La Guida Definitiva ai Migliori Film di Formazione

Indice dei contenuti

Il coming-of-age è più di un genere; è uno specchio. L’immaginario collettivo è segnato da opere indimenticabili, dalla nostalgia patinata di certe produzioni mainstream alle storie di ribellione che hanno definito intere generazioni. Ma la verità è che crescere non è un percorso lineare verso la maturità, ma un processo frammentato, caotico e profondamente personale di scoperta di sé.

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Questo viaggio cinematografico esplora l’evoluzione del genere. Si parte dalle critiche socio-politiche delle Nuove Ondate europee, passando per le crude provocazioni del cinema indipendente americano degli anni ’90, fino all’odierna attenzione all’interiorità, alla memoria e alle sfumature psicologiche.

Questa non è una semplice lista, ma un percorso che unisce i grandi classici del genere alle più intime opere indipendenti e d’autore. Ogni film in questa guida non è solo la storia di un giovane, ma un frammento di un discorso più ampio su come il cinema ha percepito, e continua a percepire, l’inquietudine e la meraviglia dell’età della trasformazione.

Sezione I: Le Origini della Ribellione – Le Nuove Ondate e il Realismo Sociale

Questa sezione esplora i capolavori fondativi che hanno demolito l’artificio del cinema in studio. Questi registi sono scesi in strada, utilizzando location reali e attori non professionisti per catturare l’esperienza cruda e senza filtri della gioventù che si scontra con un mondo adulto rigido e spesso incomprensibile. Hanno stabilito un nuovo linguaggio cinematografico per la ribellione e l’alienazione.

I 400 colpi (Les Quatre Cents Coups) (1959)

Il giovane Antoine Doinel, trascurato dai genitori e incompreso a scuola, si rifugia in piccole bugie e fughe per le strade di Parigi. La sua discesa nella delinquenza giovanile è una risposta diretta a un mondo adulto indifferente. La sua ribellione lo porterà in un riformatorio, da cui cercherà un’ultima, disperata fuga verso il mare.

Caposaldo della Nouvelle Vague francese, il film di François Truffaut è un’opera profondamente semi-autobiografica che ridefinisce la rappresentazione dell’adolescenza. Utilizzando le tecniche del cinéma vérité per trasmettere un’autenticità quasi documentaristica, Truffaut cattura l’alienazione di Antoine non come un capriccio, ma come una condizione esistenziale. L’iconico fermo immagine finale, con il volto del ragazzo che fissa lo spettatore, è il simbolo di una prigionia adolescenziale irrisolta: un momento di apparente libertà che è anche un vicolo cieco, l’emblema di una generazione che ha smesso di cercare risposte facili.

Pather Panchali (1955)

Nella campagna del Bengala, il piccolo Apu cresce in una famiglia impoverita. Attraverso i suoi occhi curiosi, osserviamo le gioie semplici della vita rurale, come la corsa per vedere un treno, ma anche le dure realtà della povertà, della perdita e del lutto. La sua infanzia è un tessuto di scoperte meravigliose e dolori incomprensibili che segneranno per sempre il suo destino.

. Ispirato al neorealismo italiano, il film adotta uno stile naturalistico per creare un ritratto poetico e al tempo stesso spietato della vita. La formazione di Apu non è un percorso di azioni, ma di osservazioni. Il suo “diventare grande” è legato alla scoperta del mondo, alla comprensione silenziosa delle dinamiche familiari e alla presa di coscienza della fragilità dell’esistenza, catturando un perpetuo senso di scoperta che rende universale la sua storia.

Kes (1969)

Billy Casper è un quindicenne senza speranza in una grigia città mineraria dello Yorkshire. Maltrattato a casa e a scuola, il suo futuro sembra già scritto: la miniera. Tutto cambia quando trova un giovane gheppio. Addestrando il falco, che chiama Kes, Billy scopre per la prima volta un senso di scopo, dignità e libertà, un barlume di speranza in un mondo che sembra averlo già condannato.

Il realismo sociale di Ken Loach trova in Kes una delle sue espressioni più potenti e commoventi. Il film è un’impietosa accusa al sistema educativo britannico dell’epoca e ai limiti schiaccianti imposti dalla classe sociale. Il falco, Kes, diventa un potente simbolo della libertà e della grazia negate a Billy. La sua capacità di volare alto contrasta con la vita del ragazzo, intrappolata nel fango e nella polvere di carbone. La formazione di Billy non è un’ascesa sociale, ma un’effimera epifania interiore, tragicamente destinata a essere spezzata dalla brutalità del suo ambiente.

The Last Picture Show (1971)

Nella desolata cittadina texana di Anarene, nel 1951, i liceali Sonny Crawford e Duane Jackson navigano tra amori, avventure sessuali e una profonda disillusione. Le loro vite si intrecciano con quelle degli adulti del luogo, in un affresco malinconico sulla fine di un’era. La chiusura dell’unico cinema della città, il “picture show”, segna simbolicamente la fine della loro giovinezza e dei sogni di un’intera comunità.

Girato in un bianco e nero evocativo, il capolavoro di Peter Bogdanovich è un testo chiave della New Hollywood. La morte della piccola città diventa una metafora struggente della fine dell’innocenza americana. Il coming-of-age dei protagonisti non è una scoperta del mondo, ma un confronto con il suo decadimento. La formazione di Sonny e Duane è un processo di perdita: perdono l’amicizia, l’amore e le illusioni, rispecchiando la fine di un’epoca in cui il cinema stesso rappresentava una via di fuga ormai impraticabile.

Una visione curata da un regista, non da un algoritmo

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Welcome to the Dollhouse (1995)

Dawn Wiener è una ragazzina goffa e impopolare che cerca disperatamente di sopravvivere alle crudeltà della scuola media in un sobborgo del New Jersey. Soprannominata “Wienerdog” e costantemente umiliata dai compagni e ignorata dalla sua stessa famiglia, Dawn naviga in un mondo di bullismo, desideri confusi e piccole, disperate ribellioni per trovare un briciolo di rispetto e affetto.

Il film di Todd Solondz è una pietra miliare del cinema indipendente anni ’90, una sorta di crudele rovesciamento dei film adolescenziali di John Hughes. Con un umorismo nero e corrosivo, Solondz seziona le “gioie perverse della periferia” e la brutalità quotidiana dell’adolescenza senza alcun sentimentalismo. La formazione di Dawn non è un percorso di crescita e accettazione, ma una cruda e spietata lotta per la sopravvivenza, rendendo la sua tenacia una forma di coming-of-age quasi primordiale.

Sezione II: Sguardi Crudi sull’America – L’Indie Cinema Provocatorio

Questa sezione si immerge nei film indipendenti americani, spesso controversi, degli anni ’90 e dei primi anni 2000. Questi cineasti hanno puntato la loro macchina da presa su una gioventù emarginata, creando ritratti viscerali e inquietanti di una generazione che naviga tra sessualità, trauma e decadimento sociale con un’energia cruda e senza compromessi.

My Own Private Idaho (1991)

Mike Waters, un prostituto narcolettico, e Scott Favor, il ribelle figlio di un sindaco, intraprendono un viaggio da Portland all’Idaho e fino a Roma alla ricerca della madre scomparsa di Mike. .

Film manifesto del New Queer Cinema, l’opera di Gus Van Sant è un’odissea picaresca e struggente. Ispirandosi liberamente all’Enrico IV di Shakespeare, Van Sant eleva una storia di vita di strada a un racconto senza tempo sull’identità, il tradimento e la ricerca di un “focolare”. Il coming-of-age di Mike è una ricerca disperata di radici e amore in un mondo che lo ha reso sradicato, mentre la “famiglia scelta” di ragazzi di strada offre un fragile rifugio contro l’abbandono.

Kids (1995)

Nell’arco di 24 ore a New York, seguiamo Telly, un adolescente il cui unico obiettivo è sedurre ragazze vergini, ignaro di essere sieropositivo. Mentre lui e il suo amico Casper passano la giornata tra skate, droghe e piccoli furti, una delle sue precedenti conquiste, Jennie, scopre di essere stata infettata e cerca disperatamente di trovarlo per avvertirlo.

Lo stile quasi documentaristico di Larry Clark rende Kids un’opera controversa e scioccante. Il film non è un semplice esercizio di provocazione, ma una rappresentazione senza filtri della perdita dell’innocenza. È un’istantanea cruda e moralmente ambigua di una specifica sottocultura giovanile degli anni ’90, dove la presunta invincibilità dell’adolescenza si scontra con una vulnerabilità devastante, mostrando una generazione lasciata a sé stessa in un vuoto etico e affettivo.

Gummo (1997)

A Xenia, una cittadina dell’Ohio devastata da un tornado, seguiamo le vite sconnesse di un gruppo di giovani disadattati. Tra caccia ai gatti, sniffate di colla e atti di vandalismo, i personaggi si muovono in una serie di vignette inquietanti e surreali che dipingono un ritratto desolante della povertà e dell’abbandono nella provincia americana.

Harmony Korine abbandona radicalmente la narrazione tradizionale a favore di un “assemblaggio simile a un collage. La sua rappresentazione della gioventù disaffezionata evita ogni romanticismo, offrendo un’esperienza di coming-of-age definita dalla noia, dalla trasgressione e da una bellezza disturbante. Gummo esplora il decadimento non solo di una città, ma di un’intera fascia sociale, dove crescere significa semplicemente trovare modi sempre più estremi per passare il tempo.

The Virgin Suicides (1999)

A metà degli anni ’70, in un sobborgo benestante di Detroit, le cinque sorelle Lisbon, belle e irraggiungibili, diventano l’ossessione di un gruppo di ragazzi del vicinato. Dopo il suicidio della più giovane, Cecilia, le altre quattro vengono isolate in casa dai genitori iperprotettivi. La loro misteriosa esistenza culmina in una tragedia collettiva che lascerà i ragazzi a interrogarsi per sempre sul perché.

L’esordio di Sofia Coppola è una “rappresentazione lirica dell’angoscia adolescenziale. Il film analizza la natura soffocante della repressione suburbana, la fallibilità della memoria e, soprattutto, il “male gaze” (sguardo maschile) come filtro narrativo. La storia è raccontata dal punto di vista dei ragazzi, che trasformano le sorelle in enigmi irrisolvibili. La loro tragedia diventa così un commento potente sull’oggettivazione femminile e sull’impossibilità di conoscere veramente l’altro.

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Mysterious Skin (2004)

Brian è convinto di essere stato rapito dagli alieni da bambino, un’esperienza che gli ha lasciato un vuoto di cinque ore nella memoria. Neil è un cinico prostituto adolescente, consapevole della vera natura di quel trauma condiviso. Le loro strade si incrociano di nuovo, costringendoli a confrontarsi con un passato di abusi sessuali e con i modi divergenti in cui questo ha plasmato le loro vite.

Gregg Araki affronta il tema dell’abuso infantile con una sensibilità e un coraggio rari. Il percorso di coming-of-age è qui un doloroso processo di ricostruzione della memoria. Il film smantella il mito dell’idilliaca vita di provincia americana, mostrando come il trauma possa definire l’identità e la sessualità in modi profondamente diversi e complessi. La formazione dei due protagonisti è un viaggio per dare un nome all’orrore e, forse, iniziare a guarire.

Thirteen (2003)

Tracy è una studentessa modello di tredici anni, ma la sua vita cambia radicalmente quando stringe amicizia con Evie, la ragazza più popolare e problematica della scuola. Per essere accettata, Tracy si immerge in un mondo di sesso, droghe e autolesionismo, innescando un rapporto sempre più conflittuale con la madre single e in via di recupero.

L’autenticità sconvolgente di Thirteen deriva dal fatto che è stato co-scritto dalla tredicenne Nikki Reed, basandosi sulla sua stessa esperienza. Il film offre una rappresentazione viscerale delle pressioni della prima adolescenza: il disperato desiderio di appartenenza che porta a comportamenti distruttivi. È un racconto di formazione ammonitore, che esplora la volatilità emotiva di un’età in cui l’identità è fragile e pericolosamente malleabile.

Sezione III: Crescere Donna – Prospettive Globali sulla Femminilità e l’Oppressione

Questa sezione è dedicata a film internazionali che illuminano il percorso specifico, e spesso arduo, dell’adolescenza femminile. Queste storie mostrano giovani donne che lottano per l’identità, la libertà e l’espressione di sé contro le potenti forze della tradizione patriarcale, dei vincoli culturali e delle aspettative sociali. Il cinema indipendente offre una piattaforma potente per queste voci, trasformando il racconto di formazione in un veicolo di protesta politica e sociale. Per molte giovani donne nel mondo, l’atto stesso di “diventare grandi” è un atto intrinsecamente politico di resistenza.

Sweetie (1989)

Kay è una ragazza timida e superstiziosa che cerca di costruire una vita normale con il suo nuovo ragazzo. La sua fragile stabilità viene distrutta dall’arrivo della sorella, Dawn, soprannominata “Sweetie“, una figura caotica, esuberante e mentalmente instabile. La loro relazione disfunzionale trascina l’intera famiglia in un vortice di tensioni psicologiche e segreti inconfessati.

Con il suo stile eccentrico e personale, Jane Campion crea un ritratto surreale e disturbante di una famiglia disfunzionale. Il percorso di formazione di Kay non è una ribellione esteriore, ma una lotta interiore per definire una propria identità separata da una dinamica familiare tossica e codipendente. Il film, permeato di ambiguità e sottintesi psicosessuali, esplora le radici profonde del disagio femminile in un modo che anticipa i grandi temi della carriera della regista.

Show Me Love (Fucking Åmål) (1998)

Nella noiosa cittadina svedese di Åmål, la vita scorre monotona. Elin, bella e popolare, sogna di fuggire. Agnes, timida e solitaria, è segretamente innamorata di lei. Una scommessa durante una festa di compleanno fa incrociare le loro strade, dando il via a una storia d’amore inaspettata che le costringerà a confrontarsi con i pregiudizi della piccola comunità e con i propri sentimenti.

Il film di Lukas Moodysson è celebrato per la sua “rappresentazione naturalistica della vita adolescenziale” e per l’autenticità con cui cattura l’angoscia della noia provinciale. Il percorso di formazione è duplice: da un lato, è una tenera esplorazione del primo amore, con tutte le sue incertezze e la sua intensità; dall’altro, è un potente racconto sull’accettazione della propria identità queer in un ambiente che spinge al conformismo, diventando un inno alla libertà di amare.

Persepolis (2007)

Marjane Satrapi, una bambina vivace e anticonformista, cresce a Teheran durante la Rivoluzione Islamica. Attraverso i suoi occhi, assistiamo alla caduta dello Scià, all’ascesa del regime fondamentalista e alla guerra con l’Iraq. La sua adolescenza è segnata dalla repressione, ma anche da una ribellione personale fatta di punk rock, giacche di jeans e un’insopprimibile sete di libertà.

Basato sull’omonima graphic novel autobiografica, Persepolis utilizza uno stile di animazione stilizzato e potente per raccontare una storia profondamente personale e politica. La formazione di Marji è inestricabilmente legata agli sconvolgimenti del suo paese. La sua ribellione contro le “politiche draconiane” del regime non è solo un gesto adolescenziale, ma una lotta per la propria identità e per il diritto di essere sé stessa, rendendo la sua storia una profonda riflessione su come la Storia plasmi l’individuo.

Fish Tank (2009)

Mia, quindicenne irascibile e solitaria, vive in una casa popolare dell’East London. Il suo unico sfogo è la danza hip-hop, che pratica in segreto. La sua vita, già tesa, viene ulteriormente complicata dall’arrivo di Connor, il nuovo e affascinante fidanzato della madre. Tra i due nasce un’attrazione pericolosa che porterà a conseguenze devastanti.

Lo stile social-realista di Andrea Arnold è “brutalmente onesto” nel descrivere la rabbia e la vulnerabilità adolescenziale. La formazione di Mia è un percorso crudo e privo di sentimentalismi, una disperata ricerca di connessione in un ambiente che offre poco o nulla. La danza diventa l’unico spazio di espressione in un mondo di cemento e silenzio, rendendo il film una potente dichiarazione sulla classe sociale, il desiderio e la furia femminile.

Wadjda (2012)

Wadjda è una bambina di dieci anni che vive a Riyadh, in Arabia Saudita. È intraprendente, spiritosa e ha un grande sogno: comprare una bicicletta verde per poter gareggiare con il suo amico Abdullah. Ma nella sua società, le biciclette non sono considerate adatte alle ragazze. Determinata, Wadjda decide di guadagnare i soldi da sola, sfidando le convenzioni sociali e religiose.

Primo lungometraggio girato interamente in Arabia Saudita da una regista donna, Haifaa al-Mansour, Wadjda è un’opera storica e toccante. La bicicletta diventa un potente simbolo di libertà, mobilità e autodeterminazione. La ricerca di Wadjda non è solo il capriccio di una bambina, ma un atto di ribellione silenzioso e tenace contro le restrizioni patriarcali. La sua formazione è un’impresa imprenditoriale e spirituale, un piccolo gesto che racchiude un’enorme affermazione di indipendenza.

Mustang (2015)

In un remoto villaggio turco, cinque giovani sorelle orfane vengono imprigionate in casa dalla nonna e dallo zio dopo che un innocente gioco al mare con dei compagni di classe viene giudicato scandaloso. La loro casa si trasforma in una “fabbrica di mogli”, dove le lezioni scolastiche sono sostituite da lezioni di cucina e cucito. Ma le sorelle non si arrendono e lottano per la loro libertà.

Il film di Deniz Gamze Ergüven è una potente critica all’oppressione patriarcale e una celebrazione vibrante della sorellanza come forma di resistenza. Lo “spirito ribelle” delle ragazze contro un destino che le vuole spose sottomesse è un racconto di formazione collettivo. La loro lotta non è solo per l’adolescenza che viene loro negata, ma per il diritto di scegliere il proprio futuro, trasformando la loro prigione domestica in un campo di battaglia per l’emancipazione.

The Quiet Girl (An Cailín Ciúin) (2022)

Cáit è una bambina di nove anni trascurata dalla sua famiglia numerosa e disfunzionale. Per l’estate, viene mandata a vivere con dei lontani parenti in una fattoria rurale. Lì, per la prima volta nella sua vita, sperimenta l’affetto, la cura e l’attenzione. In questa casa dove si dice non ci siano segreti, Cáit inizia a sbocciare, ma scopre anche il dolore silenzioso che si nasconde nel passato dei suoi genitori adottivi.

Questo film irlandese, delicato e poetico, racconta una formazione che non nasce dalla ribellione, ma dal potere curativo della gentilezza. La crescita di Cáit è un “fiorire” lento e silenzioso. Non si tratta di lottare contro il mondo, ma di trovare la propria voce in un luogo sicuro. È un viaggio alla scoperta di sé che dimostra come la sicurezza emotiva e l’amore possano essere le fondamenta più potenti per costruire un’identità.

Sezione IV: La Ricerca di Sé – Identità, Sessualità e Appartenenza

Questa sezione raccoglie film incentrati sulla ricerca interiore ed esteriore dell’identità. Che si tratti di affrontare la propria sessualità, trovare un posto in una sottocultura o semplicemente sopravvivere ai margini, i protagonisti di queste storie sono in viaggio per capire chi sono in un mondo che spesso cerca di definirli. In molti di questi racconti, l’abbandono da parte delle strutture sociali tradizionali spinge i giovani a creare realtà e famiglie alternative, una forma di auto-definizione radicale nata dalla necessità.

But I’m a Cheerleader (1999)

Megan è una cheerleader modello: ha un ragazzo che gioca a football e un futuro apparentemente perfetto. Ma i suoi genitori sospettano che sia lesbica e la spediscono in un campo di “terapia di conversione”. Lì, tra esercizi per riaffermare la propria eterosessualità e uniformi rosa e blu, Megan non solo scopre di essere davvero gay, ma trova anche l’amore.

. Il percorso di formazione di Megan è un viaggio esilarante e gioioso verso l’accettazione di sé. In un luogo progettato per cancellare la sua identità, lei la trova, usando l’umorismo e il romanticismo come armi contro il bigottismo istituzionalizzato e celebrando la scoperta di sé come un atto di gioiosa ribellione.

Y Tu Mamá También (2001)

Due adolescenti messicani, l’altoborghese Tenoch e il proletario Julio, partono per un viaggio on the road con una donna più grande, Luisa. Quella che inizia come un’avventura spensierata alla ricerca di una spiaggia mitica si trasforma in un intenso percorso di scoperta sessuale, emotiva e politica, che metterà a nudo le crepe della loro amicizia e la complessa realtà del loro paese.

Alfonso Cuarón mescola magistralmente il racconto di risveglio sessuale con un’acuta critica sociale. Il viaggio dei ragazzi è una formazione che decostruisce la loro mascolinità, la loro amicizia e la loro ignoranza del mondo al di fuori della loro bolla. Sotto l’ombra della mortalità segreta di Luisa, il film esplora la sessualità, la classe e la politica, mostrando come il diventare adulti significhi anche confrontarsi con la fragilità della vita e le disuguaglianze del mondo.

Moonlight (2016)

Diviso in tre capitoli, il film segue la vita di Chiron, un giovane afroamericano che cresce in un quartiere difficile di Miami. Dall’infanzia timida e tormentata (“Little”), all’adolescenza in cui affronta la sua omosessualità (“Chiron”), fino all’età adulta in cui adotta una maschera di durezza (“Black”), la sua è una lotta per trovare e accettare la propria identità in un mondo che sembra respingerlo.

Con una struttura a trittico e un linguaggio visivo poetico, Moonlight offre un’esplorazione profonda ed empatica della mascolinità, dell’identità e della tenerezza. La formazione di Chiron è un viaggio doloroso e frammentato, fatto di auto-repressione e di una finale, timida accettazione di sé. È un’opera rivoluzionaria che ridefinisce il coming-of-age, mostrando come la crescita sia un processo continuo di negoziazione tra chi siamo e chi il mondo si aspetta che siamo.

American Honey (2016)

Star, un’adolescente che vive ai margini, fugge da una casa abusiva per unirsi a una sgangherata crew di giovani che viaggiano attraverso il Midwest americano vendendo abbonamenti a riviste porta a porta. Trascinata in un vortice di feste, illegalità e un amore complicato con il carismatico Jake, Star cerca la sua strada in un’America dimenticata.

Lo stile immersivo e quasi documentaristico di Andrea Arnold ci catapulta in una sottocultura giovanile marginalizzata. La formazione di Star è un lungo e sensoriale viaggio on the road, una ricerca di libertà, amore e appartenenza tra i disadattati di una “sottoclasse del ventunesimo secolo”. Quando la società abbandona i suoi giovani, questi ultimi si inventano una propria società, una famiglia surrogata che, nel bene e nel male, diventa l’unico appiglio in un mondo che li ha resi invisibili.

The Florida Project (2017)

Moonee ha sei anni e vive con la sua giovane e ribelle madre in un motel viola chiamato “Magic Castle”, all’ombra di Disney World. Per Moonee e i suoi amici, l’estate è un’avventura senza fine, fatta di scherzi, esplorazioni e gelati scroccati ai turisti. Ma dietro la loro innocenza colorata si nasconde la dura realtà della povertà e dell’imminente sfratto.

Il vibrante stile visivo di Sean Baker mette in potente contrasto l’innocenza dell’infanzia con la cruda realtà della “homelessness nascosta. La storia di Moonee è una sorta di pre-formazione, una celebrazione della resilienza e dell’immaginazione come strumenti di sopravvivenza. Incapace di andare a Disney World, Moonee trasforma il suo mondo degradato in un parco giochi. La sua capacità di creare gioia dal nulla è una testimonianza radicale dello spirito umano, nata direttamente dal fallimento del sistema sociale che dovrebbe proteggerla.

Sezione V: La Delicata Arte della Responsabilità – Racconti Minimalisti dal Mondo

Questa sezione mette in luce film che utilizzano uno stile minimalista e osservativo per catturare punti di svolta profondi nell’infanzia. Lontane dal melodramma, queste storie trovano un immenso peso emotivo in piccoli gesti e momenti silenziosi, esplorando temi come l’empatia, la responsabilità morale e la nascente consapevolezza di un mondo che va oltre sé stessi.

Dov’è la casa del mio amico? (Khane-ye dust kojast?) (1987)

Ahmed, un bambino di otto anni, si accorge di aver preso per sbaglio il quaderno del suo compagno di classe. Sapendo che l’amico rischia l’espulsione se non lo consegnerà il giorno dopo, Ahmed si imbarca in una ricerca disperata per trovare la sua casa in un villaggio vicino, scontrandosi con l’indifferenza e l’incomprensione degli adulti.

Lo stile neorealista e magistrale di Abbas Kiarostami trasforma una premessa semplice in una “miracolosa avventura a misura di bambino. Il viaggio di Ahmed non è solo una corsa contro il tempo, ma una potente parabola sulla responsabilità personale, l’empatia e il frustrante divario tra la chiarezza morale di un bambino e l’indifferenza burocratica del mondo adulto. È un racconto di formazione basato su un singolo, purissimo atto di coscienza.

Ratcatcher (1999)

Glasgow, 1973. Durante uno sciopero dei netturbini, la città è invasa dai rifiuti e dai topi. In questo scenario desolante, il dodicenne James è perseguitato dal senso di colpa per il suo ruolo nella morte accidentale di un amico. Alienato dalla sua famiglia, cerca una via di fuga nella fragile amicizia con una ragazza e nei sogni di una vita migliore.

Lynne Ramsay fonde una realtà “difficile da digerire” con immagini “inquietantemente belle. La formazione di James è definita dal peso della colpa e dalla disperata ricerca di una via di fuga. I momenti surreali e poetici del film, come un topo che vola sulla luna legato a un palloncino, offrono uno sguardo nell’immaginazione di un bambino come unico rifugio possibile da un ambiente spietato, esplorando la linea sottile tra la brutalità del mondo e la resilienza della fantasia.

Aftersun (2022)

Sophie ripensa alla vacanza fatta vent’anni prima in Turchia con suo padre. Ora che ha la stessa età che aveva lui allora, cerca di riconciliare il padre che amava con l’uomo che non ha mai veramente conosciuto. I suoi ricordi felici, filtrati attraverso le immagini sgranate di una vecchia videocamera, si scontrano con una malinconia sottile e incompresa.

L’innovativa e frammentata struttura narrativa di Charlotte Wells cattura brillantemente la natura elusiva della memoria e del lutto. Qui, il coming-of-age è retrospettivo: è il viaggio di una figlia adulta che tenta di unire i preziosi ricordi d’infanzia con la dolorosa e inconoscibile realtà della depressione di suo padre. Aftersun è un film “splendidamente struggente” sull’amore, la perdita e l’impossibilità di comprendere appieno le persone che amiamo.

Sezione VI: L’Età Adulta Incompiuta – La Crisi dei Vent’anni e Oltre

L’ultima sezione espande la definizione di “formazione” oltre l’adolescenza. Questi film esplorano le turbolente transizioni della prima età adulta, catturando l’incertezza, l’ansia e le crisi esistenziali di personaggi ventenni e trentenni che lottano ancora per trovare il loro posto, definire il loro scopo e fare i conti con il divario tra i sogni e la realtà.

La Haine (1995)

Dopo una notte di scontri con la polizia, seguiamo per 24 ore le vite di tre amici nella banlieue parigina: Vinz, un ebreo rabbioso; Saïd, un arabo pragmatico; e Hubert, un pugile afro-francese che sogna di fuggire. La scoperta che un loro amico è stato gravemente ferito dalla polizia e che Vinz ha trovato una pistola persa da un agente, innesca una spirale di tensione che li porterà sull’orlo del baratro.

Con la sua esplosiva critica sociale e la sua struttura “day in the life”, il film di Mathieu Kassovitz racconta una brutale formazione definita dall’abbandono sistemico, dalla tensione razziale e dal ciclo ineluttabile della violenza. Anche se i protagonisti sono giovani adulti, la loro è una ricerca disperata di identità e rispetto in una società che li ha già condannati, trasformando la città in un campo di battaglia esistenziale.

City of God (Cidade de Deus) (2002)

Attraverso gli occhi di Buscapé, un ragazzo che sogna di diventare fotografo, assistiamo all’ascesa della criminalità organizzata nella favela di Rio de Janeiro chiamata Città di Dio. Dagli anni ’60 agli anni ’80, le vite dei giovani del quartiere sono plasmate dalla violenza, dalla droga e da una guerra tra bande sempre più sanguinosa.

L'”energia furiosa” e la portata epica di questo film raccontano la storia di formazione di un’intera generazione. Crescere in questo contesto significa affrontare una scelta brutale tra il crimine e la sopravvivenza. Il percorso di Buscapé per diventare un fotografo non è solo un’ambizione artistica, ma un tentativo disperato di forgiare un’identità al di fuori del ciclo di violenza che ha inghiottito tutti intorno a lui, usando la macchina fotografica come scudo e come via di fuga.

Frances Ha (2012)

Frances ha 27 anni, è un’aspirante ballerina e vive a New York. La sua vita entra in una spirale di precarietà quando la sua migliore amica e coinquilina, Sophie, decide di trasferirsi. Saltando da un appartamento all’altro, Frances affronta l’incertezza professionale, le difficoltà economiche e la natura mutevole dell’amicizia femminile, mantenendo un’inguaribile e goffa vitalità.

Ispirato esteticamente alla Nouvelle Vague francese, il film di Noah Baumbach è uno “studio sincero sulla giovinezza e il caos disordinato” della crisi del quarto di secolo. La formazione di Frances riguarda l’affrontare l’incertezza dei quasi trent’anni, l’evoluzione dei legami e l’imparare a stare bene nella propria pelle, anche quando la propria identità è ancora in costruzione. È un ritratto affettuoso e divertente dell’arte di essere giovani, confusi e meravigliosamente imperfetti.

The Worst Person in the World (Verdens verste menneske) (2021)

Julie sta per compiere trent’anni e non sa cosa vuole dalla vita. Passa dalla medicina alla psicologia, poi alla fotografia; si innamora di Aksel, un fumettista più grande di lei, ma poi incontra Eivind e tutto viene rimesso in discussione. Diviso in dodici capitoli, il film segue le sue indecisioni sentimentali e professionali in un ritratto spiritoso e malinconico dell’ansia millenial.

Il film di Joachim Trier “sovverte deliziosamente” i cliché della commedia romantica per creare un ritratto profondo e riconoscibile della moderna ricerca di sé. La formazione di Julie non è un percorso lineare, ma un viaggio a capitoli fatto di false partenze, cambi di rotta e momenti di pura epifania. È un’ode all’accettare il disordine della vita e la sensazione di essere “la persona peggiore del mondo” mentre si sta semplicemente cercando di capirci qualcosa.

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Immagine di Fabio Del Greco

Fabio Del Greco

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