Intervista a Diego Schiavo e Marco Melluso

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Gli autori de “La signora Matilde” e “Il Conte Magico”, entrambi selezionati negli anni scorsi per Indiecinema Film Festival, ci raccontano la loro passione per la Storia

Con Il Conte Magico vinsero anche il Premio del Pubblico alla primissima, “storica” (per restare in tema) edizione di Indiecinema Film Festival. Mentre alla seconda edizione hanno partecipato, sempre nel Concorso Documentari, con La Signora Matilde, un effervescente ritratto della grande Matilde di Canossa. E sappiamo che ora sono alle prese con la promozione dell’ultimo film, in cui compare un’altra figura di primo piano: Lucrezia Borgia!
Sono Diego Schiavo e Marco Melluso. E mentre ci accingiamo a proiettare a Roma, in replica, proprio La Signora Matilde, hanno voluto farci dono di questa conversazione, bella ma soprattutto utile a farci comprendere meglio le coordinate del loro cinema.

L’amore per la Storia

Diego, Marco, in questi anni noi di Indiecinema Film Festival abbiamo avuto ben due opere realizzate da voi, in concorso: procedendo un po’ “a passo di gambero”, Il Conte Magico nella prima edizione e La Signora Matilde. Gossip dal Medioevo nella seconda.
Partirei dal principio, quindi… quando, ma soprattutto come avete cominciato a collaborare insieme a tali progetti? La passione per la Storia ad esempio era presente in entrambi sin dall’inizio?

La passione per la Storia e per raccontare storie ci unisce fin dal nostro primo incontro! Entrambi nutriamo una forte passione per la Storia, che per Marco fa anche parte del proprio percorso accademico, insegnando tuttora Storia del diritto romano all’Alma Mater di Bologna, e per le storie, intese come creazione e sviluppo di un racconto ma anche come riflessione sul racconto stesso e sua riscrittura. Prima di avvicinarci al linguaggio cinematografico, avevamo già affrontato in un progetto teatrale una rivisitazione del mito dell’Edipo Tiranno, che è stata portata in scena da Lella Costa (per chi fosse curioso e volesse vederlo: https://www.youtube.com/watch?v=yfDDUyD_ynk&t=87s). Oltre che la Storia, ci lega anche una profondissima passione per il pop e per la contaminazione fra gli stili e i generi, cosa che abbiamo rifuso nelle nostre opere cinematografiche, dando vita a dei docupop, come li abbiamo ormai ribattezzati, che pur rimanendo nel genere documentario, costituiscono una sperimentazione e una scommessa col pubblico.

Dei due film citati, Il Conte Magico vinse anche il nostro Premio del Pubblico. Presumiamo che anche in altri contesti la reazione degli spettatori sia stata molto calorosa. Pensate che questo modo vivace, creativo, un po’ “situazionista” di raccontare la Storia crei più facilmente un ponte con il pubblico, almeno quello più curioso? E pensate che specie ne Il Conte Magico (ma a ben vedere altri vostri film non sono da meno, a riguardo) certe presenze nel cast abbiano parimenti contribuito a generare simpatia e una relazione empatica con gli spettatori?

Partiamo da lontano: le emozioni hanno il grandissimo potere di creare memoria e di alimentarla. Ci ricordiamo più facilmente i momenti emozionanti della nostra vita, sia tristi che gioiosi, che una normale giornata di lavoro, uguale a tante altre. Come ci ricordiamo più facilmente una storia, letta in un libro o vista in un film, se riusciamo a identificarci nei personaggi e nelle vicende narrate. Siamo sicuri che sia più facile identificarsi, e quindi emozionarsi, con l’Orlando di Tasso che perde il senno per amore (a chi non è capitato di soffrire per amore?) che non in un capitolo di Storia, in cui si susseguono nomi di condottieri e luoghi di battaglie. Perciò nel raccontare la Storia noi cerchiamo di trasformare quell’insieme di date, nomi e fatti in un qualcosa di emozionante e divertente, come la puntata più esaltante di una serie TV o un libro di avventure, che ci piace leggere e rileggere. Rinunciando alle ricostruzioni storiche ma non alla precisione dei fatti, li narriamo in un contesto contemporaneo e con un linguaggio pop, che raccoglie e rimanda a una cultura che tanti di noi condividono. In questo modo il pubblico, oltre a divertirsi – che poi è il fine ultimo e più importante, secondo noi – riconosce nella Storia una parte di sé e la accoglie con più naturalezza.
Anche il lavoro sul cast parte da questo presupposto: cerchiamo sempre volti conosciuti che però non rimandino un senso di distanza ed estraneità e con i quali la gente si può identificare. Syusy Blady, ad esempio, nell’immaginario collettivo è la viaggiatrice che racconta luoghi e tradizioni come le racconterebbe l’amica che ha vissuto un’esperienza indimenticabile.
Nei film ci divertiamo molto anche a disseminare camei – il Conte Magico ne è pieno – per rimandare l’impressione che ce la raccontiamo tra amici, come se fosse un bella giornata passata insieme. I Camei – come i rimandi alla cultura pop- ci servono anche per esplodere e ampliare il senso della narrazione, quasi aggiungendo un’ulteriore dimensione al tutto, quella del cortocircuito della citazione.

Da Matilde di Canossa a Syusy Blady

Venendo a La Signora Matilde, il film che ha partecipato alla seconda edizione di Indiecinema Film Festival, come è nato e come si è sviluppato il rapporto con la vostra eroina in scena, ossia la mitica Syusy Blady?

È stato davvero molto bello e piacevole lavorare con Syusy Blady perché insieme abbiamo cercato un tono di voce semplice e amichevole. La sua esperienza nel rapporto col pubblico ci ha spinto ad indagare costantemente la dimensione della chiarezza senza mai cedere alla banalizzazione dei contenuti.

In questo film più che in altri, l’accuratezza delle ricerche storiche fa il paio con una loro sorprendente rielaborazione in chiave moderna, laddove si fa scherzosamente riferimento al linguaggio dei social. Come vi siete trovati a lavorare su questa prospettiva?

Di solito si pensa che la creatività e la fantasia funzionino solo se lasciate libere. Al contrario, la vera creatività si scatena quando la si deve usare per risolvere problemi. Come la dico questa cosa? Come faccio a rendere a questa immagine? Quando abbiamo vinto il bando dell’Emilia Romagna Film Commission per raccontare Matilde di Canossa, il problema da affrontare era veramente enorme: come si racconta uno dei momenti storici più ingarbugliati (e noiosi) di sempre, come la lotta per le investiture, senza che agli spettatori scenda la catena, per dirla alla bolognese? Abbiamo letto e visto molto su Matilde di Canossa, tra articoli, libri e documentari e abbiamo notato una caratteristica comune: se non sei del settore, fai fatica a interessarti una storia raccontata in maniera seria ma troppo spesso anche seriosa. Noi volevamo parlare a un pubblico più ampio e non solo a specialisti e appassionati. La soluzione al problema ci è venuta con un’ulteriore domanda: chi sarebbe Matilde di Canossa, se fosse nata ai giorni nostri? A quel punto il gioco ha cominciato a piacerci, si sono accese tantissime lampadine e il linguaggio pop si è intrufolato spontaneamente nel nostro processo creativo. È stato quasi naturale arrivare alla conclusione che Matilde oggi non potrebbe che essere un’influencer, una brand content creator (per dirla con termini tecnici da mondo dei social). Insomma, una che avrebbe dato del filo da torcere alla più scatenata Chiara Ferragni! E poi, studiando e approfondendo i personaggi che narriamo, e questo vale anche per gli altri due film, Il Conte Magico e L’incantevole Lucrezia Borgia, ci siano resi conto che stesso le fonti antiche sono piene di sorprese, raccontano spesso dei fatti divertentissimi. La verità è che noi non aggiungiamo nulla che non sia già nel racconto stesso.

Aspettando Lucrezia…

Riguardo al documentario più classico, alle sue recenti ibridazioni o volendo allo stesso cinema di finzione, quali sono gli autori, le opere e i generi che vi appassionano maggiormente?

Abbiamo dei gusti molto eterogenei all’interno del nostro gruppo di sceneggiatura. Nella letteratura, passiamo da quella contemporanea (come Andrea Meli), al fantasy (come Marco) e la saggistica (come Diego). Nel cinema spaziamo tra i grandi classici hollywoodiani, che spesso citiamo, come il Mago di Oz, ma anche le commedie sofisticate degli anni 50 e 60, per le quali abbiamo una vera e propria passione. Wilder era per noi un genio, per citarne uno.

Nel frattempo però voi avete girato un altro film: brevemente, ce ne volete parlare?

Il titolo già dice tutto: L’incantevole Lucrezia Borgia. Non l’assassina, l’avvelenatrice, l’incestuosa. Perché questo è stato detto ingiustamente di lei per cinquecento anni, e in questo modo è stata raccontata in romanzi, opere liriche, e, ancora oggi, in serie tv e videogiochi.
Noi invece abbiamo scelto di raccontarla in maniera corretta. E, ripercorrendone le vicende scevri da pregiudizi, ci siamo resi conto che nella sua vita ci sono tutti gli elementi di una telenovela, anzi, la più grande telenovela del Rinascimento: matrimoni combinati, mariti uccisi, figli segreti, cognate invidiose, colpi di scena e chi più ne ha più ne metta. Al centro lei, una ragazza dall’allegria contagiosa, estremamente intelligente e raffinata, incantevole appunto, con uno spiccato senso del dovere e con una grande dignità. La povera Lucrezia fin da piccola è stata una pedina dei giochi di potere di suo padre, il papa Alessandro VI, e del fratello Cesare, uomo spregiudicato e assetato di potere. In più, ha dovuto sopportare tutte le cattiverie e i gossip che la perseguitavano. Ma, come tutte le eroine delle telenovelas, non si è mai persa d’animo e col tempo è riuscita ad appropriarsi della sua vita e dimostrare il suo valore e il suo talento.
La narratrice della storia è Lucrezia Lante della Rovere, e non a caso: si chiama Lucrezia proprio in onore della Borgia, ma è anche una discendente di papa Giulio II, al secolo Giuliano della Rovere, l’acerrimo nemico dei Borgia. Per cui ha messo pace tra casate, restituendo a Lucrezia Borgia la giusta dimensione storica. E siccome questa storia raccontiamo come una telenovela, insieme a Lucrezia Lante c’è Tullio Solenghi. Chi non ricorda le sue parodie insieme al trio delle telenovelas sudamericane, come Il rapimento di Dolores, e del tormentone “Bevi qualcosa Pedro”? Insomma, nessuno meglio di Tullio Solenghi poteva dar voce alla più grande telenovela del Rinascimento. E poi nel cast ci sono anche Francesco Zecca e Tobia De Angelis, gli immancabili gemelli Ruggeri, Denis Berri, Mirella Mastronardi e Simona Selvini.
E anche Lucrezia Borgia, dopo Matilde di Canossa e Cesare Mattei, siamo certi continuerà a sorprendere e far parlare di sé.

Stefano Coccia

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Stefano Coccia

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