La Chimera

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La Chimera è un film drammatico del 2023 diretto da Alice Rohrwacher. Il film è stato presentato in concorso alla 76ª edizione del Festival di Cannes, dove ha ricevuto il Premio AFCAE.

Il film racconta la storia di Arthur, un giovane archeologo inglese che, dopo la morte della sua amata, Beniamina, torna nella sua città natale, Tarquinia, in Italia. Qui, Arthur ritrova la sua vecchia banda di tombaroli, che si guadagna da vivere rubando reperti archeologici. Arthur ha un dono speciale: è in grado di sentire il vuoto sottoterra, dove si trovano le tombe antiche.

Insieme alla banda, Arthur inizia a scavare in cerca di tesori. Ma il mondo dei tombaroli è pericoloso e pieno di trappole. Arthur si trova a dover fare i conti con la sua coscienza e con il suo passato.

Il film è un’allegoria del rapporto tra vita e morte, tra passato e presente. La chimera, creatura fantastica con parti di animali diversi, rappresenta l’unione di questi due mondi.

Il film è stato accolto positivamente dalla critica, che ha lodato la regia di Rohrwacher, le interpretazioni degli attori e la bellezza delle immagini.

Il cast del film è composto da Josh O’Connor, Carol Duarte, Isabella Rossellini, Alba Rohrwacher e Vincenzo Nemolato.

Josh O’Connor interpreta Arthur, il protagonista del film. Carol Duarte interpreta Beniamina, l’amore perduto di Arthur. Isabella Rossellini interpreta la madre di Arthur. Alba Rohrwacher interpreta la sorella di Arthur. Vincenzo Nemolato interpreta il capo della banda di tombaroli.

Trama

La trama del film La Chimera si svolge negli anni ’80 e segue le vicende di Arthur, un giovane archeologo inglese che, dopo la morte della sua amata, Beniamina, torna nella sua città natale, Tarquinia, in Italia.

Arthur è un uomo tormentato dal dolore per la perdita di Beniamina. Il suo rapporto con la ragazza era stato intenso e passionale, e la sua morte ha lasciato un vuoto incolmabile nella sua vita.

A Tarquinia, Arthur ritrova la sua vecchia banda di tombaroli, che si guadagna da vivere rubando reperti archeologici. La banda è guidata da un uomo chiamato Manlio, che è anche un amico d’infanzia di Arthur.

Arthur ha un dono speciale: è in grado di sentire il vuoto sottoterra, dove si trovano le tombe antiche. Questo dono gli permette di trovare tesori che altri tombaroli non riescono a vedere.

Insieme alla banda, Arthur inizia a scavare in cerca di tesori. I primi scavi sono un successo, e Arthur inizia a guadagnare soldi e a farsi una reputazione nel mondo dei tombaroli.

Da un lato, Arthur è attratto dal denaro e dal potere che gli offre il mondo dei tombaroli. Dall’altro lato, Arthur è consapevole che il suo lavoro è illegale e dannoso per il patrimonio culturale italiano.

Inoltre, Arthur inizia a rivedere Beniamina nei suoi sogni. I sogni di Arthur sono sempre più vividi e intensi, e lo portano a riflettere sul suo passato e sul suo futuro.

Produzione

La produzione del film La Chimera è iniziata nel 2022 e si è conclusa nel 2023. Il film è stato girato in Italia, principalmente nelle città di Tarquinia e Roma.

La produzione del film è stata curata dalla società Tempesta Film, in collaborazione con Rai Cinema. Il budget del film è stato di circa 3 milioni di euro.

La regia del film è stata affidata a Alice Rohrwacher, che ha anche scritto la sceneggiatura insieme a Francesco Munzi. Il cast del film è composto da Josh O’Connor, Carol Duarte, Isabella Rossellini, Alba Rohrwacher e Vincenzo Nemolato.

Le riprese del film sono iniziate a Tarquinia, una città della provincia di Viterbo, nel giugno 2022. Le riprese si sono svolte in diversi luoghi della città, tra cui il sito archeologico di Tarquinia, il Museo Nazionale Etrusco di Tarquinia e le campagne circostanti.

Le riprese sono poi proseguite a Roma, dove sono state girate le scene ambientate nella città. Le riprese romane si sono concluse nel settembre 2022.

Il montaggio del film è stato curato da Marco Spoletini. La colonna sonora del film è stata composta da Giovanni Sollima.

Il film è stato presentato in concorso alla 76ª edizione del Festival di Cannes, dove ha ricevuto il Premio AFCAE. Il film è stato distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 23 novembre 2023.

Ecco alcuni dettagli aggiuntivi sulla produzione del film:

  • La scelta di Tarquinia come location del film è stata dettata dalla presenza del sito archeologico di Tarquinia, che è uno dei più importanti siti archeologici etruschi del mondo.
  • Le riprese del film sono state autorizzate dal Ministero della Cultura italiano.
  • La produzione del film ha collaborato con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Etruria Meridionale.

Distribuzione

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La distribuzione del film La Chimera è stata curata dalla società 01 Distribution. Il film è stato distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 23 novembre 2023.

Inizialmente, il film è stato distribuito in un numero limitato di sale, principalmente nelle grandi città italiane. Tuttavia, a seguito dell’appello di Alice Rohrwacher e Josh O’Connor, il film è stato riprogrammato in numerose sale cinematografiche italiane, divenendo il primo incasso in molte sale delle più grandi città italiane tra cui Milano, Roma, Bologna, Torino e Firenze.

Il film è stato distribuito anche in altri paesi, tra cui Francia, Germania, Stati Uniti e Regno Unito.

Ecco alcuni dettagli aggiuntivi sulla distribuzione del film:

  • Il film è stato distribuito in Italia da 01 Distribution, una società di distribuzione cinematografica italiana.
  • Il film è stato distribuito in un numero limitato di sale per la prima settimana di programmazione.
  • Il film è stato riprogrammato in numerose sale cinematografiche italiane a seguito dell’appello di Alice Rohrwacher e Josh O’Connor.
  • Il film è stato distribuito anche in altri paesi, tra cui Francia, Germania, Stati Uniti e Regno Unito.

Recensione

di Fabio Del Greco

La chimera di Alba Rohrwacher è sicuramente un film molto interessante rispetto a quello che siamo abituati a vedere da anni nel panorama italiano. Un film coraggioso, con una recitazione naturalista, con improvvise accensioni di sperimentazioni visive, con immagini e fotografia di notevole gusto figurativo. 

Il confina che segna la netta differenza tra La chimera e gli altri film che ho visto nell’ultimo anno è la volontà di tornare ad un cinema arcaico, un cinema di immagini potenti che preferisce il contenuto piuttosto che la confezione, un cinema che manifesta la volontà di tornare allo stile dei grandi maestri del cinema italiano degli anni 50 e 60, con un’estetica realistica e quasi documentaristica, personaggi che sembrano persone reali spiate da una telecamera nascosta come in una straordinaria ricerca antropologia. 

Il film è popolato di personaggi folli e bizzarri, outsider che esprimono tutta la loro umanità attraverso gesta e linguaggio coloriti e chiassosi, a tratti deliranti. È un film che cerca anche di sperimentare con immagini amatoriali degli anni ottanta che inquadrano il cielo e gli uccelli in volo, inquadrature che si capovolgono, immagini di corse accelerate che ricordano Pinocchio di Comencini o, ancora prima, Otto e mezzo di Federico Fellini

Peccato però che di tutto questo ci sia davvero poco di originale, di creazione personale della regista e della sua visione del mondo. Peccato anche che manchi completamente la qualità che più di ogni altra contribuisce a fare grande un film: il rigore. Sono questi due elementi che ridimensionano completamente le potenzialità di questo racconto cinematografico e lo mettono in linea con una certa categoria di film che oggi cerca di imitare I maestri del passato per cercare di innalzare la propria qualità al di sopra della mediocrità contemporanea. 

Il primo elemento, la non originalità, dilaga ovunque nel cinema contemporaneo, fino ad arrivare ai vertici attuali di certe piattaforme di streaming che producono un cinema algoritmico e fotocopiato, imbarazzante. Oppure di certi autori che, copiando a mani basse sequenze, scene, inquadrature, perfino dettagli e trucco del cinema di Federico Fellini riescono a vincere addirittura i grandi premi del Nuovo Cinema Mondiale ed essere consacrati come guru delle immagini in movimento. La situazione contemporanea per l’arte e per il cinema è davvero imbarazzante. In trappola. 

Non è questo il caso de La chimera che riesce comunque ad avere una sua personalità e un suo mondo poetico. Ma chi conosce bene il cinema di Federico Fellini comincia a vedere intere scene copiate dai film del maestro dall’inizio del film della Rohrwacher. La scena del falò sembra uscita direttamente da Amarcord e uno dei personaggi indossa un cappellino di lana proprio come il matto Giudizio. 

Impossibile qui elencare tutte le clonazioni, le citazioni e le “sbrodolate” felliniane che ci sono nel film ma mi limito a dire che quasi l’intero racconto per immagini è fatto di pezzi, citazioni, rimpasti felliniani. E qui quello che poteva essere un mondo fortemente originale, una storia di tombaroli arcaica raccontata come nessuno aveva mai fatto, crolla. All’immaginario felliniano si aggiunge, citato in modo meno diretto, quello di Pasolini e di un certo modo di dirigere gli attori e concepire i personaggi, i paesaggi, le periferie del mondo. 

Perché ancora, per la millesima volta, continuare a citare e a copiare l’immaginario di qualcun altro, anche se era un maestro? Per vincere un nuovo grande premio del Cinema Mondiale, che i cloni felliniani sembrano attirare come mosche verso miele? No. La risposta è che oggi sembra proprio mancare l’immaginario. O meglio: manca il coraggio di cercarlo fino in fondo, assumendosi tutte le responsabilità. Sicuramente manca l’immaginario potente e indimenticabile dei grandi autori e sembra che i registi di oggi debbano a tutti i costi appoggiarsi a qualcosa che è stato già creato e consolidato, rinunciando ad una propria visione originale del mondo, rinunciato al rischio di un’avventura unica. 

Ovviamente è lecito citare, essere ispirati da autori del passato. Anche Fellini lo era, con la differenza però che il suo stile trasfigurava completamente le sue ispirazioni, diveniva ancora più potente della materia da cui prendeva spunto. La grandiosità del cinema è proprio quella di creare il proprio immaginario. Manca la capacità di creare un immaginario unico e personale che si distingua da qualunque cosa sia stata già fatta. 

Addirittura intere giurie, esperti internazionali, Industrie dell’immaginazione, mondi accademici della “finta” arte premiano persone che clonano immaginari. Siamo ad un capolinea da cui deve per forza ripartire un nuovo treno. C’è qualcosa che non funziona e che desta molti sospetti, nel cinema ed in molti altri settori. Ma non è questo l’unico problema de La chimera. Ce n’è un altro forse ancora più gravoso. Si chiama “rigore”, ed è quella qualità che ogni film chiede disperatamente al proprio autore per poter esistere come un meccanismo che funziona. 

La prima parte del film, eccetto la bellissima scena di apertura, si perde in divagazioni di cui non si riesce a comprendere la funzione, personaggi superflui che, se tagliati completamente dalla pellicola, avrebbero favorito molto il coinvolgimento dello spettatore. Invece subentra quasi subito la noia.

Il film si allunga continuamente in un brodo primordiale e folcloristico di volti pittoreschi, urla, paesaggi, atmosfere, affreschi che, presi singolarmente, possono anche affascinare per qualche istante. Ma ad un certo punto del film ci si chiede: a cosa servono tutte queste immagini? Qual è il loro ruolo nel teorema matematico che ogni film riuscito dovrebbe essere? La conseguenza di tutta questa mancanza di rigore è la noia. Il racconto inizia realmente solo quasi a metà film quando il gruppo di tombaroli entra nella prima tomba.

Nella seconda parte invece ci sono le sequenze più riuscite e originali. Forse quella più bella è l’asta d’arte che si tiene in mezzo al lago su un vaporetto che sembra uscito dal fiume Mississippi, in una delle scene più visionarie del cinema italiano degli ultimi anni. La soggettiva della statua che affonda, dopo essere stata buttata dal protagonista sul fondo del lago, è davvero bellissima, conclusa da una straordinaria immagine finale in cui la testa alza il fango e la sabbia sul fondale. 

Tutta la sequenza conclusiva del film funziona molto bene e lascia il segno. L’eroe non riesce a redimersi attraverso l’amore e sceglie di uscire di casa, da un letto caldo dove può trovare una vita normale e confortevole, e andare incontro alla sua rovina, alla sua ossessione delle tombe. 

La potenza della scena finale, che ovviamente qui non racconto, consiste nell’identificazione dello spettatore nella soggettiva, nel transfert che ci consente di provare le stesse terribili emozioni del protagonista. La stessa magia che accade nella scena della testa che sprofonda nel lago. 

In conclusione La chimera è sicuramente un film da vedere, al di sopra della media del cinema di oggi. Sicuramente è un film molto diverso da quello che siamo abituati a consumare come prodotti “usa e getta”. Ma è anche un’occasione mancata di poter far nascere un nuovo capolavoro, qualcosa del quale il cinema industriale contemporaneo sembra avere terrore puro. Mai essere originali fino in fondo, mai plasmare nuovi immaginari mai visti. Potrebbe non funzionare al botteghino. Gli autori di oggi sembrano avere un terribile complesso di inferiorità, succubi e portavoce dei grandi maestri del passato. 

È come se essi dicessero: chi sono io per plasmare il mio immaginario se c’è già un genio, che lo ha fatto molto meglio prima di me, e posso appoggiarmi su di lui? Dimenticando la cosa fondamentale, cioè che l’immaginario è unico, personale, inimitabile. Bisognerebbe andare a fondo e liberarsi da tutte le influenze per incominciare a creare i nuovi grandi capolavori del cinema italiano. I grandi registi non girano film, non fanno cinema, ma inventano altri mondi, inventano il Cinema. 

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Fabio Del Greco

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