Festival in Cannes: il film che ti porta dietro le quinte del Festival di Cannes

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Festival di Cannes: la trama

Festival in Cannes, 1999. Alice, un’attrice, vuole realizzare un film indipendente come regista sulla base di una sceneggiatura scritta da due sue amiche che prevede l’interpretazione di Gena Rowlands, moglie e attrice del padrino del cinema indipendente americano John Cassavetes. Ma Kaz, un tizio che chiacchiera molto e dice di essere un produttore (ma sembra poco affidabile), le fa cambiare idea e le promette 3 milioni di dollari se darà un ruolo a Millie, una vecchia star del cinema francese. Alla celebre attrice la sceneggiatura piace molto e promette di fare il film. Ma, Rick, un grande  produttore, ha bisogno di Millie per la parte della madre del protagonista in un film che deve girare durante l’autunno, altrimenti la star principale del film, Tom Hanks, non accetterà il ruolo. Kaz è un vero produttore o è un cialtrone? Millie chiede un consiglio a Victor, il suo ex, su quale film girare. Rick deve trovare i soldi per la produzione, un’attrice ingenua di nome Blue riscuote un grande successo durante la kermesse, Kaz si innamora della donna di Victor e il segretario di Rick conosce Blue. La ruota del destino gira: relazioni, amori, produzione di film e business? Come andrà a finire? 

Il film esplora cosa accade dietro le quinte del più grande festival del mondo come un vero e proprio backstage, un falso documentario, e racconta con il tono della commedia quali sono i compromessi a volte necessarie per arrivare alla realizzazione di un film o per continuare a trovare un ruolo in un film, tra bugie, inganni, superficialità e insicurezze interiori. 

Festival in Cannes: lo stile del film

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Girato come un backstage durante una reale edizione del Festival di Cannes il film è a metà strada tra documentario e commedia sentimentale, con qualche sfumatura nera. Gli attori recitano con uno stile spontaneo e di improvvisazione che rende i personaggi freschi, reali e credibili. La colonna sonora è costruita con vecchie canzoni francesi romantiche. I personaggi sono resi interessanti dalle loro contraddizioni e dei loro continui mutamenti: dal romanticismo al cinismo, dalla passione alla tristezza, il film mostra la gente del cinema che deve confrontarsi con un mondo vacuo e superficiale da cui non farsi risucchiare. 

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Festival in Cannes: anime in cambiamento dentro lo show business

Il regista racconta con sensibilità le trappole dell’animo umano di attori, attrici, registi e produttori, imprigionati in modi di pensare che limitano la loro libertà e i loro sentimenti. Il film è anche un interessante viaggio nei retroscena dell’industria cinematografica, una galleria di piccoli eventi, dettagli insignificanti, cambiamenti interiori e nuove decisioni esistenziali attraverso i quali spesso nasce il progetto di un film. 

Il festival di Cannes, come tutte le grandi manifestazioni che hanno uno stile glamour, ha un aspetto bizzarro. Sul lungomare, intorno ai tappeti rossi, nelle suite degli hotel si aggirano strani personaggi. Non è raro incontrare un produttore in una suite di un grand hotel per miliardari in cerca di grandi stelle per completare il cast o di budget di produzione e scoprire dopo un po’ di tempo che tutto quello sfarzo, quella o sensazione di lusso non corrisponde affatto alla realtà delle sue finanze. 

Magari dietro di lui cioè uno studio di Hollywood che gli paga tutte le spese ma che è pronto a licenziarlo da un momento all’altro Se non riesce a completare il cast del nuovo film. Proprio come il personaggio di Rick in Festival in Cannes. Il regista riesce a descrivere con molta precisione l’ambiente del cinema: persone che si conoscono da una vita, che hanno avuto magari legami di amicizia e di amore, Ma che sono totalmente dominati dalla logica di produzione dei film. 

Festival in Cannes: il cinema a volte è più potente della vita

Lo show business dirige le loro vite, il progetto di un nuovo film è più potente di qualsiasi rapporto personale, e plasma ogni cosa e ogni scelta di vita. Il cinema, a volte, per la gente di cinema, può essere una vera e propria maledizione esistenziale. L’idea di un film, una nuova sceneggiatura, un nuovo progetto, diventa subito qualcosa di più grande, di più entusiasmante e travolgente della tranquillità e dell’equilibrio della vita privata. 

Ma a sua volta il progetto artistico l’idea e l’entusiasmo devono lottare con le dinamiche puramente industriali e di business che dominano il cinema dalla nascita di Hollywood e dello show business. Proprio in questo punto arrivano i problemi dei personaggi: perché se è vero che un grande progetto artistico collettivo come un film può essere realmente più importante, anche a livello esistenziale, della vita privata, non è assolutamente vero che le dinamiche di business possono elevarsi al di sopra di tutto e controllare ogni decisione. 

L’eterno dilemma del cinema: arte o industria? 

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È proprio il conflitto interiore di Millie, l’attrice francese interpretata da Anouk Aimée, dimenticata dal mondo del cinema, in cerca di ruoli che possono rilanciare la sua carriera. Millie non riesce a decidere se fare un piccolo film indipendente di cui ama la storia oppure riciclarsi con una piccola parte in una grande produzione hollywoodiana che gli può dare molti più soldi e visibilità. Sono scelte che attori, registi e produttori devono fare continuamente e che rappresentano l’idea di base del film. 

Da una parte la libertà, l’indipendenza, l’arte e i bassi profitti. Dall’altra la grande produzione, il controllo, essere ingranaggio di un sistema, grandi guadagni e popolarità. L’eterno conflitto del cinema indipendente contro il cinema industriale riflette i conflitti profondi della vita in generale, e le sue diverse scale di valori. In Festival in Cannes il valore della semplicità delle cose, dei sentimenti più veri sembra andare d’accordo con il cinema indipendente, anche se in realtà tutto sembra avvenire dentro il grande abbraccio dello show business senza il quale nulla sarebbe potuto accadere. 

Esemplare è la scena in cui Rick, forse il personaggio più interessante del film, cerca di convincere per l’ultima volta Alice a rinunciare a Millie per il suo cast, e in questo tentativo anche il suo sentimento si rivela. Potrebbe sembrare una squallida falsità, un ipocrita opportunismo. Invece dietro le immagini leggiamo qualcosa di autentico nell’animo dei personaggi: business, opportunità, sentimenti e amore finiscono per mescolarsi in un flusso unico che non è finzione. 

Tutti devono lottare con il proprio egocentrismo e la propria ambizione, le psicologia dei personaggi sono complesse e le loro pulsioni autodistruttive spesso si trasformano in pura comicità. Zack Norman offre la sua migliore interpretazione di sempre, Anouk Aimee e Maximilian Schell incarnano pienamente il mistero e il romanticismo, e ci sono alcuni volti poco conosciuti, come Alex Craig Mann e le due scrittrici, che funzionano molto bene nel cast. 

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Il regista di Festival in Cannes

Henry-Jaglom-Orson-Welles

Henry Jaglom ha studiato come attore con Lee Strasberg all’Actors Studio di New York, ed ha lavorato molto nei teatri off-Broadway. Alla fine degli anni sessanta si trasferisce a Hollywood e lavora come attore con la Columbia Pictures in diverse serie televisiva e spettacoli come Gidget (1965) e The Flying Nun (1967). Recita anche in diversi film tra cui Psych-out di Richard Rush: Il velo sul ventre (1968), Yellow di Jack Nicholson (1971), Fuga da Hollywood (1971) di Dennis Hopper e L’altra faccia del vento (2018) di Orson Welles.

Ha collaborato nel 1969 al montaggio di Easy Rider di Denis Hopper, e ha debuttato come sceneggiatore e regista nel 1971 con Un posto tranquillo, con Tuesday Weld, Jack Nicholson e Orson Welles.  Il suo film successivo, Tracks – Lunghi binari della follia (1976), ha come protagonista Hopper, ed è stato uno dei primi film a raccontare il disagio psichico dei reduci della guerra del Vietnam.  Il suo terzo film, il primo ad essere un successo commerciale, è Sitting Ducks – Soldi sesso & vitamine (1980), un film comico con Zack Norman. Successivamente dirige Can She Bake a Cherry Pie? (1983), un film dallo stile molto originale e innovativo che nasce dall’ improvvisazione attoriale, un flusso fluido come la vita ma contenuto dentro un grande racconto. 

Jaglom ha recitato in quattro dei suoi film: Always (1985), But Not Forever (1985);  Qualcuno da amare (1987), con Orson Welles nella sua performance cinematografica d’addio;  Le prime immagini dell’anno nuovo (1989) e Venice/Venice (1992), con la star francese Nelly Alard.

Nel 1990, Jaglom ha diretto Eating (1990), su un gruppo di donne con disturbi alimentari.  Babyfever, del 1994, racconta i problemi delle donne e il ticchettio dei loro orologi biologici.  Last Summer in the Hamptons (1995) è stato uno sguardo cechoviano alla vita di una famiglia di attori teatrali.  Déjà Vu (1997) racconta il desiderio delle persone che cercano di trovare la loro anima gemella, con Vanessa Redgrave.  Festival in Cannes (2001) ha esplora le vite e le relazioni di coloro che sono coinvolti nel mondo del cinema ed è stato interamente girato al Festival Internazionale del Cinema di Cannes.  Going Shopping (2005) ha esplora di nuovo il mondo delle donne. 

Hollywood Dreams (2006) racconta invece l’ossessione di una giovane donna per la fama nell’industria cinematografica, con l’attrice Tanna Frederick, che recita anche nel suo film successivo, Irene in Time (2009), uno sguardo alle complesse relazioni tra padri e figlie. Queen of the Lot, terzo film di Jaglom con Tanna Frederick, esce nei cinema degli Stati Uniti nel novembre 2010.

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Fabio Del Greco

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