Tides: il fiume e le sue maree

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Il fiume racconta

Una sinfonia visiva. Assistendo alla proiezione di Tides. A History of Lives and Dreams Lost and Found (Some Broken), che per i non anglofoni sarebbe poi Maree. Una storia di vite e sogni perduti e trovati (alcuni infranti), si è riaffacciata alla memoria questa efficace espressione, adoperata dal regista stesso nel corso dell’intervista da noi avuta qualche anno fa.

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Il regista del documentario Alessandro Negrini

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Alessandro Negrini

Già, perché tra Alessandro Negrini e il sottoscritto un incontro assai piacevole vi era già stato: ai confini del Paradiso, addirittura! Ovvero a margine della presentazione di Paradiso, uno dei suoi precedenti lavori, nel dicembre 2011, allorché quell’emozionante documentario ugualmente ambientato in Irlanda del Nord era stato selezionato per la quinta edizione dell’Irish Film Festa. In tale occasione Alessandro Negrini aveva usato una simile immagine per riferirsi alle opere di Knut Erik Jensen, cineasta norvegese caro ad entrambi. Per un felice contrappasso ci piace usare ora la stessa formula, “una sinfonia visiva”, per l’ultimo documentario realizzato da un autore divenuto, per l’occasione, vero e proprio “principe delle maree”.

La storia di “Tides”

Siamo di nuovo nell’Ulster. In quella città che Negrini conosce bene e che porta due nomi diversi, Derry per i cattolici, Londonderry per i protestanti. Alle spalle una Storia assai turbolenta e costellata di ferite, rimasta impressa anche nella toponomastica. Ma in questo caso non è ciò che si è già visto in tanti altri documentari che si vuole mostrare. Al contrario, in Tides. A History of Lives and Dreams Lost and Found (Some Broken) è direttamente il fiume che attraversa quella città, il Foyle, a parlare; assecondando il ritmo delle maree e facendosi prestare la voce da una giovane attrice, Emma Taylor, capace di assicurare un timbro suadente, fresco e quasi infantile al suo omologo fluviale. La videocamera stessa tende poi spesso a immedesimarsi col punto di vista delle acque che scorrono. Ed è questo solo uno dei tanti spunti che rendono magico, poetico, il lavoro sulle immagini e sulla storyline del nostro sognante film-maker.

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Lo stile del film

Il pubblico sembra apprezzare parecchio le scelte estetiche e la così peculiare impronta narrativa del film, portato a oscillare con grazia tra passato e presente, tra malinconie e attimi di spensieratezza, come se la marea non smettesse mai. Ottimo peraltro il lavoro del regista sui materiali d’archivio. Riemergono da un passato più o meno datato frammenti di storie diversissime tra loro. Il primo frammento recuperato è cinema di poesia allo stato puro. Si afferma poi un’aneddotica varia e spesso ammaliante, mai retorica o prevedibile anche quando è il grosso trauma dei Troubles a essere rievocato. Nella memoria dello spettatore si sedimentano poco alla volta, in bianco e nero, sguardi sbarazzini di giovani donne, la cui emozione è stata colta mirabilmente in una balera da qualche vecchia cinepresa; e lo stesso si può dire delle rarissime immagini di sommergibili ed equipaggi tedeschi in attesa nel porto di Derry, dopo essersi arresi, alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il passato si affaccia rapsodicamente, mentre bellissimi scorci fluviali si alternano ad incorniciare i ricordi. Ed anche la visione di Tides. A History of Lives and Dreams Lost and Found (Some Broken) scorre così verso la conclusione, rinfrancante come una folata di brezza marina.

Stefano Coccia, Cineclandestino

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Fabio Del Greco

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