L’incontro col cinema
Fabio del Greco nasce nel 1974 a Pescara, città abruzzese sul mare Adriatico. All’età di 10 anni, tra film al cinema ed in home video, incomincia a scoprire il cinema. Già dalle scuole elementari scrive brevi racconti.
All’età di 12 anni si avvicina sempre di più alla narrazione per immagini: la sua grande passione diventa fare film. Durante le scuole medie realizza diversi lungometraggi con gli amici, mai completati definitivamente. Si tratta di rudimentali esperimenti di lungometraggi di avventura fantasy, girati con una vecchia telecamera a tubo catodico con videoregistratore portatile, che consentono a Del Greco di capire i meccanismi del fare cinema.
Poi, alla fine degli anni 80, gli regalano un moderno camcorder VHS che gli consente di dedicarsi più seriamente all’attività di filmmaking. Questi abbozzi di lungometraggi mai completati si rivelano una straordinaria scuola di cinema. Userà frammenti di quelle scene più di 30 anni dopo nel film Mistero di un impiegato. In questo periodo i film di riferimento sono quelli di Brian De Palma, di Stanley Kubrick e di Martin Scorsese, insieme a molti altri autori del cinema americano.
Nel 1994 si iscrive alla Facoltà di Lingue e lettere straniere dell’università Gabriele d’Annunzio di Pescara, l’unica nella città ad avere un corso di cinema. L’esperienza conferma la sua convinzione che non è interessato agli studi teorici di cinema e a portare a termine la laurea ma sperimentare la realizzazione di nuovi progetti cinematografici come regista, sceneggiatore, attore e montatore.
In questo periodo scopre si innamora del cinema d’autore in particolare dei film di Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini e gli altri autori del grande cinema italiano, che cambieranno completamente la sua idea di cinema. Guarderà e studierà innumeri volte quello che reputa il più importante film della storia del cinema: Otto e Mezzo.
I primi cortometraggi
Nel 1996, con materiale girato anni prima, realizza il suo primo cortometraggio Giorni d’estate. È una storia costruita a flashback che porta il protagonista, lo stesso Fabio del Greco, a ricordare tutte le disavventure vissute con un amico con il quale ha perduto i contatti, e di cui apprende il recente omicidio ascoltando la radio. Il cortometraggio racconta la perdita dell’innocenza il doloroso passaggio dall’ adolescenza all’età adulta. Si tratta di una presa di consapevolezza di come nella vita, nonostante i tanti incontri che facciamo, siamo destinati a percorrere strade solitarie e individuali.
Nel 1997 realizza Luci della città, un film di circa 30 minuti in bianco e nero sull’alienazione di un giovane borghese durante il freddo periodo di Natale, tra droga, furti e strane visione dell’infanzia, mentre tra le luci della città si consuma il rito consumistico delle feste di fine anno.
I due film sono stati montati con la tecnologia analogica a nastro magnetico, utilizzando una centralina di montaggio che collegava due videoregistratori VHS. Entrambe i cortometraggi sono selezionati da Enrico Ghezzi all’edizione del Festival di Bellaria del 1997.
Trasferimento a Roma
Nel 1998 si trasferisce a Roma e studia alla scuola di cinema Maldoror di Piazza Vittorio, diretta dal regista algerino Kadur Naimi. Studia anche all’università del Dams di Roma Tre. Nel frattempo inizia a frequentare i set cinematografici industriali come comparsa, assistente alla regia e attore in ruoli secondari.
Questa diventa una seconda importante scuola di cinema attraverso cui apprende i meccanismi produttivi ed il lavoro sui grandi set, come quello del film The Gangs of New York di Martin Scorsese, dove conosce il poeta e drammaturgo Massimiliano Perrotta con cui collaborerà in molti film per la sceneggiatura.
Cortometraggi universitari
La scuola di cinema e l’università non lo soddisfano dal punto di vista creativo e procede alla realizzazione di nuovi film coinvolgendo gli amici del Dams di Roma Tre. Gira diversi cortometraggio con l’attore Karim Galici, ma il risultato più interessante del periodo universitario romano è La luna in Ariete, mediometraggio del 2000, dove lui stesso interpreta il protagonista.
La luna in Ariete è la storia di un giovane aspirante poeta che arriva a Roma dopo aver abbandonato la sua città di provincia. Incontra editori corrotti che gli rubano il manoscritto, incontra una ragazza di cui si innamora ma che lo abbandona e lo tradisce.
Il film, della durata di circa 50 minuti, è interpretato dallo stesso Fabio del Greco con uno stile che oscilla tra l’ironia grottesca e il dramma esistenziale. Si tratta di una riflessione sull’arte e la sua manipolazione, girato in uno stile molto personale. Al film collaborano gli attori Karim Galici, Valerio Mollica e lo scrittore Claudio Lorusso.
Lo sviluppo di progetti all’interno del cinema ufficiale
Dopo aver scritto 3 sceneggiature e aver tentato di realizzarle all’interno dell’Industria cinematografica italiana, tra uffici di produttori/burocrati legati ai fondi pubblici, Del Greco si rende conto che ogni progetto cinematografico dipende dai finanziamenti pubblici statali ed europei, e che quella non è una strada sostenibile per sviluppare un prolifico e coerente discorso artistico.
I tempi di sviluppo diventano lunghissimi e le possibilità di realizzare un progetto sono legate a situazioni ed a meccanismi che poco hanno a che fare con la creatività e con la forza trasformatrice dell’arte. Conosce molti operatori del settore e si rende conto che il cinema non dà possibilità di espressione come la letteratura e le altre altre arti: anche il cinema d’essai si rivela un’industria passiva, un cadavere tenuto in vita dai finanziamenti statali e monopolizzata da una strampalata casta culturale.
Il cinema di intrattenimento invece esiste ancora, ma è legato alle mode, alle politiche editoriali delle televisioni, ai comici televisivi o ai terribili film di Natale. Dopo un periodo di deludente inattività e di impoverimento creativo, convinto che il cinema è un’arte che può essere praticata al di fuori dei meccanismi farraginosi del circuito mainstream, decide di dedicarsi a tempo pieno alla realizzazione di film indipendenti, producendo egli stesso ogni suo progetto, senza dipendere dai burocratici meccanismi ufficiali di produzione dei film, che ruotano esclusivamente intorno ai soldi e ai temi che interessano chi li gestisce.
Una vita migliore
Dopo aver lavorato in centinaia di set cinematografici industriali a Cinecittà e come assistente alla regia, montatore e piccoli ruoli da attore, nell’estate del 2007 gira il suo primo lungometraggio, Una vita migliore, un noir sul sottobosco del mondo dello spettacolo, in cui interpreta il protagonista Andrea Casadei, un investigatore privato che usa microfoni e microspie audio per ascoltare le vite degli altri.
Le sue indagini incroceranno l’attrice di b-movie Marina. Dal film emerge un mondo di corruzione e di degrado esistenziale nella Roma dei primi anni 2000. Il film è in bianco e nero,girato con un budget bassissimo, e viene distribuito nel novembre 2007 ed è definito da cinemaitaliano.info il miglior esordio cinematografico italiano del 2007.
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Mondo folle
Qualche anno più tardi, nel 2010, gira Mondo folle, un thriller dramma che racconta la vita di un lavoratore precario nell’epoca berlusconiana, dei festini politici e degli scandali sessuali della classe dirigente. Luca, sempre interpretato dallo stesso Fabio del Greco, è un cameriere precario che lavora in un ristorante che rifila cibi avariati ai clienti e non paga i dipendenti.
La svolta arriva quando Luca incontra una sua vecchia amica dell’Università che sta guadagnando molti soldi con il suo locale notturno: è un locale dove si incontrano i politici per conoscere giovani escort e sniffare cocaina. Luca inizia una relazione con la sua ex amica e gestisce il locale insieme a lei. I soldi arrivano a fiumi ma la situazione precipita in una ragnatela di ricatti, telecamere nascoste e violenza, fino ad un finale di puro action movie.
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Io sono nulla
Negli anni successivi Del Greco gira Io sono nulla, distribuito nel 2015 a livello internazionale. Si tratta di un thriller esistenziale che tratta, attraverso il genere thriller e avventura, tematiche filosofiche ed esoteriche. È la storia di Vasco, interpretato da Vasco Montez, un ricco palazzinaro di Roma legato con la malavita che perde la memoria a causa di un agguato da parte di un killer.
Da quel momento inizia un viaggio intorno al mondo alla ricerca di cure che gli restituiscano la memoria, tra India, Sud America e Stati Uniti, provando sia metodi orientali che metodi di medicina occidentale. Quello che dovrà affrontare davvero però sarà il suo lato oscuro.
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Altin in città
Altin è un immigrato albanese sbarcato clandestinamente in Italia che ora lavora in una modesta macelleria di periferia. Il suo sogno è diventare uno scrittore famoso. Ha scritto infatti un romanzo intitolato Il viaggio di Ismael, che decide di proporre in un reality show televisivo per scrittori. Inizia così un viaggio dentro il mondo artificiale dello show business, che diventa per Altin anche l‘incontro con il suo lato oscuro.
Un film onirico e surreale sull’ambizione e sulla smania di successo, e su come essi possano lentamente e inesorabilmente distruggere un essere umano. Altin è la tragica vittima di se stesso, un ambizioso immigrato che vuole conquistare la fama in Occidente anche a costo di recidere definitivamente le proprie radici.
Un uomo che entra inconsapevolmente in una trappola, il meccanismo falso e implacabile dell’industria culturale manipolata dai media. Nel ruolo di Altin troviamo l’attore albanese Rimi Beqiri che ci regala una performance intensa e convincente. Nel ruolo della diabolica burattinaia del reality show, Mara Le Monde, troviamo invece la bravissima attrice Chiara Pavoni.
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Mistero di un impiegato
A febbraio 2019 esce uno dei suoi film più significativi: Mistero di un impiegato. Giuseppe Russo, interpretato da Fabio del Greco, è un impiegato che conduce un’esistenza molto omologata, tra lavoro da impiegato, spesa dei suoi prodotti preferiti al supermercato, fede politica, fede religiosa e relazione con una donna piuttosto banale come sua moglie.
Il colpo di scena iniziale è l’incontro con uno strano vagabondo che gli consegna dei vecchi nastri VHS dove è filmato lui stesso da ragazzino, ma di cui non ricorda nulla. Inizia così un’indagine esistenziale alla scoperta della sua vera identità.
Si tratta di un film distopico che tratta l’importante tema della volontà occulta da parte di un elite di potere senza scrupoli di sperimentare il controllo sui cittadini comuni attraverso la tecnologia, plasmare la loro identità, le loro abitudini di consumatori e renderli schiavi inconsapevoli.
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La donna dello smartphone
Nel 2019 gira La donna dello smartphone, distribuito all’inizio di marzo 2020. Il personaggio principale, Silvana, interpretato da Silvana Porreca, interpreta nel film se stessa in un gioco di specchi e di auto fiction, riprese documentaristiche fatte con lo smartphone, in presa diretta con la vita, e scene di finzione costruite in maniera tradizionale.
Il film racconta la vita di Silvana che si trasferisce a Roma per lavorare come maestra e si trova ad affrontare mobbing e spiriti di antichi gladiatori romani che la perseguitano, in una città che Del Greco descrive ancora una volta come un complesso girone infernale, influenzato da un karma negativo millenario. La situazione si complica quando il compagno di Silvana interpretato dallo stesso regista Fabio del Greco, decide di uccidere la collega che perseguita Silvana, convinto di fare un’azione etica che contribuisce al miglioramento dell’umanità.
Un film sperimentale complesso, stratificato, che unisce documentario, cine-diario, vita reale, scene di fiction in cui si incontrano toni drammatici e grotteschi, per deviare in un finale thriller con implicazioni spirituali ed esistenziali. Del Greco inventa una maniera di fare cinema molto personale, utilizzando “pezzi di vita”, video girati con lo smartphone, per costruire un racconto solo in parte realistico. Attraverso testimonianze filmate della realtà crea un film di finzione, reinventando e dando una diversa chiave di lettura agli eventi della vita.
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Corona days
Durante il lockdown della pandemia del covid-19 Fabio Del Greco gira un film molto singolare usando di nuovo lo smartphone in esterni, e la macchina da presa in interni. Si tratta di Corona days, una sorta di diario dello stesso regista nei giorni della pandemia. Il film ruota attorno alle elaborazioni del lutto per la perdita del padre ed alla situazione di solitudine dovuta alle restrizioni che bloccano il protagonista da solo in casa.
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Slow life
Ad agosto 2021 viene distribuito il suo nuovo film di Fabio Del Greco Slow life con protagonista il fumettista Alessandro Macaluso e le musiche di Don Backy. Il film racconta la storia di Lino Stella, un impiegato comunale che prende un periodo di ferie per rilassarsi e disegnare fumetti. Le sue vacanze saranno destinate a trasformarsi in un incubo. Tutti contro di lui: amministratrice di condominio, postino, vigili, fidanzata, gatti neri.
Il film oscilla tra commedia grottesca, dramma surreale fino al thriller. Ma la vera natura del film si rivela nel finale dove il regista ci invita ad osservare tutta la vicenda da un punto di vista metafisico. È il racconto di come i nostri sogni e la nostra creatività, sotto la pressione degli influssi negativi e aggressivi della società, possono andare in frantumi. Una società dove anche la visione etica della famiglia è un’utopia.
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Il poeta perduto
Nel 2021 Fabio Del Greco gira il film Il poeta perduto interpretato da lui stesso. E la storia di un aspirante poeta sposato con una donna materialista, interpretata da Chiara Pavoni, e relegato a lavorare nell’ufficio della grande azienda del fratello di lei. Il poeta scappa di casa per incontrare un suo vecchio amico di scuola diventato poeta famoso, con l’obiettivo di comprendere il suo segreto del successo. Ma l’incontro tarda a concretizzarsi. Inizia a vivere per strada, in una città bloccata dalla pandemia del covid, disseminata da lugubri paesaggi futuristici. Qual è il ruolo della poesia e dell’arte in uno scenario simile?