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Derek Jarman

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Derek Jarman nasce in Inghilterra il 31 gennaio 1942. Studia arte a Londra e inizia a dipingere, allestendo diverse mostre personali di buon successo. Negli anni 70 si dichiara apertamente omosessuale e conduce lotte pubbliche per i diritti degli omosessuali. Successivamente deve combattere contro la malattia dell’AIDS di cui viene diagnosticato sieropositivo nel dicembre del 1986. Complicazioni dovute all’AIDS lo portarono alla morte all’età di solo 52 anni. 

L’anticonformismo e l’audacia sono stati lo stile di vita di Derek Jarman, la cui carriera termina con una malattia poco conosciuta in quegli anni, che ne contagia anche le opere artistiche e la visione del mondo.

La sofferenza però non gli impedisce di essere un artista prolifico ed in continua attività. Giardiniere, pittore, regista di film e di videoclip innovativi, Derek Jarman è restato sempre in sintonia con la sua ispirazione e non ha mai smesso di coltivare la sua creatività attraverso un dialogo tra le varie discipline artistiche e l’attivismo politico.

I film di Derek Jarman

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Il cinema di Derek jarman inizia con dei cortometraggi sperimentali in Super 8, uno stile perfetto per la sua indole di pittore di avanguardia, che conservò negli anni e sviluppò nei suoi primi film di lungometraggio: Imagining October del 1934, The angelic conversation del 1985, The last of England del 1987 e The garden del 1990. Sono film anti narrativi dove Jarman cerca sempre nuove vie di espressione della sua arte figurativa. Il montaggio è per il filmmaker di importanza fondamentale: manipola, colora, rielabora le immagini in stile home movies fino a renderle evocazioni astratte e simboliche.

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il primo film di Derek Jarman: Sebastian, 1976

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La sua attività inizia come scenografo e collaboratore del regista Ken Russell per il film The Devil’s nel 1971. Il suo primo film narrativo di grande successo è Sebastian del 1976, un film indipendente che ha come tema Il martirio di San Sebastiano, girato interamente in lingua latina, con la musica di Brian Eno. Uno dei primi film inglesi a mostrare apertamente scene di sessualità gay. Il film fa scandalo perché rielabora la vita di un santo in chiave gay: Sebastiano non è perseguitato e torturato dall’imperatore Diocleziano per la sua conversione al cristianesimo, ma per un crudele sentimento di gelosia. Non si tratta però di semplice esibizionismo o voglia di provocazione, ma di un racconto in cui il regista si identifica con la massima sincerità. Il suo impegno politico e artistico e la sua vita privata lo renderanno un icona della ribellione degli anni 70 e 80 del movimento queer.

Derek Jarman tra fantastico e documentario: Jubilee, 1977

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Dopo Sebastian gira Jubilee nel 1977, ambientato in epoca rinascimentale, in cui trasporta la vicenda della regina Elisabetta I d’Inghilterra in una terra desolata e brutale. È il 1578 e la regina Elisabetta chiede al suo alchimista di essere trasportata nel 1978 per conoscere il futuro dell’Inghilterra. Si ritrova catapultata in un mondo distopico, violento ed in preda al caos, che sembra solo essere in attesa dell’Apocalisse. Jubilee è stato definito l’unico vero film punk inglese che ha ispirato gruppi musicali e cantanti punk come Wayne County di Wayne County & the Electric Chairs, Jordan , Toyah Willcox e Adam and the Ants. Il film è una nuova sperimentazione di Jarman attraverso un mix tra cinema fantastico e documentario

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Derek Jarman e Shakespeare: La tempesta, 1979

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Successivamente gira un adattamento libero e fuori dagli schemi de La tempesta di Shakespeare, nel 1979. Jarman utilizza il testo di Shakespeare per creare un film barocco e punk che racconta una storia cruenta di vendetta. Anche questo lavoro ha come fondamenta l’immaginario gay del regista, e le sue scelte visive estreme e bizzarre. Il racconto e il montaggio più classici e fruibili da un pubblico più vasto ne fanno probabilmente il film meno difficile di Jarman. Girato nei dintorni della Stoneleigh Abbey, una zona degradata fotografata da Peter Middleton, in contrasto con le scene del ricco matrimonio nel quale si esibisce Elizabeth Welsh. Lo stile è eccentriche e sovraccarico, e l’erotismo è l’elemento principale anche in questo lavoro. Il film ha un linguaggio più tradizionale ed è un ottimo successo di pubblico.

Durante gli anni Ottanta Derek Jarman continua il suo impegno civile per i diritti omosessuali anche nelle scuole britanniche e cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’ AIDS. I suoi film degli anni Ottanta riflettono questi impegni sociali e politici come in The angelic conversation del 1985, con la voce narrante di Judi Dench che recita i Sonetti di Shakespeare. 

Derek Jarman e gli ultimi giorni della vita di Caravaggio, 1986

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Derek Jarman ha girato molti film sperimentali in Super8 per raccogliere il budget necessario per il suo progetto Caravaggio, di cui ha riscritto la sceneggiatura addirittura 17 volte. Uscito nel 1986 Caravaggio ha avuto un buon successo ed è diventato insieme a Jubilee l’opera più conosciuta di Derek Jarman, grazie anche al finanziamento alla distribuzione dalla televisione britannica Channel 4. Caravaggio è un film segnato dall’influenza stilistica del cinema di Pierpaolo Pasolini, e segna un punto di svolta per Jarman nella produzione cinematografica. E’ una storia perfetta per Jarman, che gli consente di esplorare i confini tra cinema e pittura e di raccontare l’omosessualità ed il triangolo amoroso, temi che attraversano la sua filmografia. I suoi film successivi ottennero finanziamenti più sostanziosi dai network televisivi e cast di un certo rilievo, dopo che l’attrice Tilda Swinton partecipò a Caravaggio. Il film è anche una coraggiosa rappresentazione in stile sperimentale e antinarrativo dell’omosessualità e dei quadri più celebri di Caravaggio. Un Caravaggio morente che ripercorre a Porto d’Ercole la sua intera vita, in un limbo tra memoria e allucinazioni. Un mondo di ladri, assassini e prostitute che vivono in quartieri degradati, raccontato con poesia e lirismo, con una fotografia straordinaria.

The last of England, 1987

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In seguito Derek Jarman si allontana sempre di più dalla forma narrativa classica e dal cinema mainstream, frustrato dalla dipendenza dai produttori e dai lunghi tempi di attesa per realizzare i suoi progetti. Torna ad utilizzare il Super 8 dei suoi primi film per avere una maggiore libertà artistica ed espressiva. Il primo risultato di questa nuova fase è The Last of England, un ritratto impietoso di un paese devastato da un rapido decadimento sotto il governo Thatcher. E’ uno dei rari capolavori di cinema personale inglese della fine degli anni 80, in bilico tra videoclip e racconto cinematografico, con un montaggio frenetico e sperimentale, che sferra un attacco rabbioso alla politica contemporanea del finto moralismo. Il film difficile e sovversivo che consolida la percezione di Derek Jarman come artista ribelle ed impegnato, portavoce di minoranze a cui vengono negati i diritti. Autore assoluto che utilizza il cinema come forma di espressione di sé e della sua visione e come strumento di battaglia per la giustizia sociale.

Nel 1989 gira War requiem con l’attore Laurence Olivier che firma la sua ultima performance cinematografica e l’immancabile presenza di Tilda Swinton. E’ un film di denuncia contro la guerra che utilizza l’appassionata poesia umanista di Wilfred Owen e la colonna sonora Requiem contro la guerra di Benjamin Britten. Opera difficile, che utilizza come base di partenza una musica colta e riservata ad un pubblico di nicchia, a cui si aggiunge lo stile avanguardistico di Jarman. Il film è costruito come un puzzle di diversi elementi che diventano essi stessi il nucleo dell’opera. E’ una storia di amicizia e solidarietà sotto le bombe del conflitto girata con una messa in scena estrema, un manifesto pacifista con un lavoro di montaggio molto complesso che comprende immagini di repertorio della seconda guerra mondiale e sulla guerra in Afghanistan e poesie di un giovane soldato antimilitarista.

Il giardino, 1990

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Durante la realizzazione di un altro film quasi completamente muto, girato nel giardino della sua piccola casa vicina al mare a Dungeness, The garden, Jarman si ammala gravemente. E’ un film oscuro di riflessione sulla propria parabola esistenziale, dove il giardino diventa un simbolo di salvezza impossibile che unisce tutta la narrazione. Varie storie di vita amorosa e ricordi si incrociano in un flusso travolgente di immagini: c’è la propria sofferenza per le discriminazioni subite dalla società per l’omosessualità insieme alle persecuzioni subite da Gesù, il giardino della sua casa che si trasforma nell’orto del Getsemani. Un disperato grido di aiuto per arrivare ad un mondo migliore e non violento, per uscire dalla maledizione di una società repressiva che non accetta la diversità e chiude nel ghetto le persone migliori. Jarman riesce a completare il film nonostante il peggiorare della malattia ma successivamente si dedica solo a progetti meno impegnativi. 

Edoardo II, 1991

Ormai gravemente ammalato Derek Jarman si concentra su progetti più semplici da portare a termine. Realizza con una produzione completamente indipendente Edoardo II, probabilmente uno dei film più importanti del cinema indipendente inglese. Un’opera, come molte altre precedenti del regista, fuori da qualsiasi schema e fuori dalla possibilità di entrare nei circuiti mainstream. E la storia di un re che nonostante difficoltà non rinuncia ad avere il suo amante vicino a sé, l’ennesima denuncia contro la difficoltà di vivere liberamente la propria omosessualità. Ancora una volta Derek Jarman usa un dramma storico per trasformarlo completamente, sia a livello narrativo che a livello visivo, con una messa in scena potentemente originale. L’ambientazione storica e disseminata di oggetti moderni che sono indizi per il pubblico, il dramma di corte diventa denuncia politica. Il film viene presentato come una vicenda storica narrata con modi tradizionali per raggiungere il più vasto pubblico possibile. Le immagini, seppure molto curate e stupefacenti, sono più classiche, ma nello stesso tempo i toni violenti e la visione politica di Jarman si fa più decisa, senza mezzi termini. I contenuti diventano più importanti dello stile: ci sono meno sperimentazioni audaci dei film precedenti ma si percepisce l’urgenza che il proprio messaggio giunga ai destinatari. 

Wittgenstein, 1993

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Molti pensavano che Edoardo II fosse l’ultima opera di Derek Jarman invece il regista produce un altro film sperimentale sorprendendo tutti una commedia tragica sulla vita del filosofo Ludwig Wittgenstein.  Non c’è traccia della sua denuncia politica e dell’attivismo Queer che percorre tutta la sua filmografia, non c’è rabbia né violenza nella messa in scena. Si tratta invece di un tentativo, positivamente riuscito, di trasformare la filosofia in cinema attraverso la biografia del filosofo Wittgenstein, un modo completamente diverso di usare la macchina da presa rispetto al cinema mainstream per mostrare i pensieri e i concetti. Si potrebbe pensare ad un film difficile non adatto per il grande pubblico invece Jarman utilizza la filosofia con leggerezza, racconta le paure del filosofo creando un film estremamente godibile. 

Blue, 1993

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Mentre girava il suo ultimo film Blue nel 1993 Derek Jarman perse progressivamente la vista. I film di Jarman sono diventati nel corso degli anni sempre più astratti, in cerca di una visione spirituale che si libera della materialità dell’immagine. In Wittgenstein raggiunge un livello di astrazione che diventa filosofia cinematografica. Va oltre, negando gran parte della sua filmografia sovraccarica di immagini barocche, con Blue, ispirato dalla sua parziale cecità. Blue è un film molto originale che consiste in una singola inquadratura di colore blu che riempie lo schermo accompagnata dalla colonna sonora di Simon Fisher Turner e altri musicisti, in cui Jarman racconta la sua vita e la sua visione. Un tipo di film molto raro nella storia del cinema che rivendica la priorità della parola rispetto alle immagini per dare priorità assoluta al proprio messaggio. Quando i suoi occhi vedono sempre meno la realtà esteriore Jarman percepisce il blu come massima attrazione, il colore del cielo, del mare e dell’infinito. 

Quattro voci narranti raccontano frammenti di ricordi, discriminazioni omosessuali, paura della morte, in una specie di unico flusso di coscienza. Un’esperienza cinematografica insolita e ipnotica che trasforma lo spettatore in ascoltatore, mettendolo di fronte a grandi interrogativi e al testamento del regista. 

Un anno dopo la conclusione delle riprese di Blue Derek Jarman muore per complicazioni legate all’AIDS. Jarman è stato un autore cinematografico che ha concepito e realizzato un tipo di cinema totale, annullando ogni distanza tra arte e vita, utilizzando il cinema come profondo strumento di riflessione politica, filosofica ed esistenziale. È stato uno dei primi artisti nell’attivismo dei diritti gay e nella creazione di uno stile originale nei videoclip di musica pop per diversi artisti come Marianna Faithfull, gli Smiths e i Pet Shop Boys. Ha scritto diversi libri, tra cui un autobiografia e riflessioni legate all’omosessualità e alle difficoltà del fare cinema. Ha creato anche un famoso giardino di ciottoli nella sua piccola casa in legno vicino al mare, a Prospect Cottage, realizzato con relitti trovati nella zona e piante endemiche della spiaggia. 

Descrive la sua attività di giardinaggio così: “… è quello che avrei sempre dovuto fare, non avrei mai dovuto fare il regista, il cinema è una cosa per pazzi. Il giardinaggio è centrale, con il giardinaggio si entra in un’altra dimensione del tempo, nell’eterno, nei ritorni e nelle resurrezioni”. Nel tempo libero si è dedicato anche alla pittura.

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