Quanto è terribile essere traditi dalla tua stessa mente? Questi film horror e thriller sul manicomio esplorano l’abisso della follia e affrontano questo tema con paure mentali impensabili. Alcuni di essi sono film indipendenti e d’autore, molti altri sono solo un intrattenimento spaventoso, altri ancora sono spassosi film trash da vedere per la loro stranezza. Gran parte dei film horror raccontano l’orrore del mondo esteriore: diavoli, fantasmi, assassini e crudeli ex amanti con la vendetta in mente. La paura mentale sembra essere molto più profonda, perché il pericolo viene dall’interno. Se è brutto essere traditi da qualcun altro, quanto è ancora peggio essere traditi dal proprio cervello?
Breve storia dei manicomi

Il manicomio è stato il precursore dell’ospedale psichiatrico contemporaneo. La caduta del manicomio e la sua definitiva sostituzione con ospedali psichiatrici contemporanei coincide con la psichiatria organizzata e istituzionale. Mentre c’erano precedenti organizzazioni, la conclusione che l’istituzionalizzazione fosse l’opzione appropriata per trattare con individui ritenuti “pazzi” avvenne nel 19° secolo.
Nel mondo islamico, nel periodo medioevale, i bimaristan sono stati descritti dai turisti europei che hanno descritto la loro meraviglia per la cura e la generosità riservate ai pazzi. Nell‘872, Ahmad ibn Tulun costruì un centro sanitario al Cairo che offriva cure ai pazzi, che includeva terapie musicali. In Europa, invece, per tutto il medioevo, i malati di mente venivano spesso rinchiusi in gabbie o mantenuti all’interno delle mura della città, oppure erano costretti a intrattenere i membri della classe più ricca. Lo sviluppo della legge e della pratica sulla salute mentale di Dave Sheppard inizia nel 1285 con un caso che collegava “l’istigazione del diavolo” con l’essere pazzi.
Il livello di organizzazione istituzionale per la cura e il controllo dei pazzi rimase limitato all’inizio del XVIII secolo. La follia era vista principalmente come una questione privata di cui si occupavano le famiglie e le parrocchie. Alla fine del 17° secolo le cose cambiarono e i manicomi a gestione indipendente per pazzi iniziarono ad ampliarsi e moltiplicarsi. I prigionieri che erano considerati preoccupanti o pericolosi erano incatenati.
Durante l’età dell’Illuminismo, la mentalità nei confronti dei malati di mente iniziò a cambiare. Fu considerata come una condizione che necessitava di un trattamento ponderato che avrebbe aiutato nella riabilitazione del paziente. Il disturbo mentale fu visto come qualcosa che poteva essere affrontato e curato. Nel 1792 Pinel fu il medico di base dell’ospedale Bicêtre di Le Kremlin-Bicêtre, vicino a Parigi. Prima del suo arrivo, i prigionieri erano incatenati in spazi ristretti simili a celle dove c’era scarsa ventilazione, guidati da un uomo chiamato Jackson “Brutis” Taylor. Taylor è stato ucciso dai prigionieri e fu sostituito da Pinel.
Nel 1797, Jean-Baptiste Pussin per primo liberò i pazienti dalle loro catene e proibì la punizione fisica, sebbene si potessero utilizzare le camicie di forza. I pazienti furono in grado di muoversi nei locali del centro sanitario e, alla fine, i sotterranei bui sono stati sostituiti con spazi caldi e ben ventilati. Pinel ha sostenuto che il disturbo mentale era il risultato di un’esposizione diretta estrema alle tensioni mentali e sociali, alla genetica e al danno fisiologico.
A partire dal 1800 fu chiaro che gli istituti psichiatrici erano focolai di abusi e sadismo che avrebbero fatto impazzire un individuo completamente normale. .
Film horror thriller sul manicomio da vedere assolutamente
David & Lisa (1962)
David & Lisa (1962) narra la complessa vicenda di una giovane coppia che si trova a vivere in un manicomio e lotta disperatamente per mantenere la propria libertà. Il giovane David Clemens riceve costantemente cure psichiatriche sotto la supervisione della sua madre premurosa, che si preoccupa intensamente della sua salute mentale. Tuttavia, David finisce per sperimentare un grave peggioramento della sua condizione psicologica, poiché è tormentato dall’ossessiva convinzione che il contatto fisico possa in qualche modo essere letale per lui. A causa di questa paura debilitante, egli si ritira in un atteggiamento freddo e distante, dedicandosi principalmente agli studi di ricerca sui quali si concentra con un interesse quasi esclusivo, in particolare sull’affascinante e simbolico mondo degli orologi. A complicare ulteriormente la sua situazione è l’insistente incubo ricorrente che tormenta le sue notti: un sogno inquietante in cui si vede capace di uccidere le persone grazie a un gigantesco orologio, che diventa simbolo della sua crescente angoscia interiore e del suo conflitto psicologico irrisolto.
Il corridoio della paura (1963)
Con l’obiettivo di vincere un Premio Pulitzer, il giornalista Johnny Barrett vuole scoprire le realtà dietro l’omicidio irrisolto di Sloan, un prigioniero in un manicomio. Convince uno psichiatra, il dottor Fong, a sembrare pazzo quando racconta l’incesto con suo “sorella”, che è impersonato dalla sua fidanzata, Cathy,. La ragazza viene convinta a denunciarlo alle autorità e l’uomo viene incarcerato. Johnny viene sconvolto dalle abitudini dei suoi compagni di prigionia e in un’occasione viene frustato da un gruppo di ninfomani che lo attaccano nel suo reparto.
5 corpi senza testa (1964)
In questo film Joan Crawford veste i panni di una mamma che torna a casa da suo figlio dopo aver investito 20 anni in un manicomio per omicidio. Dopo aver scoperto il suo partner a letto con la sua ragazza, Lucy Harbin li decapita entrambi con un’ascia. Suo figlio di tre anni, Carol, è testimone degli omicidi. Lucy è ricoverata in un ospedale psichiatrico e considerata pazza. Vent’anni dopo, dopo aver scoperto di essere mentalmente sana e riformata, Lucy viene espulsa dal manicomio. Si stabilisce nella fattoria di suo fratello Bill Cutler e della cognata Emily. Anche Carol, ora artista e intagliatrice, vive nella fattoria, essendo stata effettivamente accolta dai Cutler dopo che Lucy è stata rilasciata.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione
The King of Hearts (1967)
King of Hearts è un film sulla prima guerra mondiale e sui manicomi. Alan Bates interpreta un inglese che viene inviato in una città francese deserta durante la prima guerra mondiale per fare attenzione agli avversari che sconfinano. Gli unici residenti della città sono malati di mente che sono partiti da una struttura sanitaria e lo scambiano per il re. Mentre sopporta lo loro follia e il suo ruolo di “re”, cerca disperatamente una bomba che i tedeschi hanno nascosto per far esplodere la città.
Sebbene non abbia avuto successo al momento della sua uscita, King of Hearts finì per essere un punto fermo dei “Midnight Movies” tra la metà e la fine degli anni ’70 insieme ad altri film come Pink Flamingos e The Rocky Horror Picture Show.
Halloween - La notte delle streghe

Horror, di John Carpenter, Stati Uniti, 1978.
31 ottobre 1963, in una piccola città della provincia americana, Haddonfield, Il piccolo Michael Myers uccide a coltellate la sorella Judith. Viene ricoverato in un istituto psichiatrico ma 15 anni dopo, riesce a scappare ed a tornare nella sua città. Il dottor Sam Loomis, lo psichiatra che ha seguito Michael nel corso degli anni, lo conosce molto bene e sa quali potranno essere le sue mosse. Michael uccide un meccanico, indossa i suoi vestiti e torna nella sua fatiscente casa natale, ora abbandonata. Poi cerca di uccidere Laurie Strode e la sua amica Annie, dopo averle pedinate. Intanto il dottor Loomis arriva a Haddonfield. Prova a convincere lo sceriffo che la situazione è pericolosa e deve prendere precauzioni ma l'uomo pensa che sia allarmismo inutile. Durante la serata Laurie ed Annie vanno a fare le babysitter da due bambini in case diverse. Michael spia Annie attraverso la finestra della casa dei Wallace, pronto ad ucciderla.
Film indipendente girato con un piccolissimo budget, ha incassato nel mondo oltre 80 milioni di dollari dell'epoca. E' lo slasher movie di maggior successo e uno dei 5 film più redditizi della storia del cinema, diventato un cult con innumerevoli sequel e reboot. Carpenter descrive in maniera straordinaria la remota provincia americana e fa salire la tensione per oltre un'ora, senza che accada nulla, con una regia lineare ed efficacie, e con musiche ipnotiche realizzate da lui stesso. Un regista geniale che riesce, con pochi e semplici elementi e una piccola produzione, a realizzare un horror destinato a rimanere nell'immaginario cinematografico mondiale.
LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano
Horror Hospital (1973)
La lobotomia è il tema di questo film ambientato in manicomio, e ci sono anche gli zombi. Questa commedia horror britannica mostra un gruppo di individui che vengono inviati a “Brittlehurst Manor”, che apparentemente è una clinica per la salute, ma in realtà è un “Horror Hospital” dove un malvagio medico lobotomizza hippy rapiti. È un film horror stravagante e divertente, non un capolavoro, tuttavia con la giusta mentalità potresti goderti questo piccolo film indie che è stato trascurato a lungo.
Non guardare in cantina (1973)
Il film è ambientato in manicomio e la trama si concentra su un’infermiera che è assunta in un ospedale psichiatrico e scopre lentamente che le persone veramente pazze sono quelle che gestiscono la struttura sanitaria.
Il film è ambientato nello Stephens Sanitarium, un remoto manicomio rurale il cui medico di base pensa che il metodo migliore per gestire la follia sia consentire ai clienti di recitare facilmente le loro verità nella speranza che ne escano fuori. Il film inizia con un’infermiera dello Stephens Sanitarium che fa il suo giro. Dopo uno spiacevole evento in cui un paziente minaccia la sua vita, sceglie di andare in pensione e va a incontrare il medico capo, il dottor Stephens, per informarlo della scelta. Nella procedura di trattamento, il folle ex magistrato, Oliver W. Cameron, fa erroneamente cadere l’ascia nella schiena del dottor Stephens, uccidendolo.
I Never Promised You a Rose Garden (1977)
Il film è basato su un romanzo molto popolare su un’adolescente schizofrenica di una famiglia benestante che resta 3 anni in un manicomio dopo un tentativo di suicidio. Era anche il titolo di una melodia country e western di successo di Lynn Anderson. La graziosa e fortunata Deborah è, all’età di 16 anni, una schizofrenica borderline che trascorre la maggior parte delle sue ore di veglia in uno strano mondo onirico. Dopo un tentativo suicida, finisce in un istituto psichiatrico, dove l’ambiente ostile minaccia di destabilizzare ulteriormente le sue condizioni. .
The Fifth Floor (1978)
I prigionieri governano il manicomio in Il quinto piano. Una studentessa universitaria sana di mente chiamato Kelly (Diane Hull) va in overdose mentre balla in una discoteca, viene erroneamente diagnosticata come suicida e viene quindi mandata al 5° piano di un ospedale psichiatrico, dove un uomo pervertito prova interesse per lei. La maggior parte della paura deriva dal fatto che la ragazza capisce di essere sana di mente, tuttavia nessuno, nemmeno il suo amore, le crederà.
Il gabinetto del dottor Caligari

Horror, fantasy, di Robert Wiene, Germania, 1920.
Il film simbolo dell'espressionismo cinematografico. Francis racconta una storia a un uomo: nel 1830, in un piccolo paese, un tizio di nome Caligari, fa l'imbonitore alla fiera per presentare la sua attrazione, un sonnambulo che tiene sotto ipnosi in una cassa da morto. Il dottore sostiene che il sonnambulo è in grado di conoscere il passato e di predire il futuro. Atmosfere irreali e scenografie deformate, recitazione stilizzata, sdoppiamento di personalità, confusione tra sogno e realtà.
Spunto di riflessione
Personalità dal greco persona significa maschera. Persona deriva dalla parola personalità. L'individualità è un dono dell'esistenza, la personalità è imposta dalla società. La personalità segue il gregge di pecore, l'individualità è un leone che si muove da solo. Finché non lasci andare la tua personalità non sarai in grado di trovare la tua individualità.
LINGUA: tedesco (didascalie)
SOTTOTITOLI: italiano
La nona configurazione (1980)
È una commedia horror sugli ex Marines che risiedono in un castello che è anche un manicomio del governo federale. È stato diretto da William Peter Blatty, noto soprattutto per aver scritto il racconto per il film L’esorcista. Ad un certo punto nei primi anni ’70, verso la fine della guerra in Vietnam, come menzionato nella narrazione di apertura, un grande castello nel Pacifico nord-occidentale viene utilizzato dal governo federale degli Stati Uniti come manicomio per i militari. Tra i tanti pazienti c’è un ex astronauta, Billy Cutshaw (Scott Wilson), che ha interrotto un lancio sulla luna ed è stato trascinato verso un evidente crollo psicologico.
Frances (1982)
Un film con Jessica Lange nel ruolo della starlet di Hollywood Frances Farmer, che ha subito un crollo psicologico dopo essere stata inserita nella lista nera. Nata a Seattle, Washington, Frances Elena Farmer è una ribelle fin dalla giovane età, vincendo $ 100 nel 1931 dagli Scholastic Art and Writing Awards per un saggio di scuola superiore intitolato God Dies. Nel 1935, finisce per essere popolare ancora una volta quando vince un viaggio in URSS per visitare il teatro d’arte di Mosca. Scelta per diventare una starlet, Frances non vuole giocare al videogioco di Hollywood: rifiuta di cedere alle acrobazie promozionali e insiste per apparire sullo schermo senza trucco. Sposa Dwayne Steele, indipendentemente dal fatto che le sia stato consigliato di non farlo, tuttavia lo tradisce con il dichiarato comunista Harry York.
La casetta degli orrori (1987)
Un gruppo di adolescenti desidera andare in un manicomio e scopre un problema. Questo è un folle film slasher degli anni ’80, e quelli con il senso dell’umorismo apprezzeranno la trama divertente e terribilmente pacchiano.
Un gruppo di adolescenti sconfina in un manicomio deserto, ma cosa scoprono lì? Una band punk lesbica con simboli comunisti sui loro strumenti. Cosa accadrà in questo folle scontro? C’è anche un medico legale pazzo nella proprietà … Dovrai guardare questo film terribile e trash per scoprirlo. Non c’è alcuna condizione di identità dissociativa in questo film o alcun disturbo mentale in realtà, è semplicemente spazzatura.
Dogra Magra (1988)
È un’opera d’arte surrealista del regista giapponese Toshio Matsumoto che mostra un ragazzo psicologicamente in difficoltà che è deluso dal fatto che i medici nel suo manicomio si sforzino di trattarlo con un punto di vista orientale. Un uomo uccide la sua donna il giorno del suo matrimonio e impazzisce. Si sveglia in manicomio privo di ricordi, in balia di due misteriosi dottori che mettono in relazione la sua condizione con la sua identità biologica.
Una pagina di follia

Dramma, horror, di Teinosuke Kinugasa, Giappone, 1926.
In un manicomio di campagna, sotto una pioggia torrenziale, il custode incontra i pazienti affetti da malattia mentale. Il giorno dopo arriva una giovane donna che è sorpresa di trovare suo padre lì che lavora come custode. La madre della donna è impazzita tempo primo a causa del marito, quando era un marinaio. Il marito ha deciso di cambiare lavoro per restare vicino alla moglie nel manicomio e prendersi cura di lei. La figlia dice al padre che si sposerà presto, ma il padre è preoccupato perché teme, secondo le dicerie popolari dell'epoca, che la malattia mentale della madre sarà ereditata dalla figlia. Se il giovane sposo e la sua famiglia venisse a sapere della pazzia della madre il matrimonio andrebbe a rotoli. Il custode cerca di prendersi cura della moglie durante il suo lavoro che viene picchiata da altri detenuti, ma questo interferisce con il suo ruolo e viene sgridato dal capo del manicomio. Lentamente il custode perde contatto con la realtà e con i suoi confini dal sogno. Incomincia a sognare ad occhi aperti vincite alla lotteria, quando la figlia lo incontra di nuovo per raccontagli che il suo matrimonio è in difficoltà. L'uomo pensa di portare via la moglie dal manicomio per nascondere la sua esistenza e risolvere ogni problema.
A page of madness è un film indipendente girato con un budget quasi inesistente e poi perduto per quarantacinque anni. Fortunatamente il regista lo ha riscoperto nel suo archivio nel 1971. Si tratta di un film realizzato da un gruppo di artisti d'avanguardia giapponesi, la Scuola di nuove percezioni. Un movimento che aveva come obiettivo superare la rappresentazione naturalistica. Teinosuke Kinugasa è il regista di alcuni dei film giapponesi più belli degli anni Venti. Una pagina di follia è stato paragonato ai grandi film espressionisti tedeschi. Si tratta di un film sperimentale, di avanguardia estrema, che sembra anticipare le atmosfere ed i temi che molti anni dopo avrebbero reso famoso David Lynch. Incubi, distorsioni, sfocature, doppie esposizioni e deformazioni fotografiche: un film che esplora i confini più lontani delle immagini in movimento. Poi ci sono quelle maschere incastonate in un eterno rincorrersi di sbarre, di serrature e di corridoi che alimentano a dismisura il senso di paura e di smarrimento dei vari protagonisti.Yasunari Kawabata, lo scrittore della storia, ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1968.
Senza dialoghi
Il seme della follia (1995)
Un paziente in un manicomio cerca di persuadere il suo terapeuta che i libri di un noto autore stanno facendo impazzire le persone. Nel bel mezzo di una catastrofe indefinita, il dottor Wrenn va da John Trent, un cliente in un ospedale psichiatrico, e Trent racconta la sua storia: Trent, un detective della copertura assicurativa freelance, pranza con un assicuratore, che chiede a Trent di occuparsi del suo più grande cliente esaminando un reclamo della Arcane Publishing con sede a New York. Durante la loro discussione, Trent viene aggredito da un uomo con gli occhi alterati che brandisce un’ascia che, dopo avergli chiesto se conosce il famoso scrittore horror Sutter Cane, viene ucciso a colpi di arma da fuoco dalla polizia.
Do Not Say a Word (2001)
Sfortunatamente le 2 giovani star del film sono morte entrambe in giovane età, Brittany Murphy di polmonite a 32 anni e Skye McCole Bartusiak per un’overdose di droga a 21. Anche se ha altre ambientazioni, come un ricco appartamento di Manhattan, gran parte del thriller criminale Don’t Say a Word è ambientato all’interno di una struttura sanitaria pubblica di salute mentale a New York City. Brittany Murphy interpreta una ragazza con un grave disturbo da stress post-traumatico. Michael Douglas è uno psichiatra famoso che ha bisogno di tirare fuori una serie di numeri da lei ad ogni costo, obbligato dal cattivo del film (Sean Bean) che ha rapito suo figlio.
Lunacy (2005)
È un film ceco ambientato in un manicomio ispirato dal lavoro di Edgar Allan Poe e del marchese de Sade che sfuma i confini tra un malato di mente e il mondo di un ospedale psichiatrico. Jean Berlot (Liska) è un ragazzo profondamente angosciato che in realtà è stato perseguitato da violente allucinazioni di essere stato messo in una camicia di forza da 2 infermieri dopo la morte di sua madre, che era stata ricoverata in un istituto psichiatrico. Durante l’organizzazione del funerale di sua madre, Jean incontra un tipo che dichiara di essere il marchese de Sade (Triska) e vive come se fosse rimasto nella Francia del 18° secolo invece che nella Repubblica Ceca del 21° secolo. Jean stringe un’amicizia con il marchese, tuttavia è spaventato dalla dissolutezza del marchese, in particolare dall’orgia che Jean spia attraverso una finestra aperta.
Palata N ° 6 (2009)
È un film russo il cui titolo cita il reparto n. 6 gestito da uno psichiatra in un manicomio. Uno psichiatra gradualmente impazzisce dopo aver ascoltato le idee di un paziente. Incoraggiante e allo stesso tempo nichilista, Ward No. 6 è basato su una storia di Chekov, in cui un medico psichiatrico finisce per essere un paziente nel suo stesso manicomio. Ambientato nella Russia moderna, il film è un mix di enigmi, tensione e suspense, che mostra quanto sia semplice diventare ciò che temiamo.
Reel Evil (2012)
Il film racconta la storia di 3 registi che cercano di girare un documentario in un manicomio, e scoprono che è infestato dai fantasmi. I cineasti che stanno passando un momento difficile – Kennedy, Cory e James – provano a girare un documentario “dietro le quinte” per una grande produzione di uno studio. Il loro compito diventa complicato quando visitano un manicomio e scoprono qualcosa di molto peggio di qualsiasi cosa possa produrre Hollywood. Catturati all’interno del manicomio senza alcuna via di fuga, la squadra è torturata da presenza malvagie.
Stonehearst Asylum (2014)
Stonehearst Asylum: Ben Kingsley interpreta il direttore di un manicomio le cui cure psichiatriche non tradizionali sono molto discutibili.
La star premio Oscar Ben Kingsley (Gandhi) è il direttore di un manicomio le cui tecniche di trattamento non convenzionali attirano il sospetto di un laureato di Oxford che va al manicomio per finire la sua formazione medica. Sembra che il trattamento stia aiutando i pazienti ma basta il suono delle urla provenienti dalla cantina una notte per convincere lo studente di medicina che qualcosa di terribilmente sta accadendo.
Nise: il cuore della follia (2016)
Questo film sfida le paure della lobotomia frontale e della terapia con elettroshock. Si tratta di un docudramma brasiliano basato sulla storia reale del medico Nise da Silveira, una dottoressa che operava in un ospedale psichiatrico nel 1944, tuttavia rifiutò di eseguire elettroshock e lobotomie poiché le considerava disumane. Piuttosto, conquistò la fiducia dei pazienti trattandoli come persone invece che come animali e cercò di liberarli dalle loro torture mentali attraverso l’empatia e l’espressione creativa.
Session 9
Una squadra di operai specializzati nella rimozione dell’amianto si aggiudica un appalto apparentemente vantaggioso: bonificare in una sola settimana l’enorme e abbandonato Danvers State Hospital. Mentre le pressioni lavorative e le tensioni personali iniziano a erodere i rapporti all’interno del gruppo, il ritrovamento di una serie di vecchie registrazioni di sedute psichiatriche con una paziente di nome Mary Hobbes scatena una lenta e inesorabile discesa nella follia, suggerendo che il male dell’ospedale non è mai veramente scomparso.
Diretto da Brad Anderson, Session 9 è un capolavoro di terrore psicologico che rifiuta i facili jump scare per costruire un’atmosfera di desolazione e decadimento quasi insostenibile. L’ospedale psichiatrico abbandonato non è un semplice contenitore di spettri, ma un vero e proprio genius loci, un’entità la cui storia di sofferenza ha impregnato le mura, agendo come un catalizzatore che specchia e amplifica la fragilità psicologica dei protagonisti. Il film esplora magistralmente il tema della “debolezza” come un’infezione, un punto di accesso attraverso cui il male del luogo si insinua. La scoperta delle nove sessioni registrate, che danno il titolo al film, funziona come una sinistra narrazione parallela che si intreccia con il presente, suggerendo che la storia di Mary e delle sue personalità multiple stia, in qualche modo, rivivendo attraverso uno degli operai. L’orrore di Session 9 è sottile, strisciante, basato sull’ambiguità e sul non visto. La vera paura non risiede in ciò che si nasconde nei corridoi bui, ma nella terrificante possibilità che la follia sia un’eco in attesa, pronta a risuonare nella mente più vulnerabile.
Unsane
Dopo essersi trasferita in una nuova città per sfuggire a un traumatico episodio di stalking, Sawyer Valentini cerca aiuto psicologico, ma si ritrova involontariamente internata in un istituto psichiatrico. Intrappolata contro la sua volontà, la sua situazione precipita nell’incubo quando si convince che uno degli inservienti della struttura sia in realtà il suo persecutore. Sawyer dovrà lottare per distinguere la realtà dalla paranoia e per convincere i medici della sua sanità mentale prima che sia troppo tardi.
Girato interamente con un iPhone da un maestro del cinema indipendente come Steven Soderbergh, Unsane è un thriller psicologico teso e claustrofobico che trasforma la tecnologia di ripresa in un potente strumento narrativo. La qualità grezza e voyeuristica delle immagini amplifica il senso di paranoia e impotenza della protagonista, immergendo lo spettatore nella sua prospettiva angosciante. Al di là della suspense, il film è una critica feroce e tagliente al sistema sanitario privato americano, dove il profitto prevale sulla cura del paziente. L’istituto non è un luogo di guarigione, ma una macchina burocratica che trasforma le persone in numeri e diagnosi per massimizzare i rimborsi assicurativi. L’orrore in Unsane non è soprannaturale, ma spaventosamente reale e sistemico: la perdita di agenzia, l’incapacità di essere creduti e la consapevolezza che le stesse strutture che dovrebbero proteggerti sono quelle che ti imprigionano. È un film disturbante che esplora la follia non come una condizione individuale, ma come il risultato di un sistema disumano.
Spider
Dennis Cleg, soprannominato “Spider“, viene dimesso da un istituto psichiatrico e trasferito in una squallida casa di accoglienza nella zona est di Londra, non lontano dai luoghi della sua infanzia. Muto e tormentato, Spider inizia a ricostruire i frammenti della sua memoria, ossessionato dal ricordo traumatico di come suo padre, un uomo rozzo e violento, abbia ucciso sua madre per sostituirla con una prostituta volgare. Ma la mente di Spider è un labirinto inaffidabile, e la verità potrebbe essere più terrificante dei suoi stessi ricordi.
David Cronenberg adatta il romanzo di Patrick McGrath trasformando la narrazione in un’immersione totale nel “paesaggio psichico” del suo protagonista. Spider non è semplicemente un film sulla malattia mentale; è un film che adotta la logica frammentaria e distorta della schizofrenia come proprio linguaggio cinematografico. La casa di accoglienza e le strade desolate di Londra non sono uno sfondo, ma una proiezione esteriore della mente ingarbugliata di Spider. Cronenberg visualizza magistralmente la prospettiva di un narratore inaffidabile, dove passato e presente si fondono, i personaggi si sovrappongono (una superba Miranda Richardson interpreta tre ruoli distinti) e la realtà oggettiva diventa un concetto irraggiungibile. L’orrore non deriva da eventi spaventosi, ma dalla lenta e angosciante consapevolezza che la memoria è una costruzione fragile e che l’identità può essere un’illusione. È un’opera complessa e desolante, un viaggio senza speranza in una mente che, come una ragnatela, intrappola chiunque vi si avventuri, spettatore compreso.
Shock Corridor
Determinato a vincere il Premio Pulitzer, l’ambizioso giornalista Johnny Barrett si fa internare in un ospedale psichiatrico per risolvere un omicidio irrisolto avvenuto tra le sue mura. Fingendosi pazzo, Barrett si immerge in un mondo di follia e disperazione, interrogando tre pazienti che sono stati testimoni del delitto. Tuttavia, l’esposizione costante al caos e ai traumi dell’istituto inizia a erodere la sua stessa sanità mentale, trasformando la sua indagine in una lotta per non perdere se stesso.
Capolavoro exploitation del geniale e iconoclasta Samuel Fuller, Il corridoio della paura (Shock Corridor) è molto più di un semplice thriller. È una critica feroce e allucinata all’America degli anni ’60, un paese che Fuller vede come una nazione sull’orlo di un esaurimento nervoso. L’ospedale psichiatrico diventa un microcosmo delle tensioni e delle psicosi della società: i tre testimoni rappresentano le ferite aperte della nazione, come un soldato che ha tradito in Corea e un uomo di colore traumatizzato dal razzismo. Fuller dirige con uno stile visivo audace e cinetico, quasi febbrile, utilizzando inquadrature claustrofobiche e un montaggio aggressivo per trasmettere il caos mentale. La scelta di girare in bianco e nero, interrotto da improvvise e violente sequenze a colori che rappresentano gli incubi e le allucinazioni dei pazienti, è una trovata geniale che trascina lo spettatore nella discesa agli inferi di Barrett. Il film è un pugno nello stomaco, un’opera che dimostra come il confine tra sanità e follia sia pericolosamente sottile, specialmente quando si sceglie di guardare l’orrore dritto negli occhi.
The Dead Center
Un medico del pronto soccorso, Daniel Forrester, è ossessionato dal suicidio di un paziente che non è riuscito a salvare. La sua vita prende una piega terrificante quando il cadavere di un altro suicida, un uomo non identificato, si risveglia misteriosamente all’obitorio e viene ricoverato, in stato catatonico, nel reparto psichiatrico dell’ospedale. Mentre Daniel cerca di scoprire l’identità del paziente, si rende conto che l’uomo non è semplicemente tornato in vita: ha portato con sé qualcosa di oscuro e malevolo.
The Dead Center è un gioiello del cinema horror indipendente che fonde con straordinaria efficacia il realismo procedurale di un dramma medico con l’orrore cosmico e soprannaturale. Il regista Billy Senese crea un’atmosfera di autenticità clinica, dove il gergo medico e le routine ospedaliere rendono l’intrusione dell’inspiegabile ancora più agghiacciante. L’orrore non è annunciato da musiche roboanti o effetti speciali vistosi, ma si insinua lentamente, attraverso il comportamento disturbante del paziente e la crescente paranoia del dottor Forrester, interpretato con nervosa intensità dall’autore indie Shane Carruth. Il film esplora il confine labile tra una crisi medica e una metafisica, tra un disturbo psichiatrico e una possessione di natura ultraterrena. La freddezza e la sterilità del reparto psichiatrico diventano il campo di battaglia perfetto per un orrore che sfida la logica e la scienza, dimostrando che anche nel luogo più razionale e controllato, il caos primordiale può trovare un modo per manifestarsi.
Images
Cathryn, un’autrice di libri per bambini affetta da schizofrenia, si ritira con suo marito in una remota casa di campagna irlandese per cercare pace e tranquillità. Tuttavia, l’isolamento non fa che acuire il suo stato mentale precario. Inizia a essere tormentata da visioni di suoi ex amanti, da telefonate misteriose e dalla presenza di una sua doppelgänger. La sua percezione della realtà si frantuma completamente, rendendo impossibile per lei, e per lo spettatore, distinguere tra ciò che è reale e ciò che è frutto della sua mente malata.
Unico e inclassificabile horror del grande Robert Altman, Images è un’opera d’arte cinematografica che esplora la malattia mentale non come un pretesto per la paura, ma come un’esperienza estetica. Altman abbandona la narrazione lineare per immergere completamente lo spettatore nella soggettività frammentata della protagonista, interpretata da una straordinaria Susannah York. Il film opera secondo una logica onirica, utilizzando specchi, riflessi, voci fuori campo e una colonna sonora dissonante (con contributi del percussionista Stomu Yamashta) per creare un’atmosfera di costante disorientamento. L’orrore non nasce da minacce esterne, ma dall’implosione della psiche di Cathryn. È un film che sfida lo spettatore a mettere in discussione la propria percezione, un labirinto psicologico senza via d’uscita che dimostra come il cinema d’autore possa affrontare il terrore con una profondità e una complessità ineguagliabili.
Let’s Scare Jessica to Death
Dopo essere stata dimessa da un istituto psichiatrico, la fragile Jessica si trasferisce con suo marito e un loro amico in una vecchia casa isolata nel Connecticut, sperando di iniziare una nuova vita. Presto, però, la sua stabilità viene minata da strani eventi: sente sussurri, vede una misteriosa ragazza bionda e scopre che gli anziani abitanti della vicina cittadina sono coperti di bende e ostili. Jessica non sa se la casa sia infestata da un vampiro o se stia semplicemente ricadendo nella follia.
Let’s Scare Jessica to Death è un capolavoro del folk horror anni ’70, un film la cui forza risiede nella sua magistrale e sostenuta ambiguità. A differenza di molti horror, non offre mai una risposta definitiva, lasciando lo spettatore, come Jessica, in un perenne stato di incertezza. Il film può essere letto come una storia di vampiri, ma funziona ancora più potentemente come una metafora del gaslighting e della paura di non essere creduti, una condizione fin troppo familiare per chi soffre di disturbi mentali. L’orrore è quasi interamente psicologico, radicato nell’incapacità di Jessica di fidarsi delle proprie percezioni. La performance di Zohra Lampert è straordinaria, capace di trasmettere una vulnerabilità che attira l’empatia dello spettatore. Il film crea un’atmosfera sognante e malinconica, quasi funerea, che rende il terrore ancora più insidioso e pervasivo.
Grave Encounters
La troupe di “Grave Encounters”, un reality show televisivo a caccia di fantasmi, decide di girare il suo sesto episodio chiudendosi per una notte all’interno del Collingwood Psychiatric Hospital, un manicomio abbandonato con una storia oscura. Inizialmente, il carismatico conduttore Lance Preston e il suo team inscenano alcuni eventi per rendere lo show più avvincente. Presto, però, scoprono che l’ospedale è veramente infestato e che le porte, che dovevano riaprirsi al mattino, sono ora sigillate, intrappolandoli in un incubo senza fine.
Uscito nel pieno del boom dei found footage, Grave Encounters si è imposto come uno dei migliori e più terrificanti esponenti del sottogenere, perfezionando la formula dell’orrore in manicomio. Il film è una brillante satira dei programmi televisivi sul paranormale, di cui smaschera la natura performativa e cinica, per poi punire brutalmente i suoi protagonisti per la loro mancanza di rispetto verso la sofferenza del luogo. La sua idea più geniale e spaventosa è quella di presentare l’ospedale non come un luogo infestato da singoli spiriti, ma come un’entità senziente e malevola, un labirinto che altera la propria architettura, manipola il tempo e lo spazio, e gioca con la sanità mentale delle sue vittime prima di consumarle. Sfruttando al meglio le telecamere a infrarossi e la prospettiva in prima persona, il film crea una tensione insopportabile e regala alcuni dei jump scare più efficaci del decennio, trasformando una semplice caccia ai fantasmi in una discesa senza ritorno nell’inferno.
Gonjiam: Haunted Asylum
Il conduttore di un popolare web show horror, “Horror Times”, recluta un gruppo di giovani per esplorare in diretta streaming il famigerato Gonjiam Psychiatric Hospital, uno dei luoghi più infestati della Corea del Sud. L’obiettivo è raggiungere un milione di visualizzazioni e guadagnare una fortuna. Per aumentare lo spettacolo, alcuni membri del team pianificano di inscenare degli eventi paranormali per spaventare gli altri partecipanti. Tuttavia, il gruppo scopre ben presto che gli orrori di Gonjiam sono fin troppo reali e che il loro show si sta trasformando in una lotta per la sopravvivenza.
Gonjiam: Haunted Asylum prende il testimone da Grave Encounters e aggiorna la formula del found footage in manicomio per l’era del live-streaming e degli influencer. Il film sudcoreano è una riflessione terrificante sulla sete di fama e sulla monetizzazione della paura nel mondo digitale. La critica sociale è affilata: i protagonisti non sono investigatori, ma giovani ossessionati dai “like” e disposti a tutto per l’attenzione del pubblico. Questa premessa rende la loro punizione ancora più spietata. Dal punto di vista tecnico, il film è un tour de force: l’uso di molteplici telecamere (GoPro, droni, camere a mano) crea un’esperienza immersiva e caotica. La seconda metà del film è un’escalation di terrore puro, una sequenza ininterrotta di momenti spaventosi che culmina in una delle scene più iconiche e genuinamente disturbanti del cinema horror recente. Gonjiam non si limita a spaventare, ma lascia un retrogusto amaro sulla nostra cultura ossessionata dall’apparenza.
The Atticus Institute
Presentato come un mockumentary, il film ricostruisce la storia del fittizio Atticus Institute, un centro di ricerca sulla parapsicologia fondato negli anni ’70 dal Dr. Henry West. Attraverso filmati d’archivio e interviste ai protagonisti, si racconta di come l’istituto abbia studiato numerosi individui con abilità paranormali, fino all’arrivo di Judith Winstead, una donna i cui poteri superano ogni spiegazione scientifica. Ben presto, il team si rende conto di non trovarsi di fronte a un caso di telecinesi, ma all’unica possessione demoniaca mai documentata e verificata dal governo degli Stati Uniti.
The Atticus Institute si distingue nel panorama del found footage per il suo approccio unico, che mescola l’estetica dei filmati d’archivio con una narrazione da thriller cospirativo. Invece di affidarsi a jump scare e telecamere tremolanti, il film costruisce la tensione attraverso il linguaggio freddo e oggettivo della documentazione scientifica e militare. Questa scelta stilistica conferisce alla storia un’inquietante patina di autenticità. L’orrore non è solo la possessione di Judith, ma la reazione del potere istituzionale: il governo americano, venuto a conoscenza del caso, non cerca di salvare la donna, ma di trasformare l’entità che la possiede in un’arma. Il film diventa così una riflessione agghiacciante sulla hubris umana e sulla tendenza a militarizzare ogni forza, anche quella più incomprensibile e maligna. La possessione demoniaca viene spogliata della sua connotazione religiosa e trattata come una questione di sicurezza nazionale, un’idea tanto originale quanto terrificante.
Asylum Blackout
George, Max e Ricky sono tre amici e membri di una band che, per sbarcare il lunario, lavorano come cuochi nella cucina di un istituto di massima sicurezza per criminali con disturbi mentali, il Sans Asylum. Durante una violenta tempesta, un blackout totale fa saltare tutti i sistemi di sicurezza, comprese le serrature elettroniche delle celle. I cuochi si ritrovano così intrappolati all’interno dell’edificio, assediati da un’orda di pazienti sadici e violenti che prendono il controllo del manicomio, trasformando i corridoi in un mattatoio.
Conosciuto anche come The Incident, Asylum Blackout è un survival horror brutale e senza compromessi, scritto dal futuro regista di Bone Tomahawk, S. Craig Zahler. Il film è un esempio perfetto del sottogenere “siege” (assedio), dove l’orrore non è soprannaturale ma spaventosamente umano. La sceneggiatura di Zahler è nichilista e spietata, priva di eroi o facili moralismi. I protagonisti non sono altro che persone comuni gettate in una situazione estrema, e la loro unica preoccupazione è sopravvivere. La regia di Alexandre Courtès è tesa e claustrofobica, capace di creare una sensazione di panico e soffocamento. La violenza è rappresentata in modo crudo e realistico, senza alcun compiacimento. Asylum Blackout è un’esperienza estenuante e angosciante, un film che esplora la sottile vernice di civiltà che ci ricopre e mostra la ferocia che può scatenarsi quando le regole vengono improvvisamente cancellate.
Don’t Look in the Basement
La giovane e ingenua infermiera Charlotte Beale accetta un lavoro presso il Stephens Sanitarium, un isolato istituto psichiatrico rurale gestito dal Dottor Stephens, un medico dai metodi terapeutici poco ortodossi. Il giorno del suo arrivo, il dottore viene brutalmente ucciso da uno dei pazienti. Il suo successore, la Dottoressa Masters, decide di portare avanti l’esperimento, lasciando che i pazienti vivano liberamente le loro psicosi. Charlotte si ritrova così in un ambiente sempre più caotico e pericoloso, dove i pazienti iniziano a morire uno dopo l’altro.
Conosciuto anche con il titolo The Forgotten, questo film è un gioiello grezzo del cinema exploitation anni ’70, un’opera a basso budget che trasuda un’atmosfera malsana e disturbante. Girato con uno stile quasi documentaristico, il film immerge lo spettatore in un mondo di follia senza filtri, con una galleria di pazienti memorabili e genuinamente inquietanti. Nonostante la sua natura exploitation, il film presenta una sorprendente profondità nella caratterizzazione di Sam, un paziente di colore lobotomizzato che, nonostante la sua condizione, diventa il centro morale della storia e l’improbabile eroe che cerca di proteggere Charlotte. Questa scelta di casting, per l’epoca, fu notevolmente progressista. Don’t Look in the Basement è un film crudo, a tratti sgradevole, ma dotato di un potere ipnotico che lo ha reso un cult intramontabile per gli amanti del cinema più estremo e anticonformista.
Madhouse
Clark Stevens è un giovane e promettente stagista di psichiatria che inizia il suo tirocinio presso il Cunningham Hall Mental Institute, un fatiscente ospedale psichiatrico. Al suo arrivo, scopre che la struttura è in uno stato di caos, con pazienti che sembrano peggiorare e un’atmosfera di paura e paranoia che pervade i corridoi. Ben presto, una serie di brutali omicidi inizia a decimare il personale e i pazienti, e Clark si rende conto che una forza oscura e malevola, forse legata al passato dell’istituto, si è risvegliata.
Madhouse è un solido horror indipendente che attinge a piene mani dalla tradizione del thriller psicologico e del giallo all’italiana, aggiornandola per un pubblico moderno. Il film utilizza con efficacia tutti i tropi classici del genere: il protagonista ingenuo che si avventura in un luogo pericoloso, l’ambientazione gotica e decadente dell’ospedale, una serie di omicidi cruenti e un mistero da svelare. Pur non essendo rivoluzionario, il film riesce a creare una tensione costante e un’atmosfera opprimente. La regia di William Butler è abile nel costruire la suspense, e il cast, che include volti noti del cinema di genere come Lance Henriksen e Natasha Lyonne, offre performance convincenti. Madhouse è un omaggio al cinema horror del passato, un’opera che dimostra come, anche con un budget limitato, sia possibile realizzare un film di genere efficace e coinvolgente.
Dark Feed
Una troupe cinematografica a basso budget decide di girare il proprio film horror all’interno di un ospedale psichiatrico abbandonato, un luogo con una storia sinistra di esperimenti crudeli sui pazienti. Mentre lavorano nell’edificio fatiscente, i membri della troupe iniziano a sperimentare strani fenomeni. Una misteriosa melma nera che trasuda dalle pareti sembra avere un effetto psicotropo su di loro, portandoli lentamente alla paranoia, all’aggressività e a una follia omicida. La finzione del loro film si trasforma in una terrificante realtà.
Scritto e diretto dai fratelli Rasmussen, già sceneggiatori di The Ward di John Carpenter, Dark Feed è un interessante ibrido che fonde elementi del sottogenere dell’ospedale infestato con quelli della “rivolta dei pazienti. La trovata originale del film è che non sono i fantasmi del passato a perseguitare i protagonisti, ma è l’edificio stesso, attraverso una sorta di infezione fisica e psicologica, a trasformare le persone “sane” in nuovi, folli assassini. Il film esplora il concetto di follia come un virus contagioso, un’emanazione del luogo che corrompe la mente. Sebbene la produzione a basso budget sia evidente in alcuni aspetti, Dark Feed riesce a creare un’atmosfera claustrofobica e a offrire alcuni momenti di genuina tensione, soprattutto quando i membri della troupe, un tempo colleghi, iniziano a guardarsi con sospetto e a rivoltarsi l’uno contro l’altro.
Exeter
Un gruppo di adolescenti organizza un rave party sfrenato all’interno di un manicomio abbandonato, l’Exeter School for the Feeble Minded. Durante la festa, uno di loro ha una reazione violenta a causa della droga e i suoi amici, credendo che sia posseduto, decidono di tentare un esorcismo fai-da-te seguendo delle istruzioni trovate su internet. Il rituale improvvisato va terribilmente storto, liberando un’entità demoniaca che inizia a possedere i ragazzi uno dopo l’altro, trasformando la festa in un bagno di sangue.
Prodotto dalla Blumhouse, la casa di produzione che ha rivitalizzato l’horror indipendente, Exeter (conosciuto anche come The Asylum) è un mix esplosivo di teen slasher, film di possessione e commedia nera. Il film non si prende mai troppo sul serio, utilizzando l’ambientazione del manicomio come un parco giochi per l’orrore più caotico e sanguinolento. La trama attinge direttamente alla storia oscura del luogo, legando la possessione demoniaca ai crudeli trattamenti e agli esorcismi che venivano praticati sui pazienti. Il risultato è un film divertente, veloce e pieno di gore, che gioca con i cliché del genere in modo autoironico. Non è un film che punta alla profondità psicologica, ma un’efficace e violenta giostra dell’orrore che riesce a intrattenere e a spaventare con la sua energia anarchica.
Santa Sangre
Fenix, un giovane uomo, è rinchiuso in un ospedale psichiatrico, traumatizzato da un’infanzia trascorsa in un circo grottesco. Da bambino, ha assistito alla mutilazione di sua madre, una fanatica religiosa, per mano di suo padre, un donnaiolo lanciatore di coltelli, che poi si è suicidato. Fuggito dal manicomio, Fenix si riunisce con sua madre, ora senza braccia e leader di una setta. Diventando le “braccia” della madre, Fenix inizia a compiere una serie di omicidi rituali, intrappolato in un rapporto edipico e mortale.
Santa Sangre è il capolavoro visionario e surreale di Alejandro Jodorowsky, un’opera che trascende ogni genere per diventare un’esperienza cinematografica unica. Il film è un’odissea psichedelica e freudiana che utilizza l’estetica del circo, del melodramma messicano e del giallo per esplorare temi come il trauma infantile, il fanatismo religioso e la follia creativa. L’ospedale psichiatrico, nella prima parte del film, è rappresentato non come un luogo di cura, ma come un limbo surreale, un grembo da cui Fenix deve “rinascere” per compiere il suo destino terrificante. Jodorowsky dirige con un linguaggio visivo potente e barocco, creando immagini indimenticabili e cariche di simbolismo. Santa Sangre non è un horror convenzionale; è un poema visivo sull’orrore dell’anima, un viaggio allucinato e bellissimo nel cuore della follia, un film cult che continua a influenzare generazioni di cineasti.
The Ninth Configuration
Il colonnello Kane, uno psichiatra militare, viene inviato in un castello gotico sperduto, adibito a ospedale psichiatrico per soldati americani che hanno avuto crolli nervosi durante la guerra del Vietnam. Molti di loro sembrano fingere la pazzia per evitare il servizio. Kane adotta un approccio terapeutico insolito, assecondando le loro bizzarre fantasie. Tuttavia, mentre cerca di curare i suoi pazienti, in particolare il capitano Cutshaw, un ex astronauta terrorizzato dall’idea di andare sulla luna, Kane deve affrontare i propri demoni e una profonda crisi di fede.
Scritto e diretto da William Peter Blatty, l’autore de L’Esorcista, La nona configurazione è un film inclassificabile e geniale, un’opera che mescola commedia nera, dramma di guerra, thriller psicologico e profonda riflessione teologica. Il manicomio-castello diventa un palcoscenico surreale dove si svolge un vero e proprio dramma sacro. Blatty pone domande fondamentali sull’esistenza di Dio, sul significato del sacrificio e sulla natura del bene e del male in un mondo apparentemente folle. Il film sfida costantemente lo spettatore, alternando dialoghi esilaranti a momenti di violenza scioccante e a intense discussioni filosofiche. È un’opera audace e profondamente personale, che si interroga su chi sia veramente “pazzo” in un universo che sembra aver perso ogni senso. Un cult movie complesso e commovente, che rimane una delle esplorazioni più originali della fede e della follia mai portate sullo schermo.
Frailty
Un uomo si presenta all’ufficio dell’FBI di Dallas, sostenendo di essere Fenton Meiks e di conoscere l’identità del famigerato serial killer noto come “La Mano di Dio”: suo fratello Adam, che si è appena suicidato. In un lungo flashback, Fenton racconta la sua infanzia in una piccola città del Texas, dove suo padre, un uomo vedovo e devoto, un giorno ricevette una visione da un angelo. Convinto di essere stato scelto da Dio, il padre iniziò a “distruggere demoni” che si nascondevano in corpi umani, costringendo i suoi due figli ad assistere e a partecipare ai suoi omicidi rituali.
Sebbene non sia ambientato in un istituto, Frailty – Nessuno è al sicuro, esordio alla regia dell’attore Bill Paxton, è uno dei più potenti thriller psicologici sulla follia e sulla fede. L’intera struttura del film è quella di una confessione, un racconto che si svolge in un ambiente chiuso e claustrofobico, simile a una seduta psichiatrica. Il film esplora il concetto di “manicomio familiare”, un’unità tossica e isolata dal mondo dove la psicosi di un genitore viene trasmessa ai figli come un dogma religioso. L’orrore non è solo nella violenza degli omicidi, ma nella terribile lotta interiore del giovane Fenton, che sa che suo padre è pazzo ma è impotente di fronte alla sua fede incrollabile. Il geniale colpo di scena finale costringe lo spettatore a riconsiderare tutto ciò che ha visto, confondendo magistralmente i confini tra delirio psicotico e missione divina, e lasciando un dubbio agghiacciante sulla vera natura del male.
Asylum
Un giovane e ambizioso medico, il Dottor Martin, si presenta per un colloquio di lavoro in un isolato ospedale psichiatrico per “pazzi incurabili”. Il direttore, Dottor Rutherford, gli propone una sfida per testare le sue capacità: dovrà intervistare quattro dei pazienti più pericolosi e capire, basandosi sulle loro storie, quale di loro è il Dottor Starr, l’ex primario dell’istituto che è impazzito e ora vive tra gli internati sotto una nuova identità. Martin accetta, ascoltando una serie di racconti terrificanti.
Prodotto dalla leggendaria Amicus, rivale britannica della Hammer, Asylum è uno dei migliori esempi di horror antologico, un formato di cui la casa di produzione era maestra. Scritto da Robert Bloch, l’autore di Psycho, il film si distingue per la sua geniale storia di cornice. Trasformando l’intero film in un enigma diagnostico, la narrazione coinvolge attivamente lo spettatore nel tentativo di risolvere il mistero insieme al Dottor Martin. Ogni segmento esplora un diverso tipo di orrore, dal soprannaturale macabro al thriller psicologico, tutti caratterizzati da un’atmosfera gotica tipicamente britannica e da un cast di prim’ordine che include Peter Cushing e Charlotte Rampling. Il colpo di scena finale è beffardo e memorabile, e consacra Asylum come un classico del cinema horror degli anni ’70, un’opera intelligente e spaventosa che gioca con i concetti di narrazione, identità e follia.
Bedlam
Nell’Inghilterra del 1761, la coraggiosa Nell Bowen, protetta del ricco Lord Mortimer, rimane inorridita dalle condizioni disumane del famigerato manicomio di Bethlem, noto come Bedlam. Il sadico direttore, Master Sims, tratta i pazienti come bestie, sfruttandoli per l’intrattenimento dell’aristocrazia. Determinata a riformare l’istituto, Nell si scontra con Sims e con la società corrotta dell’epoca. Per metterla a tacere, i suoi nemici la fanno internare ingiustamente a Bedlam, dove dovrà lottare per la sua vita e la sua sanità mentale.
Prodotto dal leggendario Val Lewton per la RKO, Bedlam è un’opera fondamentale che ha contribuito a definire molti dei tropi del sottogenere del manicomio. Ispirato visivamente alle incisioni satiriche di William Hogarth, il film è una potente denuncia sociale mascherata da horror gotico. Lewton, maestro del terrore suggerito, evita la violenza esplicita per creare un’atmosfera di angoscia e oppressione psicologica. L’orrore non risiede nei mostri, ma nella crudeltà umana e nell’indifferenza della società. Boris Karloff offre una performance memorabile nei panni del mellifluo e crudele Master Sims. Bedlam è più di un film dell’orrore; è un dramma storico intelligente e coraggioso che esplora la follia non come una malattia, ma come un’etichetta usata dal potere per sopprimere il dissenso e la diversità. Un classico senza tempo la cui critica all’abuso istituzionale è ancora oggi terribilmente attuale.
Next of Kin
Dopo la morte della madre, la giovane Linda Stevens eredita Montclare, una grande e isolata tenuta di campagna ora adibita a casa di riposo per anziani. Mentre cerca di mettere ordine tra le cose della madre, Linda trova i suoi vecchi diari, nei quali legge di strani eventi, sussurri notturni e misteriose morti avvenute nella casa anni prima. Ben presto, gli eventi descritti nei diari iniziano a ripetersi nel presente, e Linda si ritrova intrappolata in un incubo, non sapendo se stia perdendo la testa o se una presenza maligna stia perseguitando Montclare.
Acclamato da Quentin Tarantino come un capolavoro, Next of Kin è un gioiello dimenticato dell’Ozploitation (il cinema di genere australiano), un film che fonde magistralmente l’horror gotico a combustione lenta con la tensione di un thriller e l’esplosione di violenza di uno slasher. La casa di riposo funziona come una variante unica dell’istituzione, un luogo dove l’orrore non è la follia, ma la decadenza, la solitudine e l’incombere della morte. Il regista Tony Williams è un maestro nel creare un’atmosfera di presagio e inquietudine, utilizzando lunghi corridoi bui, suoni ambigui e un senso di isolamento per costruire una suspense quasi insopportabile. Per gran parte della sua durata, il film gioca con l’ambiguità tra soprannaturale e psicologico, prima di scatenarsi in un finale spettacolare, violento e stilisticamente impeccabile che rimane impresso nella memoria.
The Jacket
Jack Starks, un veterano della Guerra del Golfo che soffre di amnesia, viene ingiustamente accusato di omicidio e internato in un istituto psichiatrico. Lì, viene sottoposto a un trattamento sperimentale e brutale dal Dottor Becker: drogato, legato in una camicia di forza e rinchiuso per ore in un cassetto dell’obitorio. Durante queste sessioni, Jack scopre di poter viaggiare nel tempo, proiettandosi nel futuro. Nel 2007, incontra una giovane donna di nome Jackie e scopre di essere morto nel 1993. Ora deve usare i suoi viaggi nel tempo per risolvere il mistero della sua stessa morte.
The Jacket è un thriller psicologico complesso e affascinante, un film indipendente che mescola fantascienza, mistero e una struggente storia d’amore. Prodotto da Steven Soderbergh e George Clooney, il film si distingue per la sua narrazione non lineare e per la sua capacità di affrontare temi profondi come il destino, la memoria e il trauma. La performance di Adrien Brody è intensa e commovente, capace di trasmettere tutta la sofferenza e la determinazione di un uomo intrappolato sia fisicamente che mentalmente. L’istituto è rappresentato come un luogo di tortura quasi medievale, ma il film suggerisce che la mente umana possiede una capacità di trascendenza che nessuna prigione fisica può contenere. Pur essendo a tratti cupo e angosciante, The Jacket è in definitiva un film sulla speranza e sul potere della connessione umana di superare anche le circostanze più disperate.
The Ward
Nel 1966, la giovane Kristen, dopo aver dato fuoco a una casa abbandonata, viene internata nel reparto psichiatrico del North Bend Hospital. Lì, fa la conoscenza di altre quattro ragazze, tutte pazienti del Dottor Stringer. Di notte, Kristen inizia a essere perseguitata da una figura spettrale e deforme che sembra infestare i corridoi del reparto. Quando le altre ragazze iniziano a scomparire una dopo l’altra, Kristen si rende conto di dover fuggire prima di diventare la prossima vittima del fantasma.
L’ultimo lungometraggio diretto fino ad oggi dal maestro dell’horror John Carpenter è un solido e teso thriller soprannaturale che segna il ritorno del regista a un cinema più classico e controllato. Pur essendo una produzione indipendente, The Ward mostra tutta la maestria di Carpenter nel creare suspense. Il suo uso caratteristico del formato widescreen trasforma i corridoi dell’ospedale in spazi ampi ma claustrofobici, dove la minaccia può apparire da qualsiasi angolo buio. Il film omaggia il cinema horror del passato, in particolare i thriller psicologici ambientati in istituti femminili, ma aggiunge un elemento soprannaturale che aumenta la tensione. Il colpo di scena finale, ben costruito, costringe lo spettatore a riconsiderare l’intera narrazione, rivelando una complessità psicologica inaspettata. È il lavoro di un autore che, anche con mezzi limitati, sa come orchestrare la paura con eleganza e precisione.
Sublime
George Grieves si ricovera in ospedale per una colonscopia di routine. Al suo risveglio, però, si ritrova nel reparto sbagliato, con una cicatrice inspiegabile sull’addome e un’atmosfera generale di negligenza e mistero. Da quel momento, la sua degenza si trasforma in un incubo kafkiano e surreale. Inizia a sospettare che il personale stia cospirando contro di lui, che sua moglie lo tradisca con il chirurgo e che nel fatiscente “Ala Est” dell’ospedale si svolgano esperimenti illeciti. La sua realtà si disintegra mentre il suo corpo viene, pezzo dopo pezzo, smantellato.
Parte della serie di direct-to-video “Raw Feed”, Sublime è un gioiello nascosto di body horror e terrore esistenziale. Il film trasforma l’ospedale, un luogo che dovrebbe rappresentare sicurezza e guarigione, in un labirinto infernale dove la logica non ha più alcun valore. L’orrore non è tanto nella violenza fisica, pur presente, quanto nella perdita totale di controllo sul proprio corpo e sulla propria percezione. La regia crea un’atmosfera onirica e disorientante, dove è impossibile distinguere la realtà dall’allucinazione. Il devastante colpo di scena finale ridefinisce l’intero film, trasformandolo in una potentissima e tragica riflessione sulla paura della vulnerabilità medica, sull’isolamento e sulla disperata lotta della mente per dare un senso alla sofferenza. Un film disturbante e intelligente che esplora l’orrore più profondo: quello di essere intrappolati, impotenti, nel proprio corpo.
Eloise
Per poter reclamare una cospicua eredità, Jacob deve ottenere il certificato di morte di sua zia, deceduta decenni prima mentre era paziente del famigerato Eloise Asylum, ora in stato di abbandono. Insieme al suo amico delinquente, a una ragazza che conosce la storia del luogo e a suo fratello esperto di architettura, Jacob si introduce illegalmente nell’enorme edificio. Presto scoprono che l’ospedale non è affatto vuoto e che gli spiriti dei pazienti, e del sadico medico che li torturava, sono ancora intrappolati lì, costringendo i nuovi arrivati a rivivere gli orrori del passato.
Eloise utilizza l’inquietante storia vera di un reale ospedale psichiatrico del Michigan come base per un horror soprannaturale che mescola elementi di film di fantasmi con una struttura temporale complessa. La forza del film risiede nella sua capacità di intrecciare la trama principale con la storia oscura e documentata dell’istituto, in particolare le sue terapie d’urto e i trattamenti crudeli. L’idea che il manicomio sia un luogo dove il tempo si è fermato, costringendo chiunque vi entri a diventare parte della sua storia di sofferenza, è efficace e ben sviluppata. Pur seguendo alcuni canoni del genere, Eloise riesce a creare un’atmosfera opprimente e a offrire una narrazione avvincente, dimostrando come l’orrore basato su fatti reali possa avere un impatto ancora più profondo e disturbante.
Clinical
La Dottoressa Jane Mathis, una psichiatra specializzata in terapie d’urto, è profondamente traumatizzata dopo essere stata brutalmente aggredita da una sua giovane paziente, Nora. Soffrendo di disturbo da stress post-traumatico e di attacchi di panico, Jane cerca di ricostruire la sua vita. Controvoglia, accetta di prendere in cura un nuovo paziente, Alex, un uomo orribilmente sfigurato in un incidente. Le sedute con Alex, però, riaprono le sue ferite psicologiche, scatenando visioni terrificanti e una paranoia crescente che la porta a dubitare di tutto e di tutti.
Prodotto da Netflix, Clinical è un thriller psicologico che inverte in modo intelligente la prospettiva tradizionale del genere. Invece di concentrarsi sulla follia del paziente, il film esplora il trauma e la vulnerabilità dello psichiatra. La narrazione mette in scena il concetto di transfert psicologico in modo letterale e terrificante, suggerendo che il dolore e l’oscurità possono essere contagiosi. Vinessa Shaw offre una performance intensa e convincente, ritraendo una donna che, nel tentativo di curare gli altri, perde il controllo della propria mente. Il film costruisce una tensione costante, giocando con l’ambiguità tra la minaccia reale e quella psicologica, per poi sfociare in un terzo atto più convenzionale ma efficace, che trasforma il dramma psicologico in un teso survival horror.
The Institute
Baltimora, 1893. La giovane e benestante Isabel, devastata dalla morte improvvisa dei suoi genitori, si fa ricoverare volontariamente al Rosewood Institute, un istituto femminile noto per i suoi metodi di cura non convenzionali. Lì, viene presa in cura dal carismatico Dottor Cairn, che la sottopone a strani esperimenti di “trasformazione della personalità”. Isabel scopre presto che l’istituto è in realtà una facciata per una setta segreta che pratica il lavaggio del cervello, la tortura e l’abuso sulle sue pazienti, trasformandole in schiave per soddisfare i desideri di una élite perversa.
Co-diretto e interpretato da James Franco, The Institute è un thriller gotico ispirato a eventi reali che, nonostante alcuni difetti di esecuzione, affronta temi potenti e attuali. Il film è una critica feroce alla pseudoscienza e all’abuso di potere, in particolare al modo in cui, storicamente, la psichiatria è stata usata come strumento di controllo patriarcale per reprimere le donne considerate troppo indipendenti o “isteriche”. L’atmosfera è cupa e opprimente, e la narrazione, pur a tratti confusa, riesce a trasmettere un senso di paranoia e impotenza. Il film esplora l’orrore non come un evento soprannaturale, ma come il prodotto della crudeltà umana e dell’ideologia, mostrando come un’istituzione creata per curare possa diventare il luogo della più totale depravazione.
Hypnos
Beatriz Varga, una giovane psichiatra, inizia a lavorare in un inquietante ospedale psichiatrico infantile in una località remota. Il giorno del suo arrivo, un paziente muore in circostanze misteriose. Mentre cerca di ambientarsi, Beatriz scopre che il direttore dell’istituto, il Dottor Sanchez-Blanco, utilizza metodi di trattamento controversi basati sull’ipnosi. Attratta e allo stesso tempo spaventata da queste tecniche, Beatriz si ritrova coinvolta in un gioco psicologico pericoloso, dove i confini tra realtà, sogno e memoria iniziano a svanire, facendole dubitare della sua stessa sanità mentale.
Hypnos è un elegante e disorientante thriller psicologico spagnolo che utilizza il tema dell’ipnosi come metafora del potere della narrazione e della manipolazione della mente. Il film crea un’atmosfera di paranoia e claustrofobia, dove nulla è come sembra. La protagonista, e con lei lo spettatore, viene costantemente depistata, incapace di distinguere tra eventi reali e suggestioni ipnotiche. La regia è stilisticamente ricercata, con un uso sapiente della fotografia e del sonoro per creare un senso di straniamento. Più che un horror basato sullo spavento, Hypnos è un puzzle psicologico che esplora la fragilità della memoria e dell’identità, costruendo la tensione fino a un finale scioccante e nichilista che lascia lo spettatore senza fiato.
Stonehearst Asylum
Alla fine del XIX secolo, il giovane medico Edward Newgate arriva allo Stonehearst Asylum, un remoto istituto psichiatrico, per completare il suo apprendistato. Viene accolto dal sovrintendente, il Dottor Silas Lamb, un uomo dai metodi progressisti che permette ai pazienti di vivere liberamente le loro illusioni. Newgate rimane affascinato da una paziente, Eliza Graves, ma presto fa una scoperta agghiacciante: nelle segrete dell’edificio sono rinchiusi i veri medici e il personale dell’ospedale, mentre Lamb e gli altri “pazienti” sono in realtà i veri internati che hanno preso il controllo dell’istituto.
Diretto da Brad Anderson, già regista di Session 9, e liberamente ispirato a un racconto di Edgar Allan Poe, Stonehearst Asylum è un thriller gotico intelligente e ricco di suspense. Pur essendo una produzione indipendente, vanta un cast stellare che include Ben Kingsley, Michael Caine e Kate Beckinsale. Il film è una riflessione affascinante sulla natura della follia e della sanità mentale. La premessa di Poe, “il sistema del Dott. Catrame e del Prof. Piuma”, viene utilizzata per esplorare temi come l’identità, la performance e la critica istituzionale. Quando i “pazzi” prendono il potere, il loro regime si rivela a tratti più umano e compassionevole di quello dei loro carcerieri “sani”. Il film è un gioco di specchi avvincente, pieno di colpi di scena, che mette in discussione le nostre definizioni di normalità e devianza, chiudendo idealmente il cerchio di molti temi esplorati in questa guida.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione

