Intervista al francese Pierre-Loup Docteur in concorso a Indiecinema Film Festival 2022

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La nostra conversazione col regista del fantasioso cortometraggio  ‘‘Go! Captain’’

In concorso alla 2ª edizione dell’Indiecinema Film Festival, il surreale cortometraggio Go! Captain di Pierre-Loup Docteur, scritto in collaborazione con Marieke Mille, diverte e commuove; il giovane Max, ancora in lutto per la perdita del padre, incontra Jo, uno strano tipo in tuta da palombaro che, coinvolgendolo in una bizzarra caccia al tesoro, lo guiderà al significato della memoria e gli farà riscoprire l’importanza del ricordo, eredità di chi ci lascia.

Go! Captain è il nome che la madre di Max dà al ludopub che ha scelto di aprire per dare nuova vita ai vecchi giochi da tavolo del marito, perché, appunto, ne resti la memoria, ma è anche, idealmente, il modo in cui il padre chiamava il figlio. Un fil rouge che è parte del ricordo ma che proietta Max verso il futuro, grazie all’incontro con Jo, che nella polvere del suo tesoro gli mostrerà l’importanza dell’eredità lasciateci da chi abbiamo amato.

L’ispirazione del corto

Da dove viene l’idea del titolo? Chi è il Capitano? E’ un richiamo alla poesia di Whitman o al film L’attimo fuggente? E qual è stato il primo passo, per l’ispirazione dell’atmosfera naif e surrealista del film?

Con la mia coautrice, Marieke Mille, non abbiamo pensato subito a Whitman quando abbiamo scelto il titolo. Volevamo un titolo che evocasse l’avventura e l’universo marittimo, ed inoltre che fosse in grado di assumere un altro significato alla fine del film. Go!Captain è il nome del game cafè che la madre di Max ha allestito con i giochi del padre recentemente deceduto. E, alla fine, possiamo pensare che Go! Captain (vai, Capitano!) fosse uno dei modi in cui il padre chiamasse il figlio.
L’idea per il film viene dalla scoperta di un luogo, questo nuovo distretto residenziale costruito proprio accanto ad una fabbrica abbandonata, divisa da una terra desolata. Era come se il passato ed il futuro si guardassero faccia a faccia. E poi abbiamo avuto l’idea di tirar fuori questo avventuriero in un vecchio scafandro, che sembra arrivare da un’altra epoca. E’ lui che ha creato immediatamente l’atmosfera burlesca e surreale del film.

Le gemelle, esperte di crimini, sono un tributo a Shining? O una parodia?

Non ho pensato subito a The Shining. Ho preso l’idea delle gemelle quando ho visto Il posto delle fragole di Bergman, dove ci sono personaggi gemelli. In quel periodo, stavo lavorando alla sceneggiatura di un lungometraggio, un film di serial killer. E le gemelle sono nate da questa associazione. Dopo, naturalmente, ho pensato a The Shining, ed ho pensato fosse un omaggio che mi piaceva.

Fantasia al galoppo, tra Tintin e Buster Keaton!

Lo scafandro ed il cacciavite rimandano al Doctor Who interpretato da Matt Smith e al cacciavite sonico? O ci sono altri riferimenti al genere fantastico dietro?

Non conosco affatto il Doctor Who… L’ispirazione arriva piuttosto da Tintin, il fumetto comico di Hergè, e da un film di Buster Keaton, The Navigator (Il Navigatore).

Il nipote di Alexandre Duvall è una figura mitologica, come il Doctor Who o Mary Poppins, che arriva a salvare ed ‘aggiustare’ vite e poi se ne va? Oppure si ispira ad una figura reale della sua vita?

E’ esattamente così. Volevamo un personaggio che passasse attraverso il film come un angelo benevolo ed aiutasse gli altri personaggi a stare un po’ meglio. Ma allo stesso tempo, volevamo che fosse un personaggio concreto e non solo una metafora. Doveva esistere in carne ed ossa. Ecco perché ha problemi concreti: ha bisogno di un cacciavite per riparare lo scafandro, ha perso la sua barca, sta cercando un tesoro…

Pronti per la caccia al tesoro

L’importanza dei ricordi, dell’eredità di chi amiamo, è il fulcro del cortometraggio?

Assolutamente. La domanda al centro del film potrebbe essere: cosa ci facciamo con questa eredità, questi ricordi? Come la mamma di Max, possiamo scegliere di dargli una seconda vita, così che continuino ad esistere in altra forma. Ecco perché lei ha deciso di creare un cafè con i giochi del marito, cosicchè questi giochi continuassero ad essere usati. Ma possiamo anche lasciare questa eredità sepolta per lungo tempo, come il tesoro di Jo. E quando lo troviamo e finalmente decidiamo di aprirlo, potrebbe essere troppo tardi: il tesoro è stato distrutto dal passare del tempo.

La ricerca del tesoro è la ricerca del significato della vita?

E’ una domanda complicata… ma, in un certo senso, si. O forse, più che il senso della vita, la ricerca del tesoro è la ricerca di un ricordo, di una traccia, di cui abbiamo bisogno per vivere meglio.

Modelli cinematografici e indie movies d’oltralpe

Chi sono i suoi registi preferiti? Ed i generi?

Amo i film noir degli anni 50 e le commedie di Billy Wilder. Ed ho un gusto particolare per i film di finzione che si presuppongono di finzione, film che cercano di inventare il proprio stile narrativo, il proprio universo, la propria singolare atmosfera ed il proprio linguaggio. In questo, sono assolutamente un fan di registi come David Lynch o Jim Jarmusch. E, in Francia, amo quel che fa Bertrand Bonello.

Qual è in Francia la situazione per la produzione di cortometraggi ed in generale per i film indipendenti?

Ci sono molti aiuti pubblici in Francia: televisioni, il Centro Nazionale del Cinema, le regioni. Ma sono aiuti molto selettivi, difficili da ottenere. Ho potuto fare Go! Captain grazie al supporto della Social Housing Union, una organizzazione che si occupa di case sociali in Francia. E sono stato fortunato ad essere supportato ed accompagnato per questo film dalla LA MAISON DU FILM, un’associazione che assiste i giovani autori aiutandoli nella scrittura o facendoli incontrare con dei collaboratori.

Michela Aloisi

Picture of Stefano Coccia

Stefano Coccia