Quando si pensa ai film ambientati nello spazio, la mente corre alle grandi saghe stellari e alle battaglie epiche. Ci sono i capolavori che hanno definito la frontiera cosmica – e li troverete qui. Ma questa è solo la superficie di un universo cinematografico molto più vasto e strano.
L’autentica frontiera del cinema spaziale non si trova solo nello spettacolo, ma nella speculazione. Quando i budget colossali vengono meno, lo spazio smette di essere una destinazione fisica e diventa un palcoscenico metafisico. Il vuoto cosmico diventa la tela perfetta su cui proiettare le nostre paure più profonde e i dilemmi filosofici irrisolti.
Questa guida è un atto di archeologia cinematografica. È un percorso che unisce i pilastri fondamentali, dai film più famosi al cinema underground più sovversivo. Troverete la fantascienza filosofica del blocco sovietico, l’horror spaziale dove lo spazio è un luogo sporco e infetto, e la claustrofobia della stazione spaziale come laboratorio per la psicosi.
Questa è la contro-storia, un viaggio attraverso le cinematografie che hanno capito che il vero orrore, o la vera meraviglia, non è ciò che si trova là fuori, ma ciò che portiamo con noi.
Aelita: Regina di Marte (1924)
Un ingegnere di nome Los, ossessionato dai sogni di una civiltà aliena, costruisce un’astronave e viaggia su Marte. Lì, trova una società capitalista e decadente governata da un tiranno e dalla bellissima regina Aelita, che ha spiato la Terra. Los ispira una rivolta operaia.
Considerato il capostipite del cinema sovietico di fantascienza, Aelita è un artefatto sbalorditivo. È un film ibrido: per metà è un dramma neorealista sulle difficoltà della vita a Mosca dopo la Rivoluzione, per l’altra è una fantasia espressionista. Marte è un trionfo di design costruttivista, con costumi geometrici e scenografie aliene che dovevano rappresentare l’allegoria di un Occidente capitalista e corrotto. Eppure, il film è profondamente ambiguo, con un finale sognante che mette in discussione la natura stessa della rivoluzione che ha ispirato, suggerendo che la fuga nello spazio sia solo un delirio romantico.
Warning from Space (Uchūjin Tōkyō ni Arawaru) (1956)
UFO a forma di stella marina appaiono sopra Tokyo, causando il panico. Gli alieni, i Pairan, tentano di contattare gli scienziati per avvertire l’umanità di un imminente disastro: un pianeta canaglia chiamato “Pianeta R” è in rotta di collisione con la Terra.
Questo film giapponese della Daiei è una gemma dimenticata. Fu il primo film di fantascienza giapponese a colori e, secondo quanto riferito, uno dei film che ispirò Stanley Kubrick a intraprendere 2001. A differenza dei film di invasione americani coevi, qui gli alieni sono benevoli, anche se terrificanti nel loro aspetto (creature a stella marina con un singolo occhio centrale, disegnate dall’artista Taro Okamoto). È un’opera che riflette l’ansia post-atomica del Giappone, dove la minaccia non è l’altro, ma una catastrofe cosmica e impersonale, e l’unica salvezza risiede nella cooperazione scientifica globale.
The Silent Star (Der schweigende Stern) (1960)
Dopo il ritrovamento di un misterioso manufatto alieno nel deserto del Gobi, un’astronave internazionale, la Cosmokrator, viene inviata sul pianeta Venere. L’equipaggio scopre i resti di una civiltà avanzata che si è autodistrutta in una guerra nucleare, poco prima di poter invadere la Terra.
Questa co-produzione tra la Germania dell’Est (DEFA) e la Polonia, basata su un romanzo di Stanisław Lem, è la risposta del blocco orientale alla fantascienza americana. Invece della paranoia, il film promuove un messaggio di internazionalismo socialista: l’equipaggio è un collettivo multiculturale che lavora unito. Visivamente sontuoso per l’epoca, il film usa il viaggio su Venere come un potente monito anti-nucleare. Lo spazio non è un luogo da conquistare, ma uno specchio che mostra alla Terra il suo possibile, terrificante futuro.
2001: Odissea nello spazio (2001: A Space Odyssey) (1968)
Un monolite nero appare agli albori dell’umanità, innescando l’evoluzione. Milioni di anni dopo, l’umanità trova un altro monolite sulla Luna, che invia un segnale verso Giove. Una spedizione, guidata dagli astronauti Bowman (Keir Dullea) e Poole (Gary Lockwood) e controllata dall’intelligenza artificiale HAL 9000, parte per indagare. Regia di Stanley Kubrick.
È il film di fantascienza per eccellenza, un’opera filosofica e visiva che ha ridefinito il genere. Kubrick trasforma il viaggio spaziale in un’esperienza metafisica, un’indagine sul posto dell’uomo nell’universo, sull’evoluzione e sui pericoli dell’intelligenza artificiale. È un’opera d’arte ipnotica e imperdibile, che usa immagini maestose e silenzio per porre domande fondamentali.
Planeta Bur (Il Pianeta delle Tempeste) (1962)
Una missione congiunta sovietico-americana (nella versione originale solo sovietica) verso Venere finisce male quando un’astronave è costretta a un atterraggio d’emergenza. L’equipaggio, incluso un robot da combattimento di nome “John”, deve attraversare il paesaggio ostile e preistorico del pianeta, tra vulcani e dinosauri.
Questo film sovietico è un capolavoro di ingegneria low-budget e un pezzo cruciale di storia del cinema sci-fi underground. I suoi effetti speciali, tra cui un’impressionante auto volante e creature in stop-motion, erano così avanzati che il produttore indipendente americano Roger Corman ne acquistò i diritti. Corman cannibalizzò tutte le sequenze di effetti speciali russi e le inserì in due “nuovi” film americani a basso costo (Voyage to the Prehistoric Planet e Voyage to the Planet of Prehistoric Women), lanciando di fatto un sottogenere di cinema d’exploitation basato sul riciclo internazionale.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione
Ikarie XB-1 (1963)
Nel 2163, l’astronave Ikarie XB-1 intraprende un viaggio di quindici anni verso il sistema Alfa Centauri alla ricerca di vita. Durante il tragitto, l’equipaggio multinazionale affronta l’isolamento, la nascita di un bambino a bordo, una misteriosa nave spaziale abbandonata e gli effetti psicologici di una “stella oscura”.
Girato in Cecoslovacchia, Ikarie XB-1 è semplicemente uno dei film di fantascienza più importanti e influenti mai realizzati. È la pellicola che ha definito l’estetica della “fantascienza seria” molto prima di Star Trek o 2001 (che ha palesemente influenzato, dal design modernista degli interni alla gestione dell’equipaggio). A differenza della fantascienza occidentale, questo film è intriso di un ottimismo collettivista: l’equipaggio è una comunità competente che risolve i problemi. È una pietra miliare della fantascienza filosofica che immagina un futuro spaziale maturo e cooperativo.
Silent Running (2000 Anni nel Futuro) (1972)
In un futuro in cui tutta la vita vegetale sulla Terra è estinta, un botanico, Freeman Lowell, si occupa delle ultime foreste sopravvissute, conservate in enormi cupole geodetiche su un’astronave cargo. Quando arriva l’ordine di distruggere le cupole, Lowell si ribella e dirotta la nave.
Questo è un film indipendente nell’anima. Fu il debutto alla regia di Douglas Trumbull, il genio degli effetti speciali di 2001. Realizzato con un budget ridotto (1.3 milioni di dollari), il film è un’elegia ecologista e malinconica. È un’opera quasi solitaria, con Bruce Dern e tre droni (affettuosamente chiamati Huey, Dewey e Louie) come unici protagonisti. Lo spazio qui è il deserto ultimo, il luogo di un esilio autoimposto per proteggere l’ultimo frammento di vita terrestre. È un film low-budget che usa la sua portata intima per lanciare un messaggio potente e disperato.
Alien (1979)
L’equipaggio dell’astronave commerciale Nostromo intercetta un segnale di SOS da un pianeta sconosciuto. Durante l’esplorazione, uno dei membri, Kane (John Hurt), viene attaccato da una creatura aliena. Lo portano a bordo, ma presto scoprono di aver imbarcato un incubo perfetto: un predatore xenomorfo che li caccerà uno a uno. Regia di Ridley Scott.
È un capolavoro assoluto che fonde horror e fantascienza. Scott crea un’atmosfera claustrofobica e tesa, ambientando un “monster movie” in un contesto “blue collar” (l’equipaggio è composto da camionisti spaziali). È imperdibile per il suo design (le creature di H.R. Giger), per l’eroina indimenticabile (Ellen Ripley/Sigourney Weaver) e per la sua suspense implacabile.
Blade Runner (1982)
In una Los Angeles distopica, piovosa e sovrappopolata del 2019, l’ex poliziotto Rick Deckard (Harrison Ford) viene richiamato in servizio. Il suo compito è “ritirare” (uccidere) quattro “Replicanti”, androidi Nexus-6 indistinguibili dagli umani, tornati illegalmente sulla Terra per cercare il loro creatore. Regia di Ridley Scott.
Sebbene ambientato principalmente sulla Terra, questo è un pilastro della fantascienza filosofica. È un neo-noir visivamente sbalorditivo che pone domande fondamentali: cosa significa essere umani? La memoria definisce l’identità? .
Solaris (1972)
Lo psicologo Kris Kelvin viene inviato sulla stazione spaziale orbitante intorno al pianeta-oceano senziente Solaris. L’equipaggio è in preda a crisi psicologiche e la missione è bloccata. Kelvin scopre presto il perché, quando l’oceano materializza una replica della sua defunta moglie Hari.
L’opera magna di Andrei Tarkovsky è la definizione stessa di fantascienza filosofica. È la risposta sovietica e autoriale a 2001: se il film di Kubrick è un viaggio verso l’esterno, verso le stelle, quello di Tarkovsky è un viaggio interiore, nell’abisso dell’anima umana. Lo spazio è un purgatorio. Il pianeta Solaris è un’entità inconoscibile che costringe gli scienziati a confrontarsi non con l’ignoto cosmico, ma con i propri peccati, sensi di colpa e ricordi repressi. È un’opera lenta, ipnotica e devastante sulla memoria e l’impossibilità di comprendere veramente “l’altro”.
Dark Star (1974)
A bordo dell’astronave fatiscente Dark Star, un equipaggio di quattro astronauti svogliati porta avanti da vent’anni la sua noiosa missione: distruggere pianeti instabili. Tra un alieno dispettoso a forma di palla da spiaggia e un comandante morto tenuto in criostasi, devono affrontare una crisi esistenziale quando una “Bomba Intelligente” decide di pensare con la propria testa.
Nato come film studentesco di John Carpenter e Dan O’Bannon, Dark Star è il cinema sci-fi underground per eccellenza. È la parodia nichilista di 2001, sostituendo l’epica cosmica con la noia esistenziale. L’astronave non è un tempio della tecnologia, ma un “camper spaziale” sporco e pieno di malfunzionamenti. Il film è una satira brillante che culmina in un dibattito filosofico sulla fenomenologia con una bomba senziente. Ha inventato l’estetica “sporca” e “vissuta” che O’Bannon avrebbe poi portato alla perfezione (in chiave horror) nella sceneggiatura di Alien.
Contamination (1980)
Una nave cargo approda a New York, deserta. La polizia trova l’equipaggio orribilmente esploso dall’interno e un carico di strane uova verdi pulsanti. Un’agente governativa e un ex astronauta alcolizzato indagano, scoprendo una cospirazione aliena che ha origine da una fallita missione su Marte.
Il cinema italiano d’exploitation risponde ad Alien. Diretto da Luigi Cozzi, questo horror spaziale è un classico del “rip-off” creativo. Il film sposta abilmente l’azione dallo spazio (troppo costoso) alla Terra, trasformando la minaccia in un thriller-splatter. L’ambientazione spaziale è relegata a un breve, efficace flashback su Marte. Il film è famoso per il suo gore esagerato, con petti umani che esplodono al minimo contatto con il fluido delle uova. È un B-movie sfacciato che capitalizza su un successo americano con un’energia e una brutalità unicamente italiane.
Gravity (2013)
La dottoressa Ryan Stone (Sandra Bullock), un’ingegnere biomedico alla sua prima missione, e l’astronauta veterano Matt Kowalski (George Clooney) stanno lavorando all’esterno dello shuttle quando una pioggia di detriti distrugge la loro navetta. I due si ritrovano alla deriva nel vuoto assoluto, legati solo l’uno all’altra, con l’ossigeno che sta finendo. Regia di Alfonso Cuarón.
Vincitore di sette Premi Oscar, è un’esperienza cinematografica immersiva e tecnicamente sbalorditiva. È un thriller sulla sopravvivenza ridotto all’osso, un’odissea tesa e angosciante nello spazio profondo. È da vedere perché usa lo spazio come nessun altro, trasformando il vuoto in un antagonista terrificante e il film in una potente allegoria sulla rinascita.
Sopravvissuto – The Martian (The Martian) (2015)
Durante una missione su Marte, l’astronauta Mark Watney (Matt Damon) viene travolto da una tempesta e creduto morto dai suoi compagni, che lasciano il pianeta. Rimasto solo, con provviste limitate e nessun modo di comunicare, Watney deve usare il suo ingegno e la sua formazione da botanico per sopravvivere sul pianeta rosso. Regia di Ridley Scott.
A differenza di molti film spaziali cupi, questo è un inno ottimista all’intelligenza umana e alla risoluzione dei problemi. È un film divertente, intelligente e ricco di suspense. È da non perdere per la performance carismatica di Matt Damon e per la sua celebrazione della scienza: è la storia di un uomo che, letteralmente, “colonizza” un pianeta usando la logica e l’ingegneria.
Battle Beyond the Stars (1980)
Il pacifico pianeta Akir è minacciato dal tiranno Sador. Il giovane Shad viene inviato a reclutare un gruppo eterogeneo di mercenari spaziali per difendere il suo mondo. Tra loro, un camionista spaziale, un assassino a pagamento (Robert Vaughn) e una guerriera Valchiria.
Questo è il re dei B-movie indipendenti, prodotto dal leggendario Roger Corman. È la trama de I Sette Samurai (e I Magnifici Sette, con Vaughn che riprende lo stesso ruolo) trapiantata nello spazio per cavalcare l’onda di Star Wars. Corman, con il suo budget più alto di sempre (2 milioni di dollari), assunse giovani talenti destinati alla gloria: James Cameron per gli effetti speciali (che costruì astronavi con materiali di scarto) e James Horner per la colonna sonora. È una space opera gloriosa, divertente e sgangherata, la prova che l’ingegno indie può battere i grandi studi sul loro stesso terreno.
Galaxy of Terror (1981)
Una nave di soccorso, la Quest, atterra sul pianeta Morganthus per indagare sulla scomparsa di un’altra nave. L’equipaggio scopre una misteriosa piramide aliena. All’interno, non trovano un mostro, ma una forza che materializza le loro paure più profonde, uccidendoli uno a uno.
Un altro horror spaziale prodotto da Roger Corman, spesso etichettato come clone di Alien, ma in realtà molto più strano. Il film è un’opera lovecraftiana che esplora la paura psicologica. Il vero mostro è la mente dell’equipaggio. Galaxy of Terror è famigerato per la sua violenza grafica e una scena di stupro alieno (con un verme gigante) che è entrata nella storia del cinema d’exploitation. Ancora una volta, James Cameron è accreditato come scenografo, e i set organici e grotteschi della piramide sono un chiaro precursore del suo lavoro futuro.
Kin-Dza-Dza! (1986)
Un capocantiere e uno studente di Mosca incontrano un uomo scalzo che dice di essere un alieno. Premendo un pulsante sul suo dispositivo, i due vengono teletrasportati sul pianeta desertico Pluke, nella galassia Kin-Dza-Dza. Qui, una società assurda con un vocabolario di due parole (“Koo” e “Kyu”) è divisa da chi possiede o meno i pantaloni colorati.
Una gemma assoluta del cinema sovietico underground. Kin-Dza-Dza! è una commedia distopica lo-fi e “steampunk”. L’ambientazione spaziale (un deserto) è un pretesto per una delle satire più feroci e brillanti della burocrazia, delle gerarchie e dell’assurdità della società sovietica. Con le sue astronavi che sembrano barattoli di latta arrugginiti e una critica sociale spietata mascherata da farsa, questo film è la prova che la fantascienza indipendente più povera è spesso la più intelligente e politicamente sovversiva.
Arrival (2016)
Dodici misteriose astronavi aliene a forma di guscio atterrano in diversi punti del globo. La dottoressa Louise Banks (Amy Adams), una linguista di fama mondiale, viene reclutata dall’esercito americano per cercare di stabilire una comunicazione. Mentre il mondo precipita nel panico, lei deve decifrare il loro linguaggio per capire perché sono venuti. Regia di Denis Villeneuve.
È un film di fantascienza profondo, filosofico e commovente, che mette la comunicazione e il linguaggio al centro della narrazione, invece dell’azione. È un’opera imperdibile per la sua atmosfera malinconica e per come usa il “primo contatto” per esplorare temi complessi come il tempo, la memoria, il lutto e l’unità umana.
On the Silver Globe (Na srebrnym globie) (1988)
Un gruppo di astronauti naufraga su un pianeta alieno e fonda una nuova civiltà. Decenni dopo, i loro discendenti sono regrediti a uno stato tribale e mitologico, adorando l’ultimo sopravvissuto. L’arrivo di un secondo astronauta dalla Terra, Marek, viene visto come il compimento di una profezia messianica.
Questo film è una leggenda del cinema sci-fi underground. Diretto dal visionario polacco Andrzej Żuławski negli anni ’70, la produzione fu interrotta e distrutta dalle autorità comuniste, che la ritenevano un’allegoria anti-totalitaria. Żuławski riuscì a recuperare e montare l’80% del materiale solo un decennio dopo, colmando le scene mancanti con una voce fuori campo che descrive ciò che è andato perduto. Il risultato è un’epopea febbrile, filosofica e brutale sulla creazione della religione, della violenza e del potere. È un’esperienza visiva travolgente e delirante.
Space Truckers (1996)
John Canyon è un “camionista spaziale” freelance che contrabbanda maiali quadrati. Per un ultimo grosso colpo, accetta di trasportare un carico misterioso (e illegale) verso la Terra, finendo invischiato in un complotto che coinvolge pirati, un cyborg assassino e un esercito di robot da guerra.
Diretto dal maestro dell’horror cult Stuart Gordon (Re-Animator), questo film indipendente (nonostante il budget di 25 milioni di dollari) è l’epitome della fantascienza “blue-collar. Dennis Hopper incarna il camionista spaziale burbero e sfruttato. Lo spazio qui non è elegante; è una stazione di servizio cosmica, sporca, corrotta e commerciale. Il film è una commedia d’azione sgangherata e orgogliosamente trash, che celebra l’estetica “vissuta” e anti-eroica in contrasto con la fantascienza patinata di Hollywood.
The American Astronaut (2001)
Il commerciante interplanetario Samuel Curtis naviga in un sistema solare desolato. La sua missione è consegnare un gatto, ottenere un clone di una “Vera Ragazza”, scambiarla con il corpo del leggendario “Ragazzo che vide una tetta” e consegnare quest’ultimo alle donne di Venere per diventare il loro nuovo re.
Questo film è la definizione di cinema sci-fi underground. È un western spaziale surrealista, un musical rockabilly e una commedia dell’assurdo, girato in un bianco e nero sgranato che lo fa sembrare un artefatto perduto. Diretto, scritto e interpretato da Cory McAbee, il film crea un universo lo-fi dove le astronavi sembrano boiler e i bar spaziali sono saloon polverosi. È un’opera che sfida ogni categorizzazione, usando lo spazio come un fondale assurdo per una storia picaresca sulla solitudine e la frontiera.
Il quinto elemento (The Fifth Element) (1997)
In un futuro colorato e caotico (New York, 2263), l’ex soldato e tassista Korben Dallas (Bruce Willis) si ritrova per caso a dover salvare il mondo. La sua passeggera è Leeloo (Milla Jovovich), l’incarnazione del “Quinto Elemento”, l’unica creatura in grado di fermare il Male assoluto che minaccia l’universo. Regia di Luc Besson.
È un’opera pop, sgargiante e totalmente unica. A differenza della fantascienza cupa e seriosa, questo è un “camp” visivamente sbalorditivo (con i costumi di Jean Paul Gaultier) e pieno di umorismo. È un film da vedere per la sua energia contagiosa, la sua creatività visiva e per essere un’avventura spaziale divertente, bizzarra e indimenticabile.
Moon (2009)
Sam Bell sta terminando un contratto di tre anni come unico operatore di una base mineraria sul lato oscuro della Luna, con il solo computer GERTY (voce di Kevin Spacey) come compagnia. Poco prima del suo ritorno sulla Terra, ha un incidente e incontra una versione più giovane di se stesso.
Il debutto alla regia di Duncan Jones è il film che ha rilanciato la fantascienza indipendente nel 21° secolo. È un capolavoro di film low-budget, costruito interamente sull’incredibile performance di Sam Rockwell e su un design di produzione claustrofobico. È un ritorno alla fantascienza filosofica degli anni ’70, che esplora temi come l’identità, l’isolamento, l’etica aziendale e la natura dell’anima umana. Moon dimostra che le idee più potenti non hanno bisogno di effetti speciali esagerati, ma di una sceneggiatura impeccabile e di un cuore umano.
Cargo (2009)
Nel 2267, la Terra è inabitabile e l’umanità sopravvive su stazioni spaziali sovraffollate. La dottoressa Laura Portmann si imbarca sulla nave cargo Kassandra per un viaggio di otto anni, sperando di guadagnare abbastanza per raggiungere sua sorella sul pianeta paradisiaco Rhea. Durante il suo turno di guardia in solitaria, inizia a sospettare di non essere sola a bordo.
Il primo, ambizioso film di fantascienza svizzero. Cargo è un thriller atmosferico e claustrofobico che attinge a piene mani da Alien e Solaris. Sebbene il budget sia limitato, il film eccelle nel creare un senso di vastità vuota e paranoia all’interno della gigantesca nave fatiscente. L’orrore non è (solo) un mostro, ma una cospirazione. Lo spazio qui è il luogo di una terribile disillusione: la scoperta che la speranza di un nuovo mondo, Rhea, è solo una menzogna, una realtà virtuale creata per sedare le masse disperate.
Love (2011)
L’astronauta Lee Miller è l’unico occupante della Stazione Spaziale Internazionale. Improvvisamente, ogni contatto con la Terra si interrompe e il pianeta sottostante cade nel silenzio. Lasciato solo per anni, Miller lotta per mantenere la sanità mentale, finché non scopre a bordo un misterioso diario della Guerra Civile.
Un esempio sbalorditivo di cinema micro-budget. Diretto da William Eubank (che ha costruito i set della ISS nel cortile dei suoi genitori) e prodotto dalla band Angels & Airwaves, Love è un film d’arte visivamente ambizioso. Fortemente influenzato da 2001 e Solaris, il film è una meditazione sulla solitudine, l’isolamento e la necessità umana di connessione. Lo spazio non è un luogo di avventura, ma una prigione psicologica. È un’opera più emotiva che narrativa, che esplora come la memoria e le storie siano le uniche cose che ci tengono umani di fronte al vuoto assoluto.
Iron Sky (2012)
Nel 2018, una missione di marketing sulla Luna scopre una base segreta sul lato oscuro. È abitata da Nazisti fuggiti nel 1945, che hanno costruito una flotta di dischi volanti e sono pronti a lanciare il Quarto Reich sulla Terra, guidati dalla propaganda di una versione nazista di Charlie Chaplin.
Uno dei primi grandi successi del crowdfunding, Iron Sky è una co-produzione indipendente finlandese-tedesca-australiana. È una commedia satirica sfacciata e grottesca. L’assurda premessa dei “Nazisti sulla Luna” è un pretesto per prendere in giro la politica moderna, in particolare l’amministrazione americana (con una Presidente clone di Sarah Palin) e l’ipocrisia delle Nazioni Unite. È un cult movie che mescola effetti speciali sorprendentemente buoni (per il budget) con una farsa politica che dimostra come lo spazio possa essere il palcoscenico perfetto per la satira più assurda.
Europa Report (2013)
Una società privata finanzia una missione con equipaggio su Europa, la luna ghiacciata di Giove, per confermare la presenza di un oceano subglaciale e cercare la vita. Il film è presentato interamente attraverso le telecamere di bordo e i diari dell’equipaggio, documentando la loro scoperta e i disastri che seguono.
Questo film indipendente, diretto dall’ecuadoriano Sebastián Cordero, è un trionfo della fantascienza “hard” in formato found footage. L’uso delle telecamere fisse e dell’audio frammentato crea un realismo teso e claustrofobico. A differenza di molti film horror, l’orrore qui non deriva dal mostro, ma dall’ignoto e dalla vastità ostile dello spazio. Il film è un potente dramma sul sacrificio scientifico: la missione non è salvare l’equipaggio, ma assicurarsi che i dati (la prova della vita) tornino sulla Terra.
High Life (2018)
Un gruppo di condannati a morte viene inviato in una missione senza ritorno verso un buco nero. Sulla nave, sono usati come cavie da una scienziata (Juliette Binoche) ossessionata da esperimenti sulla riproduzione nello spazio. L’isolamento e la disperazione portano l’equipaggio alla violenza e al collasso.
Il debutto in lingua inglese dell’autrice francese Claire Denis è un’opera d’arte disturbante e carnale. Questo è arthouse sci-fi. Lo spazio è una prigione definitiva, una scatola ermetica per tabù e fluidi corporei. Non c’è eroismo, solo la disperazione di esseri umani “riciclati” dalla società e scagliati verso il nulla. È un film sull’entropia del corpo e della mente, dove l’unica forma di speranza, fragile e inquietante, è la paternità del protagonista (Robert Pattinson) in un vuoto assoluto.
Aniara (2018)
Un’enorme astronave di lusso, la Aniara, trasporta migliaia di coloni da una Terra devastata a Marte. Un incidente la fa deviare dalla rotta, condannandola a vagare all’infinito nello spazio senza speranza di ritorno. Il film segue il collasso psicologico e sociale dei passeggeri nel corso dei decenni.
Questo film svedese, basato su un poema epico, è forse la visione più nichilista e terrificante della vita nello spazio. È horror spaziale esistenziale. L’astronave è un centro commerciale alla deriva, simbolo del consumismo che continua anche di fronte all’apocalisse. Il cuore del film è Mima, un’IA che offre ai passeggeri ricordi virtuali della natura terrestre, finché non “muore” per il troppo dolore assorbito. Aniara è un’allegoria potente del collasso climatico e della nostra incapacità di affrontare la fine.
Prospect (2018)
L’adolescente Cee e suo padre Damon atterrano su una luna aliena tossica con l’obiettivo di estrarre preziose gemme organiche. Il lavoro è pericoloso e la loro missione si trasforma in una disperata lotta per la sopravvivenza quando incontrano altri cercatori d’oro, tra cui l’ambiguo e loquace Ezra.
Prospect è il perfetto “space western” moderno. È un film low-budget che trionfa grazie a un world-building incredibilmente tattile e “gritty”. L’estetica è tutto: la tecnologia è sporca, analogica e riparata con nastro adesivo. La frontiera non è un pianeta, ma una foresta tossica piena di spore. È una storia di sopravvivenza “working-class”, che usa l’ambientazione fantascientifica per raccontare un classico dramma western sull’avidità, la fiducia e il legame tra Cee e il mercenario interpretato da Pedro Pascal.
Cosmos (2019)
Tre amici, astronomi dilettanti, sono in campeggio in un furgone attrezzato per una notte di osservazione. Mentre testano un nuovo software, intercettano un segnale radio proveniente dallo spazio profondo. Capiscono rapidamente che non è un segnale naturale e che qualcuno, o qualcosa, sta rispondendo.
L’epitome del cinema indie “zero-budget”. Realizzato da un equipaggio di tre persone (i fratelli Weaver) nel corso di cinque anni senza finanziamenti esterni, Cosmos è un film che non si svolge nello spazio, ma è interamente sul cosmo. Tutta l’azione è confinata all’interno e intorno a un’auto. È un ritorno alla fantascienza della meraviglia, sulla scia di Contact. Dimostra che per creare suspense e un senso di scoperta cosmica non servono effetti speciali, ma solo una grande idea e un’ottima sceneggiatura.
Sputnik (2020)
Unione Sovietica, 1983. Due cosmonauti hanno un misterioso incidente durante il rientro. Uno muore, l’altro, Konstantin, sopravvive, ma non è solo. Viene portato in una struttura militare segreta dove una psicologa controversa, Tatyana, scopre che di notte una creatura aliena parassita emerge dal suo corpo.
Un’eccellente e tesa rinascita dell’horror sci-fi russo. Sputnik prende elementi da Alien (il parassita) e La Cosa (la paranoia), ma li immerge nell’atmosfera opprimente della Guerra Fredda. L’ambientazione della base militare isolata è perfetta per un thriller claustrofobico. Il film non si affida a facili spaventi, ma costruisce la tensione sul rapporto simbiotico tra Konstantin e la creatura, e sulla fredda logica dei militari che vedono l’alieno non come una minaccia da distruggere, ma come un’arma da controllare.
Gagarine (2020)
Youri, un sedicenne appassionato di spazio, vive nel complesso di edilizia popolare Cité Gagarine, alla periferia di Parigi. Quando l’edificio, intitolato al famoso cosmonauta sovietico, viene condannato alla demolizione, Youri si rifiuta di andarsene. Si barrica all’interno e inizia a trasformare il suo appartamento in una capsula spaziale.
Questo film francese non è tecnicamente ambientato nello spazio, ma usa lo spazio come metafora centrale. È un’opera di realismo magico che fonde la dura realtà sociale (la gentrificazione, la perdita della comunità) con il sogno poetico della fuga cosmica. Girato nel vero complesso Cité Gagarine prima della sua demolizione, il film trasforma la rovina urbana in un’astronave improvvisata. Youri diventa un astronauta nel suo mondo, un eroe solitario che difende la sua casa trasformandola nel suo sogno. È fantascienza poetica e profondamente politica.
Stowaway (2021)
Poco dopo il lancio di una missione di due anni verso Marte, l’equipaggio di tre persone scopre un clandestino (uno “stowaway”) a bordo: un tecnico del supporto a terra rimasto intrappolato. Un danno irreparabile al sistema di riciclo dell’aria pone l’equipaggio di fronte a un dilemma morale terribile: c’è ossigeno solo per tre persone.
Questo thriller psicologico indie (distribuito da Netflix) è un puro dramma etico. È la versione moderna del classico racconto “The Cold Equations. Non ci sono alieni, cattivi o guasti casuali; la minaccia è la matematica. Diretto da Joe Penna, il film è un thriller teso e claustrofobico che ruota interamente attorno a una scelta impossibile. È la fantascienza low-budget che eccelle nel porre domande morali: cosa faresti quando la sopravvivenza di uno significa la morte di tutti gli altri?
Vesper (2022)
Dopo il collasso dell’ecosistema terrestre, la tredicenne Vesper sopravvive in un mondo paludoso e ostile, prendendosi cura del padre paralizzato. La società è divisa tra le “Cittadelle” (enclavi ricche) e la desolazione esterna. Vesper, una bio-hacker, cerca di usare la tecnologia aliena per creare un futuro.
Sebbene ambientato sulla Terra, Vesper è un film di fantascienza “biopunk” indipendente che sembra provenire da un altro pianeta. Questa co-produzione lituana-francese-belga crea un mondo alieno sulla Terra, pieno di flora e fauna geneticamente modificate, grottesche e meravigliose. L’estetica è incredibile per un film low-budget, unendo un design organico e viscido con una storia di sopravvivenza. È un esempio di come il cinema indipendente possa creare mondi alieni complessi senza mai lasciare il suolo, concentrandosi sulla biotecnologia come nuova frontiera.
Rubikon (2022)
Sulla stazione spaziale Rubikon, controllata da una corporazione, un soldato e due scienziati testano un sistema di generazione di ossigeno a base di alghe. Improvvisamente, una catastrofe ambientale avvolge la Terra in una nebbia tossica. L’equipaggio, forse l’ultimo dell’umanità, deve decidere se rimanere al sicuro o rischiare tutto per tornare e cercare sopravvissuti.
Questo teso thriller spaziale austriaco è un altro eccellente esempio di “dilemma morale” in orbita. Come Stowaway, Rubikon usa l’isolamento dello spazio come un laboratorio etico. Ambientato in un futuro distopico dominato dalle corporazioni, il film esplora la lealtà, il senso di colpa e la responsabilità di classe. La stazione spaziale, con la sua aria pulita, diventa l’ultima “scialuppa di salvataggio” per i privilegiati, ponendo una domanda terribile: chi merita di sopravvivere quando il mondo finisce?
The Green Slime (1968)
Un asteroide minaccia la Terra. Un equipaggio guidato dal comandante Jack Rankin atterra sull’asteroide per distruggerlo. Durante la missione, un membro raccoglie un campione di una strana melma verde. Tornati sulla stazione spaziale Gamma 3, la melma si nutre di energia, cresce e si moltiplica, dando vita a mostri tentacolari con un solo occhio.
Questa co-produzione USA-Giappone (girata in Giappone con attori americani) è il B-movie spaziale per eccellenza. È famoso per il suo tema musicale rock psichedelico e per i suoi mostri palesemente “gommosi”. È un film che precede Alien di un decennio, ma che già esplora l’horror spaziale claustrofobico. Nonostante la sua ingenuità tecnica, The Green Slime è un cult fondamentale che dimostra come il cinema indipendente e d’exploitation usasse lo spazio come un set economico per un classico film di mostri.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione

