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Intervista a Lucilla Colonna

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La regista del cortometraggio “La città oltre il tunnel”, in concorso ad Indiecinema Film Festival e reduce da svariati successi in Italia e all’estero, fa il punto con noi su questo e sui precedenti lavori

Abbiamo incontrato Lucilla Colonna, il cui cortometraggio La città oltre il tunnel verrà proiettato oggi, Martedì 20 febbraio, al Circolo ARCI Arcobaleno di Via Pullino 1, Roma, assieme ad altri due lavori del Concorso Cortometraggi di Indiecinema Film Festival. Dalla Grecia agli Stati Uniti, passando naturalmente attraverso la premiere avvenuta a settembre presso il capitolino Cinema dei Piccoli, evento d’apertura del Biopic Fest, sono davvero tanti i riconoscimenti che l’opera di Lucilla Colonna sta ricevendo… abbiamo voluto fare il punto con lei, partendo naturalmente dagli altri picchi di una filmografia che l’aveva vista debuttare anni fa nel lungometraggio con un pregevole film in costume, Festina lente – Affrettati lentamente.

Da Festina lente a La città oltre il tunnel

Questo cortometraggio arriva a diversi anni di distanza dal fortunato e pluripremiato Festina lente; qual è stata la genesi di questo nuovo progetto, dall’idea iniziale alla stesura della sceneggiatura?

Arriva a diversi anni di distanza sì, anzi secoli. Festina lente si svolgeva nel Cinquecento e invece La città oltre il tunnel è ambientato ai giorni nostri! Scherzi a parte, un aspetto piacevolissimo del cinema indipendente senza scopo di lucro è che nessuno ti corre dietro e quindi puoi dar vita a un nuovo progetto con calma, solo se e quando speri che valga la pena impiegarci le energie tue e quelle degli amici che ti affiancheranno. Stavolta lo spunto è arrivato da un dibattito on line sul film La città delle donne del grande Federico Fellini. Al dibattito partecipai l’8 marzo 2021 e poi pian piano mi appassionai all’idea di trarre ispirazione da quella pellicola del 1980 che aveva il merito di accendere all’epoca un faro sul conflitto di genere, offrendone un punto di vista maschile. Con La città oltre il tunnel metto in scena un treno molto simile a quello su cui viaggiava Marcello Mastroianni, ma cerco di offrire un punto di vista odierno e femminile.

La città oltre il tunnel è un omaggio a Fellini ed alle donne; quanto è stata importante la cinematografia di Federico Fellini nella tua vita? E qual è a tuo parere il ruolo della donna e dell’uomo oggi?

Penso sia importante che l’arte e la cinematografia guardino sempre un po’ più in là dell’orizzonte conosciuto e credo che Federico Fellini sia un Maestro nel coraggio di osare. Inoltre adoro il suo modo di trasformare il set in una festa in cui tutti sono chiamati a contribuire dando il meglio di sé.
Se oggi la donna e l’uomo hanno un ruolo io penso che per entrambi sia quello di rendere migliore il mondo, agendo insieme.

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Gli interpreti: una garanzia!

Ancora una volta hai scelto come protagonista del tuo film la bella e brava Francesca Ceci, trasportandola dal 1500 ad un ruolo moderno. Che differenza c’è tra la poetessa Vittoria Colonna, donna moderna ante litteram e la Francesca sperduta che trova sé stessa e la sua forza di donna in un percorso di crescita che poggia le sue basi nell’onirico per poi rivelarsi nel mondo reale?

Francesca Ceci è così brava e versatile che io la trovo perfetta per ogni ruolo. Mi ha riempito di gioia quando ha accettato anche questa nuova sfida, tanto diversa dai precedenti miei lavori. La sua simpatia non manca mai di illuminare il set ed è raro trovare una seria dedizione al cinema e al teatro come la sua.
Per la definizione della protagonista cerco sempre di ispirarmi alla realtà. La nobildonna Vittoria Colonna è stata un’affermata poetessa vissuta nel Rinascimento, mentre il personaggio principale de La città oltre il tunnel si chiama Francesca come l’attrice perché potrebbe essere lei stessa o una qualsiasi altra donna della realtà in cui viviamo oggi.
Potremmo immaginare Francesca come una discendente di Vittoria, visto che hanno qualcosa in comune: entrambe sentono l’urgenza che la condizione femminile nel mondo progredisca ed entrambe hanno a che fare con la poesia. Oppure potremmo pensare che Francesca prenda il treno dopo aver finito di interpretare Vittoria Colonna e cominci ad interrogarsi sull’esistenza e sui diritti femminili odierni. Alla fine saranno gli spettatori a decidere e magari ad immaginare altro ancora.

La città oltre il tunnel è un film corale; come hai scelto il tuo cast e come hai creato per loro la sinergia, gli incastri, i tasselli che compongono il puzzle perfetto del film?

In fase di preparazione cerco di trovare i volti giusti e un buon affiatamento tra la mia visione e la loro, ma se il film pian piano prende forma e se alla fine può dirsi riuscito il merito è sempre di una necessaria dose di magia del cinema.
Ne La città oltre il tunnel gli incontri che la protagonista fa durante il suo percorso sono affidati a interpreti con cui mi trovo bene da anni – Annalisa Aglioti, Rodolfo Mantovani, Diego Riace – e ad alcuni nomi per me nuovi – Elio Crifò, Michela Scarlett Aloisi e Marina Parrulli. – Sono grata a ciascuno di loro perchè volevo stupirli e invece sono loro che hanno lasciato a bocca aperta me!
E’ stato bello anche riuscire a coinvolgere nel cast le scrittrici Daniela Alibrandi, Cristiana Astori e Antonella Sica, nonché i giovanissimi sportivi Marta Ceci e Roberto Manieri nel ruolo di se stessi.

L’importanza delle musiche e del cast tecnico

Come per Festina Lente, anche ne La città oltre il tunnel molto curata è la colonna sonora; in questo caso, si tratta di una canzone originale scritta dal musicista Andrea Secli su testo tuo. A cosa ti sei ispirata, avevi un genere musicale in mente, una canzone, o hai lasciato mano libera a Secli di mettere in musica quel che volevi dire, cioè il messaggio che uomini e donne sono uguali?

Qui per risponderti devo tornare alla fonte d’ispirazione di cui parlavamo, ovvero le reazioni suscitate dal film La città delle donne. In quella pellicola Fellini sottolinea l’amara incomunicabilità tra uomo e donna, mettendo in musica un ironico motto del femminismo mondiale sessantottino. Ma da allora la società ha percorso tanta strada e io ho chiesto al musicista Andrea Secli, che nel cortometraggio è Marcello, di suonare una filastrocca diversa, che abbia come obbiettivo l’affiatamento tra uomo e donna anziché l’incomunicabilità.

Oltre a quello artistico, hai scelto un cast tecnico di tutto rispetto; la fotografia di Andrès Arce Maldonado e Cristian Iezzi ed il montaggio di Luca Balducci impreziosiscono la tua visione onirica, mentre la parte musicale interpretata da Andrea Secli e Michela Scarlett Aloisi pone l’accento sulla sua eccentricità. Come ti sei relazionata con la parte tecnica del tuo film, hai dato carta bianca o hai posto dei paletti, dei limiti ben precisi entro cui muoversi?

Senza un buon cast tecnico non si può andare lontano e io sono stata fortunata ad avere la collaborazione di questi artisti straordinari. Quanto al relazionarmi con loro mi ispiro al classico in medio stat virtus, cerco il dialogo. Penso che lasciare carta bianca farebbe rischiare a tutti inutili sbandamenti, mentre se al contrario fissassimo aprioristicamente dei paletti vedremmo la magia del cinema dissolversi tra le dita.

Michela Aloisi

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Stefano Coccia

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