Per un cineasta da noi molto apprezzato come Giuseppe Tandoi nuovo film in concorso ad Indiecinema Film Festival, il corto intitolato “Il sogno di Celestino V”. E quindi nuova intervista da parte del nostro staff!
Già nel Febbraio 2023 Indiecinema Film Festival e il Circolo ARCI Arcobaleno di Via Pullino 1 alla Garbatella, Roma, avevano dedicato una serata intera alla storica querelle tra Celestino V e Bonifacio VIII con la proiezione di ben due film diretti da Giuseppe Tandoi, ovvero Siate pronti – Le chiavi di papa Celestino V (ultimo film interpretato dal grande Lino Capolicchio) e il precedente Nolite timere – L’insegnamento di papa Celestino V. Quest’anno nel ricchissimo (per quantità e varietà) Concorso Cortometraggi della terza edizione di Indiecinema FF è stato inserito anche il nuovo lavoro di Giuseppe Tandoi, ovvero Il sogno di Celestino V, un corposo corto infarcito di momenti onirici e più specificamente orientato verso l’infanzia del futuro santo ed eremita Pietro da Morrone.
Tale proiezione avverrà presso il Circolo Arcobaleno, alla presenza dell’autore, Giovedì 22 Febbraio 2024 intorno alle ore 19.
La genesi del nuovo lavoro
Dopo i due lungometraggi dedicati alla figura di Celestino V che avevamo apprezzato durante la seconda edizione di Indiecinema Film Festival, un corto (tendente quasi al mediometraggio, vista la durata) come “Il sogno di Celestino V” segna il ritorno a questa figura importante, che evidentemente hai studiato ed amato molto, ma da un’angolazione un po’ diversa… come è nata l’idea di girare questo piccolo film? C’entra forse l’aver reso l’impianto narrativo più avvincente, agli occhi di un pubblico di giovanissimi?
La vita di Celestino affronta temi profondi e complessi, legati alla sfera religiosa e politica, spesso di difficile comprensione per i ragazzi e i bambini. Ho sempre desiderato far conoscere la figura di Pietro anche ai più giovani che hanno scarsa conoscenza della sua storia. Da questa aspirazione è scaturita l’idea di realizzare il mio ultimo film. Per coinvolgere un pubblico così delicato, ho focalizzato l’attenzione su Pietro durante la sua fanciullezza, un periodo in cui la sua lotta principale era quella di potersi dedicare agli studi e diventare sacerdote, un passo fondamentale per avviare la sua missione di riforma e risveglio delle coscienze.
Fin dai primi anni, Pietro ha affrontato numerosi ostacoli familiari oltre che gli attacchi del maligno che hanno cercato di distoglierlo dalla sua vocazione, un destino che il bambino già intravedeva, manifestando precocemente sogni profetici in cui gli angeli gli si manifestavano. Partendo da questi elementi della sua infanzia, ho apportato alcune modifiche romanzando la storia pur di renderla più avvincente e comprensibile al target di riferimento.
Soffermandoci sulla parte storica, documentaria, quali testimonianze vi sono sull’infanzia di colui che
diventerà poi Celestino V? E come ti sei rapportato ad esse?
La fonte ispiratrice per questo film è ancora una volta l’opera di Don Lelio Marini, abate del monastero di Santo Spirito presso Sulmona nel 1600, che ha approfondito lo studio degli antichi manoscritti, incluso quello scritto di proprio pugno da Pietro Celestino. Per quanto riguarda l’infanzia di Celestino, purtroppo non disponiamo di testimonianze dirette simili a quelle presenti nel processo di canonizzazione, essendo quest’ultimo concentrato principalmente sugli ultimi anni della sua vita. I racconti tramandati dallo stesso Celestino e successivamente rielaborati dai suoi discepoli non hanno tratti ben definiti e sembrano assumere toni quasi favolistici.
Tuttavia, i resoconti di Don Lelio Marini mi hanno dato molti spunti, come la predizione della morte di Pietro da parte di un misterioso indovino, o l’opposizione dei fratelli al suo studio a causa della presenza già in convento del secondogenito, o gli eventi miracolosi e i sogni profetici della madre. Marini narra anche di figure miniate e affreschi che prendevano vita e parlavano al giovane Pietro, oltre agli angeli che gli apparivano in sogno per guidarlo o rimproverarlo se non si era comportato bene durante il giorno.
Il materiale relativo all’infanzia è abbastanza ricco; è stato quindi necessario fare una selezione, tralasciando alcuni miracoli accaduti in quel periodo, al fine di tessere una trama coerente e avvincente. L’unico elemento estraneo che ho introdotto volutamente è la presenza nel sogno della bestia selvaggia, successivamente domata, ispirata alla storia di San Francesco.
Elementi di genere, location e colonna sonora
Avevamo colto tracce orientate verso i generi anche nel precedente Siate pronti – Le chiavi di Papa Celestino V, ma qui una chiave che ci viene spontanea definire “fantasy” appare decisamente più accentuata: ci sono più effetti digitali, momenti onirici, apparizioni misteriose e soprannaturali. Tra amore per il genere ed eventuali riferimenti ai racconti allegorici medievali, come ti sei giocato questa componente del racconto e della messa in scena?
Naturalmente la scelta di focalizzare la narrazione principalmente nella dimensione onirica mi ha permesso di inserire elementi tipici del fantasy, un genere da me molto amato. Tuttavia, tale decisione non è nata per dar sfogo alla fantasia, ma bensì l’ho adottata come strumento narrativo per anticipare le fasi future nel percorso di Pietro. In questo modo, ho potuto condensare e chiarire il futuro che attende il giovane protagonista, un futuro costellato da lotte e scelte difficili, spesso incomprese.
Nella gestazione stessa di questi tuoi film la musica ha un ruolo fondamentale, Cosa puoi dirci della colonna sonora de “Il sogno di Celestino V”?
La colonna sonora di questo film prende vita grazie al talento del compositore Manlio Fabrizi e del suo gruppo vocale e strumentale, il Concentus Serafino Aquilano, con cui collaboro da numerosi anni per diffondere la vita e il messaggio di Celestino. Oltre a proporre musiche emozionanti dalle sonorità antiche, il Concentus si distingue per la produzione di brani corali di grande impatto.
Uno dei brani originali di questo ultimo lavoro è dedicato alla consacrazione della Chiesa di Santo Spirito a Majella, evento sancito dall’apparizione di Santi e Beati, i veri autori della consacrazione. Il maestro Fabrizi ha sapientemente musicato le parole latine, riportate da Don Lelio, che furono a quanto pare declamate dagli angeli.
Questo momento straordinario della vita di Celestino, annotato da Marini nella sua opera, rappresenta forse uno degli episodi più difficili da credere, e il brano contribuisce a enfatizzare la potenza e la sacralità di questo evento nella narrazione cinematografica.
Riguardo alle così suggestive riprese in Abruzzo, l’impressione a pelle è che qualche luogo fosse già
presente negli altri film e che altri si vedano per la prima volta. E’ così? Cosa puoi dirci delle location?
Nel mio precedente lavoro, avevo già esplorato il suggestivo bosco di Roio, all’Aquila, dove avevo girato una scena legata proprio all’infanzia di Pietro. In questa nuova produzione, ho introdotto la magnifica grotta di Sant’Angelo di Ripe di Civitella del Tronto (Te), un luogo straordinario in cui si respira un’atmosfera sacra e la natura avvolge con il suo suggestivo scorrere d’acqua nelle spettacolari gole del Salinello.
Due chiese antichissime di inestimabile valore, mai utilizzate in precedenza, hanno fatto parte della scenografia: i ruderi della Chiesa Santa Maria di Cartignano a Bussi sul Tirino (PE) e la Chiesa di San Pietro ad Oratorium a Capestrano (AQ). La Chiesa di Bussi, priva di tetto, è stata il luogo ideale per raffigurare il sogno di Celestino di costruire una nuova basilica, sia fisica che spirituale. Qui, ho voluto anticipare la visione profetica che avrà Pietro, ormai adulto, dopo il suo ritorno da Lione, quando si fermerà sul Collemaggio di Aquila e avrà la visione di una scala di luce che conduce al cielo. In questo luogo, costruirà la sua futura basilica.
La chiesa di Capestrano, con i suoi eccezionali affreschi virati al rosso, raffiguranti il Cristo, i simboli degli evangelisti, due Serafini e i ventiquattro Vegliardi dell’Apocalisse riuniti in una sorta di Ultima Cena, emana un’atmosfera incredibilmente evocativa. Desidero ringraziare i sindaci che hanno gentilmente permesso le riprese in questi gioielli dell’Abruzzo, ancora poco conosciuti nel resto d’Italia.
“Il sogno di Celestino V” e i suoi strepitosi interpreti
Passando agli interpreti, si conferma e si rafforza a quanto pare quel tuo rapportarti positivamente, sul set, con attori giovani o giovanissimi… come ti sei trovato con loro e come è avvenuto il casting?
Dopo l’esperienza positiva del “Siate pronti“, ho scelto di riconfermare i talentuosi attori con cui ho già collaborato.
Giulio Tropea continua a interpretare Pietro nel ruolo della sua coscienza evoluta; Giovanni Visentin dà vita al perfido e divertente Indovino; mentre Claudia Lerro ricopre di nuovo il ruolo della madre di Pietro. La conoscenza pregressa e il consolidamento del rapporto di fiducia con questi attori hanno contribuito a ottenere risultati straordinari anche in questo progetto.
Tra le nuove aggiunte al cast, ho avuto il piacere di conoscere e lavorare con il giovane e talentuoso Alessio Dezi, proveniente dalla scuola di recitazione Farearte di Marco Cassini, che interpreta l’antipatico fratello di Pietro. Un altro membro del cast è Filippo Ferzoco, il bellissimo interprete di Pietro a tre anni, guarito miracolosamente a un occhio grazie alle preghiere della madre.
La vera scoperta è stata il protagonista, Pietro a dieci anni, interpretato da Leonardo Torresi. Ho scelto Leonardo attraverso un casting e ho avuto il piacere di seguirlo e prepararlo da remoto prima delle riprese. Non avendo alcuna esperienza recitativa, ho dovuto introdurre Leonardo al mondo della recitazione, fornendogli strumenti ed esercizi da svolgere a casa. Leonardo si è dedicato con impegno allo studio e alla pratica, supportato anche dalla madre Giuliana, che lo ha seguito quotidianamente nei mesi precedenti al set. Leonardo ha davvero sorpreso tutti: il suo notevole talento per la recitazione è emerso facilmente, rivelando la stessa naturalezza e capacità di un attore già formato ed esperto.
Per quanto riguarda gli interpreti di maggior esperienza (e quello che stiamo usando è quasi un eufemismo), un grande attore come Giovanni Visentin che aveva già interpretato Bonifacio VIII riappare qui nelle vesti di un’apparizione maligna, tentatrice, corrotta. Questa sovrimpressione di ruoli, dal timbro velatamente ironico verso il controverso Papa, è un qualcosa cui avevi pensato da subito?
Giovanni Visentin è un’anima straordinaria, un uomo di grande cultura ed elevazione, sempre gentile e disponibile.
È diventato non solo un collaboratore prezioso, ma anche un vero amico. Ci siamo divertiti molto a creare insieme il personaggio dell’Indovino, un antagonista malefico ma talvolta anche simpatico. Giovanni interpreta in modo eccellente i ruoli di antagonisti. La scelta di far interpretare a lui l’Indovino, dopo aver già impersonato Bonifacio VIII è stata voluta e ponderata: volevo che il Maligno assumesse le fattezze di uno degli avversari più significativi che Pietro avrebbe affrontato nella sua vita.
La figura storica di Bonifacio VIII emerge come un uomo colto, ma avido e opportunista, forse ateo secondo alcune interpretazioni storiche, ma soprattutto timoroso di perdere il potere acquisito, pronto anche a compiere azioni estreme pur di mantenere il suo trono. Un uomo di potere devoto al suo impero, ma che, nonostante la sua istruzione, ha commesso errori diplomatici gravi, pagandoli con l’umiliazione pubblica. Anche gli storici che cercano di difenderlo finiscono per evidenziarne le nefandezze e i fallimenti.
Celestino, con il suo dono di profezia, aveva già previsto che Benedetto Caetani lo avrebbe sostituito. Pietro era consapevole che Bonifacio avrebbe incarnato i lati più oscuri del potere e già intravedeva in quali guai si sarebbe cacciato con la sua superbia e intolleranza. Inutili furono i consigli che Celestino dette a Bonifacio: i due avevano visioni troppo distanti. In quei tempi, pochi capivano veramente Pietro. Questo è il motivo per cui la sua riforma si rivelò impossibile e lui dovette rinunciare, lasciando che l’umanità continuasse i suoi soliti giochetti egoici. Il sogno di Celestino non era per ieri, forse non è nemmeno per oggi, essendo l’umanità ancora intrappolata nelle maglie dell’ego. Resta la speranza che il domani possa portare un cambiamento vero.
Per chiudere invece con un aspetto che ci vede tutti partecipi, vuoi aggiungere qualcosa all’omaggio a Lino Capolicchio, reso nel film sia attraverso una dedica scritta che con poche ma significative inquadrature estrapolate dal precedente film?
Non potevo fare a meno di esprimere un ultimo ringraziamento per il dono che Lino Capolicchio ci ha fatto sul set del “Siate pronti”, consegnandoci la sua ultima performance da attore. Quei giorni sul set resteranno impressi nella mia memoria: i dolori fisici causati dalla riattivazione di una sua vecchia malattia che sembrava ormai guarita, le notti insonni, l’impossibilità di nutrirsi adeguatamente e la difficoltà a restare sul set per più di mezz’ora. Non posso nemmeno descrivere la mia lacerazione interiore: da una parte i sensi di colpa nel doverlo mantenere sul set in quelle condizioni, dall’altra la consapevolezza che quella sarebbe stata la sua ultima occasione di recitare, di esprimere il suo straordinario talento.
Alla fine, ho dovuto affidarmi alla sua decisione: voleva a tutti i costi partecipare. È stato davvero straziante, al termine del terzo giorno di riprese, vederlo in lacrime, dispiaciuto per non aver potuto fare di più e meglio. In realtà avevamo già girato le scene più importanti e erano venute incredibilmente bene. Mancava solo qualche giorno di riprese con poche scene semplici. Ho dovuto rassicurarlo, confortarlo e confessargli il mio stupore per la sua incredibile resistenza e determinazione.
Dopo i cinque giorni di riprese, ha voluto persino partecipare al Festival di Venezia per ritirare un premio alla carriera. Successivamente, il dottore lo ha obbligato a ricoverarsi. La settimana successiva è stato operato di nuovo al suo vecchio male, ma purtroppo le sue condizioni non sono migliorate granché e, dopo poco più di un anno, ci ha lasciato. Desidero ringraziare di cuore anche sua moglie Francesca, che è stata con noi sul set per sostenerlo e incoraggiarlo in quei giorni difficili ma straordinari. La sua presenza è stata davvero preziosa.