Panopticon: cosa significa e come nasce

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Cos’è il Panopticon?

il panopticon è una struttura architettonica ideata da Jeremy Bentham alla fine del ‘700. È una grande costruzione circolare pensata per avere il controllo dei criminali o dei malati mentali rinchiusi nelle celle disseminate nella circonferenza della struttura. È sufficiente una sola guardia al centro per controllare tutti i prigionieri, mentre i prigionieri non riescono a vedere nessun altro all’infuori della guardia. 

Conoscere il principio, l’idea filosofica e sociale che si nasconde dietro un’invenzione è un approfondimento che può rivelare interessanti prospettive di crescita personale. Vediamo quali sono le “forme pensiero” che si celano dietro la costruzione architettonica del panopticon.

Il principio fondamentale è quello della separazione, dell’isolamento: i prigionieri non comunicano tra di loro, non possono guardarsi, non possono cooperare neanche con lo sguardo e quindi non possono organizzare nessun tipo di rivolta o evasione. Alla struttura carceraria servirebbero decine di guardie per controllare tutti i prigionieri, ma con questa forma architettonica è sufficiente un solo uomo, che rimane costantemente al centro dello sguardo di centinaia di prigionieri. 

Le celle hanno due finestre: una si affaccia verso il centro e l’altra verso l’esterno. In questo modo la luce attraversa le celle e rende i detenuti figure nette in controluce, ben visibili alla guardia. Il panopticon ricorda l’idea della caverna di Platone. I prigionieri sono costantemente controllati ma non hanno modo di osservare intorno a se, sono separati dagli altri detenuti attraverso muri spessi. 

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A cosa serve il panopticon?

Panopticon

Questo consente di mantenere ordine e controllo nella struttura. Tenere gli individui separati significa azzerare ogni possibile energia collettiva, ogni possibile interazione. La visione continuata e univoca della guardia, senza la possibilità di guardare nient’altro, provoca lentamente una sorta di ipnosi e di inconscia sottomissione al potere. Un’idea distopica di società del controllo continuo, quella che anni dopo avrebbe ispirato il romanzo 1984 di Orwell: nel panopticon i detenuti abbandonano ogni ipotesi di liberazione. 

Con l’affermarsi della società industriale il numero di fabbriche e di operai era in costante aumento ed era difficile gestire queste strutture. Il filosofo inglese Bentham pensò allora che il panopticon potesse essere applicato non solo alle prigioni ma anche alle industrie, agli asili e scuole. Un’idea di omologazione e controllo applicata alle masse.

Panopticon: la forma architettonica della società del controllo

La proposta di controllo sociale di Bentham, al contrario di quanto si potrebbe pensare, suscitò grande interesse nel governo britannico. I politici e i funzionari britannici erano entusiasti dell’idea: poter esercitare un controllo di un vasto numero di persone con pochi addetti alla gestione: trasformare le varie strutture sociali in delle specie di capannoni da circo equestre, dove le persone da controllare sono sulla circonferenza. 

Negli anni successivi il governo inglese costruì una prigione a Millbank, secondo i principi del Panopticon. Gli investimenti furono ingenti e le aspettative erano alte ma il progetto fu abbandonato perché dopo un po’ di tempo i detenuti sviluppavano malattie mentali: schizofrenia e dissociazione mentale. Erano conseguenze dello stress a cui erano sottoposti nell’essere guardati e controllati 24 ore su 24, la totale privazione di privacy. 

Altre strutture realizzate sul modello del panopticon furono costruite nei decenni successivi. Nel 1832 a Londra furono edificati nuovi penitenziari circolari. Poi il panopticon si diffuse anche fuori dell’Inghilterra, ad esempio a Cuba, negli anni 20 del 1900, Quando furono costruite 6 strutture nell’isola. Ma le finestre erano state costruite troppo piccole e la guardia non riusciva a controllare bene i detenuti. Con il tempo l’idea architettonica del panopticon venne abbandonata. 

Il panapticon in Foucault

Il filosofo francese Foucault disse che “la visibilità è la trappola della modernità”: il panopticon garantisce il funzionamento automatico del potere con il minimo sforzo. Nei suoi scritti Nascita della clinica, del 1963, L’ordine del discorso, del 1960, e Nascita della prigione, del 1975, Foucault ci parla dell’idea del panopticon come qualcosa di fondamentale nell’epoca moderna: il sapere e la quantità di informazioni equivalgono alla quantità di potere. Il sapere non è qualcosa di teorico e passivo ma è un’azione concreta che si produce nella realtà.

E’ la pratica dell’osservazione del mondo intorno a noi. Un’osservazione che per produrre i suoi frutti dovrebbe essere seguita da ragionamento, deduzione, azione e volontà di migliorarsi. Foucault interpreta lo sviluppo della storia umana attraverso lo strumento del controllo, in ogni epoca il controllo è applicato con una tecnica particolare adatta in quel particolare momento storico. Il panopticon quindi diventa l’immagine perfetta per la rappresentazione del sapere e del potere attraverso la tecnologia, una specie di modello generale di funzionamento archetipico di organizzazione sociale. Nel panopticon possiamo visualizzare chiaramente le relazioni di potere che ritroviamo ovunque.

Il panopticon contemporaneo 

Panopticon

Ma il panopticon non è solo un’idea architettonica: prima di essa c’è un’idea filosofica, una forma pensiero per esercitare il controllo sulle persone. Il principio del panopticon è che la guardia al centro può vedere tutti, ma i detenuti vedono tutti la stessa cosa: la guardia. Il principio della propaganda moderna in cui viviamo è esattamente la stessa forma pensiero: siamo individui che riescono sempre meno a comunicare tra di loro, a interagire. L’isolamento e il sospetto sono diffusi ad ogni livello. 

Ad esempio, se un estraneo ti ferma per strada e ti dice con il sorriso sulle labbra che vorrebbe diventare tuo amico, probabilmente penserai che sia un matto, che abbia qualche subdolo piano nei tuoi confronti. Se qualcuno entra in un’azienda e offre la propria collaborazione perché ha bisogno di un lavoro verrà probabilmente buttato fuori a calci: bisogna prendere un appuntamento, sottoporre un curriculum, passare la selezione: bisogna rispettare la procedura. Bisogna inoltre mettersi in competizione con gli altri candidati e vincere il posto di lavoro in palio. Tutto il processo ha come obiettivo la separazione, l’isolamento e la competizione tra le persone: mors tua, vita mea, dicevano i latini.

Tutte le strutture sociali e di potere sembrano aver lavorato per decenni e decenni con un solo fine: isolare gli individui e annullare quella comunicazione e quella comunione di intenti che era la più grande ricchezza per lo sviluppo della civiltà. Quello che può fare l’individuo nel panopticon è solo guardare i campioni proposti dalla propaganda: campioni dello Sport, star del cinema, grandi personalità della cultura, della politica e della società. Coppe, premi, pergamene e allori di ogni tipo che premiano i campioni unici che sono l’unico punto di riferimento possibile. 

Chi siamo noi veramente?

Panopticon-televisione

Ma quindi chi siamo noi veramente? Non siamo campioni di nulla, non ci possiamo assolutamente paragonare alle personalità proposte dalla televisione, ai campioni dello sport, né divi del cinema. Non siamo il ricco imprenditore col jet privato che è un modello di riferimento nazionale. L’unica cosa che ci sembra concessa è tentare la fortuna con un biglietto della lotteria. Quindi il mondo è così estremamente competitivo e noi siamo dei falliti totali? 

Per fortuna non è affatto così. La verità è che i campioni unici proposti dalla propaganda, che siamo obbligati a guardare dalla nostra cella nel panopticon, stanno peggio di noi. Il loro grado di separazione e di isolamento è irreversibile. Il panopticon moderno è uno schermo che parla in maniera unidirezionale: può essere lo schermo di un televisore o lo schermo di un cinema, le pagine di un giornale o la vetrina di un negozio. Ma il punto è questo: chi sta dietro lo schermo, la guardia del panopticon, è in un processo irreversibile, o comunque in una situazione da cui è molto difficile uscire. 

Noi invece possiamo uscire dalla cella in qualsiasi momento. Basta spegnere lo schermo, non focalizzare più l’attenzione in quel punto, e guardarsi intorno. Intorno troviamo gli altri che sono usciti dalla cella come noi e sono pronti a cooperare, a costruire la civiltà. Gli altri che hanno abbandonato i campioni unici come modello di riferimento, che si sono alzati dal divano, hanno spento il televisore, e si stanno rimboccando le maniche per iniziare a cooperare. La guardia, i campioni, i modelli della propaganda restano prigionieri in una cella molto più grande: la loro cella è l’intero panopticon. 

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Giuseppe Russo è un impiegato della vita piuttosto normale: ha un lavoro stabile, una moglie, una bella casa, e gli piace comprare sempre gli stessi prodotti al supermercato. Ma grazie all’apparizione di uno strano vagabondo che gli consegna dei nastri VHS, dove qualcuno lo ha filmato nelle diverse stagioni della sua vita, il sospetto che ci sia qualcosa di misterioso si insinua dentro di lui. Il film è una riflessione sulla società del controllo digitale nella quale siamo immersi e sugli striscianti condizionamenti interiori che determinano il corso dell’esistenza.

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