Conversando col regista Hitesh Liya

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Con Hitesh Liya, regista e professore di cinematografia indiano, sì è parlato a lungo e approfonditamente di “21…”, suo sorprendente cortometraggio selezionato per la terza edizione di Indiecinema Film Festival

Questo suo lavoro verrà proiettato a Roma (presso il Circolo ARCI Arcobaleno in Via Pullino1) proprio oggi, giovedì 11 gennaio 2024, assieme ad altri cortometraggi in concorso: Garbatella o cara di Anna Maria Achilli e Miss Agata di Anna Elena Pepe e Sebastian Maulucci.
21… è stata per noi una vera scoperta. Quindi, anche se vive così lontano da noi, abbiamo trovato il modo di avere una conversazione davvero interessante con il regista indiano Hitesh Liya

A proposito del “lockdown” in India…

In questi anni abbiamo visto diversi film incentrati sul lockdown e sulle politiche sanitarie contro il Covid. Soprattutto in Italia dove alcune misure sono state molto controverse. Ma il tuo cortometraggio, “21…”, ci ha colpito particolarmente per il suo punto di vista originale, intelligente, a tratti ironico. Come è nata l’idea?

Mi sono ritrovato nello stesso campus, nei quartieri residenziali del mio istituto. Durante il lockdown tutti gli uffici erano chiusi e gli studenti sono stati rimandati a casa. Erano presenti solo pochi membri del personale dell’istituto. Non avevo mai sperimentato un silenzio simile in vita mia, prima di questo. Ho deciso di riprendere il campus vuoto con la mia videocamera e di realizzare un montaggio delle immagini. Ed è così che è iniziato il processo del film.

L’ironia più forte per noi resta la reazione degli animali, rappresentata così bene sullo schermo proprio grazie al montaggio, alle parole del Primo Ministro. Come hai avuto questa intuizione?

Inizialmente il film è stato concepito come un montaggio audiovisivo del campus vuoto con la voce fuori campo del Primo Ministro e una partitura sonora diegetica in sottofondo. Tuttavia, una mattina, durante le riprese, accidentalmente un cane è entrato nell’inquadratura e ha iniziato a muovere la coda guardando la videocamera. È stato allora che mi è venuta l’idea che gli animali del campus e la fauna selvatica potessero essere gli elementi viventi, all’interno del film. Quando ho iniziato a riprendere gli animali, da quelle scene mi è venuto in mente che potevano sostituire gli esseri umani come personaggi del film. In questo modo, il film avrà un ulteriore livello narrativo e allo stesso tempo il discorso del primo ministro acquisterà un senso migliore.

L’importante esperienza del Satyajit Ray Film and TV Institute

Può dirci invece quale è stata la reazione generale degli studenti e degli insegnanti del Satyajit Ray Film and TV Institute, di fronte alla dichiarazione del Primo Ministro di un lockdown così duro?

Gli studenti ovviamente erano molto scontenti della chiusura poiché non avevano lezioni e dovevano tornare a casa. La maggior parte di loro se ne andò, considerando in primo luogo la propria sicurezza, ma alcuni studenti continuarono a litigare con l’amministrazione e rimasero nell’ostello in stanze separate, andando contro le regole amministrative. Inoltre, gli studenti stranieri non potevano tornare nel loro Paese, poiché tutti i voli erano bloccati. Gli insegnanti hanno avuto reazioni contrastanti. Ho sfruttato l’opportunità del mio tempo libero e ho realizzato questo film.

Sei allo stesso tempo un filmmaker e un docente di cinema, in un istituto così importante. Puoi dirci qualcosa in più sulla tua attività?

Sono professore di Cinematografia e ho studiato regia presso lo stesso istituto. Sono qui da sette anni e mi occupo principalmente di tecnologia cinematografica digitale e di illuminazione del set. Mi interessa esplorare il cinema come forma d’arte visiva, attraverso la mia conoscenza della cinematografia. Realizzo cortometraggi e faccio anche fotografia in strada, come hobby. Sette mesi dopo il lockdown, ho esposto i miei lavori di street photography in una galleria d’arte della mia città, in condizioni che rispettavano il distanziamento sociale.

Dall’eredità di Satyajit Ray allo scegliere tra Bollywood e cinema d’essai

Potresti aggiungere qualcosa sull’omaggio a Satyajit Ray, un grande maestro del cinema indiano, nel tuo film?

Sì, l’uso del film “Charulata” c’è stato proprio per rendere omaggio a Satyajit Ray. Avevo ottenuto specificatamente un permesso dal mio istituto per ottenere la copia 35mm di “Charulata”, da usare per le riprese durante il lockdown. Ho utilizzato la sua immagine anche all’ingresso della sala cinema del nostro istituto. Ho imparato molto dai suoi film mentre ero studente. Era un maestro nel ritrarre le relazioni umane e la loro sottile complessità.

In tutto il mondo conosciamo l’India per le grandi, magnifiche produzioni di Bollywood. Sicuramente una delle industrie cinematografiche più importanti. Ma il nostro è un festival focalizzato soprattutto sul cinema indipendente. Quindi, qual è la situazione dei film indipendenti nel tuo Paese?

Ho lavorato nell’industria cinematografica di Bollywood per tre anni dopo essermi diplomato in questo istituto. La mia osservazione è che i cineasti indipendenti lavorano ai margini dell’industria principale di Bollywood, cercando così di lasciare il segno. Ci sono persone che supportano la realizzazione di film indipendenti, ma solo se hai lavorato con loro come assistente per i film tradizionali di Bollywood. Inoltre, coloro che finanziano poi il film hanno forti legami con festival cinematografici di primo piano e red carpet. Usano l’etichetta di “cinema indipendente” attraverso questi eventi, per guadagnare una pubblicità positiva a Bollywood. La realizzazione di cortometraggi realmente indipendenti è più dura e non ci sono finanziatori che la sostengano, senza la garanzia di ritorni monetari. I cineasti come me che vogliono esplorare il cinema come arte pura non hanno spazio a Bollywood. I film che sono veramente indipendenti in termini di idea ed esecuzione sono completamente autofinanziati, come questo mio film attuale.

Stefano Coccia

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Stefano Coccia

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