Il cinema ha sempre trattato la Francia, e in particolare Parigi, come uno sfondo ideale, una tela di grandeur e romanticismo. Ci sono i capolavori classici che hanno costruito questo mito – e li troverete qui. Ma la vera Francia cinematografica si rivela anche oltre i cliché, nelle frontiere, le periferie e le lotte silenziose che definiscono la nazione.
Questa guida definitiva è un viaggio che unisce i pilastri fondamentali, dai film più famosi alle produzioni indipendenti più radicali. È una mappa critica di opere che hanno rifiutato la facile cartolina, concentrandosi invece sull’analisi delle geografie cinematografiche in cui la scelta del set è un atto politico.
Il cinema Art et Essai si distingue per una ferrea politica focalizzata sulla qualità, in netto contrasto con i criteri di pura redditività. Questa precarietà si traduce in una scelta estetica: girare in luoghi inusuali o trasformare l’ambiente in co-protagonista. È un’esplorazione che dà voce a storie considerate meno redditizie.
I. Parigi Labirinto: Il Cinema Esistenziale, Politico e Underground
Parigi è inevitabilmente un centro nevralgico, ma nel cinema indipendente, smette di essere lo sfondo del sogno per diventare il palcoscenico della disillusione, della verbosità post-ideologica e della cospirazione sotterranea. La città è filtrata attraverso lenti radicali, da Saint-Germain-des-Prés, palude di intellettuali annoiati, alle banlieues silenziose, fino ai veri e propri recessi underground.
La Maman et la Putain
Alexandre è un giovane disoccupato pigro e logorroico che passa le giornate tra i caffè di Saint-Germain-des-Prés, sostenuto economicamente dalla compagna Marie, proprietaria di una boutique. La sua routine narcisistica viene interrotta dall’incontro con Véronika, un’infermiera squattrinata, dando il via a un estenuante e complesso triangolo amoroso basato su interminabili dialoghi sulla libertà e la disillusione post-maggio 1968.
L’ambientazione parigina in questo film è fondamentale. Jean Eustache trasforma Saint-Germain-des-Prés da focolare intellettuale bohémien in una vera e propria gabbia esistenziale. Gli appartamenti sono claustrofobici, i caffè sono fumosi teatri di conversazioni che non portano a nulla. L’indipendenza radicale della pellicola, manifestata nella sua durata monumentale e nella scelta di inquadrature fisse, utilizza la celebre Rive Gauche per amplificare il senso di alienazione intellettuale e il grande nulla emotivo dei personaggi. La città, anziché ispirare, isola.
Out 1: Noli me tangere
Opera monumentale di quasi tredici ore, il film segue due troupe teatrali parigine impegnate in esercizi di improvvisazione basati sul mito di Eschilo. Parallelamente, due individui solitari, Frédérique e Colin, indagano su una presunta cospirazione segreta chiamata ‘The Thirteen’, i cui membri potrebbero essere nascosti tra le strade di Parigi, in un intreccio che si ispira a Balzac e riflette il fallimento delle utopie politiche.
Jacques Rivette dispiega Parigi come un labirinto di indizi incomprensibili e luoghi svuotati di significato. La metropoli diventa un organismo vivente e criptico, esplorato con l’estetica del cinéma vérité innestata su una struttura narrativa fittizia e aperta. L’uso di spazi urbani marginali, teatri sperimentali e mercati anonimi, è un manifesto del cinema sperimentale francese, una mappa dell’incomunicabilità che sfrutta l’immensità di Parigi per evidenziare la fragilità della connessione umana e politica.
Le Coup du berger (Il colpo del pastore)
Breve ma fondamentale debutto di Jacques Rivette, il film narra la storia di Claire, una donna sposata con un ricco industriale. Quando riceve una costosa pelliccia in regalo dal suo amante, deve orchestrare un complesso stratagemma per giustificarne il possesso al marito. È un’acuta disamina dei giochi di potere e degli inganni nella borghesia parigina.
Il film è ambientato quasi interamente in interni parigini lussuosi e soffocanti. Questa scelta spaziale è essenziale per la critica: Parigi non è vista come un luogo di libertà, ma come un teatro di convenzioni sociali rigide e di ipocrisia di classe. Rivette utilizza lo spazio borghese, dove ogni oggetto ha un prezzo e una funzione sociale, per costruire un meccanismo narrativo freddo e calcolato.
Les Amants réguliers
Ambientato nella Parigi del 1968, il film segue François, un giovane poeta che partecipa alle barricate del Quartiere Latino. Dopo il fallimento della rivolta, si rifugia in un appartamento con gli amici, vivendo un’esistenza apolitica e disillusa, interrotta dall’incontro con Lilie, una giovane scultrice che incarna una speranza fragile.
Philippe Garrel filma Parigi in un bianco e nero malinconico, trasformando il Quartiere Latino non nel centro vibrante della rivoluzione studentesca, ma in un luogo di ritirata e stasi. Le lunghe scene negli appartamenti, illuminate dalla luce fioca dell’alba, riflettono l’apatia post-traumatica di una generazione. Parigi è qui la città dei fantasmi della storia recente, dove la vera battaglia si combatte negli spazi interni dell’anima.
L’Amour fou
Altro lavoro monumentale di Rivette, che segue un regista teatrale (Sébastien) e sua moglie (Claire, un’attrice) mentre mettono in scena un’opera di Racine. Le tensioni tra arte e vita coniugale, filmate in parte in 16mm per un effetto documentaristico, portano a una lenta e ossessiva disintegrazione del loro rapporto.
L’azione si svolge tra i teatri e gli appartamenti di Parigi, luoghi che Rivette usa per confondere i confini tra performance e realtà. La città è il contenitore della nevrosi artistica. La dualità tra il freddo 35mm (per la rappresentazione teatrale) e il granuloso 16mm (per la vita privata) trasforma Parigi in un set frammentato e inaffidabile, un perfetto esempio di cinema d’autore che destruttura la percezione spaziale.
Une femme douce
Tratto da Dostoevskij, il film di Robert Bresson racconta la storia di un banco dei pegni parigino che cerca di comprendere il suicidio della giovane moglie, ripercorrendo la loro breve e tormentata relazione. L’intera narrazione è un monologo che si svolge attorno al corpo della donna, steso sul letto.
Parigi è ridotta all’essenziale: interni spogli e finestre che affacciano sulla Senna, un fiume che diventa metafora di una fuga senza ritorno. Bresson elimina ogni dettaglio pittoresco della capitale, concentrandosi sull’oppressione emotiva. L’ambientazione urbana è spogliata di ogni romanticismo per servire l’ascesi stilistica e l’indagine morale del regista.
Baisers volés (Baci rubati)
Antoine Doinel, congedato dall’esercito, cerca di trovare il suo posto nella vita e nell’amore, destreggiandosi tra vari lavori e il suo persistente innamoramento per Christine Darbon. Il film è un affascinante ritratto della gioventù parigina di fine anni Sessanta, piena di errori e di dolci malintesi.
Sebbene più accessibile di Eustache, Truffaut ambienta il film in una Montmartre e in una Parigi non patinate, ma vissute. Le strade, le boutiques e gli interni modesti di Antoine definiscono un’ambientazione credibile e intima. Il film cattura la Nouvelle Vague nella sua fase più matura e malinconica, utilizzando la città come sfondo per la crescita personale più che per grandi drammi.
Jeanne Dielman, 23, quai du Commerce, 1080 Bruxelles
Sebbene il titolo citi Bruxelles, Chantal Akerman ha operato tra Belgio e Francia, e il suo cinema ha avuto un impatto cruciale sulla critica cinematografica francese. Questo capolavoro segue meticolosamente tre giorni della vita routinaria di una vedova che si prostituisce nel pomeriggio, esponendo la meccanicità della sua esistenza domestica fino a un atto finale di rottura.
L’ambiente domestico, sebbene localizzato a Bruxelles, rispecchia l’anonimato urbano e la marginalità femminile tipici delle grandi città europee, inclusa Parigi. L’indipendenza di Akerman si manifesta nella durata estesa e nella ripresa rigorosa che rifiuta la narrazione convenzionale. L’ambiente ristretto della casa borghese diventa il centro di una critica feroce al ruolo della donna nell’ecosistema urbano.
Le Cochon
Un mediometraggio documentario che segue meticolosamente il processo di macellazione di un maiale in una fattoria francese. Eustache e Jean-Michel Barjol mostrano senza censura tutte le fasi, dalla mattanza alla preparazione delle carni.
Questo film, spesso visto come un’appendice brutale alla filmografia esistenzialista di Eustache, è un confronto diretto con la realtà rurale e la violenza fisica del lavoro agricolo. Sebbene non sia ambientato a Parigi, la sua produzione da parte di un autore parigino crea una dicotomia cruciale, portando lo sguardo intellettuale della capitale in un contesto di pura sopravvivenza, sfidando l’idealizzazione della campagna francese.
Sans soleil (Soleil sans soleil)
Film saggio non convenzionale di Chris Marker, che assembla un collage di immagini e riflessioni attraverso le lettere di un cameraman immaginario. Sebbene la maggior parte delle riprese avvenga in Giappone e Africa, Parigi funge da punto di riferimento emotivo e intellettuale per la voce narrante.
Parigi appare attraverso frammenti di memoria o come luogo di archivi e riflessione. Marker, figura chiave del cinema sperimentale francese, usa la capitale come un luogo mentale da cui osservare e decostruire il mondo. Il film dimostra che la Francia, per l’autore indipendente, può esistere anche come un concetto geografico e filosofico, non solo come un set fisico.
II. Le Frontiere Satiriche: Dal Sud-Est ai Pirenei, il Cinema Anti-Parigi
Per molti cineasti indipendenti, la vera resistenza si trova nel rifiuto esplicito di Parigi, una reazione spesso satirica o profondamente personale contro la centralizzazione culturale. Questa sezione esplora le location insolite: le Alpi, i Pirenei e la provincia profonda, dove la geografia stessa diventa uno strumento di critica sociale.
Brigitte et Brigitte
Due studentesse, entrambe chiamate Brigitte, arrivano alla stazione di Austerlitz a Parigi per studiare alla Sorbona, una proveniente dalle remote Alpi, l’altra dai Pirenei. Il film di Luc Moullet è un ritratto satirico della vita studentesca e della cinefilia, costellato di cameo di celebri registi. Le due ragazze, sebbene accomunate dal nome e dall’abbigliamento, rappresentano le diverse Frances della periferia che si scontrano con la capitale.
L’opera è un manifesto anti-Parigi basato sulla geografia. Moullet utilizza il contrasto tra l’isolamento delle Alpi e dei Pirenei (villaggi senza elettricità) e la “tricky splendour” di Parigi, piena di ponteggi e di promesse non mantenute. La satira si basa sulla convinzione che la vera “francese media” non esista e che l’identità sia plasmata dalle radici regionali, un concetto sovversivo per il cinema centralista.
The Smugglers (Les Contrebandiers)
Ambientato nelle aspre Alpi Meridionali, il film segue un triangolo amoroso tra contrabbandieri. Brigitte e Francesca si ritrovano in una competizione mortale per l’amore di Johnny, in una trama che sfocia in un noir decontestualizzato.
Luc Moullet, affezionato alle sue location insolite, sceglie le Alpi, una regione di confine e di selvaggia imprevedibilità, come rifiuto consapevole del cinema intellettuale del 1960 che si svolgeva nei salotti parigini. Il paesaggio montano, con le sue difficoltà logistiche, diventa parte integrante della narrazione sulla moralità e l’avidità, amplificando un tono anti-razionalista e disinteressato alle questioni sociali urbane.
Mes petites amoureuses
Dopo il tumulto di La Maman et la Putain, Jean Eustache torna alle sue radici, filmando la storia autobiografica di Daniel, un pre-adolescente mandato a vivere con la madre e la nonna a Pessac, nel dipartimento della Gironda. Il film è una meditazione elegiaca sulle prime delusioni amorose e sulla scoperta della realtà adulta nella noia della provincia.
Pessac funge da antitesi spaziale di Saint-Germain-des-Prés. La Gironda è raffigurata come un luogo di attesa e stasi, dove il tempo sembra scorrere più lentamente. Eustache utilizza questa location insolita per esplorare la formazione emotiva in un contesto in cui le opportunità sono scarse, dimostrando come la povertà di stimoli della provincia possa essere tanto determinante quanto il rumore della capitale.
La Fiancée du pirate
Marie, una giovane donna emarginata che vive in una capanna ai margini di un villaggio bretone, decide di vendicarsi della grettezza e dell’ipocrisia dei suoi vicini, ricattandoli con i loro segreti.
Nelly Kaplan dirige una satira anarchica che utilizza la Bretagna rurale come contenitore per una critica feroce alla moralità borghese. Il villaggio non è pittoresco, ma oppressivo e pieno di bigottismo. L’isolamento geografico amplifica la meschinità della comunità, rendendo la vendetta di Marie un atto di liberazione non solo personale, ma anche geografica.
La Souriante Madame Beudet
Considerato un capolavoro del cinema femminista delle origini, questo film muto di Germaine Dulac ritrae Madame Beudet, una donna insoddisfatta che fantastica sull’omicidio del suo marito indifferente, in un contesto di interni borghesi provinciali.
La provincia francese, qui, è un luogo di reclusione mentale. Le ambientazioni, sebbene non specificamente nominate, sono tipiche di una ricca e opprimente vita borghese lontana dalla capitale, dove i sogni e la fantasia si scontrano violentemente con la banalità coniugale. Dulac usa gli interni come prigioni, dimostrando che l’oppressione può essere totale anche senza l’evidenza di un contesto urbano.
L’Argent de poche (Gli anni in tasca)
François Truffaut abbandona Parigi per Thiers, una cittadina nell’Alvernia, per raccontare un’estate attraverso gli occhi dei bambini. Il film esplora le piccole gioie e i grandi drammi dell’infanzia, inclusi gli abusi e le difficoltà economiche.
L’uso di Thiers, una città di provincia con colline e vecchi palazzi, conferisce al film un’atmosfera di realismo e nostalgia non forzata. L’ambientazione provinciale permette a Truffaut di concentrarsi sulla vita comunitaria e sui cicli della crescita, un approccio più intimo rispetto ai suoi film parigini, evidenziando il cinema d’autore nella sua esplorazione delle radici.
Fin août, début septembre (Fine agosto, inizio settembre)
Olivier Assayas esplora le relazioni e le ansie di un gruppo di trentenni parigini, focalizzandosi in particolare su Gabriel, uno scrittore precario che deve affrontare la malattia dell’amico Adrien. La narrazione si sposta tra Parigi e una casa di campagna dove i personaggi cercano rifugio dalle loro crisi.
Il passaggio tra la metropoli frenetica e la calma temporanea della campagna francese è cruciale. Assayas utilizza la transizione geografica (la fine dell’estate in provincia) per sottolineare la temporalità e l’illusione della stabilità, una riflessione sul conflitto generazionale e la velocità della vita moderna.
Mauvais Sang (Rosso sangue)
In una Parigi futuristica ma decadente, minacciata da un virus letale che colpisce chi fa sesso senza amore, due bande criminali si scontrano per rubare il vaccino. Leos Carax dirige un neo-noir stilizzato e frenetico.
La Parigi di Carax è una città fredda, industriale e notturna, filmata con un’estetica visiva mozzafiato che rifiuta il naturalismo. L’ambientazione non è pittoresca, ma distopica e piena di energia nervosa. È un esempio di cinema che utilizza la capitale per costruire una mitologia moderna e dark, ben lontana dalle tipiche commedie romantiche.
Les Mistons (I monelli)
Breve mediometraggio di Truffaut che osserva un gruppo di ragazzi di Nîmes ossessionati dalla bellezza di Bernadette e dal suo fidanzato, che pedinano e infastidiscono durante l’estate.
Truffaut utilizza Nîmes, nel sud della Francia, con una luce solare e quasi documentaristica, per catturare l’energia grezza dell’adolescenza. L’ambientazione provinciale estiva, dominata dal caldo e dalla noia, amplifica il nascente desiderio e la crudeltà infantile, rendendo la provincia un luogo di osservazione acuta della psicologia umana.
L’Inconnu du lac (Lo sconosciuto del lago)
Durante l’estate, in un lago isolato nel Sud-Ovest della Francia, un uomo, Franck, si innamora di Michel, un uomo affascinante ma pericoloso. Il lago diventa il luogo di incontri sessuali, suspense e omicidio.
Alain Guiraudie sfrutta la bellezza aspra e solitaria del litorale lacustre come una zona franca di sessualità e pericolo. L’isolamento della location insolita amplifica la tensione omoerotica e il senso di minaccia. Il film, indipendente e radicale nella sua rappresentazione esplicita, mostra la Francia come un luogo dove la natura selvaggia e le pulsioni umane si incontrano senza filtri sociali.
III. Il Cinema Rurale: La Terra, il Lavoro e la Francia Profonda
Il cinema indipendente ha spesso scavato nella vita della Francia rurale, superando l’idillio per affrontare il realismo sociale e la crisi economica degli agricoltori. Queste opere trasformano la fattoria e i campi in luoghi di lotta, ossessione e resistenza contro la burocrazia urbana.
Petit Paysan (Un eroe singolare)
Pierre, un giovane allevatore di vacche da latte nel Grand Est, ha un legame quasi viscerale con la sua terra e i suoi animali. Quando una malattia contagiosa minaccia il suo bestiame, e quindi la sua stessa sussistenza, Pierre intraprende azioni disperate e illegali per nascondere l’epidemia e salvare la sua azienda familiare.
Questo film è un potente dramma rurale contemporaneo. L’ambientazione nella fattoria del Grand Est, dove il regista Hubert Charuel è cresciuto, garantisce un autentico realismo rurale. La narrazione adotta i codici del thriller, utilizzando la crisi agricola non solo come sfondo economico, ma come catalizzatore per un conflitto psicologico intenso. Pierre è un “eroe singolare”, la cui ossessione riflette la profonda alienazione del mondo contadino rispetto all’urbanità incompresa e al sistema burocratico.
Sous le soleil de Satan
Adattamento del romanzo di Georges Bernanos, il film di Maurice Pialat segue Donissan, un abate tormentato che lotta con la sua fede e con la percezione del male in una parrocchia rurale nel Nord della Francia.
Pialat, noto per il suo cinéma d’auteur senza compromessi, utilizza la durezza della campagna settentrionale (spesso regioni come la Picardia o aree della Normandia interna) per riflettere l’intensità del dramma spirituale. L’asprezza del paesaggio e la modestia delle abitazioni rurali amplificano la solitudine e la desolazione del protagonista, contrapponendosi a qualsiasi facile sentimentalismo religioso.
Vagabond (Senza tetto né legge)
Agnès Varda, figura cardine del cinema indipendente, segue gli ultimi mesi di vita di Mona, una giovane clochard il cui corpo viene ritrovato congelato in un fossato. Il film è una ricostruzione semi-documentaristica del suo viaggio attraverso la Francia meridionale rurale.
La Provenza e la Linguadoca rurali sono qui spogliate del loro fascino turistico. Varda utilizza questi ampi e desolati spazi per mettere in discussione il mito della libertà nomade, mostrando invece la brutale indifferenza della società e del paesaggio verso la marginalità. La Francia rurale diventa un luogo di resistenza fisica e di fallimento sociale.
La Vie de Jésus
Il debutto di Bruno Dumont, ambientato nella sua nativa Bailleul, nel Nord della Francia. Il film segue Freddy, un adolescente disoccupato con la distrofia muscolare e la sua gang di amici, immersi in un’esistenza di noia e piccole violenze, fino a un omicidio a sfondo razziale.
Dumont utilizza Bailleul, una città industriale e agricola al confine col Belgio, come sfondo per esplorare la natura umana e il male in un contesto di povertà di opportunità. La location insolita è filmata in modo glaciale e austero, riflettendo l’apatia e la violenza repressa della provincia settentrionale.
Un conte de Noël (Racconto di Natale)
La complessa e disfunzionale famiglia Vuillard si riunisce a Roubaix, nel Nord della Francia, per il Natale, dopo che alla matriarca viene diagnosticata una grave malattia. Il film di Arnaud Desplechin è un’esplorazione dei rancori storici e dei legami indissolubili.
Roubaix, città industriale del Nord-Passo di Calais, è un’ambientazione insolita per un dramma familiare di alta borghesia. Desplechin evita i tropi parigini, radicando la crisi emotiva in un contesto di fredda, quasi deprimente, modernità provinciale, conferendo al film un tono di intenso realismo sociale non comune.
L’Enfance nue (L’infanzia nuda)
Il primo lungometraggio di Maurice Pialat, che segue François, un bambino di dieci anni dato in affidamento a varie famiglie in un villaggio nel Nord della Francia. Il film ritrae la sua crescita difficile, i suoi atti di crudeltà e la sua lotta per trovare un posto in famiglia e società.
Girato con uno stile quasi documentaristico, il film utilizza la campagna del Nord (spesso il Pas-de-Calais) per mostrare una realtà sociale cruda e non filtrata. La quotidianità del villaggio e l’assenza di retorica ne fanno un pilastro del cinéma d’auteur francese, dove l’ambiente rurale è tutt’altro che romantico.
Ceux qui m’aiment prendront le train (Coloro che mi amano prenderanno il treno)
Una vasta schiera di parenti e amici si riunisce a Limoges per prendere un treno che li porterà a Lussac-les-Châteaux per il funerale di Jean-Baptiste, un artista eccentrico. Il viaggio e la riunione diventano un palcoscenico per esplorare i rapporti tesi e le verità nascoste.
Patrice Chéreau utilizza la provincia del Limosino e il viaggio in treno (un luogo non-luogo) per racchiudere un dramma borghese. Lussac-les-Châteaux è un luogo di memoria e dolore, lontano dalla distrazione metropolitana, costringendo i personaggi a confrontarsi tra loro nell’isolamento della campagna.
Jacquot de Nantes
Agnès Varda dirige questo omaggio al marito, Jacques Demy, ricostruendo la sua infanzia a Nantes negli anni Quaranta. Il film è una biografia poetica che esplora le prime passioni per il cinema e il teatro in un contesto di guerra e vita modesta.
Nantes, città portuale della Loira Atlantica, è mostrata attraverso gli occhi di un bambino, non come grande metropoli, ma come un luogo di botteghe artigiane e sogni nascenti. Varda cattura il genius loci di Nantes, legando indissolubilmente la genesi artistica di Demy al suo ambiente provinciale.
Journal d’un curé de campagne (Diario di un curato di campagna)
Robert Bresson adatta il romanzo di Bernanos, narrando la lotta spirituale e fisica di un giovane curato nel povero villaggio di Ambricourt, nel Nord della Francia. Il curato registra nel suo diario le sue difficoltà con la fede, la malattia e l’ostilità dei suoi parrocchiani.
Il villaggio di Ambricourt è l’epitome della Francia rurale desolata. Bresson utilizza questo ambiente per un’indagine austera e minimalista sulla santità e la sofferenza. La semplicità e la povertà delle ambientazioni rurali sono cruciali per lo stile ascetico di Bresson, rifiutando ogni forma di drammatizzazione esteriore.
IV. I Porti, i Litorali e le Città Multiculturali: Altre Visioni della Francia
Questa sezione si concentra sui luoghi che definiscono la Francia moderna, non attraverso la sua storia monarchica, ma attraverso le sue complessità sociali: le banlieues, le città portuali come Sète e Marsiglia, e le regioni industriali del Nord, luoghi di immigrazione, scontro culturale e realismo sociale.
Bande de filles (Girlhood)
Marieme è una quindicenne che vive in una difficile banlieue di Parigi. Per sfuggire a una famiglia opprimente e a prospettive limitate, si unisce a una gang femminile. Il film segue la sua ricerca di identità e libertà attraverso la solidarietà e la microcriminalità nelle cités.
Céline Sciamma rifiuta la Parigi centrale per immergersi nelle banlieues, i quartieri popolari alla periferia della capitale. Queste aree, spesso ignorate o stigmatizzate dal cinema mainstream, sono filmate come spazi di intensa vitalità e resistenza. L’ambientazione periferica è essenziale per il realismo sociale dell’opera, fornendo un palcoscenico autentico per le complesse dinamiche di razza e genere nella Francia contemporanea.
La Haine
Dopo che un giovane della loro comunità viene brutalmente picchiato dalla polizia, tre amici (Vinze, Said, Hubert) di diverse origini etniche vivono 24 ore di tensione nella loro cité alla periferia di Parigi.
Mathieu Kassovitz utilizza le banlieues (spesso associate a Magsasalam) come un campo di battaglia politico. Girato in un crudo bianco e nero, il film cattura l’atmosfera claustrofobica e la rabbia repressa dei giovani marginalizzati. La location insolita di questi quartieri diventa il centro del dibattito sulla violenza di stato e l’integrazione.
L’Humanité (L’Umanità)
Bruno Dumont ambienta questo dramma a Bailleul, nel Nord della Francia, dove l’ispettore di polizia Pharaon De Winter indaga sull’omicidio di una bambina. Pharaon, goffo e ipersensibile, è più concentrato sulla sua confusione interiore e sul suo desiderio che sull’indagine.
Bailleul, una piccola città industriale del Nord, è resa un luogo glaciale e spirituale. L’uso di attori non professionisti e la desolazione del paesaggio industriale e agricolo creano un cinema sperimentale che indaga la condizione umana al di là della psicologia convenzionale. Dumont usa la periferia anonima per ambientare interrogativi metafisici.
Dheepan
Dheepan, un ex combattente tamil srilankese, fugge in Francia con una donna e una bambina fingendo di essere una famiglia, stabilendosi in una cité problematica alla periferia di Parigi per ricominciare una vita.
Jacques Audiard utilizza la banlieue come un microcosmo violento dove i traumi della guerra civile si scontrano con la microcriminalità urbana. La location insolita, un complesso residenziale popolare, è un luogo di reintegrazione difficile, dimostrando che la Francia accogliente spesso si limita a relegare gli immigrati in ghetti periferici, dove la lotta per la sopravvivenza continua.
L’Esquive (Schivare)
Ambientato in una cité alla periferia di Parigi, il film segue Abdelkrim, un adolescente che si innamora di Lydie e cerca di conquistarla imparando a recitare un pezzo di Marivaux per una recita scolastica.
Abdellatif Kechiche, maestro del realismo sociale, utilizza la banlieue come una scena vibrante e linguistica. Il conflitto tra il linguaggio classico del teatro francese e l’argot parlato dai ragazzi del quartiere evidenzia lo scontro di classi e culture all’interno del contesto urbano. La location insolita è cruciale per la disamina dell’identità giovanile.
La Graine et le Mulet (Cous Cous)
A Sète, città portuale nel Sud della Francia, Slimane, un immigrato magrebino sulla sessantina, sogna di aprire un ristorante di couscous a bordo di un vecchio peschereccio abbandonato per garantire un futuro dignitoso alla sua famiglia allargata.
Kechiche esplora Marsiglia e Sète come centri di vita mediterranea e di complessa integrazione. La città portuale non è un luogo di vacanza, ma un hub di immigrazione e lotta economica. Il film utilizza l’ambientazione costiera per mettere in scena il realismo della comunità magrebina, i suoi sforzi e le sue speranze economiche in una Francia spesso indifferente.
Vendredi Soir
Durante uno sciopero dei trasporti a Parigi, Laure accetta di dare un passaggio a Jean in un furgone. Quello che inizia come un incontro casuale si trasforma in un’intensa notte di desiderio e tensione sensuale.
Claire Denis utilizza Parigi, bloccata dal traffico e dallo sciopero, come un luogo di sospensione temporale. Il caos urbano esterno crea un’intimità forzata all’interno del veicolo. La città è percepita attraverso la tensione dei corpi e il rumore della strada, un approccio sensoriale che distingue nettamente questo cinema d’autore dalla rappresentazione convenzionale di Parigi.
Chronique d’un été (Cronaca di un’estate)
Considerato un testo fondante del cinéma vérité, Jean Rouch ed Edgar Morin conducono un esperimento socio-etnografico a Parigi nell’estate del 1960. Interrogano persone comuni sulla loro felicità e sul loro modo di vivere, offrendo un ritratto non mediato della capitale post-guerra.
Parigi è qui un vasto laboratorio sociale. Il documentario utilizza strade, mercati e luoghi di lavoro per catturare la realtà quotidiana, sfidando la finzione narrativa. È un esempio supremo di cinema nella sua forma documentaristica più radicale, dove l’ambientazione serve a riflettere sulla società stessa.
Low
Un’odissea visuale e sonora di Renaud Cojo, un mediometraggio sperimentale che segue il percorso ipnotico dell’ombra del David Bowie di Journal of Nathan Adler, accompagnato dall’omonimo album di Philip Glass.
Sebbene astratto, il film è radicato nell’ambiente francese come un esempio della continua produzione di cinema sperimentale. L’ambientazione generica e non specifica (una no man’s land) è funzionale alla sua natura astratta, dimostrando che il cinema underground francese non ha bisogno di ambientazioni riconoscibili per esistere, ma si basa sull’esperienza sensoriale e sulla decostruzione del paesaggio.
Les Statues meurent aussi (Anche le statue muoiono)
Mediometraggio saggio di Chris Marker e Alain Resnais, che esplora la storia e il destino dell’arte africana nei musei occidentali, concentrandosi sulla critica al colonialismo e sulla mercificazione culturale.
Gran parte del film è ambientata nei musei di Parigi, dove l’arte africana, decontestualizzata, riposa. Il film usa l’ambiente museale parigino non per celebrare la cultura francese, ma per criticare il suo passato coloniale e la natura predatoria della sua collezione artistica. È un lavoro di critica cinematografica che trasforma un luogo di potere culturale in un luogo di accusa.
I. Parigi Labirinto
Le Genou de Claire (Il ginocchio di Claire)
Jérôme, un diplomatico prossimo al matrimonio, trascorre una vacanza sul lago di Annecy. Qui sviluppa un’ossessione intellettuale per Claire, una giovane adolescente, e in particolare per il suo ginocchio. Il film è una commedia morale e sofisticata, tipica dei Racconti morali di Éric Rohmer.
Sebbene ambientato principalmente ad Annecy (Alta Savoia), il film è profondamente radicato nell’intellettualismo parigino dei personaggi. La tensione tra la cerebralità di Jérôme e la sensualità della provincia alpina definisce il dramma. Il paesaggio del lago di Annecy, utilizzato come luogo di riflessione filosofica, è l’ambiente perfetto per Rohmer, che usa la bellezza naturale per esporre la meschinità e le convenzioni della borghesia.
Cleo de 5 a 7 (Cléo dalle 5 alle 7)
Cléo, una cantante pop superficiale, attende l’esito di un test medico che potrebbe confermarle un cancro. Nelle due ore che passano tra le 17:00 e le 19:00, vaga per le strade di Parigi, confrontandosi con la sua mortalità e la realtà della città.
Agnès Varda filma Parigi quasi in tempo reale, trasformando i quartieri, i caffè e i giardini della Rive Gauche in un palcoscenico per l’angoscia esistenziale. La città non è solo uno sfondo, ma un orologio implacabile che scandisce la crisi di Cléo. Varda usa questa indipendenza produttiva per offrire una visione femminile e intima della metropoli.
À nos amours (Ai nostri amori)
Maurice Pialat esplora la difficile adolescenza di Suzanne, una ragazza parigina di quindici anni che usa il sesso come mezzo per sfuggire al disagio emotivo e alla disintegrazione della sua famiglia.
Il film cattura una Parigi suburbana e domestica, lontana dai luoghi iconici. Gli appartamenti borghesi e gli spazi di transizione diventano luoghi di conflitto psicologico intenso. Pialat impone un realismo sociale brutale e senza compromessi, utilizzando gli interni parigini per mostrare l’implosione del nucleo familiare e l’impotenza comunicativa.
Le Samouraï
Jef Costello, un killer a pagamento metodico e solitario, vive in un appartamento spoglio e affronta le conseguenze di un incarico andato male nella Parigi notturna.
Jean-Pierre Melville distilla Parigi in un ambiente stilizzato, quasi astratto. La città è ridotta a night club, stazioni di polizia anonime e strade silenziose, eliminate da qualsiasi riferimento culturale o sentimentale. La Parigi di Melville è un universo di cemento e trench coat, essenziale per il suo cinema noir d’autore che fonde l’estetica americana con la solitudine esistenziale francese.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione
II. Le Frontiere Satiriche
Le Secret de Gengis Cohn (Il segreto di Gengis Cohn)
Film di Maurice Vandevelde che affronta in modo satirico la storia di un uomo che scopre di essere la reincarnazione di un prigioniero ebreo della Seconda Guerra Mondiale. L’opera è un esempio di cinema indipendente che gioca con l’identità e la memoria storica.
Il film, sebbene meno noto, sfrutta la provincia francese come un luogo dove il passato riemerge inaspettatamente. La provincia rurale serve da contrappunto all’oblio storico delle grandi città, un luogo dove la memoria collettiva è ancora palpabile e i segreti del passato possono influenzare il presente.
L’Autre (L’Altro)
Patrick Mario Bernard e Pierre Trividic dirigono questo dramma psicologico sulla dualità dell’identità. Anne-Marie, una donna sposata, scopre l’esistenza di una sua quasi sosia, spingendola in una spirale di paranoia.
L’ambientazione si sposta tra interni borghesi e vie cittadine anonime, probabilmente in provincia, dove il senso di isolamento può amplificare l’angoscia della protagonista. La mancanza di un luogo iconico specifico rafforza il tema dell’identità fluida e della crisi esistenziale, tipico del cinema d’autore contemporaneo.
Adieu Gary
Nassim Amaouche dirige questo film ambientato in una piccola città mineraria dismessa, dove una comunità di immigrati algerini vive in attesa di una demolizione. Il film è un ritratto della nostalgia e del fallimento del sogno migratorio.
La location insolita, una città fantasma industriale nel Nord della Francia, è cruciale. Amaouche utilizza lo sfondo della decadenza industriale per esplorare la marginalità economica e l’identità sospesa. Questo film è un esempio di come la geografia cinematografica del cinema indipendente si concentri sui luoghi dimenticati dalla Francia ufficiale.
Un homme qui dort (Un uomo che dorme)
Adattamento di Georges Perec, il film segue un giovane studente parigino che decide un giorno di smettere di agire, reagire o partecipare alla vita, immergendosi in uno stato di totale indifferenza e isolamento volontario, vagando per Parigi.
Il film utilizza i quartieri anonimi di Parigi come sfondo per l’apatia. La città è esplorata attraverso lo sguardo passivo del protagonista. La scelta di filtri visivi e il tono narrativo distaccato trasformano le strade parigine in uno spazio puramente mentale, dimostrando l’uso sperimentale della capitale come vuoto esistenziale.
Nord
Film d’esordio di Xavier Beauvois, ambientato nel Nord della Francia, che ritrae la vita di Bertrand, un giovane che torna a vivere con la madre dopo il servizio militare, lottando contro la depressione e la grettezza della provincia.
L’ambiente grigio e freddo del Nord è centrale. Il film si inserisce nel filone del realismo sociale che ritrae la provincia non come pittoresca, ma come opprimente. La scelta di Beauvois di focalizzarsi su questo paesaggio geografico difficile sottolinea il legame tra depressione ambientale e psicologica, tipico del cinema d’autore che esplora la Francia rurale difficile.
III. Il Cinema Rurale
Le Cheval d’orgueil (Il cavallo d’orgoglio)
Claude Chabrol dirige questo film basato sull’autobiografia di Pierre Jakez Hélias, che racconta l’infanzia in una povera famiglia contadina della Bretagna negli anni Dieci, concentrandosi sulla cultura locale e sul dialetto.
Chabrol, solitamente associato ai drammi borghesi, si immerge qui nel realismo rurale bretone. La Bretagna è mostrata con un occhio etnografico, valorizzando la cultura locale e la resistenza al cambiamento. L’ambientazione è cruciale per comprendere la formazione identitaria e linguistica, lontano dalla centralità linguistica di Parigi.
Quand la mer monte… (Quando il mare sale…)
Yolande Moreau interpreta Irène, un’artista di strada che viaggia nel Nord della Francia per presentare il suo spettacolo. Il film è un road movie che si svolge tra le città costiere e i villaggi dell’Hauts-de-France.
La costa del Nord, con i suoi cieli grigi e il suo litorale ventoso, è usata per contrastare la vivacità del personaggio. L’opera sfrutta la marginalità geografica e la vita itinerante per esplorare temi di solitudine e rinascita, tipici del cinema d’autore che segue personaggi outsider in ambienti non convenzionali.
La Dentellière (La ricamatrice)
Claude Goretta dirige questo film sulla timida Béatrice, che lavora come apprendista parrucchiera e si innamora di François. Quando lui la lascia, Béatrice si ritira in un silenzio emotivo, finendo in una clinica in Normandia.
Il film inizia a Parigi, ma il suo climax psicologico avviene nella campagna normanna. La clinica e il paesaggio rurale rappresentano l’isolamento e la fragilità di Béatrice. La Normandia qui non è un luogo pittoresco, ma una regione di ritiro e silenzio, usata per esplorare le conseguenze della crudeltà emotiva urbana.
L’Été meurtrier (L’estate assassina)
Un dramma sensuale ambientato in un villaggio provenzale. La giovane Elle arriva in paese e scatena un’ossessione nel meccanico Pin-Pon, mentre cerca di scoprire il segreto della sua nascita, legata a un vecchio crimine.
Sebbene di un certo successo, il film evita l’idealizzazione della Provenza, utilizzando il calore e la bellezza del paesaggio per intensificare il dramma psicologico e la violenza. Il villaggio, con i suoi gossip e i suoi segreti, è una trappola sociale dove le passioni vengono amplificate dal clima.
IV. Città Multiculturali
Un prophète (Il profeta)
Malik, un giovane arabo analfabeta, viene condannato a sei anni di carcere in Francia. All’interno, è costretto a entrare nella banda corsa e, attraverso atti di violenza e intelligenza, scala la gerarchia criminale.
Sebbene non mostri ampi scorci della Francia urbana, il carcere, spesso situato alla periferia delle grandi città come Marsiglia o Lione, è una metonimia della società francese stessa. Il film è un esempio di realismo sociale che usa l’istituzione carceraria per esplorare le dinamiche di potere, razza e integrazione fallita, cruciali per comprendere le tensioni urbane francesi.
Chocolat
Il film d’esordio di Claire Denis, ambientato nel Camerun coloniale, anche se il tema centrale è il ritorno e la memoria. Il film è cruciale per il suo approccio alla critica post-coloniale.
Sebbene l’azione principale si svolga in Africa, la narrazione è incorniciata dal ricordo della protagonista, France, che rivisita i luoghi della sua infanzia in Camerun. La prospettiva, quella di una donna bianca che torna in un luogo di trauma coloniale, riflette l’ossessione francese per il suo passato imperiale e la sua complessa relazione con le comunità immigrate che ora vivono in città come Marsiglia e Lione.
Le Silence de Lorna (Il silenzio di Lorna)
I fratelli Dardenne raccontano la storia di Lorna, una giovane albanese che vive a Liegi (Belgio) e cerca di ottenere la cittadinanza belga attraverso un matrimonio fittizio, ma le sue ambizioni la portano a un oscuro accordo.
Il film, sebbene ambientato in Belgio, affronta temi di immigrazione, traffico di esseri umani e matrimoni fittizi che sono endemici nelle grandi città francesi come Lione e Marsiglia. I Dardenne, maestri del realismo sociale europeo, riflettono le problematiche della migrazione che plasmano le periferie urbane francesi.
L’Intrus (L’Intruso)
Louis Trebor, un uomo anziano e solitario, vive al confine franco-svizzero, cercando un nuovo cuore. Claire Denis intreccia la sua ricerca con un viaggio in Asia e riflessioni sull’identità e la trasparenza dei confini.
Il film è strutturato attorno al confine franco-svizzero e al litorale del Sud della Francia. La Francia qui è un luogo di transito e di mistero, dove la vicinanza geografica con altre nazioni amplifica il tema dell’identità frammentata. L’indipendenza del film permette una narrazione astratta e meditativa, legata al concetto fisico di confine.
L’Événement (La scelta di Anne)
Audrey Diwan adatta il romanzo di Annie Ernaux, raccontando la storia di Anne, una brillante studentessa universitaria che cerca disperatamente un aborto illegale nella Francia del 1960, quando l’interruzione di gravidanza era ancora un crimine.
Il film è ambientato in una città universitaria (probabilmente Rouen o una città di provincia) e utilizza gli spazi universitari e i vicoli anonimi per trasmettere il senso di paura e isolamento. La provincia francese del 1960 è qui un luogo di oppressione sociale e sessuale, dove la lotta personale di Anne si scontra con la morale conservatrice del paese.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione

