoscere o non conoscere. E per arrivare a essere consapevoli urge una profonda rivoluzione culturale e umana, nella quale deve per forza di cose confluire l’istruzione, depositaria di una educazione alle stratificate possibilità del mezzo cinematografico.
I 30 film indipendenti americani più importanti nella storia del cinema
Shadows
Il film del 1959 di John Cassavetes, Shadows, segna una svolta cruciale nel cinema americano, spesso citato come la genesi del moderno movimento del cinema indipendente. Avendo sperimentato i limiti del sistema hollywoodiano come attore, Cassavetes cercò una modalità di narrazione più personale e autentica. Finanziò il film di tasca propria attraverso i suoi guadagni e sollecitando fondi dagli ascoltatori di un programma radiofonico, ampliando gli esercizi dei suoi laboratori di recitazione. Il risultato fu un dramma in bianco e nero crudo e improvvisato ambientato nella Beat Generation della New York degli anni ’50, che esplorava amicizie e relazioni interrazziali con una colonna sonora intrisa di jazz. L’estetica granulosa del film, l’uso di attori non professionisti e la struttura narrativa sciolta contrastavano nettamente con le produzioni patinate degli studi dell’epoca. Shadows dimostrò che il cinema poteva essere un’impresa accessibile e profondamente personale, ispirando innumerevoli aspiranti registi a prendere in mano la macchina da presa e a narrare le proprie storie al di fuori dei confini di Hollywood. La sua importanza risiede non solo nel suo stile innovativo, ma anche nel suo spirito di sfida, dimostrando che il cinema non prodotto dagli studi non solo poteva esistere, ma anche prosperare. David Thomson considerava Cassavetes “davvero il primo indipendente americano moderno”, e sebbene possa aver realizzato film probabilmente “migliori” in seguito, Shadows rimane la sua opera più influente, fornendo un modello per il cinema indipendente e dimostrando la fattibilità del cinema non prodotto dagli studi.
Meshes of the Afternoon
Il film muto del 1943 di Maya Deren, Meshes of the Afternoon, occupa una posizione fondamentale all’interno del cinema sperimentale e d’avanguardia. Spesso riconosciuto come il primo “film onirico” americano, impiega immagini surreali, ripetizioni e un potente simbolismo per addentrarsi nel regno subconscio di una donna intrappolata in un sogno ciclico. L’uso pionieristico di tecniche cinematografiche da parte di Deren, tra cui la sovrimpressione e il rallentatore, forgiò un linguaggio visivo distintivo e influente. Questo film non solo consacrò Deren come figura chiave del cinema indipendente, ma aprì anche la strada a future esplorazioni di esperienze soggettive e forme non narrative all’interno del mezzo cinematografico. La descrizione di Deren da parte di Laura Mulvey come la “madre dell’avanguardia” sottolinea l’impatto fondamentale del film sulle pratiche cinematografiche sperimentali negli Stati Uniti.
Little Fugitive
Il film del 1953 di Morris Engel, Little Fugitive, è un’opera affascinante e sottile che occupa un posto significativo nella storia del cinema indipendente. Frequentemente citato come un primo esempio di cinema indipendente che ottenne il plauso della critica, come dimostra la sua nomination all’Oscar, il film narra la storia semplice ma toccante di un bambino di sette anni che cerca rifugio a Coney Island dopo aver creduto erroneamente di aver causato la morte del fratello. Girato in esterni con una troupe modesta e impiegando uno stile naturalistico, il film catturò efficacemente la spontaneità dell’infanzia e l’atmosfera vibrante della vita urbana. Il suo approccio quasi documentaristico alla narrazione di finzione influenzò profondamente il movimento della Nouvelle Vague francese e dimostrò il potere della narrazione autentica al di fuori del sistema degli studi consolidato.
Plan 9 From Outer Space
Il film del 1959 di Edward D. Wood Jr., Plan 9 From Outer Space, nonostante la sua reputazione di “peggior film mai realizzato”, occupa una posizione unica e probabilmente importante nella storia del cinema indipendente. Sebbene afflitto da numerose carenze tecniche, una trama sconcertante e valori di produzione notevolmente bassi, la pura audacia del film e la dedizione incrollabile di Wood hanno coltivato un significativo seguito di culto. La sua eredità duratura suggerisce che l'”importanza” nel cinema indipendente a volte può trascendere le misure convenzionali di qualità. Plan 9 incarna lo spirito del cinema outsider per eccellenza, una testimonianza della determinazione di un regista a realizzare la sua visione, indipendentemente dalle risorse limitate o dall’accoglienza critica. La sua notorietà ha ironicamente consolidato il suo status di pietra miliare nelle discussioni sul cinema indipendente e sulla definizione stessa di “buon” cinema.
Blood Feast
Il film del 1963 di Herschell Gordon Lewis, Blood Feast, si erge come un’opera fondamentale nella storia del cinema exploitation ed è ampiamente riconosciuto come il primo vero film “gore” o “splatter”. Prodotto con un budget limitatissimo, le sue rappresentazioni grafiche di violenza erano senza precedenti per l’epoca e sfidavano deliberatamente i limiti di ciò che poteva essere mostrato visivamente sullo schermo. Sebbene indubbiamente non adatto a spettatori facilmente impressionabili, Blood Feast illustrò il potenziale per i cineasti indipendenti di rivolgersi a specifici segmenti di pubblico di nicchia ed esplorare contenuti estremi che gli studi mainstream non avrebbero mai preso in considerazione. Il suo successo finanziario, nonostante la bassa qualità della produzione e il soggetto controverso, aprì la strada a numerosi altri film horror a basso budget e plasmò significativamente il panorama del cinema di genere.
La notte dei morti viventi
Il film del 1968 di George A. Romero, La notte dei morti viventi, rappresenta un risultato monumentale nel cinema indipendente e funge da pietra angolare del genere horror. Realizzato con un budget modesto al di fuori del sistema hollywoodiano, questo film cupo e terrificante ridefinì l’archetipo dello zombie e introdusse un livello di violenza grafica e un potente commento sociale che erano rivoluzionari per la sua epoca. La sua produzione indipendente permise a Romero la libertà creativa di esplorare temi più oscuri e un messaggio più sovversivo di quanto probabilmente sarebbe stato consentito all’interno di un contesto di studio. L’influenza duratura di La notte dei morti viventi è innegabile; diede essenzialmente origine al moderno film sugli zombi e continua a ispirare i cineasti ancora oggi.
Easy Rider
Il film del 1969 di Dennis Hopper, Easy Rider, divenne rapidamente un fenomeno della controcultura e un momento cruciale per il cinema indipendente. Questo road movie a basso budget, interpretato da Hopper e Peter Fonda nei panni di due motociclisti che attraversano l’America, racchiudeva lo spirito della fine degli anni ’60 con la sua esplorazione di temi come la libertà, la ribellione e la disillusione. Il suo uso innovativo di una colonna sonora rock and roll fu rivoluzionario e il suo successo finanziario dimostrò inequivocabilmente che i film indipendenti potevano risuonare con un vasto pubblico e persino sfidare il dominio di Hollywood. Easy Rider non solo mitizzò la controcultura, ma diede anche il via a una nuova ondata di cinema anti-establishment e dimostrò la redditività commerciale delle produzioni indipendenti.
Sweet Sweetback’s Baadasssss Song
Il film del 1971 di Melvin Van Peebles, Sweet Sweetback’s Baadasssss Song, si erge come una pietra miliare nel cinema indipendente afroamericano e nel genere Blaxploitation. Van Peebles assunse molteplici ruoli, scrivendo, dirigendo, producendo e interpretando questo film fieramente indipendente su un uomo di colore che sfugge alla polizia. La sua energia grezza, lo spirito rivoluzionario e la rappresentazione senza scuse dell’ingiustizia razziale risuonarono profondamente con il pubblico nero e ispirarono una generazione di cineasti afroamericani. Nonostante gli ostacoli alla distribuzione, il successo del film evidenziò la significativa domanda di storie nere raccontate da una prospettiva nera, aprendo la strada all’era della Blaxploitation e sottolineando il ruolo cruciale delle piattaforme indipendenti per le voci emarginate.
Non aprite quella porta
Il film del 1974 di Tobe Hooper, Non aprite quella porta, è un capolavoro horror a basso budget che ottenne notorietà per la sua violenza scioccante e l’atmosfera inquietante. Nonostante la sua reputazione di contenuto grafico, il film in realtà mostra relativamente poca violenza esplicita, affidandosi invece a un sound design innovativo, ambientazioni claustrofobiche e al puro terrore della sua premessa. Prodotto al di fuori del sistema hollywoodiano, il suo realismo crudo e la sua intensità grezza ebbero un profondo impatto sul genere horror, influenzando innumerevoli film successivi. Non aprite quella porta dimostrò che un film terrificante e di grande impatto poteva essere creato con risorse finanziarie limitate, privilegiando l’atmosfera e l’orrore psicologico rispetto a costosi effetti speciali.
Una moglie
Il film del 1974 di John Cassavetes, Una moglie, si erge come un’altra opera potente e profondamente personale di una figura chiave del cinema indipendente americano. Questo ritratto emotivamente crudo e spietato di un matrimonio operaio alle prese con la malattia mentale esemplifica la dedizione di Cassavetes alle narrazioni incentrate sui personaggi e al cinema improvvisativo. Nonostante il suo tema difficile e lo stile non convenzionale, il film ottenne il plauso della critica e continua a influenzare significativamente i cineasti indipendenti per la sua esplorazione onesta ed empatica di complesse relazioni umane. La sua rilevanza duratura sottolinea la capacità del cinema indipendente di approfondire temi difficili e sfumati con integrità artistica.
Eraserhead
Il film d’esordio del 1977 di David Lynch, Eraserhead, è un contributo unico e indimenticabile al cinema d’avanguardia. Girato in un bianco e nero austero con un’atmosfera distintamente surreale e inquietante, il film sfida l’interpretazione diretta, immergendo lo spettatore in un regno da incubo di decadenza industriale, alienazione sociale e ansie genitoriali. Prodotto indipendentemente nel corso di diversi anni con risorse finanziarie limitate, Eraserhead consacrò Lynch come una voce artistica veramente originale e intransigente nel cinema. La sua singolare miscela di umorismo surreale e profondo orrore psicologico gli è valsa lo status di cult e ha influenzato significativamente i successivi cineasti interessati a esplorare le sfaccettature più oscure e non convenzionali dell’esperienza umana.
Killer of Sheep
Il film del 1978 di Charles Burnett, Killer of Sheep, è un’opera potente e profondamente commovente di neorealismo che fornisce un raro e intimo ritratto di una famiglia nera della classe operaia residente nel quartiere di Watts a Los Angeles. Creato con un budget di soli 10.000 dollari come tesi di laurea di Burnett, il film devia intenzionalmente dalle tradizionali strutture narrative, optando invece per una serie di vignette che catturano le lotte quotidiane e i fugaci momenti di bellezza all’interno di una comunità emarginata. La sua autenticità cruda e la rappresentazione empatica dei suoi personaggi gli hanno valso il riconoscimento come uno dei film studenteschi più significativi mai prodotti e un contributo vitale al cinema indipendente afroamericano.
La casa
Il film del 1981 di Sam Raimi, La casa, è un film horror a basso budget che ha raggiunto lo status di cult e ha generato un fortunato franchise. Celebrato per il suo gore esagerato, l’inventiva regia e l’energia inarrestabile, il film è incentrato su un gruppo di studenti universitari che inavvertitamente scatenano forze demoniache mentre soggiornano in una remota baita. Realizzato indipendentemente con un gruppo di amici, La casa dimostrò il potenziale per i cineasti indipendenti di creare film di genere altamente divertenti e di successo commerciale attraverso la pura creatività e una determinazione incrollabile. Il suo profondo impatto sul genere horror è innegabile, ispirando innumerevoli cineasti con la sua etica fai-da-te e il suo stile visivo distintivo.
Stranger Than Paradise
Il film del 1984 di Jim Jarmusch, Stranger Than Paradise, si erge come un’opera seminale del movimento del cinema indipendente americano degli anni ’80. Girato in bianco e nero con un’estetica minimalista e un senso dell’umorismo asciutto e sobrio, il film segue le vite senza meta di tre giovani individui mentre vagano da New York City a Cleveland e infine in Florida. Lo stile distintivo di Jarmusch, caratterizzato da lunghe riprese, inquadrature statiche e un approccio distaccato ma osservativo ai suoi personaggi, esercitò una significativa influenza su una nuova generazione di cineasti indipendenti. Dimostrò che un cinema avvincente poteva essere realizzato con una visione artistica unica e un deliberato rifiuto delle convenzionali norme narrative di Hollywood.
Blood Simple
Il film d’esordio del 1984 di Joel ed Ethan Coen, Sangue facile, è un thriller neo-noir elegante e oscuramente comico che annunciò l’arrivo di due voci significative nel cinema indipendente. Questa narrazione intricata di gelosia, tradimento e omicidio ambientata in una piccola città del Texas mise in mostra lo stile cinematografico distintivo dei Coen. Il loro lavoro è caratterizzato da dialoghi taglienti, personaggi eccentrici e una miscela unica di suspense e umorismo nero. Il successo di critica del film contribuì a consolidare la crescente reputazione della scena del cinema indipendente e dimostrò il potenziale per i film di genere di essere sia artisticamente sofisticati che commercialmente validi.
She’s Gotta Have It
Il film d’esordio del 1986 di Spike Lee, Fa’ la cosa giusta, è un’opera rivoluzionaria che esplorò i temi della razza, del genere e della sessualità con una voce fresca e provocatoria. Girato con un budget molto basso in bianco e nero, il film racconta la storia di Nola Darling, una giovane donna nera di Brooklyn che naviga tra le relazioni con tre uomini diversi. Il suo successo di critica e commerciale giocò un ruolo significativo nell’aprire la strada a più cineasti indipendenti neri e dimostrò la sostanziale domanda di storie e prospettive diverse spesso assenti dal mainstream hollywoodiano. Lo stile innovativo di Lee e la sua volontà di affrontare complesse questioni sociali resero Fa’ la cosa giusta una tappa fondamentale nel cinema indipendente.
Velluto blu
Il film del 1986 di David Lynch, Velluto blu, è un mistero neo-noir surreale e inquietante che consolidò ulteriormente la reputazione di Lynch come cineasta indipendente unico e influente. Mescolando perfettamente elementi di suspense, umorismo nero e immagini inquietanti, il film si addentra nell’oscurità nascosta che si cela sotto la facciata apparentemente idilliaca dell’America suburbana. Il suo stile distintivo, la struttura narrativa non convenzionale e la volontà di esplorare temi difficili e inquietanti sottolinearono la libertà artistica inerente al cinema indipendente. Questo approccio ebbe un impatto significativo sullo sviluppo del cinema indipendente alla fine del XX secolo.
Matewan
Il film del 1987 di John Sayles, Matewan, è un dramma storico che racconta con forza la storia di uno sciopero di minatori di carbone in una piccola città della Virginia Occidentale durante gli anni ’20. Celebrato per la sua accuratezza storica, le interpretazioni avvincenti e l’acuto commento sociale, il film esplora temi cruciali come i diritti dei lavoratori, la lotta di classe e il pregiudizio razziale. All’epoca dell’uscita di Matewan, Sayles era già riconosciuto come un veterano del cinema indipendente e questo film consolidò ulteriormente il suo impegno a narrare storie importanti da prospettive critiche e spesso sottorappresentate. La sua attenzione a significativi eventi storici e questioni di giustizia sociale esemplifica il potenziale del cinema indipendente di affrontare profondi temi sociali.
Sesso, bugie e videotape
Il film del 1989 di Steven Soderbergh, Sesso, bugie e videotape, è ampiamente considerato il catalizzatore che diede il via al moderno movimento del cinema indipendente. Il suo inaspettato trionfo al Festival di Cannes, dove vinse la Palma d’Oro, portò notevole attenzione al potenziale delle narrazioni a basso budget e incentrate sui personaggi. L’esplorazione di complesse relazioni e della repressione sessuale da parte del film risuonò profondamente sia con il pubblico che con la critica. Il suo impatto fu così profondo che è spesso accreditato di aver inaugurato l'”era Sundance”, portando a un maggiore sostegno e infrastrutture per i cineasti indipendenti e rimodellando permanentemente il panorama del cinema americano.
Drugstore Cowboy
Il film del 1989 di Gus Van Sant, Drugstore Cowboy, offre un ritratto sfumato ed empatico di un gruppo di tossicodipendenti da farmaci da banco che viaggiano attraverso il Pacifico nord-occidentale. Caratterizzato da forti interpretazioni e da uno stile visivo distintivo, il film evita di sensazionalizzare la dipendenza, concentrandosi invece sulle motivazioni dei personaggi e sulla natura ciclica della loro dipendenza. L’approccio rilassato e osservativo di Van Sant alla narrazione si allinea con lo spirito del cinema indipendente, fornendo una prospettiva su una sottocultura emarginata spesso assente dalle narrazioni mainstream. Il successo di critica del film consolidò ulteriormente la reputazione di Van Sant come voce significativa nella scena del cinema indipendente.
Slacker
Il film del 1990 di Richard Linklater, Slacker, si erge come un’opera rivoluzionaria e influente che catturò l’ethos di una generazione e giocò un ruolo chiave nella definizione della scena del cinema indipendente dei primi anni ’90. Questo film a basso budget ed episodico si snoda per le strade di Austin, in Texas, presentando una serie di incontri con vari personaggi eccentrici e filosofici. La sua struttura narrativa non convenzionale e l’enfasi sulle conversazioni e sulle idee, piuttosto che su una trama tradizionale, rappresentarono una significativa deviazione dal cinema mainstream. Slacker non solo coniò un termine per una generazione, ma ispirò anche innumerevoli aspiranti cineasti con la sua produzione accessibile e la sua celebrazione del non convenzionale.
Le iene
Il film d’esordio del 1992 di Quentin Tarantino, Le iene, è un classico noir moderno che annunciò l’arrivo di un nuovo grande talento nel cinema indipendente. Rinomato per i suoi dialoghi taglienti e spiritosi, la narrazione non lineare e la violenza stilizzata, il film segue un gruppo di criminali prima e dopo una rapina di gioielli andata male. Prodotto con un budget relativamente modesto, il suo successo di critica e commerciale aprì gli occhi del pubblico al mondo degli outsider del cinema e ispirò una generazione di cineasti con il suo approccio audace e originale al cinema di genere. L’influenza di Le iene può essere osservata in numerosi film successivi che hanno adottato il suo stile distintivo e le sue tecniche narrative.
Clerks
Il film del 1994 di Kevin Smith, Clerks – Commessi, è un esempio per eccellenza di film indipendente di successo a bassissimo budget. Girato interamente in bianco e nero per circa 27.000 dollari, il film racconta con umorismo una sola giornata nella vita di due commessi cinici in un negozio di periferia del New Jersey. I suoi dialoghi crudi e profani e la rappresentazione realistica di lavori banali e senza futuro risuonarono con un vasto pubblico. Questo successo dimostrò che un film realizzato con risorse finanziarie minime poteva raggiungere una significativa popolarità e persino lanciare una carriera di successo per il suo creatore. La storia di successo di Clerks ispirò molti aspiranti cineasti a prendere in mano una macchina da presa e a raccontare le proprie storie, indipendentemente dai limiti finanziari.
Hoop Dreams
Il documentario del 1994 di Steve James, Frederick Marx e Peter Gilbert, Hoop Dreams, è un film potente e commovente che segue il percorso di due adolescenti afroamericani del centro di Chicago mentre perseguono le loro aspirazioni di giocare a basket professionistico. Inizialmente concepito come un cortometraggio, si è evoluto in un documentario lungometraggio nel corso di diversi anni. Questa produzione prolungata ha permesso ai cineasti di catturare le speranze, le lotte e le realtà affrontate da questi giovani e dalle loro famiglie con notevole profondità. La sua onestà verité e l’esame perspicace della struttura di classe americana gli hanno valso il plauso della critica e lo hanno consacrato come un contributo significativo al cinema documentario indipendente. Il film ha dimostrato la capacità del mezzo di esplorare complesse questioni sociali con profondità ed empatia.
The Blair Witch Project
Il film del 1999 di Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez, The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair, è una pietra miliare del cinema indipendente per il suo uso innovativo del genere found-footage e la sua campagna di marketing rivoluzionaria. Prodotto con un budget minuscolo, il film narra la storia di tre studenti di cinema che si avventurano nei boschi del Maryland per indagare su una leggenda locale e successivamente scompaiono, lasciando dietro di sé solo il loro materiale registrato. La sua rappresentazione realistica e inquietante della loro situazione sempre più disperata, combinata con una campagna di marketing online altamente efficace che sfumava i confini tra finzione e realtà, si tradusse in un enorme successo al botteghino. Questo successo rese popolare il formato found-footage per una nuova generazione di cineasti horror.
Donnie Darko
Il film del 2001 di Richard Kelly, Donnie Darko, ha raggiunto lo status di cult mescolando perfettamente elementi di fantascienza, thriller e dramma adolescenziale in un’esperienza cinematografica unica e stimolante. Inizialmente affrontando difficoltà nell’ottenere un’ampia distribuzione nelle sale, il film ottenne un seguito dedicato grazie al passaparola positivo e alla distribuzione home video. La sua complessa narrazione, il simbolismo enigmatico e l’esplorazione di temi profondi come il destino, il libero arbitrio e la malattia mentale risuonarono profondamente con una generazione di spettatori. Questo legame duraturo ha consolidato la sua posizione come opera significativa e duratura del cinema indipendente che continua ad essere analizzata e dibattuta.