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Abacuc

Indice dei contenuti

Abacuc è un film provocatorio, fortemente sperimentale, che demolisce in modo brutale come poche altre volte è stato fatto, il linguaggio standardizzato che il cinema si è costruito dalle sue origini ad oggi. 

La “non” trama di Abacuc

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Abacuc, il protagonista del film, è interpretato da Dario Bacis, un quarantenne di 200 chili di peso con lo sguardo fisso e glaciale, ma anche umanamente intenso. Abacuc è un uomo grosso e corpulento che vaga in diversi cimiteri senza un motivo apparente. Abacuc non parla mai, è un personaggio che esce fuori dalla dimensione del cinema muto

A volte porta con sé un libro, a volte indossa una parrucca. Il racconto cinematografico è spesso interrotto da inserti visivi e sonori: figure di scheletri, cartoline d’epoca, una voce robotica di una segreteria telefonica che dice cose assurde. 

Voci artificiali, che si presentano come il Signor Vita in trappola e la marchesa di Monte tristo, voci aliene che ripetono ossessivamente messaggi a volte grotteschi, altre volte inquietanti: la morte di Igor Stravinsky, l’allarme di un mondo che sta scomparendo, le cause di eiaculazione precoce. 

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Lo stile del film

Abacuc è una sfida lanciata al pubblico a superare i confini di quello che viene considerato cinema. Girato in pellicola Super 8, con un protagonista che ricorda gli attori presi dalla strada dei film dei registi siciliani Ciprì e Maresco, Abacuc è un film fatto di frammenti visivi e sonori, flussi di montaggio cinematografico quasi indecifrabili. 

Un gioco di avanguardia che ci riporta ai grandi film di avanguardia degli anni 20. Un film che è davvero un oggetto misterioso nel mercato cinematografico contemporaneo. Abacuc è un profeta biblico caduto in un universo senza speranza. Un’anima errabonda e tormentata che vaga senza sosta in una città mostruosa. 

Architetture squallide opprimono Abacuc, in una bruttezza quasi insostenibile. Uno squallore che lo segue ovunque, tra i muri di cemento dei palazzi o al laghetto del parco cittadino. Abacuc è un uomo condannato a vagare in un inferno gelido e metafisico, senza vita. L’inferno delle nostre città senza una pianificazione etica e sostenibile. 

Abacuc è un film costruito attraverso una serie di dispositivi che funzionano a loop. ripetizione ossessive di immagini che evocano la morte, come i loculi dei cimiteri, diversi tipi di tombe, volti di persone scomparse. Brani lirici che ritornano frequentemente. Le voci artificiali della segreteria telefonica con i loro ossessivi ritornelli come “leggo Lacan/ vado in montagna, leggo Adorno/guardo film porno”. 

I temi di Abacuc

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Abacuc è l’avventura di un uomo ingenuo, un osservatore imparziale che si è perso in un mondo che non riesce assolutamente a comprendere. Un mondo fatto di ingranaggi e ripetizioni ossessive, di paesaggi cittadini desolanti e deprimenti. Un mondo dove l’unica azione sensata sembra recarsi al cimitero ad osservare le tombe. 

Forse Abacuc non è una presenza fisica ma lo spirito di qualcuno che non si trova già più in questo mondo. Un anima condannata a vagare nel mondo astrale, ancora legato per qualche motivo agli squallidi paesaggi della sua città. È per questo che si reca continuamente nei cimiteri? Potrebbe essere una chiave di lettura. 

Le chiavi di lettura del film possono essere molte ma in fondo non è neanche così importante. Le immagini ed i suoni trasmettono da soli esattamente quello che vogliono trasmettere. Un senso di disagio, di smarrimento. La sensazione di ripetizione, di camminare in cerchio, tornando senza volerlo sempre sugli stessi luoghi. 

Ma il regista Luca Ferri colora Abacuc di ironia e di senso del grottesco. La visione nera e pessimistica trova sfogo in una risata liberatoria. Abacuc ispira simpatia, diverte, fa tenerezza. E in fondo il film non si prende mai troppo sul serio. L’intento del regista è quello di creare un gioco cinematografico, un sofisticato dispositivo di montaggio costruito di pezzi scelti con precisione. 

Potremmo definire Abacuc una specie di balletto meccanico nell’epoca della alienazione tecnologica. Anche se non appaiono nel film né smartphone né computer: il protagonista sembra immerso in una realtà di cementificazione delle città che evoca gli anni 70 e 80. Una partitura musicale di nonsense visivo e sonoro. 

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Il regista Luca Ferri

Luca Ferri è nato a Bergamo nel 1976. Autodidatta, si accosta alla fotografia alla scrittura e al cinema come autodidatta. I suoi film vengono presentati in vari festival nazionali ed internazionali, tra cui Atlanta Film Festival, Biografilm Festival, India Lisboa, Pesaro Film Festival, Cinemambiente, Taipei Film Festival, Tessaloniki, Vilnius short Film Festival e molti altri.

La Cineteca Nazionale di Roma ha organizzato una retrospettiva dei suoi lavori nel 2003. Abacuc e il suo primo lungometraggio di finzione ed è uscito in sala nel 2015 dopo essere stato proiettato al Torino Film Festival e al festival de Mar De Plata. Successivamente nel 2016 ha realizzato Colombi, presentato la 73esima mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti. Nel 2018 ha realizzato il film Dulcinea, selezionato al settantunesimo Locarno Film Festival. 

Nel 2020 gira il film La casa dell’amore presentato alla settantesima berlinale nella sezione forum, dove riceve La menzione al Teddy Award. Il film viene anche presentato alla 77a mostra del cinema di Venezia. Il suo ultimo lavoro del 2021 si intitola Mille cipressi ed è stato presentato al sessantasettesimo International Film Festival di Oberhausen.

Secondo il regista Luca Ferri Abacuc recita l’ultimo spettacolo possibile, tra la memoria e le macerie delle avanguardie artistiche. Egli ha voluto realizzare un film statico, immobile, dove alla narrazione cinematografica non è richiesto più alcun movimento di macchina, Nessun movimento è più possibile e la realtà viene documentata senza nessuna pretesa di verità. 

Non si tratta né di finzione né di documentario, ma di una fusione di entrambe. Il cinema si contamina con il teatro delle marionette, il teatro dell’assurdo, la fotografia e l’architettura. Il regista ha voluto mettere in scena una grande farsa in cui l’estremo rigore formale permette anche il registro grottesco. Il grottesco si nasconde dietro la serietà delle ripetitive azioni del protagonista.

L’ispirazione pittorica proviene da Piero della Francesca, da George Grosz e Otto Dix. L’idea di cinema di Luca Ferri Face parte da un’idea estetica dove ogni inquadratura è un evento unico e dove i vari frammenti trovano un equilibrio armonico nel flusso del montaggio. Un’armonia della forma in conflitto con gli avvenimenti raccontati.

L’alienazione e la mancanza di senso

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Non è forse quello che provano molti esseri umani? La routine che si ripete senza un senso preciso. Fenomeni che si susseguono senza che riusciamo a comprenderli. Il grigiore oppressivo di un meccanismo sociale del quale non ci sentiamo parte. 

L’universo filmico di Abacuc sembra un mondo arrivato alla fine della storia. Gli esseri umani non ci sono più: ci sono solo meccanismi che replicano le loro voci e fotografie che evocano le loro esistenze passate. la morte di Igor Stravinskij, il messaggio ripetuto dalla voce elettronica della segreteria telefonica, la morte di una società etica. La morte di un patto sociale sostituito dal nulla. 

Una società dove non c’è più nessuna reale comunicazione. I messaggi della voce artificiale partono quando Abacuc solleva il telefono, quasi a sostenere il detto popolare ” ognuno sente ciò che vuol sentire”. Abacuc è un uomo che conosce solo il suo monologo, così come le voci e le presenze umane da cui è circondato. Il mondo distopico dell’alienazione totale, portata alle estreme conseguenze, oltre il cinema di Antonioni, oltre gli anni 60 e 70. 

Abacuc ha capito di non essere di questo universo. Ma è imprigionato nella gabbia fatta di architettura deformi e di solitudine. Un mondo dove il contatto con gli esseri umani è inesistente. Gli unici esseri con cui Abacuc instaura un dialogo silenzioso sono quelli scomparsi, quelli dell’altro mondo da cui sa di provenire anche lui, le teste di plastica delle parrucche. Una specie di nostalgia, mentre il grigio del cemento cittadino diventa sempre più opprimente. 

L’unica possibilità di esistenza per Abacuc in questa dimensione è recarsi in una replica artificiale della nostre città: l’Italia in Miniatura. Mentre le città reali sono giunte alla loro fine e la storia della civiltà sembra non avere un seguito, l’unica azione sensata è andare in un altro tipo di cimitero, un parco tematico dove queste città sono state ricostruite in un simulacro. 

Nell’epoca del materialismo estremo e del consumismo la nostra vita appare come una ripetizione ossessiva di gesti senza fine e senza significato. Ogni attività spirituale è stata trasformata in superstizione. 

Abacuc come specchio della società

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Nella nostra società le persone credono solo nella materia. È la società scientifica e materialista che si è affermata fino a dominare il pianeta negli ultimi due secoli. Esiste solo il corpo, e le medicine per curare il corpo. Se un pezzo del corpo si ammala lo sostituiamo come si fa con un automobile. 

L’anima, l’energia, il potere del pensiero vengono semplicemente negati, non esistono. Dell’anima dovrebbe occuparsene la chiesa,ma chi detiene il potere sa che la chiesa ormai è diventata un’istituzione incapace, corrotta, in perenne declino. La Chiesa oggi non è un influencer per le nuove generazioni, ma il ritrovo di qualche persona anziana in cerca di sollievo e preghiera. 

Il focolare della famiglia è la televisione, con i suoi spot pubblicitari che ruotano tutti intorno ai bisogni del corpo fisico, con il linguaggio demenziale e grottesco dell’uomo felice di possedere la materia. In TV l’essenza spirituale dell’uomo, che è la sua parte più grande, semplicemente non esiste. 

Il tempio della preghiera moderna è il centro commerciale. È il centro commerciale oggi che tiene insieme la società, appesa al fragile filo della soddisfazione materiale. Rituali di consumo che vanno lentamente verso la loro fine, perché la materia è limitata, e non da vere soddisfazioni. La materia si estingue e si consuma per movimento entropico. 

Abacuc e il nuovo cinema di avanguardia

Abacuc, non un prodotto di consumo mordi e fuggi, ma uno strumento di comunicazione con continue implicazioni sociali, esistenziali, filosofiche, spirituali. E’ un film importante, molto più importante di famosi film mainstream o premiati in prestigiosi festival. Film che spesso non raccontano così bene il mondo in cui viviamo. 

Abacuc potrebbe essere definito un film di una nuova epoca pionieristica del cinema. Un lavoro realizzato con gli stessi mezzi che usavano i fratelli Lumière e gli altri registi nel cinema delle origini. Un oggetto unico, non paragonabile a nessun altro. 

Oppure, ancora meglio, un reperto archeologico di una civiltà perduta. Forse una bobina in Super 8 ritrovata in una tomba. Un messaggio in una bottiglia affidata alle onde per cercare aiuto. Forse Abacuc era l’ultimo uomo sulla Terra che ha deciso di consegnare queste immagini ai sopravvissuti? Un film che ti regala una visione talmente radicale ed estrema difficile da dimenticare. 

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