Film Ambientati nel Deserto

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Il deserto non è un luogo, è un concetto. Il cinema lo ha spesso usato come palcoscenico per l’avventura kolossal, da Lawrence d’Arabia a Dune – e troverete qui questi capolavori canonici. Ma il vero deserto cinematografico, quello che pulsa nelle opere dei grandi autori, è un’altra cosa. È un personaggio, un antagonista filosofico, uno specchio.

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Il cinema d’autore non usa il deserto per mostrare l’avventura; lo usa per rivelare il vuoto. Come ha intuito Michelangelo Antonioni, il deserto è la metafora perfetta per l’aridità emotiva e l’incomunicabilità dell’uomo moderno. È il luogo dove il superfluo viene letteralmente bruciato dal sole, lasciando i personaggi nudi di fronte alla propria psiche. È l’unico paesaggio onesto per un’epoca che ha perso il suo centro.

Questo spazio non è mai neutrale. È quello che Gilles Deleuze e Felix Guattari, analizzando l’opera di Pier Paolo Pasolini, definirebbero lo “spazio liscio. È l’opposto dello “spazio striato” della città, della società borghese e capitalista. Il deserto è il luogo del nomade, dell’errante, del “barbarico” (in senso pasoliniano, come primitivo e puro). È lo spazio dove la logica del profitto e le strutture sociali collassano, lasciando emergere il mito, la violenza primordiale o la follia.

Questa guida definitiva ai film ambientati nel deserto è un percorso che unisce i pilastri fondamentali, dai film più famosi alle produzioni indipendenti più coraggiose. Esploreremo opere che hanno utilizzato il deserto non come sfondo, ma come strumento di indagine radicale. Il nostro viaggio non sarà una semplice lista, ma un percorso attraverso le diverse funzioni che questo paesaggio assolve: dalla decostruzione psichedelica del western al vuoto esistenziale dei maestri d’autore; dalla frontiera brutale dell’Outback alle sabbie politiche che custodiscono la memoria storica, fino all’inattesa scoperta di un’oasi di comunità.

El Topo (1970)

El Topo | Official Trailer 4K

Un pistolero vestito di nero (El Topo) attraversa un deserto surreale in un viaggio allegorico per sconfiggere quattro maestri pistoleri e raggiungere l’illuminazione. Dopo aver fallito, rinasce come un santone storpio per liberare una comunità di emarginati che vivono sottoterra.

El Topo di Alejandro Jodorowsky è il film che ha letteralmente generato il genere “Acid Western. Il deserto qui non è l’Arizona o il Messico; è un paesaggio puramente onirico e metafisico, uno stato dell’anima. Jodorowsky utilizza la violenza estrema, il simbolismo cristiano e la filosofia orientale per trasformare il cinema e paesaggio arido in un testo sacro e blasfemo. Il viaggio di El Topo attraverso la sabbia non è una ricerca di vendetta, ma una folle e disperata ricerca di illuminazione che passa attraverso la distruzione totale dell’ego, rappresentato dall’immensità vuota del deserto.

The Holy Mountain (1973)

THE HOLY MOUNTAIN - Trailer

Un ladro che assomiglia a Cristo vaga per una città decadente prima di essere guidato da un Alchimista (Jodorowsky stesso). .

Se El Topo era l’Antico Testamento dell’Acid Western, The Holy Mountain è il Nuovo Testamento psichedelico. Il deserto, nella prima parte del film, è il luogo della purificazione iniziale. Ma è il viaggio finale verso la montagna – un deserto verticale – che definisce il film. Jodorowsky usa questo arthouse films desert landscape mistico come palcoscenico per l’ultima, grande decostruzione: quella del cinema stesso. La famosa rottura della quarta parete finale non sarebbe possibile senza il deserto, il luogo che, per sua natura, espone ogni illusione.

Dead Man (1995)

Dead Man (1995) – Original Theatrical Trailer

William Blake (Johnny Depp), un contabile di Cleveland, viaggia verso la città di frontiera di Machine. Dopo un incontro violento, viene ferito a morte e fugge nel deserto/foresta. Lì incontra un nativo americano di nome “Nessuno”, che crede che Blake sia la reincarnazione del poeta William Blake e lo prepara per il suo viaggio nel mondo degli spiriti.

Jim Jarmusch definisce il suo film un “acid western” e ha ragione. Sebbene ambientato più nelle foreste del Pacific Northwest, il suo spirito è desertico: è un paesaggio di desolazione e trasformazione. È uno di quei western atipici che inverte ogni cliché. Il deserto qui è uno spazio ontologico dove la civiltà (il capitalismo industriale che Blake rappresenta) muore e la poesia (il sangue) prende il sopravvento. Il viaggio di Blake è una discesa nel vuoto, un esempio di cinema e isolamento che diventa un viaggio spirituale guidato dalla colonna sonora ipnotica di Neil Young.

The Shooting (1966)

Monte Hellman and Roger Corman on the Shooting and Ride in the Whirlwind

Un ex cacciatore di taglie (Warren Oates) viene costretto da una donna misteriosa (Millie Perkins) ad accompagnarla attraverso un deserto spietato. A loro si unisce un enigmatico pistolero (Jack Nicholson). La missione è oscura, la tensione palpabile e il viaggio si trasforma in un incubo esistenziale di sopravvivenza nel deserto.

Girato back-to-back con Ride in the Whirlwind con un budget irrisorio, The Shooting di Monte Hellman è forse il primo e più puro “Acid Western”, un caposaldo nella acid western films list essential. Precede El Topo e stabilisce il modello: il deserto come spazio di paranoia e futilità. A differenza di Jodorowsky, Hellman non usa il surrealismo; usa il realismo estremo per creare una “bad trip”. Il caldo, la sete, la polvere e l’orizzonte infinito diventano strumenti di tortura psicologica. Il deserto non offre redenzione, solo una disintegrazione nichilista.

The Last Movie (1971)

The Last Movie (Modern Trailer)

Dopo che una troupe cinematografica americana ha terminato le riprese di un western in un villaggio peruviano, lo stuntman Kansas (Dennis Hopper) decide di restare. Osserva i locali che, non comprendendo la finzione, ricreano le scene del film usando finte cineprese fatte di rami, ma usando violenza reale.

Questo è il film che ha distrutto la carriera di Dennis Hopper dopo il trionfo di Easy Rider. È un’opera di decostruzione totale. Il deserto peruviano diventa il cimitero del western e dell’illusione cinematografica. Hopper, in un delirio meta-cinematografico, esplora la tensione tra il reale e l’immaginario. Il cinema e paesaggio arido qui è il luogo dove il cinema (la “macchina” di Hollywood) infetta e distrugge la realtà “primitiva”, lasciando solo il guscio vuoto di un rituale incompreso.

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Zabriskie Point (1970)

Zabriskie Point (1970) | trailer

Uno studente radicale (Mark) in fuga da una protesta finita male e una giovane segretaria (Daria) che viaggia attraverso il deserto per incontrare il suo capo in una villa di lusso, si incontrano nella Valle della Morte. Il loro breve incontro nel paesaggio arido culmina in un finale apocalittico e metaforico.

L’unico film americano di Michelangelo Antonioni è un attacco frontale al consumismo. Il deserto (la Valle della Morte) è presentato come l’antitesi assoluta della civiltà americana, descritta come un inferno di cemento, cartelloni pubblicitari e feticci. Il deserto è l’unico spazio di purezza, un “vuoto” dove i due protagonisti possono incontrarsi. La celebre scena dell’amplesso tra le dune e, soprattutto, l’esplosione finale della villa – un atto di terrorismo concettuale – rappresentano il rifiuto utopico e la distruzione catartica della società delle merci.

Paris, Texas (1984)

Paris, Texas - The Myth of Modern America

Travis (Harry Dean Stanton), un uomo catatonico, riemerge dal deserto del Texas dopo essere scomparso per quattro anni. Si riunisce con suo fratello e il figlio, intraprendendo un viaggio on the road per ritrovare la moglie e ricostruire la propria memoria.

Il capolavoro di Wim Wenders si apre con una delle immagini più iconiche del deserto cinematografico: Travis in un completo logoro sotto un cielo immenso. Il deserto del sud-ovest americano è il luogo della sua dissociazione, un’amnesia autoimposta. Per Wenders, il paesaggio arido è lo spazio della memoria perduta. Il viaggio di Travis non è nel deserto, ma fuori da esso, un lento e doloroso processo di trasformazione per ritrovare il linguaggio e riconnettersi con il passato. La fotografia mozzafiato trasforma il Texas in un purgatorio esistenziale.

Gerry (2002)

Fata Morgana / Hey, That's No Way To Say Goodbye

Due giovani amici, entrambi chiamati Gerry (Matt Damon e Casey Affleck), decidono di fare un’escursione improvvisata nel deserto della Valle della Morte. Abbandonano il sentiero e si perdono irrimediabilmente. Il film segue la loro lenta disintegrazione fisica e psicologica in un ambiente spietato.

Gerry di Gus Van Sant è l’esempio più radicale di cinema e isolamento. È un’opera minimalista, quasi muta, che porta l’estetica di Antonioni alle sue estreme conseguenze. Il deserto qui è un labirinto astratto, un luogo senza coordinate che comprime il tempo. Van Sant si concentra solo sulla luce e sul movimento, spogliando la narrazione di ogni elemento tranne la pura sopravvivenza nel deserto. È uno di quegli experimental films desert landscape che diventa un’esperienza trascendentale, dove il paesaggio costringe a uno “sguardo interiore” e ci mette di fronte alla nostra fragile esistenza.

Suna no Onna (La donna delle dune) (1964)

Woman in the Dunes | Suna no onna (Trailer) Directed by Hiroshi Teshigahara

Un entomologo in vacanza per raccogliere insetti in un vasto deserto costiero, perde l’ultimo autobus. Gli abitanti del villaggio lo ospitano in una capanna in fondo a una profonda buca di sabbia, dove vive una vedova. Presto scopre di essere prigioniero, costretto al compito sisyfiano di spalare la sabbia che minaccia di inghiottire la casa.

Capolavoro della New Wave giapponese, Suna no Onna di Hiroshi Teshigahara è forse il più grande horror esistenziale mai girato. Il deserto non è un’ampia distesa, ma una prigione claustrofobica. La sabbia, fotografata in primi piani quasi microscopici, è un’entità viva e soffocante. Il film è un’allegoria della condizione umana, una riflessione sulla terribile futilità dell’esistenza. Il deserto di sabbia diventa la metafora delle nostre vite da “spalatori”, intrappolati in un lavoro assurdo e senza fine.

Fata Morgana (1971)

Girato nel deserto del Sahara e nel Sahel, il film di Werner Herzog è un documentario sperimentale e fantascientifico. Diviso in tre parti (“La creazione”, “Il paradiso”, “L’età dell’oro”), mostra paesaggi distorti dal caldo, carcasse, abitanti solitari e miraggi, il tutto narrato con il mito della creazione Maya.

Herzog è attratto dai luoghi selvaggi ed estremi della terra. Fata Morgana non è un documentario sull’Africa; è un documentario su una visione distorta del pianeta. Il deserto, con i suoi miraggi, è il luogo perfetto per Herzog per contemplare “l’illusione della realtà”. È un cinema e paesaggio arido portato al suo limite percettivo. Le immagini di un aereo che atterra e ridecolla all’infinito e la colonna sonora che mescola Leonard Cohen e musica sacra creano un’atmosfera da pianeta alieno, un paesaggio pre-creazione o post-apocalittico.

Walkabout (1971)

Walkabout ≣ 1971 ≣ Trailer

Dopo che il padre impazzisce e si suicida durante un picnic nel deserto, due fratelli bianchi (una adolescente e un bambino) vengono abbandonati nell’Outback. Lottano per la sopravvivenza finché non incontrano un ragazzo aborigeno nel mezzo del suo “walkabout” (rito di passaggio), che li aiuta.

Opera seminale della New Wave Australiana, Walkabout di Nicolas Roeg è una meditazione poetica e brutale sulla disconnessione tra la vita moderna e il mondo naturale. L’Outback, protagonista di molti australian outback independent films, è qui un “deserto della mente”, un Eden tanto splendido quanto pericoloso. Il film è costruito sul mistero della comunicazione: i bambini “civilizzati” sono completamente impotenti nel paesaggio, mentre il ragazzo indigeno è in totale armonia con esso. Il tragico finale, derivante da un fatale malinteso culturale, è una condanna della civiltà.

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Wake in Fright (1971)

Wake in Fright - Official Trailer

Un giovane insegnante, John Grant, rimane bloccato in una remota città mineraria dell’Outback (“The Yabba”) mentre è in viaggio verso Sydney. Nel corso di cinque giorni, viene trascinato dall'”ospitalità” aggressiva della gente del posto in un vortice di alcolismo, gioco d’azzardo e violenza brutale, perdendo ogni traccia della sua identità.

Per decenni considerato un film perduto, Wake in Fright è forse la critica più feroce alla mascolinità tossica australiana mai girata. L’Outback non è solo un deserto, è un deserto morale. La città di Yabba è un inferno dove la cultura è ridotta a bere, combattere e cacciare. Il film trasforma la pressione sociale in un veicolo horror. L’apice del film, la famigerata e reale caccia al canguro, mostra la sopravvivenza nel deserto non come una lotta contro la natura, ma come un’immersione nell’abbrutimento umano.

The Proposition (2005)

4K restoration trailer for The Proposition - on UHD and Blu-ray from 11 April 2022 | BFI

Nell’Outback australiano del 1880, un capitano della polizia cattura il fuorilegge Charlie Burns (Guy Pearce). Gli offre una proposta impossibile: per salvare il fratello minore dalla forca, Charlie deve trovare e uccidere il fratello maggiore, il famigerato e psicopatico Arthur Burns (Danny Huston).

Scritto dal musicista Nick Cave, The Proposition è un “western atipico” di una brutalità lirica. Questo è l’Outback come inferno sulla terra, un paesaggio arido che riflette la totale assenza di morale. Non c’è romanticismo della frontiera, solo la polvere, il caldo opprimente e una violenza razzista e ciclica. La colonna sonora di Cave e Warren Ellis non accompagna l’azione, ma sembra emergere dalla terra stessa, una nenia funebre per le verità sgradevoli su cui è stata costruita l’Australia.

Sweet Country (2017)

Sweet Country Official Trailer

Australia, 1929. Sam Kelly, un bracciante aborigeno, uccide per legittima difesa il proprietario terriero bianco Harry March. Sam e sua moglie fuggono attraverso l’implacabile deserto dell’Outback, inseguiti da un plotone guidato dal sergente Fletcher (Bryan Brown).

Il regista indigeno Warwick Thornton usa il genere western per raccontare una storia di ingiustizia razziale. L’Outback, il “paese dolce” del titolo, è ironico: è un paesaggio di una bellezza mozzafiato ma moralmente corrotto. Per i bianchi, è una proprietà da difendere. Per Sam, è un luogo in cui nascondersi, ma sa che non c’è speranza. Il deserto, in questo film potente, è il testimone silenzioso di un crimine fondativo che deve ancora essere espiato.

The Night of Counting the Years (Al-mummia) (1969)

THE NIGHT OF COUNTING THE YEARS

Basato su una storia vera del 1881, il film segue Wanis, il figlio del capo di una tribù beduina che da generazioni saccheggia segretamente una cache di mummie faraoniche. Dopo la morte del padre, Wanis è lacerato tra la lealtà alla tradizione della tribù e il desiderio di proteggere l’eredità dell’Egitto.

Considerato il film egiziano più importante mai realizzato, Al-mummia è una meditazione solenne sull’identità nazionale. Girato nel deserto di Luxor, il film ha una qualità statuaria e onirica. Questo middle eastern cinema desert setting film usa il paesaggio arido come custode della storia. Il conflitto è tra il valore di mercato degli artefatti e il loro valore simbolico per la nazione. Il deserto è un sepolcro che pone la domanda fondamentale: a chi appartiene il passato?

Timbuktu (2014)

Timbuktu trailer - in cinemas & on demand from 29 May 2015

Nella città maliana di Timbuktu, caduta sotto il controllo dei fondamentalisti jihadisti, la vita quotidiana è schiacciata da nuove leggi assurde: musica, risate e calcio sono banditi. Nelle dune vicine, il pastore Kidane vive pacificamente con la sua famiglia, ma un tragico incidente lo trascina nel caos del nuovo regime.

Il capolavoro di Abderrahmane Sissako è una risposta poetica e straziante al fanatismo. Il deserto del Sahara, tradizionalmente uno spazio di libertà nomade e di un Islam tollerante, viene “occupato. Sissako contrappone l’immensità serena delle dune alla meschinità e all’assurdità del “regime del terrore”. La scena più potente – i ragazzi che giocano una partita di calcio senza palla – usa il paesaggio arido per mostrare l’insopprimibile spirito umano.

Daratt (Stagione Secca) (2006)

Dry Season - trailer - IFFR 2007

In Ciad, dopo la fine della guerra civile, il governo ha concesso l’amnistia a tutti i criminali di guerra. Il sedicenne Atim viene mandato dal nonno ad uccidere Nassara, l’uomo che ha ucciso suo padre. Atim trova Nassara, che ora gestisce un piccolo panificio, e viene assunto come apprendista, pianificando la sua vendetta.

Il regista del Ciad, Mahamat-Saleh Haroun, crea un dramma teso e minimalista nelle strade polverose di N’Djamena. Questo è uno dei grandi north african films set in sahara (regione del Sahel) che usa il paesaggio come personaggio. È la “stagione secca” (Daratt) che dà il titolo al film, un tempo di attesa, di polvere e di ferite che non si chiudono. Il film esplora il ciclo della vendetta e la difficile possibilità del perdono in una nazione traumatizzata.

Theeb (2014)

THEEB Official Trailer - Oscar Foreign Film Nominee [HD]

Nella provincia ottomana di Hijaz nel 1916, il giovane beduino Theeb (“Lupo”) vive un’esistenza tradizionale. La sua vita viene sconvolta quando suo fratello maggiore accetta di guidare un ufficiale britannico e la sua guida attraverso il pericoloso deserto del pellegrinaggio. Theeb li segue di nascosto, intraprendendo un viaggio di sopravvivenza nel deserto.

Girato interamente nel deserto della Giordania, Theeb è un “Bedouin Western” che guarda la storia (la Prima Guerra Mondiale, la Rivolta Araba) dal basso, attraverso gli occhi di un bambino. Il deserto qui è uno spazio di tradizione ancestrale (l’ospitalità beduina) invaso da forze esterne e moderne (la ferrovia, i mercenari). È un racconto di formazione dove Theeb deve imparare a sopravvivere in un mondo dove le antiche regole di lealtà non valgono più.

Nostalgia de la Luz (Nostalgia della Luce) (2010)

Nostalgia for the Light / Nostalgie de la lumière (2010) - Trailer

Nel deserto di Atacama in Cile, il luogo più arido della terra, gli astronomi scrutano il cosmo alla ricerca delle origini dell’universo. Ai piedi dei loro telescopi, un gruppo di donne anziane scava nella stessa terra, cercando da decenni i resti dei loro parenti, “desaparecidos” politici sepolti lì dalla dittatura di Pinochet.

Questo documentario poetico di Patricio Guzmán è una delle riflessioni più profonde sul latin american cinema atacama desert films. Guzmán crea una connessione metafisica tra due ricerche apparentemente diverse. L’aridità del deserto di Atacama, che permette agli astronomi una visione chiara delle galassie, è la stessa che preserva intatti i resti umani. Il deserto diventa un archivio della storia e un telescopio puntato sul passato, un luogo dove la ricerca della verità cosmica e la ricerca della verità politica diventano la stessa, straziante cosa.

Bagdad Café (1987)

Bagdad Cafe (1987) Trailer | Marianne Sägebrecht | CCH Pounder

Jasmin, una turista tedesca, litiga con il marito e lo abbandona nel mezzo del deserto del Mojave. Si incammina fino al fatiscente Bagdad Café, un motel-ristorante gestito dalla dispotica e sfinita Brenda. Inizialmente sospettose l’una dell’altra, le due donne, insieme a una sgangherata comunità di eccentrici, creano un legame inaspettato.

Il cult di Percy Adlon è l’anti-Zabriskie Point. Girato nello stesso deserto del Mojave, non lo usa come metafora del vuoto, ma come tela per la rinascita. Il film è una commedia magica sull’amicizia femminile e sulla creazione di una famiglia surrogata. Il paesaggio arido del deserto, con la sua luce irreale, è lo sfondo perfetto per i trucchi di magia di Jasmin. Bagdad Café è un film sull’accoglienza, che trasforma un “non-luogo” dimenticato dalla civiltà in una vera e propria oasi di connessione.

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Immagine di Fabio Del Greco

Fabio Del Greco

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