I documentari da non perdere assolutamente

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Il documentario è un film, breve o lungo, girato filmando la realtà senza una sceneggiatura prestabilita, senza un intento di manipolazione dei fatti reali. Il regista si rende disponibile a seguire il flusso degli accadimenti reali della vita, con l’intento di portare sullo schermo gli eventi come si svolgono effettivamente. Il film documentario acquista quindi un valore diverso dal cinema di finzione: è un documento, una testimonianza di quello che è stato filmato, di un epoca storica, di un luogo, di persone. E’ un genere fondamentale e importante nell’ambito del cinema indipendente

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Nel cinema di finzione la realtà è mediata da l’immaginazione del regista e degli sceneggiatori. Infatti i personaggi e gli ambienti vengono manipolati e organizzati per essere filmati con la macchina da presa in un certo modo, per esprimere il mondo interiore del regista. Ci sono certi film che vogliono raccontare una storia nel modo più verosimile possibile e dove si crea un patto con lo spettatore. Come ad esempio i film ispirati ad una storia vera, o il cinema verità. Lo spettatore, pur sapendo che è una messa in scena con attori, sospende il suo giudizio per immergersi nell’impressione di realtà. Questo patto implicito è alla base della godibilità dello spettacolo cinematografico. Se il film pretende di creare questa impressione di realtà e fallisce arriva presto il disinteresse dello spettatore. 

Ci sono invece film che esplicitamente raccontano una storia attraverso uno stile non realistico, rendendo palese la messa in scena e la costruzione filmica della finzione. In questo caso il regista diventa agli occhi dello spettatore un cantastorie: quello che racconta potrebbe essere vero, oppure potrebbe essere una bugia, ma non importa. Quello che importa è quanto affascinante e coinvolgente sia il suo racconto. 

Dziga-Vertov
Dziga Vertov

Nella realtà la differenza tra cinema documentario e cinema di finzione è molto complessa e coinvolge importanti questioni filosofiche e spirituali. È possibile che un regista filmi una realtà oggettiva in modo totalmente imparziale? Anche se non è il regista ad imporre una visione, come nel caso dei documentari di propaganda, essa è sempre presente e la realtà viene sempre manipolata. Anche nei cosiddetti documentari di osservazione, in cui l’autore cerca di scomparire andando alla ricerca di un’immagine totalmente realistica, diventando una sorta di Osservatore supremo, anche lì è presente la manipolazione tipica del cinema. 

È il regista Infatti a scegliere cosa osservare In quale luogo con quale angolo di osservazione. Il regista che sceglie Cosa mettere in risalto e cosa no se scegliere un primo piano o un campo lungo. Il film In pratica, pur essendo un documentario puro non fa altro che rispecchiare il mondo interiore e la personalità del regista o dell’ideatore. La realtà è organizzata è assemblata secondo la sua specifica sensibilità ed i suoi interessi. La narrazione è organizzata secondo la sua visione del mondo ed i suoi valori. Non è sbagliato affermare quindi che anche il cinema documentario è un cinema di artifici, un mondo costruito da chi lo crea. La realtà assoluta non è percepibile dall’essere umano. 

🆕 I Documentari Recenti da non perdere

20 Days in Mariupol (2023)

20 Days In Mariupol - Official UK Trailer

Il documentario è la testimonianza straziante di un gruppo di giornalisti ucraini rimasti intrappolati nella città assediata di Mariupol dopo l’invasione russa. Utilizzando le loro riprese di prima mano (spesso l’unica prova rimasta dei crimini di guerra e del bombardamento di un ospedale), il film si concentra sulla cronaca dell’assedio, mostrando la tragedia dei civili e il prezzo del giornalismo sotto il fuoco.

È un’opera cruciale che ha vinto l’Oscar, non solo per il suo coraggio, ma per la sua costruzione narrativa avvincente. Il documentario trasforma un’inchiesta politica in un serrato Spy Thriller, documentando in tempo reale le menzogne e la paranoia di un regime. È un film che dimostra il potere del giornalismo d’assalto e l’ossessione del singolo individuo di fronte all’autorità assoluta.

All the Beauty and the Bloodshed (2023)

All the Beauty and the Bloodshed - Trailer - Biopremiär 13 januari 2023

Il documentario intreccia la biografia intima della fotografa e attivista Nan Goldin con la sua battaglia legale contro la famiglia Sackler, proprietaria della Purdue Pharma e responsabile dell’epidemia di oppioidi (OxyContin) negli Stati Uniti. Il film esplora due percorsi paralleli: la storia artistica di Goldin (dalle sue fotografie crude e intime della comunità LGBTQ+ e punk) e la sua crociata per costringere musei e istituzioni artistiche a rifiutare i finanziamenti “sporchi” derivanti dal traffico di farmaci.

Vincitore del Leone d’Oro a Venezia, è un capolavoro che unisce l’arte all’attivismo. Non è un’inchiesta fredda, ma un saggio visivo profondamente personale. La regista Laura Poitras utilizza il lavoro di Goldin—che ha sempre fotografato le persone che la società ha scartato—come una lente per esaminare la corruzione istituzionale e la responsabilità morale di chi trae profitto dalla sofferenza umana.

Still: A Michael J. Fox Movie (2023)

STILL: A MICHAEL J. FOX MOVIE Trailer (2023)

Il documentario ripercorre la vita e la carriera dell’attore Michael J. Fox, noto per Ritorno al Futuro, con un’onestà brutale sulla sua lotta ventennale contro il morbo di Parkinson. La narrazione mescola in modo geniale i filmati d’archivio (spesso sincronizzati con la sua voce narrante) con sequenze in stile docu-fiction che ricostruiscono i momenti chiave della sua vita. Il film non si limita a raccontare una malattia, ma esplora il prezzo della fama, l’ossessione per l’immagine e la dinamica emotiva con la sua famiglia.

È un saggio profondamente intimo sulla resilienza umana e sull’accettazione, che utilizza il cinema per decostruire l’immagine pubblica dell’attore. La regia (di Davis Guggenheim) è impeccabile nel bilanciare la malinconia con l’umorismo autoironico. Il documentario, pur trattando un tema doloroso, riesce a trasformare la lotta contro il Parkinson in una meditazione toccante e stimolante sulla speranza.

Les Filles d’Olfa (Four Daughters) (2023)

Four Daughters Trailer | Victoria Film Festival 2024

Opera franco-tunisina, il film racconta la storia di Olfa, una madre tunisina, e delle sue quattro figlie. La narrazione si concentra sull’assenza e sulla perdita, poiché due delle figlie sono scomparse per unirsi allo Stato Islamico. La regista Kaouther Ben Hania utilizza in modo rivoluzionario la Docufiction e la ricostruzione drammatica: le due figlie assenti vengono interpretate da attrici professioniste, che subentrano alle figlie rimaste per esplorare la memoria e il trauma familiare.

Vincitore a Cannes (L’Œil d’Or), questo è un saggio visivo potente sulla maternità, la società e l’estremismo. Mescolando il dramma psicologico con la verità documentata, il film decostruisce il confine tra finzione e realtà per far emergere una verità emotiva più profonda sul ruolo della donna nel mondo arabo.

Una visione curata da un regista, non da un algoritmo

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Anselm (2023)

Anselm Trailer #1 (2023)

Il regista di culto tedesco Wim Wenders dirige un ritratto immersivo e contemplativo della vita e del lavoro del suo connazionale, l’artista Anselm Kiefer. Girato in 3D, il documentario non è una semplice intervista, ma un viaggio all’interno dei colossali e cupi studi di Kiefer e nelle sue installazioni che esplorano i traumi della storia tedesca, l’Olocausto e il mito.

Questo è un capolavoro di estetica pura, che utilizza la forma documentaria per fare critica d’arte. Wenders riesce a catturare il processo creativo di Kiefer e la scala monumentale delle sue opere, trasformando l’osservazione in un’esperienza meditativa e quasi mistica. È un film essenziale per chiunque sia interessato all’arte contemporanea e al modo in cui il trauma storico viene metabolizzato attraverso la creazione.

Another world

Another world
Ora disponibile

Documentario, di Manuela Morgaine, Francia/Italia 2016.
Le acque serene e placide della Senna e quelle tormentate e mortali del Mediterraneo dei migranti. Le parole della poesia di Erri De Luca “Mare Nostrum” accompagnano inedito found footage nel documentario sperimentale della regista.

LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano

Fire of Love (2022)

Fire of Love - Official UK Trailer

Attraverso un incredibile archivio di filmati originali in 16mm, il film racconta la storia d’amore, vita e morte dei vulcanologi francesi Katia e Maurice Krafft. La coppia era unita da una passione totalizzante per i vulcani attivi, un’ossessione che li ha spinti in ogni angolo del mondo per filmare eruzioni sempre più vicine e sempre più pericolose. Il documentario traccia il loro percorso di esplorazione, evidenziando il legame simbiotico tra i due e la loro dipendenza dal rischio estremo che li ha inevitabilmente condotti alla morte nel 1991.

Visivamente sbalorditivo, Fire of Love è un’epopea romantica e un’opera di advocacy scientifica che si legge come un’avventura esistenziale. Sfruttando filmati amatoriali ricchi di colori vividi e una narrazione intima, il film esplora il confine tra la passione che dà un senso alla vita e la spinta autodistruttiva che può annientarla.

El Eco (The Echo) (2023)

The Echo, Tatiana Huezo | MIRAGE 2023

Questo film d’arte messicano-tedesco si concentra sulla vita in un villaggio remoto nel nord del Messico, El Eco, dove i bambini e le donne affrontano la routine estenuante della vita rurale in un paesaggio aspro. La regista Tatiana Huezo utilizza uno stile di osservazione lirico e contemplativo per catturare il legame tra le generazioni e la resilienza di fronte alle difficoltà della natura. Non ci sono interviste, solo l’osservazione quasi pittorica di un’esistenza in cui il tempo sembra essersi fermato.

Vincitore del premio per il miglior documentario alla Berlinale, El Eco è un’opera di puro “cinema di osservazione” che eleva la vita contadina all’epica. Il suo ritmo lento e la sua estetica poetica lo rendono perfetto per il pubblico d’autore. È un documentario essenziale sulla memoria, sul lavoro manuale e sul modo in cui le tradizioni familiari vengono tramandate in un mondo che sta dimenticando le sue radici.

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Smettila di scorrere cataloghi generici. Se cerchi i documentari indipendenti più premiati e le opere che sfidano lo spettatore, non perdere tempo. La nostra selezione è curata per darti il meglio della non-fiction.

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Docufiction

La Docufiction opera sul confine sottile tra la realtà documentata e la ricostruzione drammatica. Utilizzando attori, sceneggiature e messe in scena, questo stile mira a colmare le lacune dei filmati d’archivio o a intensificare l’impatto emotivo degli eventi reali che non possono più essere ripresi. Nonostante il suo approccio ibrido, il suo obiettivo rimane quello di raggiungere una verità emotiva e narrativa più profonda rispetto alla semplice cronaca.

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Cinéma Vérité (Cinema della Verità)

Nata negli anni ’60, la corrente del Cinéma Vérité (o Cinema della Verità) mirava a catturare la realtà “sul vivo”, con telecamere a mano leggere e un approccio che mirava a essere il meno intrusivo possibile. L’obiettivo era cogliere la verità psicologica dei soggetti, spesso attraverso interviste dirette o l’osservazione di situazioni di crisi, portando l’autenticità e la schiettezza nella narrazione documentaria.

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Appennino

Appennino
Ora disponibile

Documentario, di Emiliano Dante, Italia, 2017.
Appennino è un diario cinematografico che inizia dalla lenta ricostruzione de L’Aquila, la città del regista, e prosegue con i terremoti nell'Appennino centrale del 2016-17, fino al lunghissimo ed estenuante asilo dei nuovi terremotati a S. Benedetto del Tronto. Un racconto intimo e ironico, lirico e geometrico, dove la questione di vivere in un’area sismica diviene lo strumento per riflettere sul senso stesso del fare cinema del reale. Flusso di immagini, di racconti paralleli, di sguardi sulla realtà, riflessioni che si intersecano: il regista stesso Emiliano Dante si fa oggetto e soggetto della storia. Appennino è un film narrativo, filosofico ed esistenziale dello stesso tempo. Ed è anche un film politico. L'identificazione della vita con il film è totale: la ricostruzione senza fine dell'Aquila precede un altro terremoto, quello di Amatrice e Arquata del Tronto. Poi la vita in hotel con tutte le sue contraddizioni. Un film che oltrepassa i confini del documentario e trasforma una drammatica esperienza di vita in poesia.

Spunto di riflessione
Può un regista filmare gli eventi e viverli nello stesso tempo? È una modalità produttiva molto rara nel cinema contemporaneo. L'uomo pensa, agisce, prova emozioni e rimane coinvolto dal flusso della vita. Ma quando si diventa osservatori attraverso l'obiettivo di una telecamera gli eventi assumono un significato diverso. Tu stesso agisci, osservando, su un nuovo livello di consapevolezza.

LINGUA: italiano
SOTTOTITOLI: inglese

Falso Documentario (Mockumentary)

Il Falso Documentario, o Mockumentary, è uno stile che utilizza tutte le convenzioni visive e narrative del documentario (interviste a testa parlante, filmati d’archivio fittizi) per raccontare eventi, figure o realtà totalmente inventate. La sua forza risiede nella capacità di fare satira sociale, parodia o critica politica proprio sfruttando la presunzione di verità del genere, creando un effetto che può essere esilarante o inquietante.

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I migliori documentari degli anni ’20

I migliori documentari degli anni ’20 Il documentario nasce negli anni ’20 come esperimento visivo e celebrazione della modernità urbana. L’occhio della cinepresa diventa un occhio meccanico che indaga la realtà e le grandi metropoli (sulle orme di Vertov e Ruttmann). È un’epoca di pura avanguardia, dove la non-fiction si afferma come forma d’arte, sfidando la finzione con un ritmo serrato e un’estetica che glorifica l’energia della vita moderna.

I migliori documentari degli anni ’30

I migliori documentari degli anni ’30 L’avvento del sonoro e la Grande Depressione trasformano il documentario in uno strumento d’indagine sociale e di lotta politica. Negli anni ’30, il cinema non-fiction viene usato sia per denunciare le ingiustizie sociali e sostenere il New Deal, sia, in modo drammatico, come potente veicolo di propaganda totalitaria, dimostrando per la prima volta la sua forza nel manipolare l’opinione pubblica su scala massiva.

I migliori documentari degli anni ’40

I migliori documentari degli anni ’40 Questo decennio è dominato dalla Seconda Guerra Mondiale. Il documentario si spoglia dell’arte per diventare essenzialmente cinema di guerra, testimonianza e cronaca urgente del fronte. Spesso realizzato da registi di Hollywood arruolati nell’esercito, il documentario è lo strumento necessario per registrare la storia in tempo reale e, contemporaneamente, mantenere alto il morale delle truppe e della popolazione civile.

A proposito di Nizza

A proposito di Nizza
Ora disponibile

Documentario, di Jean Vigo, Francia, 1930.
Con una vecchia cinepresa usata comprata con i soldi prestati dal padre di sua moglie, Jean Vigo gira un documentario su Nizza. L'incontro con Boris Kaufman cambia il progetto iniziale del regista francese, che sarà influenzato dall'operatore di Dziga Vertov. La natura e le location turistiche di Nizza: casinò, carnevali, spiagge, bar con i tavolini al sole. La Nizza alto-borghese viene confrontata con i quartieri poveri. Non c'è alcuna messa in scena. Le persone riprese, a volte, vengono filmate di nascosto: l'idea di Vigo e Kaufman è di restituire il massimo della realismo anticipando le regole del cinema-verità. Il montaggio si ispira alle teorie sovietiche ed insegue libere associazioni e significati simbolici, con ritmo rapido e improvvisi ralenty. Senza dialoghi, ispirato da L'uomo con la macchina da presa, è un film di avanguardia.

Senza dialoghi

I migliori documentari degli anni ’50

I migliori documentari degli anni ’50 Abbandonata l’urgenza e la propaganda della guerra, il documentario degli anni ’50 cerca un approccio più intimo e osservazionale. Inizia a svilupparsi l’idea che la telecamera debba interferire il meno possibile con la realtà, gettando le basi per la successiva esplosione del Cinéma Vérité. L’attenzione si sposta dalle grandi narrazioni statali ai piccoli drammi individuali e alla vita quotidiana, spesso con un tono più asciutto e meno retorico.

Notte e nebbia (1955)

Night And Fog (1956) Trailer

Notte e nebbia” (Nuit et brouillard) di Alain Resnais, è un documentario del 1955 sull’Olocausto. Il titolo è un riferimento alla frase tedesca “Nacht und Nebel”, che significa “notte e nebbia” e che era il nome di un decreto nazista che autorizzava l’internamento in campi di concentramento e la successiva eliminazione fisica attraverso le camere a gas di tutti gli oppositori del regime.

Il film è composto da una serie di immagini in bianco e nero di filmati d’archivio, fotografie e oggetti appartenuti ai deportati, alternate a riprese a colori dei campi di concentramento di Auschwitz e Majdanek, così come si presentavano nel 1955, anno di realizzazione del film. Il commento audio, letto da Jean Cayrol, è poetico e riflessivo, e si concentra sulla necessità di ricordare l’orrore dell’Olocausto e di impedire che si ripeta. “Notte e nebbia” è un film importante e commovente, che ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’Olocausto. È stato un successo di critica e di pubblico, e ha vinto numerosi premi, tra cui il Leone d’oro al Festival di Venezia.

I migliori documentari degli anni ’60

I migliori documentari degli anni ’60 Gli anni ’60 sono l’età d’oro del Cinéma Vérité. L’evoluzione delle attrezzature (telecamere più leggere) permette ai registi di scendere in strada, registrando la realtà senza filtri, in tempo reale e con una schiettezza scioccante. Il documentario diventa un’arma della controcultura, concentrandosi sui movimenti per i diritti civili, la politica e le vite di personaggi eccentrici con una schiettezza mai vista prima, che rompe il patto di non aggressione con lo spettatore.

The Endless Summer (1966)

The Endless Summer (Remastered) - Official Trailer

“The Endless Summer” è un film sul surf documentaristico del 1966 diretto da Bruce Brown. Il film segue due surfisti, Mike Hynson e Robert August, in un viaggio intorno al mondo per trovare le migliori onde da surf. Attraversando l’Africa, l’Australia, le Hawaii e altri luoghi esotici, i surfisti incontrano nuove culture e affrontano sfide emozionanti sulle loro tavole da surf. The Endless Summer” è stato acclamato come uno dei più influenti film di surf di tutti i tempi e ha aiutato a diffondere la cultura del surf a livello globale.

The Endless Summer” segue la storia di due giovani surfisti, Mike Hynson e Robert August, che decidono di viaggiare intorno al mondo alla ricerca delle migliori onde da surf. Il film li mostra mentre attraversano diverse parti del mondo, incontrando nuove culture e sfide lungo la strada. Nel corso del loro viaggio, i surfisti incontrano persone che condividono la loro passione per il surf e affrontano difficoltà come le barriere linguistiche e culturali, nonché le condizioni atmosferiche avverse. Tuttavia, nonostante questi ostacoli, i due surfisti continuano a perseguire il loro sogno e a godere delle onde che cavalcano.

Il film è stato acclamato per la sua colonna sonora e le sue immagini spettacolari, oltre che per il suo messaggio di avventura e libertà. “The Endless Summer” ha anche influenzato molte generazioni di surfisti e ha contribuito a diffondere la cultura del surf a livello globale.

Berlino, sinfonia di una città

Berlino, sinfonia di una città
Ora disponibile

Documentario, di Walter Ruttmann, Germania, 1928.
Uno dei più importanti film di avanguardia del genere "sinfonia della città", sullo stile "L'uomo con la macchina da presa" di Dziga Vertov, ispirato alle teorie del montaggio sovietico. Il film segna il passaggio dell'artista Walter Ruttmann dal cinema astratto al cinema della realtà. L'obiettivo del regista è creare un grande film sinfonico con milioni di energie che compongono la vita di una grande città come Berlino. Il film fu un grande successo, specialmente per il pubblico berlinese. Oggi è una testimonianza commuovente e preziosa di un'epoca e di un cinema che non esiste più.

Senza dialoghi

Titicut Follies (1967)

TITICUT FOLLIES TRAILER

Primo, sconvolgente lungometraggio di Frederick Wiseman, Titicut Follies è un’immersione senza filtri nella vita quotidiana della Bridgewater State Hospital per criminali insani di mente in Massachusetts. Girato con uno stile osservativo rigoroso, senza interviste né voce narrante, il film espone con una lucidità brutale le condizioni disumane, gli abusi e l’indifferenza sistematica a cui sono sottoposti i detenuti-pazienti da parte delle guardie e del personale medico.

L’opera di Wiseman rappresenta una pietra miliare del cinema diretto americano. Il suo approccio è radicale nella sua apparente neutralità: la cinepresa si limita a registrare, a essere presente, lasciando che le immagini e i suoni parlino da soli. Eppure, questa oggettività è l’arma più potente del film. Wiseman non ha bisogno di commentare l’umiliazione di un paziente denudato e schernito, o la grottesca sequenza di un medico che alimenta forzatamente un uomo facendo cadere la cenere della sua sigaretta nell’imbuto. La forza del film risiede proprio in questa assenza di giudizio esplicito, che costringe lo spettatore a confrontarsi direttamente con l’orrore della “coercizione non spettacolare” e dei “gesti quotidiani di umiliazione”.

Il film fu così potente da essere bandito per decenni nel Massachusetts. La controversia legale non nacque tanto da una genuina preoccupazione per la privacy dei pazienti, quanto dal potere politico dirompente delle immagini di Wiseman. La richiesta dello Stato di censurare il film fu, di fatto, un’ammissione della sua schiacciante veridicità. Rifiutando di editorializzare, Wiseman conferì alle sue immagini un’autorità inconfutabile che il potere istituzionale non poteva smentire, ma solo nascondere. Titicut Follies dimostra così che l’atto apparentemente passivo di mostrare la realtà, senza filtri, può diventare la più radicale e sovversiva forma di critica sociale e di cinema politico.

Salesman (1968)

Salesman (1969) ORIGINAL TRAILER [HD]

Salesman (1968) è un documentario americano diretto da David Maysles, Albert Maysles e Charlotte Zwerin. Segue quattro venditori di Bibbie porta a porta mentre viaggiano in America cercando di vendere Bibbie costose a cattolici operai. Il film è considerato un punto di riferimento nel cinema diretto. È stato girato in uno stile altamente naturalistico, con i registi che utilizzavano una narrazione e un’interferenza minime. Ciò ha permesso al film di catturare le emozioni e le lotte crude dei quattro venditori, nonché le vite quotidiane delle persone con cui interagivano. Il film è stato elogiato per la sua onestà e le sue intuizioni sulla vita degli americani ordinari. È stato anche criticato per la sua rappresentazione dei venditori, che a volte sono stati mostrati come manipolatori e sfruttatori.

Apollo 11 (1969)

Apollo 11 - Official Trailer

Apollo 11 (1969) è un film documentario acclamato dalla critica che racconta la prima missione con equipaggio a sbarcare sulla Luna. Diretto da Todd Douglas Miller, il film utilizza filmati d’archivio, registrazioni audio e interviste agli astronauti per creare un’esperienza coinvolgente e immersiva per gli spettatori. Apollo 11 segue gli astronauti dell’Apollo 11 – Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins – dal loro addestramento alla NASA al loro viaggio sulla Luna e al loro storico atterraggio il 20 luglio 1969. L’uso da parte di Miller di filmati d’archivio e registrazioni audio è magistrale, permettendo agli spettatori di sentirsi come se fossero lì con gli astronauti mentre sperimentano gli alti e bassi della loro missione.

Le interviste con gli astronauti sono anche rivelatrici, fornendo approfondimenti sulle loro motivazioni, le loro paure e il loro senso di realizzazione. Il montaggio e la narrazione ponderati di Miller intrecciano questi elementi per creare un ritratto completo e commovente di questo traguardo storico.

I migliori documentari degli anni ’70

I migliori documentari degli anni ’70 Con la disillusione post-Vietnam e lo scandalo Watergate, il documentario degli anni ’70 si fa più autoriale e militante. Si specializza nell’indagine approfondita e nell’Advocacy Journalism, concentrandosi sui fallimenti del sistema, la giustizia sociale e le lotte dei lavoratori. Il regista diventa un detective ostinato che usa la telecamera non solo per registrare, ma per denunciare, inaugurando l’era del documentario di forte impatto politico e personale.

Cracolice

Cracolice
Ora disponibile

Documentario, di Fabio Serpa, Italia, 2020.
Calabria, fine anni ’80 e prima metà degli anni ’90. Cracolice, paesino marittimo del Tirreno, è tristemente noto alla cronaca per un evento scoppiato nei primi degli anni ’90, mai smentito né confermato: a seguito dell’approdo delle famose “navi dei veleni”, la popolazione giovane smise improvvisamente di crescere, creando degli eterni adolescenti. Disastro ambientale o complotto di stampo mafioso? Il tragico evento ha visto coinvolte imbarcazioni colme di rifiuti tossici e nucleari fatte affondare al largo del Tirreno e del Mediterraneo. Nel corso degli anni gravi furono le ripercussioni sul territorio e sulla salute degli abitanti della zona. I cittadini, ignari, vennero colpiti da malori di ogni tipo: linfoma al pancreas, dermatiti, tumori e quant’altro. “Il caso Cracolice”, però, fece ancora più scalpore in quanto si verificò un evento a dir poco surreale: nell’estate del 1997 i cittadini più giovani smisero fisicamente di crescere, rimanendo “intrappolati” in corpi da 20enne. Colpa forse dell’approdo delle famose navi? Dopo essere inizialmente diventati i protagonisti su tutte le Tv e i giornali nazionali per via del clamore dell’avvenimento, nessuno si è più preoccupato di quei giovani abbandonandoli a sé stessi. Dopo anni di indagini da parte di scienziati, reporter e semplici curiosi, il paesino di Cracolice viene isolato da parte delle autorità. La scoperta della verità sullo strano caso si fa così ancora più lontana. Nato da una storia vera, Cracolice, sotto forma di “mocumentary” svela i tristi retroscena di un territorio inquinato da scorie radioattive.

LINGUA: italiano
SOTTOTITOLI: inglese

Gimmie Shelter (1970)

Gimme Shelter (1970) ORIGINAL TRAILER [HD 1080p]

Gimme Shelter (1970) è un documentario che racconta il tour statunitense dei Rolling Stones del 1969 e culmina nel disastroso concerto gratuito di Altamont. Diretto da Albert e David Maysles e Charlotte Zwerin, il film è uno sguardo crudo e senza paura al lato oscuro del movimento controculturale degli anni ’60. Il film segue i Rolling Stones mentre viaggiano da una città all’altra, esibendosi in stadi sold out e riempiendo le arene con fan urlanti. Tuttavia, il tour è segnato da violenza e caos, con il concerto gratuito di Altamont che ne rappresenta il punto più basso. Il concerto, che era destinato a essere un raduno pacifico di hippy e fan del rock, è degenerato in caos e violenza, culminando nell’uccisione a coltellate di Meredith Hunter.

F for Fake (1973)

F for Fake (1973) Trailer | Documentary | Orson Welles | Oja Kodar

F for Fake (1973) è un film documentario rivoluzionario diretto da Orson Welles. Il film è un’esplorazione labirintica della natura della verità e dell’illusione, utilizzando come punto di partenza la storia di Elmyr de Hory, un noto falsario d’arte. Intrecciando interviste, filmati d’archivio e la narrazione caratteristica di Welles, F per falso si addentra nel mondo dell’arte, dell’inganno e del potere dei media. Welles esamina i modi in cui la realtà viene spesso manipolata e distorta, e mette in discussione la nostra capacità di distinguere tra realtà e finzione. F for Fake è stato un successo critico e commerciale. È stato elogiato per la sua struttura innovativa, i suoi temi complessi e la magistrale narrazione di Welles. Il film è stato citato come uno dei documentari più importanti mai realizzati.

Grey Gardens (1975)

Grey Gardens (1975) Trailer #1 | Movieclips Classic Trailers

Questo documentario iconico dei fratelli Maysles offre un ritratto intimo e indimenticabile di Edith “Big Edie” Bouvier Beale e di sua figlia Edith “Little Edie”, zia e cugina di Jacqueline Kennedy Onassis. Le due donne vivono in un isolamento quasi totale in una fatiscente villa di 28 stanze negli Hamptons, circondate da gatti, spazzatura e dai fantasmi di un passato aristocratico. Il film cattura la loro relazione simbiotica, i loro battibecchi, i sogni infranti e la loro eccentrica quotidianità.

Grey Gardens è un capolavoro del direct cinema che trascende il semplice ritratto per diventare un’esplorazione complessa della memoria, dell’identità e della performance. Il film fonde in modo unico i generi, evocando l’horror gotico nell’immagine della magione in rovina, quasi una casa stregata infestata dal passato, e il melodramma domestico nelle continue recriminazioni e nei racconti nostalgici di amori mancati. La questione etica centrale – se il film sia un atto di sfruttamento o una collaborazione – rimane aperta, anche se la stessa Little Edie lo difese fieramente, definendolo un incontro tra “due persone di grande talento e due signore di grande talento”.

Il film è fondamentalmente un’opera sulla costruzione del mito personale. Le Edie non sono soggetti passivi; sono attrici protagoniste del dramma della loro stessa vita, pienamente consapevoli della presenza della cinepresa e desiderose di raccontare la loro versione della storia. La celebre frase di Little Edie, “è molto difficile mantenere la linea tra il passato e il presente”, è la chiave di lettura del film. La villa fatiscente non è solo uno sfondo, ma la manifestazione fisica della loro incapacità di sfuggire ai ricordi. Grey Gardens è un’opera struggente e affascinante su come la nostalgia, quando diventa totalizzante, possa trasformarsi in una prigione dorata, e su come ogni famiglia costruisca le proprie verità attraverso le storie che si racconta.

Harlan County, USA (1976)

Harlan County USA Trailer

Vincitore del Premio Oscar, questo potente documentario di Barbara Kopple si immerge nel cuore di uno sciopero di 13 mesi dei minatori di carbone a Brookside, Kentucky. Il film documenta la lotta estenuante dei 180 minatori e delle loro famiglie contro la Duke Power Company per ottenere un contratto sindacale, in un contesto di violenza, intimidazioni e una lunga storia di sfruttamento nota come “Bloody Harlan”.

Harlan County, USA è un esempio paradigmatico di cinema d’inchiesta e attivista, un film che dimostra come i principi del cinema diretto non implichino necessariamente una neutralità politica. La cinepresa di Barbara Kopple non è un osservatore obiettivo, ma uno strumento di lotta, un partecipante attivo schierato dalla parte dei minatori. L’energia, l’immediatezza e la passione che pervadono ogni fotogramma nascono proprio da questo coinvolgimento totale. Kopple e la sua troupe vissero con la comunità, marciarono sui picchetti e affrontarono gli stessi pericoli, inclusi gli spari dei crumiri.

Lo stile del film riflette la crudezza della lotta: il montaggio è a tratti “frastagliato”, la struttura narrativa segue il flusso caotico degli eventi e la colonna sonora è dominata dalle ballate folk e dai canti di protesta della tradizione locale, che diventano la voce stessa della resistenza. A differenza dell’approccio distaccato di Wiseman, che osserva il potere dall’interno, Kopple posiziona la sua cinepresa al fianco degli oppressi. In questo modo, ridefinisce le potenzialità del cinema verità, dimostrando che la ricerca della verità non è solo un atto di osservazione, ma può essere un atto di militanza, un modo per combattere per essa.

Dialogo con Silvano

Dialogo con Silvano
Ora disponibile

Documentario, di Riccardo Farina, Italia.
Ritratto del grande regista indipendente italiano Silvano Agosti su Francy Bonzi, Alda Merini e altri grandi temi della vita umana: sensualità, amore, creatività, spiritualità.

LINGUA: italiano

I migliori documentari degli anni ’80

I migliori documentari degli anni ’80 Gli anni ’80 sono caratterizzati da una svolta formale e da un’attenzione ossessiva per l’etica della rappresentazione e della memoria. L’uso innovativo della ricostruzione narrativa (come in The Thin Blue Line) e la testimonianza monumentale (Shoah) spingono il genere oltre la semplice cronaca, trasformandolo in un potente strumento di riflessione sulla verità, il tempo e la giustizia. È un decennio in cui il documentario impara a ragionare come un puzzle.

Koyaanisqatsi (1982)

Koyaanisqatsi Official Trailer #1 - Ted Koppel Movie (1982) HD

Koyaanisqatsi è un film documentario sperimentale del 1982 diretto da Godfrey Reggio. Il titolo è una parola della lingua hopi che significa “vita fuori equilibrio”. Il film è un’esplorazione della natura e della civiltà, utilizzando immagini di paesaggi naturali e urbani, insieme a una colonna sonora minimalista di Philip Glass. Il film inizia con immagini di paesaggi naturali, come fiumi, foreste e montagne. . Man mano che il film procede, le immagini diventano più urbane e frenetiche. Vengono mostrati paesaggi urbani, fabbriche e automobili. La colonna sonora di Glass diventa più intensa e cacofonica.

Il film termina con immagini di una città che brucia. Queste immagini sono accompagnate da una colonna sonora di Glass che crea un senso di caos e distruzione. Koyaanisqatsi è un film potente e provocatorio che ha avuto un profondo impatto sul cinema sperimentale. Il film è stato elogiato per la sua bellezza visiva e per la sua colonna sonora coinvolgente. Ha anche suscitato discussioni sul rapporto tra natura e civiltà.

Burden of Dreams (1982)

Burden of Dreams (TRAILER)

Questo leggendario documentario di Les Blank segue la produzione caotica, ossessiva e quasi impossibile del film Fitzcarraldo di Werner Herzog nel profondo della giungla amazzonica peruviana. Il film cattura la lotta titanica di Herzog contro la natura, i conflitti con le tribù indigene, i problemi con gli attori (incluso il famigerato Klaus Kinski) e, soprattutto, la sua folle determinazione a trascinare una vera nave a vapore da 320 tonnellate su per una collina.

Considerato da molti il più grande documentario “making-of” mai realizzato, Burden of Dreams trascende il suo genere per diventare una profonda meditazione sulla natura della creazione artistica, sull’arroganza e sulla follia che spesso accompagnano la genialità. Il “fardello dei sogni” del titolo è duplice: da un lato, il peso fisico della nave che deve essere spostata; dall’altro, il peso psicologico della visione artistica di Herzog, un sogno che minaccia di distruggere lui e tutti coloro che lo circondano.

Lo stile di Les Blank, lirico e osservativo, funge da perfetto contrappunto razionale all’ossessione romantica e nichilista di Herzog. Mentre Herzog, nei suoi celebri monologhi, descrive la giungla come un luogo “vile e ignobile” dove regna solo “l’armonia di un omicidio travolgente e collettivo”, la cinepresa di Blank cattura momenti di quieta bellezza e di interazione culturale. Il film diventa così un dialogo tra due visioni del mondo e due modi di fare cinema, un’allegoria sisifea della lotta dell’artista contro la materia e contro i propri demoni, e un ritratto indimenticabile del prezzo, a volte terribile, che si paga per trasformare un sogno in realtà.

Sans Soleil (1983)

Sans soleil (1982) Trailer | Director: Chris Marker Chris Marker

Un’opera inclassificabile del misterioso cineasta francese Chris Marker, Sans Soleil è un film saggio che medita sulla natura della memoria, del tempo e dell’immagine. Strutturato come un flusso di coscienza, il film è narrato da una donna che legge le lettere di un cameraman fittizio, Sandor Krasna. Le sue riflessioni erranti collegano immagini apparentemente disparate, girate principalmente in Giappone e Guinea-Bissau, definiti “due poli estremi della sopravvivenza”.

Sans Soleil è l’apoteosi del documentario d’autore, un’opera in cui la vera protagonista è la coscienza stessa del regista. Più che un resoconto fattuale, il film è un viaggio filosofico e poetico attraverso i paesaggi della mente. Marker esplora come la memoria funzioni in modo non lineare, per associazioni, e come la tecnologia (in particolare il video sintetizzatore con cui manipola alcune immagini) possa alterare e interrogare il nostro rapporto con il passato. Il film è un labirinto di idee che spaziano dalla cultura pop giapponese ai rituali africani, dai videogiochi a Vertigo di Hitchcock.

L’uso del narratore fittizio Sandor Krasna non è un semplice vezzo per mascherare la firma di Marker, ma una profonda dichiarazione sulla natura stessa della memoria. La memoria, come Krasna, è un intermediario, una versione soggettiva, imperfetta e ricostruita del passato. Non abbiamo mai un accesso diretto agli eventi, ma solo al racconto che ne viene fatto. La struttura frammentata e associativa del film imita perfettamente il funzionamento della mente umana, creando una simbiosi totale tra forma e contenuto. Sans Soleil è un’esperienza cinematografica ipnotica che ci insegna che ricordare non è rivivere, ma reinterpretare costantemente.

Ego etiam advenus

Ego etiam advenus
Ora disponibile

Documentario, di Ilaria Pezone, Italia.
Il documentario nasce dall’attività laboratoriale proposta dalla regista e da una ricercatrice ad un gruppo di ragazzi arrivati in Italia in seguito alla Guerra Civile in Libia e ospiti in un agriturismo nella campagna lecchese. Ritessendo il filo del laboratorio, le immagini e le voci del video si intrecciano per ripercorrere le tappe di un percorso migratorio che è un percorso di vita.

LINGUA: italiano
SOTTOTITOLI: inglese

Shoah (1985)

SHOAH - Official Trailer

L’opera monumentale di Claude Lanzmann, durata nove ore e mezza e frutto di undici anni di lavoro, è forse il film definitivo sull’Olocausto. La sua scelta metodologica è tanto semplice quanto radicale: nessun filmato d’archivio, nessuna fotografia d’epoca. Il film è interamente composto da testimonianze raccolte negli anni ’70 e ’80 da sopravvissuti, carnefici (spesso filmati di nascosto) e testimoni oculari, alternate a lunghe e meditative riprese dei luoghi dello sterminio così come apparivano all’epoca delle riprese.

Shoah non è un film sulla memoria, ma un atto di memoria. Il rifiuto di Lanzmann di usare immagini d’archivio è una presa di posizione etica e filosofica potentissima. Per il regista, usare quelle immagini significherebbe storicizzare l’orrore, confinarlo in un passato sicuro e, in un certo senso, renderlo sopportabile attraverso l’estetica. Al contrario, Lanzmann costringe lo spettatore a confrontarsi con il presente: un campo erboso, una foresta silenziosa, i binari di una ferrovia. Su queste immagini vuote, le voci dei testimoni evocano l’orrore indicibile che quei luoghi hanno ospitato.

Il film fa del presente la traccia visibile di un’assenza insopportabile. Non cerca di “rappresentare” l’Olocausto, un’impresa che Lanzmann considerava impossibile e oscena, ma di evocarlo attraverso le parole di chi c’era e il silenzio dei luoghi. Il passato non viene mostrato, ma diventa una presenza opprimente che infesta il presente. Shoah è un’esperienza cinematografica estenuante e necessaria che non documenta la storia, ma ci obbliga a viverne l’eredità, dimostrando che il vuoto e l’assenza possono essere le prove più schiaccianti di un crimine.

The Thin Blue Line (1988)

The Thin Blue Line (1988) Trailer | Documentary | Randall Adams | David Harris

Il film di Errol Morris ha rivoluzionato il documentario d’inchiesta raccontando la storia di Randall Dale Adams, un uomo condannato a morte per l’omicidio di un poliziotto a Dallas, un crimine che non aveva commesso. Attraverso una serie di interviste e stilizzate ricostruzioni, Morris smonta pezzo per pezzo il caso dell’accusa, esponendo le contraddizioni, le menzogne dei testimoni e la fretta del sistema giudiziario, fino a ottenere una confessione dal vero colpevole.

The Thin Blue Line ha infranto le convenzioni del documentario dell’epoca. L’uso di ricostruzioni drammatiche con attori, una colonna sonora ipnotica di Philip Glass e interviste in cui i soggetti guardano direttamente in camera (una tecnica che Morris chiamerà “Interrotron”) fu considerato così radicale che il film fu squalificato dalla categoria documentari agli Oscar. I critici sostenevano che le ricostruzioni lo rendessero un’opera di finzione, ma non compresero la genialità dell’approccio di Morris.

Le ricostruzioni non erano un tentativo di tradire la verità, ma uno strumento per interrogarla. Mettendo in scena le versioni contrastanti e palesemente false dei testimoni, Morris ne esponeva visivamente l’inattendibilità in un modo che le semplici interviste non avrebbero mai potuto fare. Ha usato il linguaggio estetico del cinema noir non per creare una falsa realtà, ma per decostruire quella costruita dal sistema giudiziario. Il film non solo ha portato alla scarcerazione di un innocente, ma ha anche dimostrato che lo stile e l’artificio potevano diventare gli strumenti più efficaci per la ricerca della verità.

I migliori documentari degli anni ’90

I migliori documentari degli anni ’90 Con l’influenza della cultura pop e l’emergere del digitale, il documentario degli anni ’90 si fa più intimo, a tratti grottesco e auto-riflessivo. Sono gli anni dei ritratti di figure di culto ai margini della società (Crumb) e del cinema che esplora la sfera privata, anticipando l’ossessione per il reality e l’autoreferenzialità. La linea tra documentario e finzione diventa più sfumata, aprendo la strada a nuove forme narrative.

Paris Is Burning (1990)

PARIS IS BURNING Trailer

Il documentario di Jennie Livingston è un’immersione vibrante ed essenziale nella “ball culture” della Harlem degli anni ’80, una sottocultura creata da giovani gay e transgender afroamericani e latini. Il film ci porta all’interno delle “case”, famiglie scelte che offrono supporto e appartenenza, e ci mostra i “ball”, competizioni sfarzose in cui i partecipanti sfilano in diverse categorie, cercando di raggiungere la “realness”, ovvero la capacità di incarnare perfettamente un ideale irraggiungibile nella vita di tutti i giorni.

Paris Is Burning è un’opera fondamentale del cinema queer e un documento sociale di inestimabile valore. Al di là dello sfarzo e dell’energia delle competizioni, il film rivela le dure realtà affrontate dai suoi protagonisti: povertà, razzismo, omofobia, transfobia e la minaccia dell’AIDS. Il concetto di “realness” diventa il cuore tematico del film: non è semplice imitazione, ma un atto politico di riappropriazione e sovversione dei simboli del potere e del privilegio della cultura bianca eteronormativa.

Il film è una critica profonda e straziante del Sogno Americano. Per le comunità rappresentate, quel sogno non è qualcosa da raggiungere, ma qualcosa da mettere in scena, da performare con abilità virtuosistica. La passerella del “ball” è uno spazio utopico di autoaffermazione, ma la tragedia, sottolineata dalla morte di una delle sue protagoniste, Venus Xtravaganza, è che quella performance, per quanto perfetta, non può proteggere dalla violenza del mondo esterno. Il film, pur oggetto di dibattiti sulla sua realizzazione da parte di una regista bianca, rimane una testimonianza insostituibile di resilienza, creatività e della ricerca unive

Festa

Festa
Ora disponibile

Documentario, di Franco Piavoli, 2018, Italia.
Franco Piavoli, autore del capolavoro "Il pianeta azzurro", torna alla regia per immortalare la “sera del dì di festa”, tra Leopardi e Pascoli. Un viaggio tra il poetico e l’antropologico. Cos’è una “festa”? Cosa rappresenta, da un punto di vista simbolico e materiale? Quali aggravi, o quali sollievi, apporta alla mente delle persone? E quale valore assume, quando si trasforma in atto collettivo? Non ha bisogno di alcun orpello, Festa, e arriva diritto nel cuore dello spettatore senza stratificazioni, senza alcuna deviazione dal percorso, senza nessuna aggiunta.

LINGUA: italiano
SOTTOTITOLI: inglese

Baraka (1992)

Baraka Original Theatrical Trailer - HD Matchframe Re-Edit

Baraka è un film documentario senza narrazione o commento. Esplora i motivi per mezzo di una raccolta di eventi naturali, vita, attività umane e fenomeni filmati in 24 paesi in 6 continenti in un periodo di 14 mesi. Il film prende il nome dall’idea sufi di baraka, che indica l’essenza, la benedizione o il respiro.

Il film è il seguito di Ron Fricke del film documentario non verbale Koyaanisqatsi di Godfrey Reggio. Fricke è stato direttore della fotografia e collaboratore del film di Reggio, e per Baraka ha iniziato da solo a perfezionare e ampliare le strategie fotografiche utilizzate su Koyaanisqatsi.

Girato in 70 mm, è costituito da un mix di stili fotografici composto da slow motion e time-lapse. Per raggiungere questo obiettivo sono stati utilizzati due sistemi di ripresa. Un sistema Todd-AO è stato utilizzato per riprendere i prezzi tradizionali, ma per realizzare la serie time-lapse del film Fricke ha costruito una videocamera speciale che integrava la fotografia digitale time-lapse con movimenti gestiti in modo impeccabile.

Crumb (1994)

CRUMB – Official Trailer (1994)

Il documentario di Terry Zwigoff è un ritratto spietato e affascinante di Robert Crumb, il leggendario fumettista underground. Il film esplora la vita di Crumb, le sue ossessioni sessuali, le sue visioni controverse sulla razza e sulle donne, e il suo rapporto con la fama. Ma il cuore oscuro del film è l’incontro con la sua famiglia disfunzionale, in particolare i suoi due fratelli, Charles e Maxon, artisti di talento consumati dalla malattia mentale e da un’infanzia traumatica.

Crumb ha ridefinito il documentario biografico su un artista, rifiutando ogni forma di celebrazione per offrire invece un’analisi psicologica cruda e disturbante. Zwigoff, amico di Crumb, non cerca di giustificare o edulcorare gli aspetti più controversi del suo lavoro. Al contrario, il film stabilisce un legame inscindibile tra l’arte trasgressiva di Crumb e le sue patologie personali, suggerendo che la sua creatività sia alimentata direttamente dai traumi subiti.

Il film demolisce il mito romantico dell’ “artista torturato” e lo sostituisce con una realtà molto più complessa e inquietante, in cui l’arte diventa un “baluardo contro la follia”. La genialità di Robert è messa a confronto con la tragedia dei suoi fratelli, costringendoci a interrogarci sulla sottile linea che separa la creatività dalla malattia mentale. Crumb ci obbliga a una posizione scomoda: per apprezzare la potenza dell’arte, dobbiamo confrontarci con le sue origini psicologiche più oscure, accettando che la genialità possa nascere dal dolore senza per questo essere redenta.

I migliori documentari degli anni 2000

I migliori documentari degli anni 2000 La rivoluzione digitale rende il documentario accessibile a tutti, provocando un boom quantitativo con la moltiplicazione di voci e stili. È il decennio del “personal essay film”, dove i registi usano la telecamera per esplorare la propria storia, le radici e la memoria familiare, fondendo il reportage con la riflessione autobiografica. Contemporaneamente, emergono i primi documentari ad alto budget e di denuncia globale, spesso influenzati dalla politica post-9/11.

The Gleaners and I (Les glaneurs et la glaneuse) (2000)

The Gleaners and I - Trailer

In questo capolavoro tardivo, la leggendaria regista Agnès Varda esplora il mondo dei “glaneurs”, i raccoglitori moderni. Ispirata dal famoso dipinto di Jean-François Millet, Varda viaggia attraverso la Francia, dalle campagne alle città, per incontrare persone che vivono recuperando cibo e oggetti scartati dalla società dei consumi. Con la sua piccola videocamera digitale, Varda stessa diventa una “glaneuse”, una raccoglitrice di immagini, storie e incontri.

The Gleaners and I è un film saggio profondamente personale e politico. Varda utilizza l’atto antico della spigolatura come metafora per criticare lo spreco della società contemporanea e per celebrare la resilienza e la creatività di chi vive ai margini. Il film è un mosaico di ritratti umani: ci sono persone che raccolgono per necessità, altre per principio etico, e artisti che trasformano i rifiuti in opere d’arte. Varda intreccia queste storie con riflessioni personali sul proprio processo creativo, sull’invecchiamento (inquadrando spesso le sue mani rugose) e sulla natura stessa del cinema.

La scelta di Varda di utilizzare una videocamera digitale di consumo non è casuale, ma un gesto filosofico e politico. Abbracciando uno strumento “umile”, si allinea esteticamente ai suoi soggetti, rifiutando la distanza e la “padronanza dello sguardo” tipiche del cinema tradizionale. La sua cinepresa diventa uno strumento di spigolatura, che le permette di avvicinarsi, di essere tattile, di porsi sullo stesso piano delle persone che filma. Il suo metodo di fare cinema diventa così la metafora perfetta del tema del film, un atto di modestia e di recupero che trova bellezza e valore dove gli altri vedono solo scarti.

Foudre parte 1

Foudre parte 1
Ora disponibile

Documentario, di Manuela Morgaine, Francia, 2013.
Film in due parti: una leggenda - documentario in quattro stagioni. Questo affresco è un cinema a zig-zag, come le ramificazioni dei fulmini. Il racconto è ambientato in diversi paesi del mondo e nell'arco di diversi secoli, contemporaneamente, in forma documentaristica e leggendaria. L'autunno corre un cacciatore di fulmini, identificato con il dio del fulmine siriano, Baal. Visionario, Baal proietta sui fulmini 25 anni dei suoi archivi videografici, dà le chiavi scientifiche di questo fenomeno favoloso e devastante allo stesso tempo. L'inverno cerca di analizzare la malinconia, l'ultimo stadio della depressione, e come può essere superata. Uno psichiatra incarna il dio oscuro Saturno, che viaggia in Africa, in Siria per risalire alle fonti delle proprie origini e a quelle di certe pratiche ancestrali: un rituale praticato dalle donne nelle profondità della Guinea Bissau, dervisci rotanti e un pesce siluro che, nell'antica città di Aleppo, portano il segreto della guarigione.

Della durata di quasi quattro ore, questo documentario è senza dubbio tra i più originali mai realizzati, una fantastica esperienza uditiva e plastica tra documentario e leggenda. Per chi vuole ritrovare, anche solo simbolicamente, le energie perdute, deve vedere questo film diviso in quattro parti. Uno degli oggetti cinematografici più rari e magnifici. Un film che scuote davvero fino in fondo e dopo la visione richiede dover analizzare l'esperienza.

LINGUA: francese
SOTTOTITOLI: italiano, inglese, spagnolo, tedesco, portoghese

Bowling for Columbine (2002)

Bowling for Columbine Official Trailer #1 - Michael Moore Movie (2002) HD

Bowling for Columbine (2002) è un documentario diretto da Michael Moore che esamina l’elevata incidenza della violenza armata negli Stati Uniti. Esplora le ragioni alla base della violenza e propone soluzioni al problema. Moore si reca a Littleton, in Colorado, il luogo della strage della Columbine High School, per intervistare sopravvissuti e testimoni. Visita anche fiere di armi, convention della NRA e case in cui si è verificata la violenza armata. Bowling for Columbine è stato un successo critico e commerciale. È stato elogiato per il suo sguardo perspicace e provocatorio sulla violenza armata in America. Il film ha vinto numerosi premi, tra cui un Oscar al miglior documentario.

Una storia americana – Capturing the Friedmans (2003)

Capturing the Friedmans (2003) Official Trailer #1 - Shocking Documentary Movie HD

Capturing the Friedmans (2003) è un documentario disturbante e stimolante che esplora lo scandalo di abusi sessuali su minori degli anni ’80 che ha coinvolto la famiglia Friedman di Great Neck, New York. Diretto da Andrew Jarecki, il film utilizza filmati d’archivio, interviste a familiari e amici e documenti legali per creare un ritratto complesso e inquietante del caso. Capturing the Friedmans è stato un successo critico e commerciale. È stato elogiato per la sua rappresentazione sfumata e inquietante del caso. Il film ha vinto numerosi premi, tra cui il Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival e il Premio al miglior documentario agli Academy Awards.

Grizzly Man (2005)

Grizzly Man (2005) Official Trailer - Werner Herzog Documentary HD

Grizzly Man (2005) è un documentario tedesco-americano diretto da Werner Herzog che esplora la vita di Timothy Treadwell, un appassionato di orsi americani che ha trascorso tredici estati vivendo tra gli orsi grizzly nel parco nazionale di Katmai, in Alaska. Il film è composto interamente delle riprese video di Treadwell, che ha girato durante il suo tempo nel parco. Herzog usa queste riprese per comporre un ritratto della vita di Treadwell e della sua ossessione per gli orsi.

Le riprese di Treadwell sono spesso intime e rivelatrici, dando agli spettatori uno scorcio della sua vita quotidiana e delle sue interazioni con gli orsi. Tuttavia, a volte è anche disturbante, poiché mostra la natura a volte pericolosa degli incontri di Treadwell con gli orsi. Herzog accosta le riprese di Treadwell ai propri commenti, che forniscono una prospettiva più critica sulle azioni di Treadwell. Herzog mette in dubbio le motivazioni di Treadwell e la sua convinzione di poter vivere in armonia con gli orsi. Mette anche in discussione l’etica delle azioni di Treadwell, poiché metteva a rischio se stesso e gli altri vivendo tra gli orsi.

Tuning In (2008)

Il Tuning è una pratica che si riferisce ai momenti in cui una persona, normalmente in stato di trance, stabilisce un legame psichico con un essere spirituale. Il canalizzatore è quindi in grado di agire come intermediario dimensionale nel portare vari altri umani a toccare l’entità, insieme all’analisi dei messaggi dell’entità. Per la prima volta in assoluto, sei dei più famosi canalizzatori americani sono presenti nello stesso film per ottenere la giusta comprensione della sensazione, insieme alle informazioni ottenute. Le entità che arrivano attraverso ciascuna con un carattere forte e distintivo sono state intervistate in dettaglio dal regista e il risultato è eccezionale: attraverso lo spazio e il tempo si scopre che le entità parlano come una sola, trasmettendo un messaggio chiaro e ampio di responsabilizzazione per l’umanità.

Foudre parte 2

Foudre parte 2
Ora disponibile

Documentario, di Manuela Morgaine, Francia, 2013.
Questo affresco è un cinema a zig-zag, come le ramificazioni dei fulmini. Declina il suo soggetto in diversi paesi del mondo e nell'arco di diversi secoli, contemporaneamente, in forma documentaristica e leggendaria. La primavera fa rivivere Syméon lo stilita, un pazzo che ha vissuto per 40 anni in cima alla sua colonna. Simeone fu ucciso in Siria, nel deserto di Cham vicino a Palmira. Ma è anche colui che scruta la terra, racconta la vera storia del sapone di Aleppo che è un calderone pieno di mitologia. E ancora il modo in cui un fulmine genera una volta all'anno, in primavera, un tartufo afrodisiaco chiamato Kama che sappiamo esistere sotto forma di "Vegetale di Allah" nel racconto delle Mille e una notte. L'estate mette in scena, dal testo de "La dispute" di Marivaux, l'amore a prima vista tra due creature, Azor ed Églé, isolate su un'isola chiamata Sutra. In quest'isola paradisiaca mangiano il Kama, il frutto proibito, e poi, pazzi d'amore, vengono scacciati. Finalmente ramificati, Baal, Saturno, Simeone, i melanconici, gli abbattuti si uniscono agli amanti dilaniati nel fulmine notturno.

Della durata di quasi quattro ore, questo documentario è senza dubbio tra i più originali mai realizzati, una fantastica esperienza uditiva e plastica tra documentario e leggenda. Per chi vuole ritrovare, anche solo simbolicamente, le energie perdute, deve vedere questo film diviso in quattro parti. Uno degli oggetti cinematografici più rari e magnifici. Un film che scuote davvero fino in fondo e dopo la visione richiede dover analizzare l'esperienza.

LINGUA: francese
SOTTOTITOLI: italiano, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese

Waltz with Bashir (2008)

Waltz With Bashir | Official Trailer (2008)

Il regista Ari Folman intraprende un viaggio per recuperare i suoi ricordi repressi del suo servizio nell’esercito israeliano durante la guerra del Libano del 1982, culminata nel massacro dei campi profughi di Sabra e Shatila. Poiché non ha memoria diretta degli eventi, Folman intervista vecchi commilitoni, un giornalista e il suo terapeuta, nel tentativo di ricostruire il puzzle del suo passato. Il film utilizza l’animazione per dare vita a questi ricordi, sogni e allucinazioni.

Valzer con Bashir è un’opera pionieristica che ha dimostrato il potenziale dell’animazione come strumento per il documentario d’autore. La scelta di questo formato non è puramente stilistica, ma è una metafora visiva della dissociazione psicologica causata dal trauma. Lo stile iperrealistico e al contempo onirico dell’animazione cattura perfettamente lo stato mentale di chi cerca di elaborare un’esperienza indicibile. I ricordi non sono presentati come fatti oggettivi, ma come frammenti soggettivi, distorti e surreali, proprio come appaiono nella mente di chi soffre di disturbo da stress post-traumatico.

Il colpo di genio del film è il suo finale. Negli ultimi istanti, l’animazione si interrompe bruscamente per lasciare il posto a reali, agghiaccianti filmati di repertorio delle conseguenze del massacro. Questa rottura formale è uno shock per lo spettatore, che viene strappato dalla distanza estetica “sicura” del mondo animato e gettato nell’insostenibile realtà dell’evento. Folman suggerisce che alcune verità sono così orribili che possono essere avvicinate solo attraverso il filtro dell’arte, ma che alla fine quel filtro deve essere squarciato per affrontare la realtà in tutta la sua crudezza.

Kymatica (2009)

Kymatica - Awesome Trailer

Kymatica è un documentario che esplora in profondità il momento in cui inizi a convincerti dell’esistenza di un’élite che controlla le fila del potere, una forza nascosta dietro le quinte che sta guidando il pianeta verso l’inevitabile distruzione. Questo film riflette su quei periodi di angoscia in cui la convinzione che la fine sia imminente, con apocalissi e Armageddon alle porte, prende il sopravvento. Quando questa paura pervade la tua mente, c’è la sensazione opprimente che, come specie umana, siamo irrimediabilmente condannati. Ma l’idea centrale di Kymatica è che non sono le forze esterne e misteriose a causare questo caos: sei tu, è la collettività umana, ad aver contribuito a questo stato di cose, e lo hai fatto per una ragione profonda e sottovalutata. Quindi, invece di lasciarti travolgere dal panico per la tirannia globale e le catastrofi naturali, il documentario ti invita a prestare maggiore attenzione ai segni del mondo intorno a te; il pianeta sta cercando di comunicarti qualcosa di fondamentale, indicandoti precisamente cosa c’è che non va dentro di te e suggerendoti anche come puoi risolvere questi problemi.

I migliori documentari degli anni 2010

I migliori documentari degli anni 2000 La rivoluzione digitale rende il documentario accessibile a tutti, provocando un boom quantitativo con la moltiplicazione di voci e stili. È il decennio del “personal essay film”, dove i registi usano la telecamera per esplorare la propria storia, le radici e la memoria familiare, fondendo il reportage con la riflessione autobiografica. Contemporaneamente, emergono i primi documentari ad alto budget e di denuncia globale, spesso influenzati dalla politica post-9/11.

I Am (2010)

I Am | trailer US (2011)

I Am è un documentario americano del 2010 creato, diretto e narrato da Tom Shadyac. Il film pone la preoccupazione: “Cosa c’è che non va nel mondo, e cosa possiamo fare al riguardo?”, e scopre il viaggio individuale di Shadyac dopo un incidente in bicicletta nel 2007 che lo ha portato alle risposte “la natura dell’umanità”, “la dipendenza sempre crescente del mondo dal materialismo”, così come i “legami umani”. Girato con un gruppo di 4 persone, il film è in netto contrasto con le opere comiche più importanti del regista, come Ace Ventura: Pet Detective, Liar Liar e anche Bruce Almighty, ognuno dei quali ha lavorato insieme all’attore comico canadese Jim Carrey.

France, quasi un autoritratto

France, quasi un autoritratto
Ora disponibile

Documentario, di Ilaria Pezone, 2017, Italia.
Cinefilo accanito, filmmaker, saggista cinematografico, insegnante. Chi è veramente Francesco Ballo? Forse è tutte queste cose insieme, e altre ancora: un tifoso dell'Inter, un esperto di vini, un attento jazzofilo... Filmmaker veramente indipendente fuori da ogni logica commerciale, Francesco si racconta in questo documentario, guidando lo spettatore attraverso il suo mondo, la sua vita piena di passioni e la sua creatività. Un viaggio senza mappe e senza percorsi prestabiliti, vertiginoso come un film di Buster Keaton e libero come una jam session di Charlie Parker, pieno di riflessioni sul cinema e su come fare cinema.

LINGUA: italiano
SOTTOTITOLI: inglese

Exit Through the Gift Shop (2010)

"Exit Through The Gift Shop" - Official Trailer [HD]

Presentato come un film del misterioso street artist Banksy, questo documentario segue Thierry Guetta, un eccentrico negoziante francese a Los Angeles con l’ossessione di filmare tutto. Guetta si immerge nel mondo della street art, documentando artisti come Shepard Fairey e lo stesso Banksy. Ma quando Guetta decide di diventare un artista a sua volta, sotto il nome di Mr. Brainwash, la storia prende una piega inaspettata e surreale, culminando in una mostra di successo che mette in discussione la natura stessa dell’arte e dell’autenticità.

Exit Through the Gift Shop è un’opera geniale e stratificata, un “mockumentary” che funziona come una critica feroce e divertente del mondo dell’arte contemporanea. È un film vero o una complessa messa in scena orchestrata da Banksy? Il dubbio è il motore del film e il cuore del suo messaggio. Attraverso la parabola di Mr. Brainwash, un artista che raggiunge la fama senza un’apparente visione o talento, semplicemente imitando e riproducendo stili altrui su larga scala, Banksy solleva domande fondamentali.

Il film esplora la mercificazione dell’arte, il potere del marketing e l’ossessione per il “brand” dell’artista, che spesso diventa più importante dell’opera stessa. È una satira pungente sulla credulità del pubblico e dei collezionisti, e sul confine sempre più labile tra arte e commercio, tra espressione autentica e cinico opportunismo. Che sia una storia vera o una beffa, Exit Through the Gift Shop è un commento brillante e sovversivo che usa il linguaggio del documentario per mettere in scena la sua stessa tesi: nel mondo dell’arte, come nel cinema, la percezione è tutto.

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Samsara (2012)

Samsara Official Trailer #1 (2012) International Movie HD

Completato in un periodo di 5 anni in 25 diverse nazioni in tutto il mondo, è stato girato in 70 mm in formato elettronico. Il film è stato presentato in anteprima al Toronto International Film Festival 2011 e ha ottenuto un’uscita limitata nell’agosto 2012. Il sito Web principale descrive il film: “Espandendosi sui temi che hanno trattato in Baraka (1992) e Chronos (1985), Samsara scopre le meraviglie di il nostro mondo dal mondano al trascendente, considerando i limiti incomprensibili della spiritualità dell’umanità e anche l’esperienza umana. Né un documentario convenzionale né un diario di viaggio, Samsara sembra di più una meditazione guidata non verbale.

Inner Worlds, Outer Worlds (2012)

Inner Worlds, Outer Worlds (2012) | Official Trailer

In Inner Worlds, Outer Worlds (2012), si esplora il concetto di un campo di vibrazione che collega tutte le cose presenti nell’universo. Questa vibrazione è stata definita in vari modi nel corso della storia, tra cui Akasha, Logos, l’OM primordiale, la musica delle sfere, il campo di Higgs, l’energia oscura e molti altri nomi. È considerato il legame comune che attraversa tutte le tradizioni religiose e le discipline scientifiche, rappresentando un filo conduttore che unisce i mondi interiori e quelli esterni dell’essere umano. Questo documentario cerca di dimostrare come questa connessione profonda tra gli individui e il cosmo possa essere percepita in diverse culture e interpretazioni filosofiche, suggerendo che una comprensione più globale di questo campo possa portare ad una migliore armonia e equilibrio tra il nostro mondo interiore e l’universo circostante.

Pezzi (2012)

Pezzi (2012) è un documentario italiano diretto da Luca Ferrari. Il film segue la vita di Massimo, un uomo che vive nella periferia di Roma. Massimo è un ex detenuto che ha sofferto di tossicodipendenza e alcolismo. È un uomo tormentato e violento che cerca disperatamente di trovare un posto nel mondo. Il film è girato in un modo crudo e realistico. Ferrari non cerca di edulcorare la vita di Massimo. Mostra le sue cadute e le sue risalite, le sue speranze e le sue delusioni. Pezzi è un film potente e commovente che offre uno sguardo senza filtri sulla vita ai margini della società. È un film che ci fa riflettere sulla natura della sofferenza umana e sulla possibilità di redenzione.

Gli occhi della terra

Gli occhi della terra
Ora disponibile

Documentario, di Marcos Altuve, Spagna, 2020.
La crisi della biodiversità è uno dei problemi più gravi del pianeta. Per fermare i processi di estinzione delle specie servono diagnosi urgenti. Una di queste specie minacciate è la tartaruga moresca in Marocco. Ma determinare rapidamente la presenza o l'assenza di questa specie in natura diventa una sfida impossibile anche con le attrezzature tecnologiche più avanzate e il personale di esplorazione. Per questo, per far progredire la scienza, c'è bisogno di coloro che meglio conoscono i segreti della terra: i pastori.

LINGUA: spagnolo
SOTTOTITOLI: italiano

Stories We Tell (2012)

Stories We Tell TRAILER (2013) - Documentary Movie HD

La regista Sarah Polley rivolge la cinepresa verso la propria famiglia per svelare un segreto a lungo custodito: l’identità del suo padre biologico. Attraverso interviste candide e contraddittorie con i suoi fratelli, suo padre Michael e altri testimoni, Polley costruisce un mosaico di ricordi sulla sua defunta madre, Diane, una donna vivace ed enigmatica. Il film esplora la natura soggettiva della verità e il modo in cui le storie che raccontiamo definiscono le nostre famiglie e noi stessi.

Stories We Tell è un documentario biografico rivoluzionario che decostruisce il genere dall’interno. Polley non si limita a raccogliere testimonianze, ma mette in discussione l’atto stesso del raccontare. La sua innovazione più radicale sta nel mescolare interviste e autentici filmati d’archivio con finte “home movies” girate in Super 8 con attori, che lo spettatore inizialmente crede reali. La rivelazione, verso la fine del film, che gran parte del materiale nostalgico è una messa in scena, non è un inganno, ma la tesi stessa dell’opera.

Polley dimostra magistralmente che anche i nostri ricordi più cari sono, in un certo senso, delle ricostruzioni, delle narrazioni che modelliamo per dare un senso al passato. Svelando il proprio artificio – mostrandosi mentre dirige gli attori che interpretano i suoi genitori – costringe il pubblico a riconoscere che ogni documentario è una costruzione, una selezione curata di storie, non una finestra trasparente sulla realtà. Stories We Tell è un’opera commovente e intellettualmente vertiginosa che ci insegna che la verità di una famiglia non risiede in un singolo fatto, ma nella polifonia di voci e versioni che la compongono.

Finding Vivian Maier (2013)

Finding Vivian Maier - Official Movie Trailer

Questo documentario racconta la storia incredibile di Vivian Maier, una tata che per tutta la vita ha scattato segretamente oltre 100.000 fotografie, rivelandosi postuma come una delle più grandi street photographer del XX secolo. Il film segue la ricerca del co-regista John Maloof, che ha scoperto per caso il suo immenso archivio a un’asta, e cerca di ricostruire la vita enigmatica di questa donna solitaria, eccentrica e a tratti oscura.

Finding Vivian Maier è un’avvincente indagine che solleva complesse questioni sull’arte, l’anonimato e l’etica della fama postuma. Il film si sviluppa su un doppio binario: da un lato, la detective story di Maloof che cerca di dare un nome e una storia alle immagini che ha trovato; dall’altro, il ritratto frammentario di una donna che ha scelto deliberatamente di nascondere il proprio talento al mondo. Le testimonianze di coloro che l’hanno conosciuta dipingono un quadro contraddittorio, quello di una donna geniale ma anche profondamente tormentata.

Il film è anche una narrazione meta-cinematografica sul processo di creazione di un’eredità artistica nel XXI secolo. Maloof non è solo un regista, ma anche il curatore, il promotore e di fatto l’esecutore testamentario dell’opera di Maier. Il documentario non si limita a “trovare” Vivian Maier, ma documenta l’atto stesso di “costruire” la figura di “Vivian Maier, l’artista”. Questo rende il film una riflessione affascinante sulle dinamiche di potere del mondo dell’arte e sull’etica di dare una voce e una narrazione a un’artista che, per tutta la vita, ha scelto il silenzio.

Planetary (2015)

PLANETARY Film Trailer

Planetary ci chiede di ripensare a chi siamo veramente, di riconsiderare il nostro rapporto con noi stessi, gli altri e il mondo che ci circonda – di ricordarlo. In una straordinaria esplorazione visiva, il film intreccia le immagini delle missioni Apollo della NASA con visioni della Via Lattea, i monasteri buddisti sull’Himalaya e i suoni cacofonici del centro di Tokyo e Manhattan, con interviste intime di rinomati esperti tra cui gli astronauti Ron Garan e Mae Jemison (la prima donna afroamericana nello spazio), il celebre ambientalista Bill McKibben, il vincitore del National Book Award Barry Lopez, l’antropologo Wade Davis, l’esploratrice del National Geographic Elizabeth Lindsey e il capo della scuola buddista tibetana Kagyu, il 17° Karmapa. Gettano nuova luce sui modi in cui la nostra visione del mondo sta influenzando profondamente la vita sul nostro pianeta.

Cameraperson (2016)

Cameraperson - Official Trailer

La direttrice della fotografia Kirsten Johnson crea un’autobiografia unica e potente assemblando spezzoni di girato scartati da documentari a cui ha lavorato nel corso di 25 anni. Da un incontro con un ex-guardia di Guantánamo in Bosnia a una clinica per la maternità in Nigeria, fino a momenti intimi con sua madre affetta da Alzheimer, il film è un mosaico di frammenti che esplorano la relazione tra chi filma e chi è filmato, e le complesse questioni etiche del cinema documentario.

Cameraperson è un film saggio profondamente autoriflessivo che trasforma gli “scarti” del processo cinematografico nel suo cuore pulsante. Johnson, la cui presenza è percepita solo attraverso il movimento della sua cinepresa e la sua voce fuori campo, ci invita a considerare il peso e la responsabilità di ogni singola inquadratura. Il film è una meditazione sul potere dello sguardo e sul contratto implicito che si crea tra il documentarista e il suo soggetto.

L’idea centrale del film è che non esiste materiale “inutilizzato”. Ricontestualizzando questi momenti scartati, Johnson dimostra che il significato emotivo ed etico di un’immagine non è intrinseco, ma viene creato attraverso il montaggio, la giustapposizione e la cornice narrativa che le viene data. Un’inquadratura scartata da un film su un crimine di guerra può diventare, nel contesto di Cameraperson, una riflessione sulla memoria e sulla perdita personale. Il film è un’elegia commovente e un’indagine rigorosa che ci ricorda come il documentarista non sia mai un osservatore neutrale, ma un partecipante la cui presenza e le cui scelte modellano inevitabilmente la realtà che intende catturare.

Habitat

Habitat
Ora disponibile

Documentario, di Emiliano Dante, Italia, 2014.
Habitat è la storia di tre ex compagni di tenda rimasti a L’Aquila. Dopo il terremoto Alessio prima diventa uno squatter, poi un agente immobiliare; Paolo, che viveva affittando le sue proprietà in centro, si dedica anima e corpo alla pittura. Emiliano, che aveva già realizzato un documentario in tendopoli, analizza dall'interno la realtà alienante dei progetti C.A.S.E., subendo e affrontando il loro essere “non luoghi”, cioè luoghi senza identità, lontani tanto dal tessuto urbano quanto da quello storico e culturale della città.

LINGUA: italiano
SOTTOTITOLI: inglese

I migliori documentari degli anni 2020

I migliori documentari degli anni 2020 Il documentario dei primi anni ’20 ha raggiunto una maturità commerciale senza precedenti, diventando una forza trainante per le piattaforme di streaming. Domina la cronaca delle crisi globali (pandemia, clima), il True Crime ad alta produzione e l’indagine sociale urgente. È un’epoca di documentari ad alto budget e di formati seriali, dove la ricerca della verità si scontra spesso con la necessità di intrattenimento di massa, ma che permette a un numero maggiore di storie di raggiungere il pubblico globale.

Breve storia del cinema documentario

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Fratelli Lumiere

La nascita del Documentario

Il cinema nasce proprio con il film documentario, nelle proiezioni delle prime pellicole dei fratelli Lumiere girate in Francia. Successivamente gli inventori del cinematografo manderanno decine di operatori in giro per il mondo a filmare paesi lontani: luoghi esotici mai visti dalle persone meno abbienti che potevano ora essere conosciuti sul grande schermo. Il cinema documentario ha la capacità di spalancare finestre di mondi altrimenti inaccessibili nel nostro spazio e nel nostro tempo. 

Il documentario di viaggio

Il cinema ha sempre rappresentato per il pubblico la possibilità di fare viaggi in altri mondi, stando seduti su una poltrona. Ancora oggi, anche se il mondo è radicalmente cambiato e molti luoghi lontani sono diventati facilmente raggiungibili, guardiamo i documentari per scoprire luoghi e persone lontani. Mondi che probabilmente nella vita reale non incontreremo mai. O che forse decideremo di raggiungere proprio dopo aver visto un documentario. Alcuni tra i primi brevi documentari consistevano in paesaggi filmati che venivano proiettati nelle fiere. Si chiamavano Hale’s Tours, ed erano proiezioni di paesaggi che gli spettatori vedevano dal finestrino di finte carrozze ferroviarie, realizzati fra il 1905 e il 1912 dallo statunitense George C. Hale. 

Un ricco banchiere parigino, Kahn, promosse negli anni Dieci e Venti Les archives de la planète, facendo filmare ad una squadra di operatori varie parti del mondo destinate ad un utopico catalogo enciclopedico-geografico. Un altro regista di film di viaggi fu l’italiano Luca Comerio. Le sue riprese sono state utilizzate come materiale di repertorio nel film Dal Polo all’Equatore, nel 1986.

Il documentario negli anni 20

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Il documentario ha capacità di moltiplicare in modo incredibile la conoscenza e la percezione della realtà. il documentario di esplorazione poteva regalare agli spettatori sia l’emozione di un’avventura pericolosa sia la conoscenza di mondi lontani. I luoghi che attraeva maggiormente i filmakers erano sicuramente i ghiacci dei poli. The great white silence (1924) di Herbert G. Ponting, Fu uno dei primi importanti film di esplorazione. I materiali firmati furono prima usati in conferenze, poi rimontati con una colonna sonora nella 1933, con il titolo di 90° SouthSouth (1917) di Frank Hurley, è un film documentario dedicato un’altra spedizione al Polo Sud, quella di E. Shackleton. La lista di film di esplorazione girati in Gran Bretagna è lunga. Il più importante forse è The epic of Everest (1924) di Joel B.L. Noel. 

Negli Stati Uniti sono da vedere assolutamente Grass (1925) e Chang (1927, Elefante) di Ernest B. Schoedsack e Merian C. Cooper, gli autori del futuro King Kong. Sono film girati fra Kurdistan, Turkestan e nel Nord della Thailandia.  Simba, the king of beasts (1928) di Martin e Osa Johnson, è stato girato in Africa; in Francia, La croisière noire (1926) di Léon Poirier e, in epoca sonora, La croisière jaune (1933) di André Sauvage, sulle spedizioni promozionali della Citroën in Africa e in Asia; Voyage au Congo (1927), in cui Marc Allégret segue lo zio André Gide nel suo viaggio africano, seguito nel 1952 dal film biografico Avec André Gide

In Unione Sovietica viene realizzato Documento su Shanghai di Jakov M. Blioch, Turksib (1929) di Viktor A. Turin, sulla costruzione della linea ferroviaria tra il Turkestan e la Siberia. Sale per la Svanetia, del 1930, del georgiano Michail K. Kalatozov. In Germania troviamo i film di montagna di Arnold Fanck, che si specializzò nel genere, come Der heilige Berg (1926) e La tragedia di Pizzo Palù, nel 1929. Die letzten Segelschiffe (1926-1930) di Heinrich Hauser, sugli ultimi velieri. Il genere dei film di esplorazione era diventato talmente popolare che qualcuno decise di parodiarlo, come nel film breve, Crossing the Great Sagrada (1924) dell’inglese Adrian Brunel.

Negli anni Venti il documentario si mescola con la finzione grazie agli straordinari film di Robert Flaherty: Nannok l’eschimese, L’ultimo Eden e L’uomo di Aran. Flaherty inventò il cinema documentario poetico, un genere con cui si confrontarono artisti come Jean Epstein e Luchino Visconti. Nel 1929 il regista Dziga Vertov, convinto della superiorità del documentario sul cinema di finzione, condensa la sua esperienza di documentarista di propaganda, di teorico del montaggio e il suo talento cinematografico per girare un documentario di avanguardia che segnerà la storia del cinema: il documentario sperimentale d’avanguardia L’uomo della macchina da presa

Il sonoro nel documentario

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Negli anni trenta, con l’arrivo del sonoro, la produzione di documentari e dei film di finzione diventa molto più costosa. I mezzi di registrazione del sonoro erano molto pesanti e limitavano le possibilità dei documentaristi di spostarsi agilmente nei viaggi. 

Un uso molto originale del sonoro per aggirare questo problema produttivo è Entusiasmo, noto anche come Sinfonia del bacino del Don. Il regista Dziga Vertov, dopo il cineocchio, teorizza il radio-occhio mettendo in pratica, con vero entusiasmo, il nuovo strumento. 

Egli utilizza il sonoro in sincronia e contrappunto in un gioco di voci, rumori, musica che compongono, con un montaggio molto complesso e stratificato, in un momento in cui il missaggio dei suoni era ancora impossibile, la prima grande sinfonia documentaristica e astratto del cinema sonoro. Il film resta un esempio senza successori. 

A causa delle difficoltà tecniche pochi altri registi cercano di utilizzare il sonoro in presa diretta nei loro film documentari. Qualche esempio lo possiamo trovare in La croisière jaune, Campo de’ Fiori, Housing problems (1935) degli inglesi Edgar Anstey e Arthur Elton. Anche i cinegiornali usano il metodo del doppiaggio registrando suoni e voce narrante in studio Successivamente le riprese. Solo pochi registi decidono di registrare i rumori di ambiente e di suoni sul luogo reale delle riprese, per poi inserirlo in post produzione. 

Il documentario e l’uso creativo del sonoro

Alcuni registi scelgono un uso creativo del sonoro nel loro film documentari, confermando quello che disse anni dopi Jean Luc Godard: ogni grande film documentario è un film di finzione. In Philips radio (1931) il regista Ivens fa un uso ritmico del sonoro. Mentre in North sea (1938) di Watt è usato come strumento di immedesimazione realistica. In alcuni film inglesi il suono è usato come strumento letterario e poetico: Coal face (1935) di Cavalcanti, Night mail (1936) di Watt e Basil Wright, Listen to Britain (1942) di Jennings. In Las Hurdes ‒ Tierra sin pan (1932) di Luis Buñuel usa voce e musica in modo apparentemente convenzionale, ma in realtà sono in conflitto con le immagini di estrema povertà mostrata nel film. 

Il documentario di finzione

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Sergej Eisenstein

Negli anni Trenta il cinema documentario Si mescola con la finzione Incomincia ad utilizzare attori non professionisti con la direzione dei registi.  Ad esempio in Hunger in Waldenburg di Phil Jutzi, Chang, L’or des mers, un documentario svizzero di propaganda. Ein werktag (1931) di Richard Schweizer; l”incompiuto ¡Qué viva México! (1931-32) di Sergej M. Ejzenštejn, Redes (1935) di Strand e Fred Zinnemann, Man of Aran (1934) di Flaherty. The edge of the world (1937), girato da Michael Powell nelle isole Shetland, Una manciata di riso (1938), girato in Tailandia dall’ungherese Paul Fejos e dallo svedese Gunnar Skoglund. Native land, Fires were started (1943) di Jennings, un film documentario sui vigili del fuoco durante un blitz tedesco su Londra.

Il documentario e il Neorealismo 

Neorealismo italiano deve moltissimo al cinema documentario, da cui trae enorme ispirazione. Uomini sul fondo (1941) e Alfa Tau! (1942) di Francesco De Robertis e La nave bianca (1941) di Roberto Rossellini sono i primi esempi di documentari neorealisti. Come ha detto Jean-Luc Godard, “tutti i grandi film di finzione tendono al documentario, così come tutti i grandi documentari tendono alla finzione”. 

Il documentario e la televisione

Dopo l’arrivo della televisione, essa si è dedicata alla diffusione del documentario divulgativo, mentre il cinema ha continuato a proporre il documentario come film d’essai con contenuti artistici, drammaturgici ed estetici di alto livello. Negli ultimi anni il documentario è stato rivalutato rispetto ai film di finzione. I film documentari hanno vinto i premi più prestigiosi nei festival di tutto il mondo. La distinzione tra documentario e film di finzione è ormai obsoleta. 

La voce narrante nei documentari

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Robert Flaherty

Le prime voci narranti negli anni 30 e 40 erano spesso affidate ad una voce maschile. Era un metodo molto impersonale che non donava personalità al film. Sembrava quasi che fosse un’unica voce narrante uguale per tutti i documentari, tanto che molti la soprannominarono In modo ironico la voce di Dio. Alcuni registi cercarono di dare ai propri film una narrazione sonora più originale, interpretando in alcuni casi essi stessi il ruolo della voce narrante. Ad esempio in Nieuwe gronden, in The land (1942) di Flaherty, in The battle of San Pietro (1944) di John Huston

In altri film fu impiegata una voce popolare, come quella di Ernest Hemingway e di Orson Welles in Spanish Earth. In The 400 million (1938), entrambi di Ivens; in Native land (1942) di Leo Hurwitz e P. Strand, con voce dell’attore nero Paul Robeson. Nei documentari dell’inglese Humphrey Jennings, London can take it (1940) con la voce del radiocronista statunitense Quentin Reynolds. In Words for battle (1941) la voce di Laurence Olivier, The true story of Lili Marlene (1944), voce di Marius Goring, A diary for Timothy (1945) voce di Michael Redgrave. Let there be light (1946) di Huston, con voce del padre Walter Huston, un documentario sui soldati affetti da disturbi psicotici, censurato fino al 1980.

Cinema indipendente e documentario

Se c’è un genere preferito dal cinema indipendente e di avanguardia è sicuramente il documentario, perché permette, senza gli artifici del cinema di finzione, di sperimentare nuovi linguaggi e realizzare opere importanti senza disporre di grandi budget. La differenza tra cinema documentario e finzione non ha motivo di esistere perché anche l’autore del documentario, se filma la realtà, la filtra attraverso la propria visione del mondo. Niente è reale quanto lo sguardo soggettivo di chi osserva. Anche il documentarista crea il suo film partendo dal suo immaginario, facendo delle scelte di racconto, di inquadrature, di montaggio e di suono. Il documentario interpreta e reinventa la realtà come il cinema di finzione, utilizzando “pezzi” di vita reale. 

Hampi - Valley of the Kings

Hampi - Valley of the Kings
Ora disponibile

Documentario, di Ramsay S. James, Tom Sands, UK/India, 2012.
Il piccolo villaggio di Hampi era una volta la capitale di un impero che si estendeva in tutta l'India meridionale. Ma con le fortificazioni della città antica in rovina, Hampi ha poche difese contro le forze di sviluppo invasori. Negli ultimi 15 anni, il turismo è cresciuto del 75% e ora minaccia lo stile di vita della comunità locale e la ricca diversità della fauna selvatica che vive nelle vicinanze. Bobby Vallabhchandra possiede una vasta area di terreno ad Hampi e l'ha trasformata in una riserva naturale, cercando di preservare un paesaggio unico di fronte alla crescente industrializzazione. Il documentario presenta incredibili filmati di leopardi, coccodrilli, orsi selvatici e una miriade di altri animali selvatici.

LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano

Tipi di documentario

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Orson Welles

Il falso documentario

It’s all true e F for fake: con questi due titoli Orson Welles sperimenta il falso documentario da pioniere. Il falso documentario è un genere nel quale gli eventi sono messi in scena attraverso il metodo della finzione, ma vengono presentati come testimonianza di fatti e azioni reali. Il regista può utilizzare attori dirigendoli come in un film di finzione ma facendo credere al pubblico che sia tutto vero, registrato in presa diretta con la realtà, senza il suo intervento. In realtà il falso documentario è un’invenzione molto più antica. Tra i primi film che possiamo citare c’è il capolavoro Haxan, la stregoneria attraverso i secoli di Benjamin Christiansen, un film che miscela horror, documentario e film saggio. In questo film si passa con incredibile disinvoltura da una ricca messa in scena fantasy, a sequenze in cui la narrazione è portata avanti come un (falso) documentario scientifico. 

Il falso documentario ha trovato, tra la fine degli anni novanta e gli inizi degli anni 2000, una grande applicazione nel cinema Horror. Molti film horror come ad esempio The Blair Witch Project, sono girati con stile realistico, spesso con la cinepresa usata a mano, per creare un’impressione di realtà che rende più spaventosa la narrazione. 

Si tratta della tecnica del found footage, dove il ritrovamento di un video costituisce il principio della narrazione. In alcuni casi come in Non aprite quella porta il found footage costituisce solo una piccola parte del film, ed è inserito dentro una struttura generale di finzione. In The Blair Witch Project invece il pretesto del found footage è la base per la narrazione e lo stile dell’intero film, dall’inizio alla fine. Altri registi famosi invece come Woody Allen usano il falso documentario attraverso la creazione di cinegiornali con uno stile molto realistico, simile ai cinegiornali di propaganda. Un esempio è il film di Allen Zelig, dove le avventure del personaggio principale vengono raccontate attraverso questi finti inserti giornalistici. 

Il mockumentary

Block-notes-di-un-regista
Federico Fellini, Block-notes di un regista

Mentre il falso documentario ha un intento narrativo ed il tono con cui il narratore racconta la vicenda è verosimile, il mockumentary ha un intento di manipolazione della realtà con effetti di parodia. Nel mockumentary il regista può spingersi in un territorio astratto, dove usa la realtà per prendersi gioco della realtà. Il mockumentary quindi è principalmente una questione di stile. Il narratore usa l’estetica del documentario ma gli eventi sono evidentemente irreali, grotteschi, eccessivi. Come ad esempio in quello strano oggetto cinematografico che è Blocknotes di un regista di Federico Fellini: un capolavoro che porta il genere mockumentary ad un livello ancora mai sperimentato. 

Docufiction

La docufiction non va confusa con il falso documentario o il mockumentary. Si tratta in genere di film in cui alcuni eventi della narrazione vengono ricostruiti con la finzione, a causa dell’impossibilità di filmarli realmente. Ad esempio documentari il cui c’è bisogno di ricostruzioni d’epoca con attori, documentari in cui è necessaria una messa in scena del passato, del futuro. Oppure un presente che non è possibile filmare. 

Una visione curata da un regista, non da un algoritmo

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Immagine di Adele Resilienza

Adele Resilienza

Laureata in giurisprudenza, grafologa, sceneggiatrice, scrittrice, storica e critica cinematografica dal 2010.

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