Intervista a Giuseppe Tandoi, in concorso a Indiecinema FF

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Parla il co-regista della documentatissima e avvincente docu-fiction Storico-filosofica “Siate pronti – Le chiavi di papa Celestino V”

Ad Indiecinema Film Festival – Seconda edizione, ben due film selezionati per il Concorso Documentari ci parlano di Medio Evo, per la gioia di Alessandro Barbero o di altri studiosi della materia. Uno di questi è La Signora Matilde di Diego Schiavo e Marco Melluso, dedicato a Matilde di Canossa e anche piuttosto innovativo nella forma. L’altro è per l’appunto Siate pronti – Le chiavi di papa Celestino V, documentario del 2021 di Luca Anthon e Giuseppe Tandoi, che tra l’altro verrà proiettato lunedì 12 dicembre (ore 17.45) presso il Caffè Letterario, alla presenza degli interpreti Giovanni Visentin (Papa Bonifacio VIII) e Giulio Tropea (Pietro da Morrone a 20 anni).
Preparatevi – Le chiavi di papa Celestino V racconta la vita del santo eremita Pietro da Morrone, divenuto Papa nel 1294 con il nome di Celestino V. sarebbe poi passato alla Storia per aver rinunciato, con atto ufficiale, al pontificato dopo solo pochi mesi. Il film è incentrato sul breve ma intenso pontificato, sulla famosa rinuncia e sulla reclusione imposta dal suo successore: Bonifacio VIII, nel carcere di Fumone dove si svolge una rissa, una lotta tra due diverse concezioni della Chiesa: quella Spirituale e quello Materiale. Di questo e di molto altro ancora abbiamo parlato con uno dei due registi (nonché produttore), Giuseppe Tandoi.

Le origini del progetto e la grandezza di un mistico

Come è nato il vostro progetto cinematografico, che pone al centro una figura storica nota a parte del pubblico solo in modo sommario, come Celestino V ovvero Pietro da Morrone?

Pietro Celestino è parte della nostra vita da molti anni; i suoi resti mortali risiedono nella Basilica di Collemaggio all’Aquila dove ogni anno, dal 1294, si festeggia la Perdonanza, il primo vero Giubileo della cristianità. Vivendo all’Aquila ci siamo avvicinati, nel tempo, a questa figura grandiosa, scoprendone l’insegnamento tratto dalle parole riportate dai testimoni dell’epoca, quelli menzionati nel processo di canonizzazione, svolto pochi anni dopo il trapasso dello stesso Pietro. Furono intervistati più di 300 testimoni che lo avevano incontrato, ascoltato ed avevano ricevuto da lui guarigioni. Nel medioevo Pietro era molto conosciuto e venerato, proprio per i tanti miracoli che accadevano grazie alla sua intercessione. Il nostro intento è stato quello di riportare alla luce la sua grandezza e i suoi insegnamenti, dopo tanti secoli di Damnatio Memoriae. Il “Siate pronti” è in realtà una sorta di sequel di un’altra docu fiction da noi realizzata nel 2013, il “Nolite timere”, nella quale era stata già affrontata la storia di questo santo dimenticato, riscoprendone soprattutto la vita e le opere accadute prima dell’elezione a Papa. Nel “Siate pronti” era giunto il momento di affrontare il difficile periodo del papato, delle sue dimissioni e quello conclusivo dello scontro con il suo successore Bonifacio VIII.

Nel raccontarne la vicenda si ha l’impressione che vogliate evidenziare, a più riprese, lo stacco netto tra idealismo e opportunismo politico, tra spiritualità e materialismo, tra onestà e corruzione. Vi ha guidato quindi questa esigenza, nello strutturare e problematizzare il documentario?

La vita vissuta da Celestino che ci è giunta a noi, se ben compresa e interpretata, rivela la lotta continua di quest’uomo straordinario per una vita spirituale vera, fatta di onestà, preghiera sincera e fiducia nell’aiuto divino. Tutte doti di cui l’umanità di oggi, così come a quella di ieri, è carente. È l’involuzione spirituale dell’uomo che innesca la paura di non essere sostenuti, di non farcela da soli. E da tale paura sgorga inevitabile l’egoismo, l’inganno, la corruzione… in ogni epoca. Uno dei compiti di Pietro è stato quello di dimostrare, con l’esempio quotidiano, che vivere una materialità sana ed evoluta è possibile oltre che indispensabile per un vero benessere. Nella sua vita l’aiuto divino non è mai mancato, tanto che è riuscito a creare e far crescere un ordine monastico con più di 300 monaci e più di una trentina di monasteri che, dopo l’elezione a papa, sono aumentati diffondendosi per tutta Europa. Coniugare spirito e materia è fattibile, non è utopia, anzi è il nostro scopo su questa Terra. Questo è stato l’intento di Celestino durante la sua esistenza; questo è stato il faro che abbiamo seguito nel strutturare la nostra opera.

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Le fonti storiche

Sia per quanto riguarda il periodo in cui personaggio divenne noto alle cronache, sia per quanto riguarda la sua formazione religiosa e addirittura l’infanzia, a quali fonti e a quali consulenze storiche vi siete affidati?

Autrice principale dei testi e della ricerca storica è la sceneggiatrice Eulalia Caterina Rosati, da anni studiosa della vita di Pietro che ha analizzato tante biografie scritte su Celestino, antiche e recenti. L’opera principale dalla quale abbiamo attinto è però quella dell’abate celestiniano Don Lelio Marini, che nel 1600 rilesse in modo accurato tutti gli antichi scritti su Celestino per ridare lustro ad una figura che già ai suoi tempi era stata messa nel dimenticatoio. Il titolo della sua opera è “Vita et miracoli di San Pietro del Morrone Celestino Papa V”. L’autore dà molto risalto alle tantissime testimonianze del processo di canonizzazione e riporta fedelmente le parole, sia i rimproveri che i consigli, che Pietro riferì a coloro che si rivolsero a lui in cerca di guarigione. Il nostro obiettivo è stato quello di essere conformi a quelle testimonianze, alle parole vere di Pietro, cercando di romanzare il meno possibile.

Del film abbiamo particolarmente apprezzato la ricerca effettuata sui costumi e sulle location, che ci risultano essere prevalentemente abruzzesi. Cosa ci potete dire a riguardo?

Il merito della bellezza e precisione dei costumi è della costumista Mardin Nazad. In quel periodo non è stato semplice trovare abiti già realizzati presso le società romane che li noleggiano, perché erano tutti fuori presi da altre produzioni in corso. Siamo stati costretti alcuni ad acquistarli, altri a farceli cucire da una sarta.
Per quanto riguarda le location, l’Abruzzo offre luoghi incantevoli, paesaggi naturali e chiese medievali ben conservate. Assieme alla scenografa Maria Teresa Padula noi registi abbiamo fatto diversi sopralluoghi prima di trovare le location più adatte anche da un punto di vista organizzativo. Un grande supporto ci è stato dato dal Comune di Navelli dove abbiamo ambientato le scene nel paese abbandonato, l’incontro con l’abate e gran parte degli interni nella chiesa di Santa Maria in Cerulis, dove abbiamo ricavato in un’antica abside persino la cella del carcere di Fumone. Il primo eremo di Pietro è stato messo in scena invece nell’Eremo di San Michele presso Bominaco, una frazione del comune di Caporciano (AQ); un luogo eccezionale, dove respiri profonda spiritualità e vera pace.

Una docu-fiction capace di mutarsi in horror

Anche la componente della docu-fiction ci ha positivamente colpito. Tra le scene di finzione che drammatizzano il percorso di Pietro quelle della tentazione diabolica nella grotta sono, ad esempio, di notevole effetto. Vi siete aggrappati anche, per realizzarli, a una qualche passione parallela per generi cinematografici come l’horror?

Una passione che noi registi abbiamo in comune è per il genere fantasy che spesso si avvicina ai toni e temi dell’horror. La vita dei santi è spesso costellata da eventi incredibili, “paranormali” diremmo oggi. Quella di Pietro era colma di manifestazioni del divino: apparizioni di angeli, apporti di cibo e bevande, suoni di campane invisibili… ma oltre al divino spesso si manifestavano le presenze oscure pur di intralciare l’operato del santo. Sin da piccolo Pietro ha dovuto combattere con attacchi del maligno che si presentavano sia indirettamente, attraverso persone involute, sia in modo diretto con aggressioni invisibili così forti da diventava fisiche. Un giorno il suo eremo fu incendiato dal demonio, ma Pietro non ebbe paura, non fuggi, continuò a pregare e le fiamme scomparvero all’istante come fossero state soltanto un’illusione…

Bravissimi interpreti, un nome su tutti: Lino Capolicchio

Notevole anche, sia dal punto di vista numero che qualitativo, il cast che avete messo insieme. Come vi siete mossi per reclutare gli interpreti? C’è anche qui qualche episodio particolare da raccontare?

Con molti attori del cast si era già lavorato in passato, come con la bravissima Claudia Lerro o con Claudio Marchione, mentre per i giovani si è dovuto svolgere il casting da remoto a causa delle restrizioni dovute al Covid. Il coprotagonista Giovanni Visentin mi è stato presentato dalla scenografa che aveva già lavorato con lui ed è stato per noi un onore poter lavorare con lui, con un grande attore di talento che ha reso magnificamente un personaggio difficile e sgradevole come quello di Bonifacio VIII, rendendolo a tratti quasi simpatico.
Per quanto riguarda il maestro Lino Capolicchio, di recente trapassato, avevo avuto modo di conoscerlo e di lavorarci assieme già nel 2013, quando interpretò per la prima volta Celestino V nel nostro lavoro precedente. Non è facile definire un grande attore come lui, non è semplice trovare le parole giuste Il “Siate pronti” è stato il suo ultimo film, e questo lo avevamo ben intuito perché da anni soffriva per una grave malattia e gli era diventato difficile lavorare. Quando ci risentimmo ci assicurò di star bene, ma due giorni prima di girare ha avuto una ricaduta improvvisa, scambiata per un malessere temporaneo. Nonostante stesse fisicamente malissimo, tanto che in quei giorni non riusciva né a mangiare né a dormire, Lino ha voluto girare a tutti i costi, sicuro che l’indomani sarebbe stato meglio. Con molta difficoltà e girando con rapidità per evitare di stancarlo, siamo riusciti a portare a casa il film in cinque giorni. La sua presenza è stata davvero un regalo incommensurabile. Dalle riprese non trapela affatto il suo stato di salute cagionevole. Quando recitava, in effetti, ogni dolore fisico scompariva. Riusciva a risvegliare dentro di sé una forza straordinaria. Di questo suo ultimo sacrificio ne saremo sempre grati. E siamo riconoscenti anche alla moglie, Francesca, che in quei giorni è stata con noi sul set per sostenerlo e confortarlo. Non è stato semplice per lui combattere con il corpo che pian piano lo stava abbandonando. La sua forza di volontà ha fatto un vero miracolo.

A proposito delle musiche

Nel ricreare simili atmosfere un ruolo importante lo gioca la musica. Come è nata questa colonna sonora?

La colonna sonora è merito dell’esperienza e della sensibilità del Maestro Manlio Fabrizi e del gruppo vocale e strumentale da lui diretto, il Concentus Serafino Aquilano, con cui da anni crea brani di pregevole fattura, trattando temi sacri e spirituali. Il maestro ha preso spunto da opere antiche per poi seguire la sua ispirazione e generare così brani inediti, sia cantati che di sola musica, che ben si fondano con la vita di Celestino e la sua missione.

Per finire, oltre a partecipazioni festivaliere come quella targata Indiecinema, quale circuitazione sta avendo finora il vostro documentario?

Il film è già andato in onda su TV2000 ed è attualmente disponibile per il noleggio o l’acquisto sulla piattaforma Vimeo. Sono state organizzate anche diverse proiezioni nelle scuole dell’aquilano. Si spera in futuro di riuscire a venderlo ad altre tv nazionali e non.

Stefano Coccia

Stefano Coccia

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