75 film western da non perdere

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Il genere western rappresenta l’epopea fondamentale del cinema, una tela immensa e polverosa su cui registi di ogni epoca e nazionalità hanno dipinto le loro visioni della natura umana, della società e della violenza. Non si tratta semplicemente di storie di cowboy e indiani, né di duelli al sole decisi dalla velocità di un grilletto; il western è un linguaggio universale che trascende i confini geografici degli Stati Uniti per diventare uno spazio mitologico, un luogo dell’anima dove la civiltà si scontra brutalmente con la natura selvaggia e dove l’individuo è costretto a definire il proprio codice morale in totale assenza di leggi scritte. Dalle origini sgranate del cinema muto fino alle più recenti e raffinate decostruzioni psicologiche, il genere ha saputo reinventarsi costantemente, passando dalla celebrazione dell’eroismo classico alla critica sociale del revisionismo, fino alle allucinazioni psichedeliche del filone acid e alle brutali realtà del neo-western contemporaneo. Questa capacità di adattamento dimostra come la frontiera non sia solo un luogo fisico, ma uno specchio deformante in cui ogni generazione riflette le proprie ansie, le proprie speranze e le proprie colpe storiche.

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Questa analisi esaustiva si propone di esplorare le pietre miliari che hanno definito e successivamente ridefinito i confini della frontiera cinematografica. La selezione non si limita ai classici monumentali di Hollywood, sebbene imprescindibili per comprendere la grammatica del cinema, ma abbraccia con vigore le produzioni indipendenti, il cinema underground e le declinazioni internazionali che hanno arricchito il genere con nuove, spiazzanti sfumature. Attraverso questo viaggio cronologico, osserveremo come il western sia stato utilizzato come strumento affilato per commentare il maccartismo, la sporca guerra del Vietnam, il capitalismo sfrenato e la tossicità dei ruoli di genere, dimostrando una vitalità politica e filosofica che pochi altri generi possono vantare. Analizzeremo come la figura dell’eroe sia mutata: dal cavaliere senza macchia che porta l’ordine, al mercenario cinico che agisce per profitto, fino allo psicopatico o alla vittima di un sistema che non può più comprendere.

🆕 Le Ultime Frontiere: I Migliori Western Recenti

Prima di tuffarci nella storia del genere, ecco i titoli usciti negli ultimi mesi che stanno ridefinendo il Western oggi. Se cerchi qualcosa di fresco, visivamente potente e moderno, parti da qui.

Killers of the Flower Moon (2023)

Killers of the Flower Moon | Official Trailer 2 (2023 Movie)

Negli anni ’20, la tribù dei nativi americani Osage diventa improvvisamente la popolazione più ricca del mondo pro capite, grazie alla scoperta di enormi giacimenti di petrolio sotto le loro terre in Oklahoma. Questa ricchezza attira immediatamente l’attenzione di “lupi” bianchi, manipolatori e criminali, che iniziano a infiltrarsi nelle famiglie Osage attraverso matrimoni di interesse per poi eliminarne i membri uno dopo l’altro in una serie di omicidi misteriosi e brutali. Al centro della vicenda c’è Ernest Burkhart (Leonardo DiCaprio), un reduce di guerra debole e influenzabile che, spinto dal potente zio William Hale (Robert De Niro), sposa l’ereditiera Mollie ma si ritrova complice di un piano di sterminio sistematico.

Martin Scorsese firma il suo primo vero western trasformandolo in un crime-drama monumentale e doloroso. Non è il classico film di frontiera con sparatorie eroiche, ma un’analisi spietata sulla nascita del capitalismo americano, fondato sul sangue e sul tradimento. Visivamente maestoso e recitato con un’intensità febbrile, il film ribalta la prospettiva classica: gli indiani non sono nemici selvaggi, ma vittime di una cospirazione silenziosa e burocratica. È un’opera fondamentale per capire come il genere western possa ancora oggi raccontare le ferite aperte della storia, smontando il mito dell’eroe bianco per mostrare la banalità del male.

Horizon: An American Saga – Capitolo 1 (2024)

Horizon: An American Saga - Official Trailer

Questo progetto ambizioso racconta l’epopea dell’espansione verso l’Ovest attraverso un arco temporale di 15 anni, coprendo il periodo precedente e successivo alla Guerra Civile Americana. La narrazione è corale e intreccia le vite di coloni in cerca di una nuova casa, soldati dell’esercito, cacciatori di scalpi e tribù native che vedono il loro mondo invaso. Non c’è un unico protagonista, ma un mosaico di destini che si incrociano nella fondazione di un insediamento in una valle tanto bellissima quanto pericolosa, dove la promessa di un futuro migliore si scontra quotidianamente con la violenza della natura e del conflitto umano.

Kevin Costner torna alla regia dopo decenni per realizzare il suo “film della vita”, un’opera che recupera il respiro classico e maestoso dei western di John Ford. Horizon è cinema di altri tempi: lento, panoramico, attento ai dettagli della vita di frontiera più che all’azione frenetica. È un film per chi ha nostalgia del grande schermo e delle storie di fondazione, dove il paesaggio è il vero protagonista. Non cerca di decostruire il mito come fanno i western moderni, ma cerca di restituirgli la sua grandezza tragica e romantica, mostrando il prezzo di sangue pagato per costruire una nazione.

I morti non soffrono (The Dead Don’t Hurt) (2024)

THE DEAD DON'T HURT Trailer (2024) Viggo Mortensen

Vivienne Le Coudy è una donna fieramente indipendente che vive a San Francisco, ma che per amore di Holger Olsen, un immigrato danese, accetta di trasferirsi in una casa isolata e polverosa nel Nevada. Quando la Guerra Civile scoppia, Olsen decide di arruolarsi per combattere la schiavitù, lasciando Vivienne sola a gestire la fattoria e a difendersi in una città controllata da un sindaco corrotto e da un proprietario terriero violento. La storia si sviluppa su due piani temporali, mostrando la lotta silenziosa e quotidiana di una donna che rifiuta di essere una vittima in un mondo dominato dalla prepotenza maschile.

Scritto, diretto e interpretato da Viggo Mortensen, questo è un “Anti-Western” delicato e femminista che sovverte le aspettative del genere. Invece di concentrarsi sulle battaglie o sui duelli al sole, il film mette al centro l’attesa, la resilienza e la dignità di chi resta a casa. È un’opera visivamente curata e recitata con grande sottigliezza (Vicky Krieps è straordinaria), che dimostra come il western possa essere usato per raccontare storie intime e commoventi. Un film per chi cerca un’atmosfera malinconica e una narrazione che privilegia i sentimenti e la forza morale rispetto alla violenza gratuita.

Strange Way of Life (2023)

STRANGE WAY OF LIFE Official Trailer (2023)

Silva (Pedro Pascal) attraversa il deserto a cavallo per raggiungere Bitter Creek e visitare lo sceriffo Jake (Ethan Hawke). Venticinque anni prima, i due uomini avevano lavorato insieme come pistoleri mercenari e avevano vissuto una storia d’amore intensa e segreta. Quella che sembra una semplice rimpatriata nostalgica, però, nasconde un secondo fine: la mattina dopo la loro notte insieme, Jake rivela che il motivo della visita di Silva è legato a un crimine recente che coinvolge il figlio di uno dei due. Il confronto tra i vecchi amanti diventa così un duello non solo di pistole, ma di sentimenti repressi e doveri morali.

Pedro Almodóvar entra nel territorio sacro del western con un mediometraggio di 30 minuti che è un gioiello di stile e tensione. È la risposta moderna, queer e passionale a I segreti di Brokeback Mountain, ma girata con l’estetica sgargiante del Technicolor anni ’50. Nonostante la brevità, il film riesce a condensare tutto il dramma e il romanticismo del genere, ribaltando lo stereotipo del cowboy macho e solitario. È un’opera da vedere per la chimica eccezionale tra i due protagonisti e per come riesce a inserire il melodramma tipico del regista spagnolo dentro la polvere e i costumi del vecchio West.

Una visione curata da un regista, non da un algoritmo

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Spaghetti Western: La Rivoluzione Italiana

Negli anni ’60, mentre Hollywood celebrava ancora il mito eroico della frontiera, l’Italia lo stava riscrivendo con il fango, il sudore e il cinismo. Lo Spaghetti Western non è stato una semplice imitazione, ma una rivoluzione estetica: i campi lunghi di Sergio Leone, le musiche di Morricone e gli antieroi silenziosi hanno trasformato il West in un palcoscenico operistico e violento. Qui non ci sono sceriffi senza macchia, ma solo uomini che cercano di sopravvivere in un mondo dove la vita vale quanto un dollaro bucato.

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Il Western Revisionista e Crepuscolare

Con la fine degli anni ’60 e l’arrivo della New Hollywood, il cinema smette di stampare la leggenda e inizia a stampare la realtà. Il Western Revisionista smonta pezzo per pezzo l’epica della conquista: gli indiani non sono più nemici senza volto ma vittime di un genocidio, e i cowboy sono uomini stanchi, sporchi e moralmente ambigui. È il cinema della disillusione (alla Mucchio Selvaggio), crudo e potente, che riflette la fine dell’innocenza di un’intera nazione.

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Neo-Western e Western Moderno

Chi dice che il Western è morto non ha guardato bene il cinema degli ultimi trent’anni. Il genere si è evoluto, spostandosi dalle praterie dell’800 alle zone di confine del mondo contemporaneo. Il Neo-Western mantiene i codici classici – la solitudine, la giustizia privata, il duello – ma li cala in scenari moderni fatti di pick-up, cartelli della droga e desolazione urbana. Da Tarantino ai fratelli Coen, questa è la dimostrazione che lo spirito della frontiera è eterno.

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1900-1929: Il Western Muto e le Origini

Tutto è iniziato qui. Prima delle parole, c’era il movimento: cavalli al galoppo, treni assaltati e paesaggi sconfinati. Il western nasce insieme al cinema stesso (The Great Train Robbery è del 1903) e ne definisce subito la grammatica visiva. In questi decenni pionieristici, il mito della Frontiera viene costruito su volti scolpiti nella pietra e su un’azione fisica purissima, gettando le basi di un genere che diventerà l’epica americana per eccellenza.

​​La grande rapina al treno (1903)

"The Great Train Robbery" (1903) - 1080p HD

Il film La grande rapina al treno racconta, in appena 12 minuti, l’azione audace di una banda di quattro fuorilegge. Dopo aver assaltato un ufficio telegrafico e aver immobilizzato il macchinista, i banditi salgono a bordo del treno, costringono il personale ad aprire la cassaforte a bordo e derubano i passeggeri. La rapida fuga a cavallo dei malviventi innesca subito una caccia all’uomo da parte di un posse di abitanti del luogo che, dopo un feroce scontro a fuoco, riesce a sconfiggere e uccidere i fuorilegge.

Quest’opera non è solo un classico western, ma una pietra miliare che diede forma alla narrazione cinematografica moderna. Diretto da Edwin S. Porter, il film utilizzò tecniche rivoluzionarie per l’epoca, come il montaggio parallelo (cross-cutting) per mostrare azioni simultanee e l’uso di riprese in esterni (on-location). La sua importanza storica è incalcolabile: fu un successo immediato che contribuì a stabilire la popolarità del genere western e culmina nella famosa inquadratura finale, dove un bandito spara un colpo direttamente verso la telecamera, un gesto che ha definito la rottura della quarta parete.

Amici per la pelle (1920)

Just Pals - John Ford - 1920

Amici per la pelle è ambientato in una polverosa cittadina di frontiera dove Bim, un vagabondo all’apparenza irresponsabile ma dal cuore onesto, prende sotto la sua ala Bill, un ragazzino di strada. La loro improbabile amicizia, un legame paterno nato ai margini della società, è il cuore della trama. Mentre il duo cerca di sbarcare il lunario, si imbatte in un conflitto locale: un’ingiusta accusa di appropriazione indebita contro la maestra della comunità. La loro lealtà e il loro innato senso di giustizia li spingono a intervenire per sventare una rapina e riabilitare il buon nome dell’insegnante, consolidando il loro legame sullo sfondo delle difficoltà e della solitudine del West.

Questo film muto del 1920 segna l’inizio della lunga e fruttuosa carriera di John Ford, fungendo da manifesto per i temi che il regista avrebbe sviluppato per decenni: la nascita di una comunità, l’amicizia maschile come nucleo affettivo (il buddy film ante-litteram) e il ruolo catartico del paesaggio come sfondo morale. È un film sentimentale e genuino che, pur con l’ingenuità del cinema muto, dimostra la maestria di Ford nel costruire personaggi complessi e nel catturare lo spirito di redenzione insito nella vecchia Frontiera americana.

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I pionieri (1923)

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I pionieri narra l’epica marcia di una gigantesca carovana di pionieri che, nel 1848, si muove da Westport, Missouri (l’allora Westport Landing), verso le terre fertili dell’Oregon e i campi d’oro della California. Il viaggio, che copre tremila chilometri irto di pericoli – dall’attraversamento di fiumi in piena all’attacco di tribù native – non è solo una lotta per la sopravvivenza. La tensione drammatica si concentra sulla rivalità tra i due uomini forti della carovana, il leale Will Banion e l’ambiguo Sam Woodhull, che si contendono l’amore di Molly, con il secondo che nasconde un passato criminale destinato a riemergere al momento meno opportuno.

Prodotto dalla Paramount e diretto da James Cruze, questo film è una pietra miliare che cambiò per sempre la storia del Western, diventando il maggiore incasso del 1923. Per la prima volta, si investirono cifre enormi per ricreare la grandiosità della migrazione verso l’Ovest, utilizzando centinaia di comparse reali e autentiche carovane. I pionieri è un’opera visivamente grandiosa che, pur con i limiti del cinema muto, definì l’epica del viaggio e l’estetica della carovana, spingendo Hollywood a prendere sul serio il Western come veicolo per raccontare storie storiche e spettacolari.

Il cavallo di ferro (1924)

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Il film Il cavallo di ferro racconta l’epica, e a tratti brutale, storia della costruzione della prima ferrovia transcontinentale, l’impresa ingegneristica che unificò gli Stati Uniti. La narrazione segue gli sforzi dei pionieri, degli ingegneri e dei lavoratori, molti dei quali immigrati, mentre spingono i binari verso ovest, affrontando il terreno implacabile, il boicottaggio degli speculatori e la violenta resistenza dei Nativi Americani i cui territori venivano invasi. Il climax si raggiunge con la storica unione dei binari a Promontory Point, Utah, un evento che simbolicamente segna il trionfo della tecnologia e la fine del Vecchio West.

Quest’opera titanica del cinema muto, girata con un dispiegamento di mezzi senza precedenti per l’epoca, stabilì John Ford come un maestro dell’epica americana. Più che una semplice avventura, Il cavallo di ferro è un’ode al progresso e alla determinazione umana, ma anche un ritratto complesso del costo di tale avanzamento, specialmente per le popolazioni autoctone. Il film è fondamentale per capire come il Western, grazie alla sua grandiosità, divenne il genere ideale per celebrare la fondazione e la coesione della nazione.

Io e la vacca (1925)

GO WEST (1925) - Re-release Trailer

Senza un soldo e disilluso dalla vita in città, il maldestro protagonista di Io e la vacca si dirige verso l’Arizona in cerca di fortuna, solo per ritrovarsi nel mezzo del deserto senza meta. Dopo essere stato assunto in un ranch, l’uomo, noto solo come Friendless (Buster Keaton), fallisce miseramente a ogni mansione da cowboy, finché non stringe un legame inaspettato e commovente con una mucca bianca dal cuore gentile, Brown Eyes. Quando arriva il momento di condurre la mandria al macello di Los Angeles, Friendless tenta disperatamente di salvare la sua amica pelosa, culminando in un’epica e anarchica transumanza attraverso le strade della città, con migliaia di mucche scatenate.

Questa commedia muta è un esempio magistrale della poetica di Buster Keaton: la capacità di unire il caos fisico e le acrobazie funamboliche con una narrazione di profonda innocenza e malinconia. Il film è una parodia affettuosa del genere western e della sua epica, che fa da sfondo alle gag e alle disavventure sentimentali tra l’uomo “senza amici” e la sua unica alleata. Io e la vacca dimostra come l’umorismo di Keaton, celato dietro la sua famosa “faccia di pietra” (The Great Stone Face), potesse affrontare temi universali come la lealtà e la compassione con un’inventiva visiva senza pari.

La corsa all’oro (1925)

The Gold Rush (1925) Trailer #1 | Movieclips Classic Trailers


Il film La corsa all’oro trasporta il celebre personaggio del “Vagabondo” (Charlie Chaplin) nel gelido e brutale Yukon della fine del XIX secolo, un luogo invaso da migliaia di uomini accecati dall’avidità. Spinto dalla disperazione e dalla speranza di trovare fortuna, Il Vagabondo si ritrova bloccato in una capanna isolata con il rude cercatore Big Jim e il fuorilegge Black Larsen. Tra il rischio di cannibalismo, la fame estrema (che lo porta a cucinare e mangiare il suo stesso scarpone) e la solitudine, il film segue il suo tenero e tragicomico tentativo di corteggiare Georgia, una ballerina di saloon, e di uscire da quella frenetica e spietata caccia all’oro come uomo ricco.

Chaplin stesso considerava questa pellicola la sua opera più significativa. La corsa all’oro è un capolavoro assoluto della commedia muta che bilancia perfettamente la comicità fisica (il celebre “ballo dei panini”, l’incidente della capanna in bilico sull’orlo di un precipizio) con un profondo pathos sociale. Usando la febbre dell’oro come metafora della povertà e della sopravvivenza nell’America moderna, Chaplin crea un’opera universale e intramontabile che eleva il Vagabondo da clown a simbolo della dignità umana di fronte alle avversità.

Tumbleweeds (1925)

Tumbleweeds (1925) Western Full Length Silent Film

Il film Tumbleweeds trasporta lo spettatore nella frenetica corsa alla terra che, nel 1889, vide decine di migliaia di coloni riversarsi nell’Oklahoma Territory per rivendicare i propri appezzamenti. Don Carver, un vagabondo onesto ma disilluso (interpretato dalla star William S. Hart), partecipa alla corsa sperando di rifarsi una vita, ma si ritrova invischiato in un conflitto con speculatori terrieri corrotti che tentano di manipolare la Land Run. Per proteggere la donna che ama e assicurare una terra ai coloni onesti, Carver deve affrontare i banditi in una delle sequenze d’azione più spettacolari dell’epoca muta, culminata nell’iconica corsa dei cavalli.

Quest’opera significativa segna il culmine e l’addio di William S. Hart al genere. Tumbleweeds non è solo una storia avvincente; è celebre per la sua impressionante sequenza di Land Run, girata con migliaia di comparse a cavallo, considerata all’epoca la quintessenza dell’epica cinematografica. Il film chiude idealmente l’era del Western muto, lasciando un’eredità duratura per il modo in cui ha ritratto la grandiosità e la determinazione dei pionieri.

I 3 furfanti (1926)

3 Bad Men (1926) Trailer

Ambientato nel 1876, durante la Land Rush (la frenetica corsa alla terra) per i territori del Dakota, I 3 furfanti segue la storia di tre fuorilegge: Bull, Spade e Mike. Inizialmente mossi dall’avidità e da intenti criminali, i tre incrociano il destino della giovane Lee Carleton, rimasta orfana e indifesa. L’istinto paterno e il desiderio di redenzione prendono il sopravvento: i fuorilegge decidono di proteggere la ragazza dai pericoli della corsa alla terra e dagli speculatori senza scrupoli, sacrificando infine le proprie vite per assicurarle un futuro e un pezzo di terra da chiamare casa.

Questo film muto è un’opera epica del regista John Ford, realizzata con un senso della scala monumentale che culmina nella spettacolare sequenza della Land Run, girata con un dispiegamento di mezzi impressionante per l’epoca. I 3 furfanti è cruciale per comprendere il Western: sebbene privo di sonoro, dimostra la maestria di Ford nel trasformare l’azione in un balletto visivo e nel gettare le basi tematiche per la sua mitologia di redenzione e sacrificio. L’opera è anche un precursore tematico del genere revisionista, poiché i veri eroi sono tre “cattivi” che trovano onore nel proteggere l’innocenza.

Anni ’30: John Ford e la Nascita del Classico

Con l’arrivo del sonoro, il Western rischiava di sparire o di restare confinato nei serial di serie B. Ma nel 1939, John Ford dirige Ombre Rosse (Stagecoach) e cambia tutto. Gli anni ’30 segnano il passaggio del genere alla maturità artistica: la Monument Valley diventa un palcoscenico morale, John Wayne diventa l’icona dell’eroe e il western inizia a essere preso sul serio come forma d’arte capace di raccontare la società.

Dodge City (1939)

Dodge City (1939) - Barroom Brawl

Nel 1866, Dodge City era nota come “la capitale mondiale del bestiame”, ma anche come la città più anarchica e violenta del West. In Dodge City, Wade Hatton (Errol Flynn), un ex Texas cattle agent, arriva in città per supervisionare l’arrivo delle mandrie, ma si ritrova subito in conflitto con l’illegale strapotere di Jeff Surrett (Bruce Cabot), un mascalzone che controlla la città. Costretto dall’escalation di violenza, Hatton abbandona la sua iniziale riluttanza a schierarsi, accetta l’incarico di sceriffo e si arma per riportare l’ordine, conquistando nel processo l’ammirazione dell’intrepida Abbie Irving (Olivia de Havilland).

Diretto con il suo dinamismo caratteristico da Michael Curtiz (regista de Le avventure di Robin Hood e Casablanca), questo film è la quintessenza del Western di Hollywood nel suo massimo splendore. Curtiz sfrutta al meglio il budget elevato e l’uso brillante del Technicolor, trasformando le spettacolari sequenze d’azione e la leggendaria rissa da saloon finale in un’esperienza visiva coinvolgente. Dodge City non ha alcun interesse a sovvertire il mito: è il trionfo schietto e senza ambiguità dei “cappelli bianchi” sui cattivi immediatamente riconoscibili. Per chiunque desideri vedere il Western classico eseguito al più alto livello possibile, questa è l’opera da cui iniziare.

Il cowboy dell’Arizona (1939)

Roy Rogers, il leggendario “Singing Cowboy”, interpreta un ufficiale confederato di stanza nel Missouri durante la Guerra Civile. In Il cowboy dell’Arizona, egli è incaricato di catturare una banda di fuorilegge guidata da Val McBride, che usa l’uniforme confederata come copertura per terrorizzare i civili. La missione si complica non solo per gli agguati dei banditi, ma per l’amore che sboccia per Mary, una risoluta simpatizzante dell’Unione. Il conflitto di lealtà tra le due fazioni in guerra e l’inganno dei banditi mettono a rischio non solo il successo della missione, ma anche la nascente relazione tra il cowboy e la donna, sullo sfondo mozzafiato delle Alabama Hills.

Prodotto dalla Republic Pictures e diretto dallo specialista Joseph Kane, questo film è un brillante esempio del genere Western Musicale che dominava i pomeriggi dei Drive-in negli anni ’30 e ’40. Le sequenze d’azione sono regolarmente intervallate dalle canzoni di Roy Rogers e dalle buffonate della spalla comica George ‘Gabby’ Hayes. Il cowboy dell’Arizona è un cinema di evasione puro, che celebra valori semplici e un’epica della frontiera capace di mescolare l’azione ben coreografata con un romanticismo leggero, definendo un sotto-genere estremamente popolare tra il pubblico familiare dell’epoca.

Ombre rosse (1939)

Stagecoach (1939) Official Trailer - John Wayne, John Ford Western Movie HD


Il film Ombre rosse racconta il viaggio pericoloso di una diligenza che parte dalla città di Tonto, nel New Mexico, diretta a Lordsburg. A bordo c’è un microcosmo della società del 1880: un banchiere corrotto, una prostituta, un medico alcolizzato, una signora incinta, un giocatore d’azzardo e il Ringo Kid (John Wayne), un fuorilegge evaso in cerca di vendetta. Mentre la minaccia degli Apache di Geronimo costringe i passeggeri, inizialmente ostili tra loro, a una fragile unità, il viaggio è una corsa contro il tempo che culmina non solo con la salvezza del gruppo, ma con la resa dei conti finale di Ringo Kid contro i fratelli Plummer, gli uomini che hanno ucciso la sua famiglia.

Quest’opera non è solo un western, ma il film che ha riscritto le regole del genere e ha lanciato la carriera di John Wayne nel ruolo iconico del Ringo Kid. Diretto da John Ford, è una lezione di regia e messa in scena, celebre per l’uso maestoso della Monument Valley (che Ford rese leggendaria) e per l’azione dinamica, in particolare la famosa sequenza dell’attacco alla diligenza. Al di là dell’avventura, Ombre rosse è una critica sociale sottile, dove i personaggi “rispettabili” sono rivelati come ipocriti e gli emarginati (la prostituta, il fuorilegge) dimostrano di possedere il vero onore e coraggio.

Anni ’40: L’Età dell’Oro del Western

Mentre il mondo è in guerra, il Western raggiunge il suo apice classico ma inizia a tingersi di sfumature più scure. Non è più solo la lotta tra “bianchi e indiani”: influenzati dal Noir, i film di questo decennio introducono personaggi più ambigui, passati misteriosi e una violenza più psicologica. È il decennio dei grandi capolavori che hanno definito l’estetica del cowboy per l’eternità.

Il mio corpo ti scalderà (1943)

DAY OF THE OUTLAW (1959) (Masters of Cinema) - Clip from film

Il mio corpo ti scalderà reinterpreta l’iconografia classica del West in chiave di sensualità e psicologia. La trama si concentra sull’incontro tra il giovane e impulsivo fuorilegge Billy the Kid e il suo unico alleato, Doc Holliday (Thomas Mitchell), subito dopo una sparatoria. Ferito, Billy trova rifugio e viene curato da Doc. L’arrivo di Rio McDonald (Jane Russell), una donna bellissima e dirompente, scatena una complessa dinamica di gelosia e lealtà che mette a dura prova l’amicizia tra i due pistoleri, mentre lo sceriffo Pat Garrett (Walter Huston) si avvicina per arrestare Billy. La seduzione, l’ossessione e la lotta per il cavallo di Billy si fondono in un gioco pericoloso in cui l’amore si scontra inevitabilmente con la legge e la vendetta.

Prodotto e diretto con un’ossessione maniacale da Howard Hughes, questo film è più celebre per le sue battaglie legali che per la trama. Il mio corpo ti scalderà fu bandito e ritardato per anni a causa della censura, ossessionata dalle inquadrature del corpo di Jane Russell, trasformando l’attrice in un’icona immediata e il film in un’opera di culto. Al di là dello scandalo, la pellicola è un western cupo e insolito per l’epoca, dominato dalla tensione psicologica, dall’ambiguità morale e da una fotografia che esalta la violenza e il desiderio, offrendo un ritratto primitivo e torbido di Billy the Kid.

Alba fatale (1943)

The Ox Bow Incident (1942) HD Trailer

Il film Alba fatale si svolge nella cittadina di Bridger’s Wells, dove si diffonde la notizia che un rispettato allevatore, Kinkaid, è stato assassinato e il suo bestiame rubato. Senza attendere la legge federale, una folla isterica e assetata di vendetta forma un posse guidato da figure ambigue, determinato a trovare i colpevoli immediatamente. Lungo la strada, il posse cattura tre uomini (un anziano, un messicano e un giovane) che trasportano il bestiame rubato, considerandoli immediatamente colpevoli. Nonostante gli accorati appelli alla ragione del vagabondo Gil Carter (Henry Fonda) e di pochi altri, la folla vota per un processo sommario che culmina, all’alba, con la condanna a morte per impiccagione dei tre innocenti, un atto che la comunità sarà costretta a rimpiangere amaramente.

Diretto con maestria da William A. Wellman, questo non è un film western d’azione, ma un cupo dramma sulla democrazia fallita e sulla giustizia sommaria. Girato in uno stile claustrofobico e teatrale che si svolge quasi interamente nell’arco di una notte, Alba fatale è una spietata allegoria sulla natura umana e sulla pericolosa facilità con cui una folla assetata di sangue può trasformarsi in tribunale e boia. Henry Fonda, nel ruolo del protagonista che osserva l’orrore inerme, guida un cast corale in un’opera atemporale che, pur affrontando la Frontiera, è una critica diretta alla barbarie latente in ogni società.

Sfida infernale (1946)

My Darling Clementine (1946) ORIGINAL TRAILER [HD 1080p]

Il film Sfida infernale si apre con i fratelli Earp – Wyatt, Virgil, Morgan e il giovane James – che guidano una mandria attraverso l’Arizona per venderla in California, ma il loro viaggio si interrompe bruscamente vicino a Tombstone. Lì, il fratello più giovane viene brutalmente assassinato e la mandria rubata dalla spietata banda dei Clanton, guidata dal patriarca Old Man Clanton. Deciso a vendicare il fratello e a riportare l’ordine, Wyatt Earp (Henry Fonda) accetta a malincuore il ruolo di sceriffo. La sua crociata è complicata dalla presenza in città di Doc Holliday, un medico alcolizzato e tubercolotico trasformato in pistolero, e dall’arrivo inatteso della donna dell’Est che dà il titolo al film, Clementine Carter, la sua ex fidanzata.

Diretto da John Ford, questo è probabilmente il western più poetico e lirico mai realizzato. Ford crea una visione idealizzata e romantica della Frontiera, girando la polverosa Tombstone in uno splendido bianco e nero che trasforma il paesaggio in un quadro pittorico. Il film non è interessato alla verità storica della sparatoria all’O.K. Corral, ma alla leggenda: è un’elegia sulla fondazione della civiltà e sull’eroismo del dovere. È dominato dalla performance stoica ma profonda di Henry Fonda e dal contrasto tragico di Doc Holliday (Victor Mature). L’opera culmina nella violenza catartica necessaria per l’arrivo della legge e della cultura.ennan, Ward Bond e Cathy Downs che offrono interpretazioni memorabili.

L’ultima conquista (1947)

Angel and the Badman | COLORIZED | Western Movie in Full Length | John Wayne

Il film L’ultima conquista si apre sul pistolero Quirt Evans (John Wayne), ferito gravemente dopo un agguato e costretto a cercare rifugio presso la fattoria di una famiglia di quaccheri, i Worth. L’uomo, noto per una vita di violenza e vendetta (iniziata con l’omicidio del padre), viene curato dalla dolce e devota Penelope. L’etica non violenta della famiglia, e l’amore che sboccia per Penelope, mettono in discussione la sua intera esistenza. Mentre la sua banda e i cacciatori di taglie lo braccano, Quirt Evans è costretto a una scelta impossibile: cedere al richiamo della pistola e vendicare i torti subiti, o abbandonare definitivamente la violenza per un futuro di pace.

Prodotto e co-sceneggiato da John Wayne stesso, questo film segna una deviazione dal western d’azione puro, inaugurando un approccio più intimo e psicologico al genere. È un’opera insolita, lenta e spirituale che esplora il tema della redenzione e la forza della non violenza, un netto contrasto rispetto all’immagine monolitica del “Duca”. La pellicola è supportata dalla chimica tra Wayne e l’eterea Gail Russell, offrendo un classico crepuscolare che, pur essendo semplice nella sua struttura, influenzò il genere per la sua capacità di concentrarsi sul conflitto interiore dell’eroe della Frontiera.

Il tesoro della Sierra Madre (1948)

The Treasure of the Sierra Madre (1948) Trailer

Due vagabondi americani in cerca di fortuna in un Messico polveroso, Dobbs e Curtin, si associano a un vecchio cercatore esperto e logorroico, Howard, per cercare l’oro sulle impervie montagne della Sierra Madre, ma la scoperta della ricchezza scatena una spirale discendente di paranoia, avidità e follia che distruggerà la loro umanità e la loro amicizia.

John Huston dirige un anti-western psicologico cupo, realistico e privo di qualsiasi eroismo romantico, dove il nemico principale non sono i banditi messicani, ma risiede nell’animo umano corrotto dal desiderio materiale. Humphrey Bogart offre una delle sue interpretazioni più complesse, sgradevoli e coraggiose nel ruolo di Fred C. Dobbs, un uomo la cui discesa nella pazzia è tratteggiata con un realismo terrificante, trasformando il sogno americano di prosperità in un incubo di sospetto e violenza fratricida. Il film decostruisce brutalmente il mito della frontiera come luogo di opportunità e rigenerazione, mostrandola invece come un deserto morale che mette a nudo la vera natura bestiale dell’uomo quando vengono rimossi i freni inibitori della civiltà. Non ci sono duelli al tramonto o cavalcate trionfali, solo sudore, polvere, fatica fisica e la corrosione dell’anima. La regia di Huston è scarna, diretta e priva di fronzoli, focalizzata sui volti segnati e sugli sguardi febbrili dei protagonisti, mentre il personaggio del vecchio Howard, interpretato dal padre del regista Walter Huston, funge da coro greco, prevedendo con cinica saggezza il disastro imminente ma incapace di fermarlo.

Fiume Rosso (1948)

Red River (1948) ORIGINAL TRAILER

Dopo aver costruito un impero dal nulla in Texas, l’allevatore autoritario Tom Dunson si trova sull’orlo della bancarotta in seguito alla Guerra Civile. Per salvarsi, decide di tentare un’impresa mai compiuta prima: condurre diecimila capi di bestiame lungo il “Chisholm Trail” fino al Missouri. Accompagnato dal figlio adottivo Matthew Garth, un pistolero abile ma di indole più riflessiva, il viaggio si trasforma presto in una discesa agli inferi. La stanchezza e i pericoli induriscono Dunson, che diventa un tiranno paranoico disposto a linciare i propri uomini pur di mantenere la disciplina. La tensione esplode quando Matthew, rifiutando la crudeltà del padre, guida un ammutinamento, sottrae il comando della mandria per portarla verso una nuova rotta ferroviaria in Kansas e abbandona Dunson nel deserto, il quale giura di inseguirlo per ucciderlo.

Spesso definito come “Gli ammutinati del Bounty nel West”, questo capolavoro di Howard Hawks è uno dei pilastri fondamentali del genere, celebre per aver messo in scena uno scontro generazionale e attoriale senza precedenti. Da una parte c’è John Wayne, qui invecchiato e in uno dei suoi ruoli più oscuri e spaventosi; dall’altra l’esordiente Montgomery Clift, che porta nel western la sensibilità moderna e tormentata del “Metodo”. Il fiume rosso è un’epopea visivamente grandiosa che trascende l’azione per diventare uno studio psicologico sulla leadership, sull’ossessione e sul passaggio di testimone tra la vecchia frontiera brutale e una nuova visione più umana della legge.

Anni ’50: Il Western Psicologico

È il decennio della complessità. Sotto la minaccia della Guerra Fredda e del Maccartismo, il Western abbandona l’epica semplice per guardare dentro l’anima dell’eroe. Nasce il “Super-Western” e il Western Psicologico (Mezzogiorno di fuoco), dove il conflitto non è solo sparare più veloce, ma affrontare la paura, la responsabilità civile e la solitudine. I confini tra buoni e cattivi iniziano a sfumare.

L’amante indiana (1950)

Broken Arrow (1950) Trailer | James Stewart | Jeff Chandler

Nel 1870, in un’Arizona insanguinata dalla guerra, l’ex scout dell’esercito Tom Jeffords decide di tentare una via diversa dalla violenza per fermare il conflitto tra coloni e Apache. Dopo aver salvato un giovane nativo ferito e aver imparato la loro lingua e i loro costumi, Jeffords riesce a entrare nel campo segreto del leggendario capo Cochise per negoziare una tregua. Nonostante sia marchiato come “traditore” dalla sua stessa gente e rischi il linciaggio, Jeffords accetta di fare da mediatore per il Generale Howard, inviato da Washington per stipulare una pace definitiva. Nel frattempo, l’uomo si innamora profondamente di Sonseeahray (“Stella del Mattino”), una giovane principessa Apache, sfidando i pregiudizi razziali di entrambi i mondi fino a un epilogo tragico necessario per sigillare l’accordo storico.

Pietra miliare del genere e primo vero esempio di “Western Revisionista” nel dopoguerra, il film di Delmer Daves ha rivoluzionato Hollywood abbandonando lo stereotipo dell’indiano come selvaggio sanguinario per ritrarre la cultura Apache con dignità, complessità e rispetto. James Stewart offre una performance di straordinaria umanità nel ruolo dell’uomo di pace costretto alla violenza, mentre Jeff Chandler (nominato all’Oscar per questo ruolo) conferisce a Cochise una statura morale e una saggezza che lo elevano a figura nobile. L’amante indiana è un’opera coraggiosa e visivamente splendida in Technicolor che, pur con qualche ingenuità d’epoca, rimane un potente manifesto contro l’odio razziale e l’incomunicabilità culturale.

Winchester ’73 (1950)

A Dodge City, il cowboy Lin McAdam vince una gara di tiro leggendaria aggiudicandosi il premio più ambito della frontiera: un fucile Winchester ’73, modello “One of One Thousand”. La sua vittoria dura poco, perché l’arma viene rubata dal suo acerrimo nemico, il fuorilegge Dutch Henry Brown. Da questo momento, il fucile inizia un viaggio autonomo e letale, passando di mano in mano — da un trafficante d’armi a un capo indiano, fino a un desperado — portando sventura a chiunque lo possieda. Nel frattempo, Lin persegue una caccia all’uomo implacabile attraverso il West, spinto non solo dal desiderio di recuperare l’arma, ma da un oscuro segreto di sangue che lo lega indissolubilmente al ladro.

Questo film segna l’inizio di una delle collaborazioni più fruttuose della storia del cinema, quella tra il regista Anthony Mann e James Stewart, che qui abbandona per la prima volta i panni dell’ingenuo idealista per interpretare un eroe nevrotico, ossessionato e vendicativo. L’opera è un capolavoro di struttura narrativa circolare, dove l’arma titolare diventa la vera protagonista, un oggetto del desiderio che catalizza la violenza e l’avidità umana. Con una fotografia in bianco e nero tagliente e un ritmo serrato, la pellicola ha ridefinito il genere, spostando l’attenzione dagli spazi aperti ai conflitti psicologici rabbiosi, culminando in uno scontro finale tra le rocce che rimane una lezione di tensione visiva.

Romantico avventuriero (1950)

The Gunfighter (1950) - Trailer

Jimmy Ringo è il pistolero più veloce del West, ma è stanco di scappare. In Romantico avventuriero, Gregory Peck interpreta un uomo ormai braccato dalla sua stessa leggenda, costretto a uccidere per legittima difesa giovani esaltati che vogliono farsi un nome sfidandolo. Dopo l’ennesimo duello forzato in un saloon, Ringo cavalca verso la città di Cayenne per un ultimo disperato tentativo: riconciliarsi con la moglie Peggy e vedere il figlio che non conosce, prima di appendere le pistole al chiodo e ritirarsi nell’anonimato. Ma il tempo è il suo nemico: mentre lo sceriffo locale, suo vecchio amico, gli concede solo poche ore per restare, i tre fratelli vendicativi della sua ultima vittima si avvicinano alla città, e un nuovo giovane ambizioso attende nell’ombra il momento giusto per colpirlo alle spalle.

Questo film di Henry King è un capolavoro del western psicologico che anticipa di decenni il revisionismo crepuscolare degli anni ’70. Abbandonando l’azione frenetica per una tensione claustrofobica che si svolge quasi in tempo reale, la pellicola decostruisce il mito del pistolero, mostrandolo non come un eroe invincibile, ma come una “celebrità” tragica prigioniera della propria fama tossica. Gregory Peck, che qui recita con dei celebri baffi a manubrio che all’epoca fecero scalpore presso i dirigenti dello studio, offre una performance dolorosa e sobria, dipingendo il ritratto di un uomo condannato alla solitudine proprio dalla sua abilità, in una riflessione amara sulla violenza che genera solo altra violenza ciclica.

Là dove scende il fiume (1952)

Bend of the River (1952) ORIGINAL TRAILER [HD 1080p]

Là dove scende il fiume (1952) è un film western americano diretto da Anthony Mann e interpretato da James Stewart, Rock Hudson, Julie Adams, Arthur Kennedy e Lori Nelson. È basato sul romanzo di A.B. Guthrie, Jr. del 1942 The Way West.

Il film è ambientato nel 1845. Glyn McLyntock (James Stewart), un ex-bandito pentito, accetta di guidare una carovana di pionieri dal Missouri all’Oregon. La carovana è composta da persone di diversa estrazione sociale e provenienza, e deve affrontare una serie di pericoli lungo il percorso, tra cui gli indiani, la natura selvaggia e la mancanza di cibo e acqua. James Stewart è eccellente nei panni di Glyn McLyntock, un uomo onesto e coraggioso che è determinato a guidare la carovana in salvo. Rock Hudson è bravo nei panni di Emerson Cole, un ladro di cavalli che si unisce alla carovana per cercare riscatto.

Julie Adams è bella e affascinante nei panni di Laura Baile, una donna forte e determinata che è alla ricerca di un nuovo inizio. Arthur Kennedy è memorabile nei panni di Trey Wilson, un uomo violento e senza scrupoli che minaccia la carovana. Lori Nelson è brava nei panni di Marjie Bayle, la figlia di Laura.

Mezzogiorno di fuoco (1952)

High Noon (1952) Official Trailer - Gary Cooper, Grace Kelly Movie HD

Nella cittadina di Hadleyville è il giorno delle nozze dello sceriffo Will Kane con la giovane quacchera Amy, ma la festa in Mezzogiorno di fuoco si trasforma presto in un incubo. Kane apprende che Frank Miller, un pericoloso fuorilegge che lui aveva arrestato anni prima, è stato graziato e sta arrivando col treno delle dodici per vendicarsi, supportato dalla sua banda che lo attende alla stazione. Nonostante abbia appena consegnato la stella per ritirarsi a vita privata, Kane sente il dovere morale di restare e proteggere la città. Cerca disperatamente di reclutare vicesceriffi tra i cittadini, gli amici e i fedeli in chiesa, ma si scontra con un muro di codardia, ipocrisia e opportunismo: uno dopo l’altro, tutti gli voltano le spalle, inclusa inizialmente la moglie che ripudia la violenza, lasciandolo completamente solo ad attendere il fischio del treno e il duello finale.

Diretto da Fred Zinnemann, questo film è una pietra miliare che ha scardinato le regole del genere, svolgendosi quasi in tempo reale: la durata della pellicola coincide esattamente con i minuti che mancano all’arrivo del treno, scanditi dall’ossessiva inquadratura degli orologi. Gary Cooper, che vinse l’Oscar per questo ruolo, offre un ritratto sofferente e umanissimo di un eroe non impavido, ma pieno di paura e disgusto per la viltà della comunità che ha servito. Letto spesso come una potente allegoria del Maccartismo e della “caccia alle streghe” a Hollywood (dove nessuno difendeva i colleghi accusati), è un capolavoro di tensione psicologica e montaggio che smonta l’epica della frontiera per mettere in scena il dramma morale della solitudine dell’uomo giusto.

L’assalto al Kansas Pacific (1953)

Nel clima incandescente che precede lo scoppio della Guerra Civile, il film L’assalto al Kansas Pacific racconta la corsa strategica per completare una linea ferroviaria vitale che permetterebbe all’Unione di trasportare truppe e rifornimenti verso l’Ovest. Il Capitano John Nelson, un ingegnere dell’esercito sotto copertura civile, viene inviato nel “Bloody Kansas” per prendere il comando dei lavori, costantemente rallentati da misteriosi incidenti. Nelson scopre presto che non si tratta di sfortuna, ma di una campagna di sabotaggio sistematico orchestrata dal guerrigliero sudista William Quantrill, determinato a far saltare in aria treni e binari per impedire l’avanzata del Nord.

Questo western storico diretto dallo specialista di B-movie Ray Nazarro si distingue per l’ambientazione specifica in un momento cruciale della storia americana, mescolando l’azione classica della frontiera con elementi di spionaggio militare e ingegneria ferroviaria. La pellicola vale la visione soprattutto per la presenza scenica imponente di Sterling Hayden, perfetto nel ruolo dell’eroe stoico e pragmatico, e per le spettacolari sequenze d’azione che coinvolgono locomotive a vapore, esplosioni di dinamite e scontri a fuoco tra i cantieri. È un solido esempio di cinema d’avventura degli anni ’50 che celebra la tecnologia e la determinazione umana come armi decisive in guerra.

Il cavaliere della valle solitaria (1953)

Shane (1953) Trailer #1 | Movieclips Classic Trailers

Nella valle del Wyoming del 1889, il misterioso pistolero protagonista de Il cavaliere della valle solitaria arriva alla fattoria della famiglia Starrett cercando solo acqua, ma finisce per restare come bracciante nel tentativo di lasciarsi alle spalle un passato di sangue. La sua speranza di una vita tranquilla si scontra presto con la realtà di una guerra locale: lo spietato barone del bestiame Rufus Ryker sta terrorizzando i coloni per scacciarli dalle loro terre. Mentre nasce un legame tacito e impossibile con Marian, la moglie di Joe Starrett, e diventa l’idolo del piccolo Joey, Shane capisce che la diplomazia non basterà. Per salvare la famiglia che lo ha accolto, dovrà indossare nuovamente le sue pistole e affrontare Jack Wilson, un sicario sadico assoldato da Ryker per uccidere.

Diretto con maestria da George Stevens, questo film è considerato uno dei vertici assoluti del genere, capace di trasformare la classica storia della frontiera in un mito quasi religioso sulla fine dell’era dei pistoleri. Visivamente splendido grazie a un Technicolor premiato con l’Oscar, il film è celebre per il suo realismo sonoro innovativo (gli spari sono assordanti e violenti come mai prima d’allora) e per la tensione psicologica che permea ogni scena. Con un Alan Ladd iconico nella sua malinconia e un Jack Palance terrificante nel ruolo della nemesi, l’opera esplora con profondità il tema dell’eroe tragico che, proprio a causa della violenza necessaria per civilizzare il West, non ha più posto nella società pacifica che ha contribuito a salvare.

Johnny Guitar (1954)

Johnny Guitar (1954) Play It again Johnny

Vienna, proprietaria di un saloon isolato e tenace imprenditrice che attende l’arrivo della ferrovia, si trova al centro di un conflitto mortale orchestrato dalla puritana e repressa Emma Small, che guida i cittadini contro di lei e contro il fuorilegge Dancin’ Kid, mentre l’arrivo dell’ex pistolero e amante Johnny Guitar riaccende vecchie passioni e antichi rancori.

Nicholas Ray firma uno dei western più eccentrici, barocchi e smaccatamente psicoanalitici della storia del cinema, dove le pistole sono impugnate dalle donne e gli uomini sono spesso ridotti a oggetti del desiderio o spettatori passivi di uno scontro matriarcale. Il film è famoso per la sua intensità cromatica, grazie a un uso del Trucolor che rende i costumi di Vienna e le scenografie quasi surreali e teatrali, riflettendo le violente emozioni represse dei personaggi che esplodono sullo schermo. Sotto la superficie di una classica storia di frontiera, Johnny Guitar ribolle di sottotesti sessuali, politici e nevrotici. La rivalità tra Vienna ed Emma non è solo territoriale o legale, ma profondamente freudiana, radicata in una gelosia sessuale e in un’isteria repressiva che trasforma la legge in uno strumento di persecuzione personale. Joan Crawford e Mercedes McCambridge offrono performance feroci e indimenticabili, trasformando il film in una tragedia operistica dove i dialoghi sono taglienti come lame e carichi di doppi sensi. L’opera, inizialmente incompresa in patria, è stata amata dalla critica francese e dai cineasti della Nouvelle Vague (Truffaut lo definì “La bella e la bestia del western”) per la sua capacità di sovvertire i topos del genere, trasformando il western in un melodramma fiammeggiante che anticipa le tematiche del camp e del queer cinema, scardinando le certezze maschili del genere.

Vera Cruz (1954)

Vera Cruz (1954) - Trailer

Durante la guerra civile messicana del 1866, l’ex maggiore confederato Ben Trane (Gary Cooper) cerca fortuna a sud del confine e si allea con Joe Erin (Burt Lancaster), un fuorilegge spietato e sempre sorridente. In Vera Cruz, i due mercenari vengono ingaggiati dall’Imperatore Massimiliano per scortare la Contessa Duvarre fino al porto, ufficialmente per proteggerla dai ribelli Juaristi. Tuttavia, scoprono presto che la carrozza della nobildonna nasconde un carico segreto di monete d’oro destinato all’Europa per pagare le truppe. Inizia così un gioco mortale di doppiogiochi in cui tutti — i due americani, la contessa, i francesi e i rivoluzionari messicani — complottano per rubare il tesoro prima di raggiungere la costa.

Diretto con energia brutale da Robert Aldrich, questo film è considerato il vero precursore dello Spaghetti Western e del cinema di Sam Peckinpah. Lontano dalla moralità netta dei classici alla John Ford, qui regnano l’avidità, il sudore e il cinismo assoluto. La pellicola merita la visione per la chimica elettrica tra i due protagonisti: l’eleganza stanca del vecchio Cooper contrasta magnificamente con il ghigno predatorio e l’energia sociopatica di un giovane Burt Lancaster (che ruba la scena). È un’avventura amorale e visivamente sfolgorante che ha insegnato al cinema come rendere affascinanti gli antieroi.

Sentieri selvaggi (1956)

The Searchers (1956) Official Trailer - John Wayne, Jeffrey Hunter Movie HD

Texas, 1868. Tre anni dopo la fine della Guerra Civile, il veterano confederato Ethan Edwards torna al ranch del fratello, ma la riunione familiare viene spezzata da un brutale raid dei Comanche. In Sentieri selvaggi, Ethan scopre che il fratello e l’amata cognata Martha sono stati massacrati, mentre le due nipoti sono state rapite. Insieme al nipote adottivo Martin Pawley, un “mezzosangue” che Ethan tollera a fatica, inizia un’odissea attraverso le stagioni e i deserti della Monument Valley che durerà cinque lunghi anni. La ricerca del capo indiano Scar diventa per Ethan un’ossessione che scivola nella follia: Martin si rende presto conto di dover accompagnare lo zio non solo per aiutarlo, ma per impedirgli di uccidere la nipote Debbie, ormai divenuta una donna Comanche, per “lavare” l’onta razziale del rapimento.

Universalmente riconosciuto come il più grande western mai realizzato e uno dei vertici assoluti della cinematografia americana, il capolavoro di John Ford è un poema visivo di devastante bellezza (girato in VistaVision) e complessità psicologica. Lungi dall’essere una semplice storia di eroi, è uno studio spietato sul razzismo, sull’odio e sulla violenza insita nel mito della frontiera. John Wayne offre la performance della vita nel ruolo di un antieroe tragico, monolitico e spaventoso, un uomo condannato a vagare tra i venti perché non ha più posto nel mondo civilizzato che contribuisce a difendere, regalando al cinema una delle inquadrature finali più iconiche e malinconiche di sempre.

I 3 banditi (1957)

The Tall T (1957) ORIGINAL TRAILER [HD 1080p]

Pat Brennan, un allevatore indipendente che ha appena perso il cavallo in una scommessa, accetta un passaggio sulla diligenza che trasporta i novelli sposi Willard e Doretta Mims. Il viaggio in I 3 banditi si trasforma in un incubo quando il gruppo cade in un’imboscata tesa da tre fuorilegge guidati dallo spietato ma carismatico Frank Usher. Scoperto che Doretta è la figlia di un ricco proprietario di miniere, i banditi decidono di tenere gli ostaggi prigionieri in una stazione di posta isolata in attesa del riscatto. Mentre il marito della donna si rivela un vile opportunista disposto a tutto pur di salvarsi, Brennan deve ingaggiare una complessa battaglia psicologica con Usher per guadagnare tempo e cercare un’occasione per ribaltare la situazione.

Tratto da un racconto del maestro del crime Elmore Leonard, questo film è considerato uno dei vertici assoluti del “Ciclo Ranown”, la celebre collaborazione tra il regista Budd Boetticher e Randolph Scott. È un western minimalista, secco e brutale, che rinuncia all’epica dei grandi paesaggi per concentrarsi sulla tensione claustrofobica tra i personaggi. La pellicola è memorabile soprattutto per la performance di Richard Boone nel ruolo del villain: non un semplice cattivo, ma un uomo intelligente e solitario che finisce per rispettare l’integrità del suo prigioniero più dei suoi stessi scagnozzi, rendendo lo scontro finale non solo fisico ma profondamente morale.

Furia selvaggia – Billy the Kid (1958)

The Left Handed Gun (1958) Official Trailer - Paul Newman Movie

William Bonney è un vagabondo analfabeta e instabile che trova per la prima volta una figura paterna nel gentile allevatore inglese John Tunstall. Quando quest’ultimo viene brutalmente assassinato da un gruppo di rivali corrotti e dallo sceriffo locale, la fragile psiche di William si spezza. In Furia selvaggia – Billy the Kid, il giovane intraprende una sanguinosa vendetta personale contro i quattro assassini, trasformandosi nel famigerato fuorilegge braccato dalla legge. La sua discesa nella violenza lo porterà inevitabilmente a scontrarsi con Pat Garrett, un vecchio amico che, divenuto sceriffo e figura paterna sostitutiva, si vede costretto a tradirlo e a dargli la caccia per ristabilire l’ordine.

Esordio alla regia di Arthur Penn, questo film rappresenta un punto di rottura fondamentale con il western classico. Rileggendo il mito della frontiera attraverso la lente della psicoanalisi freudiana, Paul Newman offre un’interpretazione nevrotica e tormentata, dipingendo Billy non come un eroe o un cattivo tradizionale, ma come un adolescente confuso e vittima delle circostanze. È un’opera amara e demitizzante che esplora la natura della celebrità e come le leggende vengano costruite sulle tragedie umane, anticipando di un decennio il revisionismo della New Hollywood.

L’albero della vendetta (1959)

Ride Lonesome (1959) ORIGINAL TRAILER [HD 1080p]

L’albero della vendetta (1959) è un film western diretto da Budd Boetticher e interpretato da Randolph Scott, Pernell Roberts e James Coburn. Quinto dei sette film della coppia Scott-Boetticher, segna l’esordio cinematografico di James Coburn.

Il film è ambientato nel Texas nel 1880. Pat Brennan (Randolph Scott), un ex sceriffo che sta cercando di rifarsi una vita su una piccola fattoria, è attaccato da una banda di fuorilegge. Brennan riesce a sconfiggerli e a salvare una giovane donna, Lina Patch (Maureen O’Sullivan), che è stata tenuta in ostaggio. Brennan e Lina sono costretti a fuggire insieme, ma sono inseguiti dai fuorilegge, che sono determinati a vendicarsi. Brennan deve usare tutte le sue abilità per proteggere Lina e sconfiggere i fuorilegge.

Randolph Scott è eccellente nel ruolo di Pat Brennan, un personaggio complesso e conflittuale che è sia un eroe che un antieroe. James Coburn è buono nel ruolo di Billy John, il leader dei fuorilegge, un personaggio crudele e determinato. Maureen O’Sullivan è memorabile nel ruolo di Lina Patch, una donna forte e indipendente che è determinata a sopravvivere.

Un dollaro d’onore (1959)

Rio Bravo (1959) Official Trailer - Johh Wayne, Dean Martin Western Movie HD

Un dollaro d’onore (1959) è un film western diretto da Howard Hawks e interpretato da John Wayne, Dean Martin, Ricky Nelson e Angie Dickinson. Il film è un classico del genere western e ha avuto un impatto significativo sul cinema americano.

Il film è ambientato nel West americano nel 1860. John T. Chance (John Wayne), uno sceriffo di Rio Bravo, è alle prese con una banda di banditi capeggiati da Nathan Burdette, un ricco latifondista del luogo. I banditi hanno rapito la sorella di Chance, Penny (Angie Dickinson), e la tengono in ostaggio in una locanda di Rio Bravo. Chance chiede aiuto al suo aiutante, Dude (Dean Martin), un ex fuorilegge che si è dato al bere. I due uomini sono aiutati da un giovane pistolero, Colorado Ryan (Ricky Nelson).

John Wayne è perfetto nel ruolo di John T. Chance, uno sceriffo determinato e coraggioso. Dean Martin è bravo nel ruolo di Dude, un uomo complesso e contraddittorio. Ricky Nelson è convincente nel ruolo di Colorado Ryan, un giovane pistolero ambizioso.

Anni ’60: Spaghetti Western e la Fine del Mito

La rivoluzione arriva dall’Italia. Mentre Hollywood celebra il tramonto dei suoi eroi (L’uomo che uccise Liberty Valance), Sergio Leone e Corbucci reinventano il genere con violenza, cinismo e stile operistico. Gli anni ’60 spaccano il Western in due: da una parte la nostalgia crepuscolare americana, dall’altra l’esplosione brutale e stilizzata dello Spaghetti Western che influenzerà il cinema per sempre.

I magnifici sette (1960)

The Magnificent Seven Official Trailer #1 - Charles Bronson Movie (1960) HD

Un povero villaggio messicano vive nel terrore delle costanti razzie compiute dal bandito Calvera e dalla sua banda, che depredano regolarmente il raccolto lasciando gli abitanti alla fame. Disperati, i contadini decidono di attraversare il confine per acquistare armi, ma finiscono per ingaggiare Chris Adams, un pistolero vestito di nero, pragmatico e carismatico. In I magnifici sette, Adams accetta la missione quasi suicida e recluta una squadra eterogenea di altri sei mercenari, ognuno con le proprie motivazioni e demoni: un vagabondo in cerca di fortuna, un cacciatore di taglie avido, un lanciatore di coltelli, un fuggitivo traumatizzato e un giovane impetuoso. Insieme, dovranno non solo difendere il villaggio, ma insegnare ai contadini a combattere per la propria dignità.

Questo leggendario remake western de I sette samurai di Akira Kurosawa è uno dei film più amati e influenti di sempre, capace di trasporre perfettamente il codice d’onore giapponese nella polvere della frontiera americana. John Sturges dirige un cast irripetibile che ha lanciato le carriere di future icone come Steve McQueen, Charles Bronson e James Coburn, creando una chimica di gruppo che rimane insuperata. Accompagnato dalla trionfale e iconica colonna sonora di Elmer Bernstein, il film è un’avventura epica sull’eroismo mercenario e sul sacrificio, che bilancia spettacolari sparatorie con una malinconica riflessione finale sulla solitudine degli uomini d’arme, condannati a vincere le battaglie ma a perdere sempre la pace.

I due volti della vendetta (1961)

One-Eyed Jacks (1961) ORIGINAL TRAILER [HD 1080p]

Messico, 1880. Dopo una rapina in banca, il bandito Rio viene tradito dal suo mentore e complice Dad Longworth, che scappa con il bottino lasciandolo catturare dalla polizia rurale. Dopo cinque anni di lavori forzati in una prigione di Sonora, Rio evade covando un unico desiderio: la vendetta. Rintraccia l’ex socio a Monterey, in California, scoprendo che Dad è diventato uno sceriffo rispettabile, sposato con Maria e patrigno della giovane Louisa. Rio decide di aspettare il momento giusto, fingendo amicizia ma seducendo Louisa per ferire il nemico, finché la tensione non esplode quando Dad, smascherando le intenzioni del rivale, lo cattura e lo frusta brutalmente in piazza, spezzandogli la mano per impedirgli di sparare.

Unica regia di Marlon Brando (che subentrò a Stanley Kubrick), I due volti della vendetta è un’opera affascinante e barocca che funge da ponte tra il western classico e quello crepuscolare. È un “anti-western” psicologico ambientato insolitamente sulla costa dell’Oceano Pacifico, dove le onde si infrangono contro la rabbia dei protagonisti. Il titolo originale (One-Eyed Jacks, i fanti delle carte che mostrano un solo occhio) allude alla doppia natura umana: Dad Longworth sembra un uomo di legge ma è un traditore, Rio sembra un criminale ma cerca giustizia. Visivamente sontuoso grazie alla fotografia in VistaVision, il film offre un Brando al culmine del suo magnetismo masochista e un Karl Malden perfetto nel ruolo dell’ipocrita morale.

La morte cavalca a Rio Bravo (1961)

Deadly Companions promo

“Yellowleg”, un ex sergente dell’Unione che vaga per il West cercando l’uomo che ha tentato di scalparlo durante la guerra, si trova coinvolto in una sparatoria in un saloon e uccide accidentalmente il figlio di Kit Tilden, una donna di sala da ballo. Divorato dal senso di colpa, decide di scortare la donna attraverso un pericoloso territorio Apache fino alla città fantasma di Gila City, dove lei vuole seppellire il ragazzo accanto al padre. Alla strana processione funebre si uniscono Turk e Billy, due fuorilegge instabili che accompagnano il gruppo solo con l’intenzione di rapinare una banca lungo la strada o aggredire la donna.

Sebbene sia l’esordio alla regia di Sam Peckinpah, questo film è spesso considerato un’opera “minore” e sofferta, segnata dai continui litigi tra il regista e la protagonista Maureen O’Hara (i cui fratelli producevano la pellicola). Tuttavia, vale la pena vederlo per scorgere i semi della poetica di Peckinpah: un’atmosfera cupa e funerea, personaggi moralmente ambigui e un approccio alla violenza che rifiuta l’eroismo classico. Brian Keith offre un’interpretazione solida e tormentata in un western psicologico atipico, dove il vero nemico non sono gli Apache, ma la sfiducia reciproca tra i compagni di viaggio.

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L’uomo che uccise Liberty Valance (1962)

Print the Legend - The Man Who Shot Liberty Valance (6/7) Movie CLIP (1962) HD

Il senatore Ransom Stoddard torna nella polverosa cittadina di Shinbone per il funerale di un vecchio amico dimenticato, Tom Doniphon, e racconta a un giornalista locale la vera storia di come, anni prima, da giovane avvocato idealista convinto della forza della legge, si oppose al bandito psicopatico Liberty Valance, svelando un segreto che mina le fondamenta della sua carriera politica e del mito stesso su cui si è costruita la sua fama.

Penultimo western di John Ford, The Man Who Shot Liberty Valance è un’opera crepuscolare, girata volutamente in un bianco e nero spoglio, quasi televisivo e teatrale, che funge da elegia funebre per il vecchio West. Il film mette in scena il conflitto archetipico tra la legge scritta dei libri (James Stewart) e la legge naturale della pistola (John Wayne), riconoscendo dolorosamente che la civiltà ha bisogno della violenza per affermarsi, salvo poi doverne cancellare il ricordo per sopravvivere. La celebre battuta “This is the West, sir. When the legend becomes fact, print the legend” racchiude l’intera poetica fordiana e la consapevolezza amara della menzogna storica su cui si fonda l’America. Ford demistifica i suoi stessi eroi: Doniphon muore povero, solo e senza stivali, sacrificando la sua felicità e il suo codice d’onore per permettere il progresso che renderà uomini come lui obsoleti e inutili. Liberty Valance (Lee Marvin) rappresenta il caos puro e sadico che deve essere estirpato, ma la vittoria su di lui è macchiata dall’ambiguità e dal compromesso. È un film di fantasmi, cactus finti e rimpianti, dove la grandezza del passato lascia spazio a un presente più ordinato, democratico, ma privo di quella vitalità primordiale, segnando la fine definitiva dell’epoca eroica del genere.

Sfida nell’Alta Sierra (1962)

Ride The High Country (1962) Trailer

L’ex sceriffo Steve Judd, ormai anziano e ridotto a lavorare in un baraccone da fiera, accetta un ultimo incarico pericoloso: trasportare un carico d’oro da una miniera sperduta sulla Sierra fino alla banca di Hornitos. Per farsi aiutare recluta il vecchio amico ed ex socio Gil Westrum e il giovane Heck, ignorando che Gil progetta segretamente di rubare l’oro per assicurarsi una pensione agiata. Durante il viaggio si unisce a loro Elsa, una giovane ragazza in fuga da un padre fanatico religioso per sposare un minatore. La situazione precipita quando il matrimonio si rivela una trappola sordida orchestrata dai violenti fratelli Hammond, costringendo i due vecchi pistoleri a mettere da parte l’avidità per combattere un’ultima, disperata battaglia in difesa dell’innocenza e della propria dignità.

Secondo lungometraggio di Sam Peckinpah, Sfida nell’Alta Sierra è l’opera che segna ufficialmente la nascita del “Western Crepuscolare”. È un film malinconico e struggente sull’invecchiamento, sull’onore e sulla fine della frontiera, dove gli eroi sono uomini stanchi con la vista che cala e i vestiti logori che cercano di “entrare nella casa di Dio a testa alta”. Rappresenta anche l’addio al cinema di due giganti del genere: è l’ultimo film in assoluto della leggenda Randolph Scott e uno degli ultimi grandi ruoli di Joel McCrea. La scena finale è una delle immagini più poetiche e commoventi della storia del cinema, un requiem perfetto per l’epoca classica del West.

Per un pugno di dollari (1964)

A Fistful of Dollars | Official Trailer 4K

Un pistolero senza nome e senza passato arriva nella cittadina di San Miguel, un luogo spettrale al confine col Messico dilaniato dalla faida tra due famiglie rivali di contrabbandieri, i Rojo e i Baxter, e decide di arricchirsi mettendo gli uni contro gli altri in un gioco mortale di inganni, doppi giochi e massacri calcolati.

Con A Fistful of Dollars, Sergio Leone non si limita a importare Yojimbo di Kurosawa nel West, ma reinventa radicalmente il genere, creando il fenomeno dello Spaghetti Western. Leone spazza via il moralismo hollywoodiano: il suo eroe non agisce per giustizia o ideali, ma per denaro e sopravvivenza; è sporco, cinico, laconico e moralmente ambiguo. L’estetica è rivoluzionaria e aggressiva: primissimi piani ossessivi sugli occhi e sui dettagli, un iperrealismo nella rappresentazione della polvere e del sudore, una dilatazione temporale esasperata prima dell’azione e un uso della violenza grafico e beffardo che sciocca il pubblico dell’epoca. La colonna sonora di Ennio Morricone, con i suoi fischi, le chitarre elettriche fender, le fruste e i cori gutturali, rompe definitivamente con la tradizione sinfonica americana alla Tiomkin, diventando un elemento narrativo autonomo e imprescindibile, un personaggio aggiunto. Clint Eastwood, con il suo poncho, il sigaro e lo sguardo impenetrabile, diventa l’icona istantanea di un nuovo tipo di mascolinità, meno rassicurante e più letale. Leone trasforma il western in una commedia dell’arte macabra e stilizzata, dove i personaggi sono maschere in un teatro di morte. Questo film ha aperto le porte a un’invasione di produzioni europee che avrebbero reso il West più brutale, ironico e politicamente scorretto, influenzando ogni regista d’azione venuto dopo.

Django (1966)

Django (1966) Original Trailer [FHD]

Un uomo solitario trascina una bara nel fango di una città fantasma al confine con il Messico. In Django, Franco Nero interpreta questo enigmatico pistolero che si ritrova nel mezzo di una guerra brutale tra due fazioni opposte: i fanatici razzisti del Maggiore Jackson, che sterminano i messicani per sport, e i rivoluzionari del Generale Hugo. Dopo aver salvato la giovane Maria dalle grinfie di entrambi i gruppi, Django propone a Hugo un piano per rubare l’oro del governo, ma il suo vero scopo è una vendetta personale contro Jackson. Il doppio gioco lo porterà a subire torture atroci, culminando in uno scontro finale in un cimitero dove, con le mani spezzate, dovrà fare affidamento solo sull’arma segreta nascosta nella sua bara.

Diretto da Sergio Corbucci, questo film è la pietra angolare del western all’italiana più estremo e violento, l’antitesi totale dell’eroismo americano classico. Se John Ford era polvere e cieli azzurri, Corbucci è fango, sangue e cieli grigi. L’opera è visivamente rivoluzionaria per il suo nichilismo e per l’iconografia indimenticabile (la mitragliatrice Gatling, le sciarpe rosse, l’orecchio tagliato che anticipa Le Iene). Censurato per anni in molti paesi per la sua crudeltà, Django ha creato un mito internazionale citato ovunque, da Bob Dylan a Quentin Tarantino, definendo l’archetipo dell’antieroe che non cerca giustizia, ma solo sopravvivenza.

Quién sabe? (1966)

Quien Sabe? (Trailer Italiano)

Messico, anni della Rivoluzione. “El Chuncho”, un bandito rozzo ma carismatico che ruba armi all’esercito per rivenderle ai rivoluzionari del Generale Elías, accoglie nella sua banda un misterioso passeggero americano, Bill Tate, soprannominato “Niño”. Mentre il gruppo attraversa il paese tra assalti ai treni e guerriglia, nasce un’amicizia ambigua tra il passionale messicano e il gelido statunitense. Tuttavia, Tate nasconde un segreto: non è un semplice avventuriero, ma un sicario professionista pagato dal governo per assassinare il Generale Elías con una pallottola d’oro e intascare la ricompensa, usando i banditi solo come scudo per avvicinarsi al bersaglio.

Questo film è il capostipite e il vertice assoluto del “Western Politico” (o Zapata Western), un sottogenere che usava l’ambientazione messicana per parlare delle lotte di classe e dell’imperialismo americano del presente. Damiano Damiani dirige un’opera potente che va oltre la semplice azione, costruendo un confronto psicologico magistrale tra l’istinto anarchico di Gian Maria Volonté e il cinismo calcolatore di Lou Castel. Celebre per la presenza allucinata di Klaus Kinski nel ruolo di un prete dinamitardo e per il finale iconico — “Non comprare pane, compra dinamite!” — è un film che unisce l’intrattenimento spettacolare a una profonda riflessione sulla presa di coscienza politica.

La sparatoria (1966)

Shooting (1966) theatrical trailer [FTD-0063]

L’ex cacciatore di taglie Willet Gashade torna alla sua miniera nel deserto solo per trovare il suo socio Coley terrorizzato da una sparatoria recente. Poco dopo, una donna misteriosa e senza nome, che ha appena ucciso uno dei loro cavalli, li ingaggia offrendo mille dollari per essere scortata attraverso le lande desolate dello Utah verso una destinazione ignota. Al gruppo si unisce presto Billy Spear, un pistolero sadico vestito di nero (Jack Nicholson), trasformando il viaggio in una marcia funebre carica di tensione sessuale e minaccia. Mentre si addentrano nel nulla, diventa chiaro che la donna non sta cercando un luogo, ma sta inseguendo qualcuno per una vendetta oscura che potrebbe coinvolgere lo stesso fratello di Gashade.

Prodotto da Roger Corman e scritto da Carole Eastman sotto pseudonimo, La sparatoria è il capolavoro assoluto del “Western Esistenzialista” (o Acid Western). Monte Hellman svuota il genere di tutti i suoi cliché — niente indiani, niente eroismi, niente cavalcate epiche — per costruire un dramma beckettiano sul vuoto e sulla morte, ambientato in un paesaggio lunare e abbacinante. Con un finale scioccante e volutamente ambiguo che rompe la quarta parete e la logica temporale, è un film di culto venerato dalla critica, che usa il linguaggio del West per raccontare la paranoia e lo smarrimento della controcultura americana degli anni ’60.

Il buono, il brutto e il cattivo (1966)

The Good, the Bad and the Ugly - Theatrical Trailer Remastered in HD

Mentre la Guerra di Secessione insanguina l’America, tre pistoleri senza scrupoli incrociano i loro destini alla ricerca di 200.000 dollari in oro confederato sepolti in una tomba sconosciuta. “Il Buono” (il Biondo) e “Il Brutto” (Tuco) vivono una pericolosa partnership basata sulle truffe alle taglie, ma quando scoprono l’esistenza del tesoro, sono costretti a collaborare perché ognuno possiede solo metà dell’informazione necessaria per trovarlo. Sulle loro tracce c’è “Il Cattivo” (Sentenza), un sicario gelido e sadico che non si fermerà davanti a nulla pur di mettere le mani sul bottino. Il viaggio attraverso campi di battaglia, campi di prigionia e monasteri culmina nel leggendario “triello” circolare al centro del cimitero di Sad Hill.

Capitolo conclusivo della “Trilogia del Dollaro”, questo film è l’apoteosi dello Spaghetti Western e uno dei massimi capolavori visivi della storia del cinema. Sergio Leone dilata il tempo e lo spazio, trasformando il duello western in una danza di morte operistica e geometrica, esaltata dalla colonna sonora immortale di Ennio Morricone (con il celebre “urlo del coyote”). È un’opera cinica, ironica e grandiosa che demitizza la retorica della guerra e dell’eroismo americano, costruita interamente sulla tensione degli sguardi, sui primissimi piani sudati e su un montaggio ritmico perfetto che ha definito per sempre l’iconografia del genere.

I giorni dell’ira (1967)

Day Of Anger (1967) - HD Trailer [1080p] // I giorni dell'ira

Scott Mary è un orfano disprezzato che vive pulendo le latrine e le strade nella cittadina di Clifton, deriso da tutti perché figlio di nessuno. Il suo destino cambia radicalmente con l’arrivo di Frank Talby, un pistolero glaciale e carismatico che decide di prenderlo sotto la sua ala protettiva. Talby insegna al ragazzo le “dieci lezioni” per sopravvivere nel West e uccidere, trasformandolo da reietto in un killer infallibile e temuto. Tuttavia, mentre i due prendono gradualmente il controllo della città spodestando i notabili corrotti, Scott si rende conto che il suo mentore si sta trasformando in un tiranno spietato. Il conflitto esplode inevitabilmente quando Talby colpisce gli affetti più cari di Scott, costringendo l’allievo a usare una non scritta “undicesima lezione” per sfidare e fermare il maestro.

Diretto da Tonino Valerii, storico assistente di Sergio Leone, questo film è considerato uno dei vertici assoluti dello Spaghetti Western, tanto da essere citato e omaggiato costantemente da Quentin Tarantino (che ha riutilizzato il tema musicale di Riz Ortolani in Kill Bill). È un’opera fondamentale che si regge sulla chimica visiva perfetta tra i due protagonisti: la bellezza angelica e atletica di Giuliano Gemma contrasta magnificamente con il volto aquilino e lo sguardo di ghiaccio di Lee Van Cleef. Più che una semplice storia di sparatorie, è un racconto di formazione crudele e un parricidio simbolico, dove l’eleganza della messa in scena nasconde una riflessione amara sul prezzo del potere e sulla perdita dell’innocenza.

Il grande silenzio (1968)

The Great Silence (1968) | Trailer | Jean-Louis Trintignant | Klaus Kinski | Frank Wolff

Nello Utah del 1898, sepolto da una tormenta di neve incessante e crudele, un pistolero muto chiamato Silenzio difende un gruppo di fuorilegge affamati e rifugiati dalla ferocia legale di una banda di cacciatori di taglie guidati dal sadico e raffinato Tigrero (Loco), in un contesto disperato dove la legge è complice del crimine e la sopravvivenza è l’unico imperativo.

The Great Silence è il capolavoro sovversivo e tragico di Sergio Corbucci, un western che ribalta visivamente e tematicamente ogni convenzione solare del genere: al posto del deserto c’è la neve che attutisce i suoni, rallenta i movimenti e congela il sangue, al posto del trionfo dell’eroe c’è una tragedia inevitabile e dolorosa. Jean-Louis Trintignant, che non pronuncia una sola parola per tutto il film, e Klaus Kinski, in una delle sue performance più controllate, intelligenti e terrificanti, sono gli opposti poli di una favola nera e disperata. Il film è una critica feroce al capitalismo predatorio rappresentato dai cacciatori di taglie che uccidono legalmente per profitto con il beneplacito dello stato corrotto. La fotografia livida e la colonna sonora malinconica e struggente di Morricone creano un’atmosfera di morte imminente che non lascia scampo. Il finale, celebre per il suo nichilismo assoluto (e per questo modificato in alcuni mercati per non traumatizzare il pubblico), nega ogni catarsi allo spettatore, mostrando il trionfo del male e la morte fisica dell’innocenza. È un’opera politica radicale, che riflette le tensioni e le disillusioni del 1968 e che rimane uno dei western più influenti e amati da registi contemporanei.

C’era una volta il West (1968)

Once Upon a Time in the West (1968) ORIGINAL TRAILER [HD 1080p]

Jill McBain, un’ex prostituta di New Orleans, arriva alla remota fattoria di Sweetwater per iniziare una nuova vita con il marito, solo per scoprire che la sua intera famiglia è stata massacrata poche ore prima del suo arrivo. Dietro la strage c’è Frank, un sicario sadico dagli occhi di ghiaccio che lavora per Morton, un magnate delle ferrovie storpio determinato a passare su quel terreno per completare la transcontinentale verso il Pacifico. Per difendere la sua terra e la sua vita, Jill si trova costretta a stringere un’alleanza improbabile con due fuorilegge: Cheyenne, un bandito romantico ingiustamente accusato della strage, e “Armonica”, un pistolero misterioso e laconico che perseguita Frank per un conto in sospeso legato a un tragico ricordo del passato.

Il capolavoro definitivo di Sergio Leone è un’opera lirica, funebre e monumentale che segna la fine dell’epopea del West. Dilatando i tempi fino all’estremo e trasformando ogni duello in un balletto di morte, Leone mette in scena il tramonto degli eroi della frontiera, spazzati via dall’arrivo inesorabile del progresso (il treno) e del denaro. Celebre per la colonna sonora immortale di Ennio Morricone, che assegna un tema musicale a ogni personaggio, e per la scelta scioccante di usare Henry Fonda – l’eterno buono di Hollywood – nel ruolo di un assassino di bambini, C’era una volta il West non è solo un film, ma una danza operistica sull’avvento della civiltà americana e sulla nascita del matriarcato in un mondo di soli uomini.

Butch Cassidy (1969)

Butch Cassidy and the Sundance Kid (1969) - Knife Fight Scene (1/5) | Movieclips

Butch Cassidy, la mente, e Sundance Kid, il braccio armato, sono gli ultimi due fuorilegge romantici di un West che sta rapidamente scomparendo sotto i colpi del progresso e della legge. Dopo aver rapinato troppo spesso il treno della Union Pacific, il proprietario della ferrovia ingaggia una “super-posse” di cacciatori di taglie implacabili, guidati dal temuto sceriffo Joe Lefors, che li insegue giorno e notte senza mai fermarsi. Incapaci di seminare i loro inseguitori e braccati come animali, i due banditi, insieme alla maestra Etta Place, decidono di tentare una fuga disperata verso la Bolivia, sognando un paradiso criminale che si rivelerà però molto diverso e più letale delle loro aspettative.

Diretto da George Roy Hill, Butch Cassidy è il capolavoro che ha inventato il moderno “Buddy Movie”, trasformando il western in una ballata nostalgica e ironica sull’amicizia virile. Paul Newman e Robert Redford offrono una chimica irripetibile, interpretando non due assassini, ma due anacronismi viventi che ridono in faccia alla morte perché sanno che il loro tempo è scaduto. Celebre per la fotografia color seppia di Conrad Hall e per la colonna sonora pop anacronistica di Burt Bacharach (“Raindrops Keep Fallin’ on My Head”), il film decostruisce il mito della frontiera con leggerezza, consegnando alla storia uno dei finali più celebri e commoventi di sempre: un fermo immagine che immortala la leggenda prima che la realtà dei proiettili possa distruggerla.

Il mucchio selvaggio (1969)

The Wild Bunch - Original Theatrical Trailer

Texas, 1913. Un gruppo di fuorilegge ormai anziani, guidati dallo stanco Pike Bishop, tenta l’ultimo colpo a un ufficio ferroviario, ma scopre di essere caduto in una trappola orchestrata dal vecchio compagno Deke Thornton, ora costretto dalla legge a cacciarli per evitare la prigione. In Il mucchio selvaggio, la fuga spinge la banda oltre il confine messicano, dove si ritrovano invischiati nella guerra civile tra i rivoluzionari di Pancho Villa e il brutale esercito federale del Generale Mapache. Quando uno dei loro membri, il giovane Angel, viene catturato e torturato dal generale per aver rubato armi per la sua gente, i quattro banditi superstiti decidono di smettere di scappare: in un ultimo atto di lealtà suicida, marciano contro un intero esercito armati solo dei loro fucili e del loro codice d’onore, affrontando l’inevitabile fine di un’era.

Sam Peckinpah firma il requiem definitivo del Western classico, un’opera lirica e nichilista che ha cambiato per sempre il modo di filmare l’azione. Attraverso un montaggio rivoluzionario che alterna ralenti ipnotici a tagli frenetici, il regista trasforma il massacro in una danza macabra (“Il balletto della morte”), mostrando non solo il sangue ma la tragedia della fine. William Holden e il suo cast di volti segnati incarnano magnificamente degli “uomini fuori tempo”, dinosauri morali che preferiscono morire in una fiammata di gloria piuttosto che adattarsi a un XX secolo fatto di automobili, mitragliatrici e tradimenti senz’anima.

Anni ’70: Il Western Revisionista

Il mito è morto, lunga vita alla realtà. Gli anni ’70, figli della controcultura e del Vietnam, distruggono l’immagine romantica del West. È l’era del “Revisionismo”: gli indiani non sono più i nemici ma le vittime di un genocidio (Piccolo Grande Uomo), e i cowboy sono figure tragiche, sporche o folli. Un decennio di film scomodi, acidi e politicamente potenti.

Piccolo grande uomo (1970)

Little Big Man (1970) Trailer

Jack Crabb, che sostiene di avere 121 anni ed essere l’unico sopravvissuto bianco alla battaglia di Little Bighorn, racconta la sua incredibile vita a un giornalista scettico all’interno di un ospizio. Salvato da bambino dai Cheyenne dopo il massacro della sua famiglia, viene cresciuto dal saggio capo “Cotenna di Bisonte” come uno di loro. Nel corso della sua esistenza picaresca, Jack viene sballottato continuamente tra due mondi: diventa pistolero fallito (incontrando Wild Bill Hickok), mercante imbroglione, eremita e scout dell’esercito, finendo per essere l’unico testimone ravvicinato della follia narcisistica del Generale Custer, che condurrà le sue truppe al massacro finale contro le tribù native.

Caposaldo del “Western Revisionista”, il film di Arthur Penn ribalta completamente la prospettiva hollywoodiana classica: qui i nativi americani sono gli “Esseri Umani” civilizzati e spirituali, mentre i bianchi sono ritratti come barbari, ipocriti e folli. Dustin Hoffman offre una performance camaleontica in un’opera che usa la satira e l’umorismo nero per criticare la guerra del Vietnam (contemporanea all’uscita) e denunciare il genocidio dei nativi. È un film epico, tragico e divertente allo stesso tempo, che demolisce il mito dell’eroe americano per mostrare la verità storica attraverso gli occhi dell’uomo più “piccolo” della storia.

El Topo (1970)

El Topo Official Trailer

Un pistolero vestito di nero attraversa un deserto onirico con il figlio nudo di sette anni, sfidando quattro maestri pistoleri filosofi e mistici per dimostrare di essere il migliore, prima di essere tradito, morire simbolicamente e rinascere anni dopo come un santo buffone in una caverna di deformi emarginati, cercando la redenzione attraverso l’amore e la violenza sacrificale.

El Topo di Alejandro Jodorowsky non è solo un film, ma un’esperienza mistica, un “acid western” per antonomasia che fonde simbolismo religioso, surrealismo panico, tarocchi, filosofia orientale e violenza shockante. Jodorowsky scardina ogni struttura narrativa convenzionale per creare un viaggio iniziatico che esplora l’illuminazione spirituale attraverso la degradazione della carne e il sangue. Il film divenne il primo vero “midnight movie” a New York, proiettato a tarda notte per un pubblico di controcultura che ne fece un oggetto di culto assoluto (incluso John Lennon che ne finanziò il seguito spirituale). Le immagini sono potenti, grottesche e disturbanti: fiumi di sangue, animali morti, simboli esoterici cristiani e pagani, e un paesaggio messicano trasformato in uno scenario metafisico fuori dal tempo. El Topo non cerca il realismo storico, ma l’impatto viscerale e spirituale, utilizzando il linguaggio iconografico del western come un veicolo per esplorare la psiche umana, il complesso di Edipo e la ricerca di Dio in un mondo senza pietà. È un’opera anarchica, blasfema e visionaria che ha spinto i confini di ciò che il genere poteva rappresentare, trasformando la pistola in un oggetto rituale e il deserto in un luogo di trascendenza.

I compari (1971)

McCabe & Mrs. Miller (1971) ORIGINAL TRAILER [HD]

John McCabe, un giocatore d’azzardo dal passato oscuro ma dalle ambizioni limitate, arriva nella fangosa e nevosa cittadina mineraria di Presbyterian Church e si associa alla scaltra madame britannica Constance Miller per aprire un bordello e una casa da gioco, finendo però nel mirino di una grande compagnia mineraria che vuole comprare le loro attività a ogni costo, con le buone o con le cattive.

McCabe & Mrs. Miller di Robert Altman è l’anti-western naturalista per eccellenza, un film che demistifica il sogno americano mostrandolo come un affare sporco, freddo e guidato dal capitalismo corporativo più spietato. Warren Beatty interpreta un “eroe” che è in realtà un fanfarone codardo e un piccolo imprenditore destinato al fallimento, mentre Julie Christie è una donna d’affari pragmatica, intelligente e dipendente dall’oppio, lontana anni luce dagli stereotipi della prostituta dal cuore d’oro. Altman gira il film con il suo stile inconfondibile: dialoghi sovrapposti che richiedono attenzione, cinepresa sempre in movimento fluido, illuminazione naturale che rende gli interni bui e fumosi, e una colonna sonora malinconica di Leonard Cohen che avvolge tutto in una tristezza poetica. Il clima è fondamentale: la neve incessante e il fango onnipresente rendono la vita di frontiera miserabile e tangibile. Il finale è l’opposto dello scontro eroico: mentre McCabe muore solo nella neve, ferito e ignorato da tutti, la comunità si adopera per spegnere un incendio nella chiesa, sottolineando l’indifferenza del mondo verso il destino dell’individuo. Un capolavoro revisionista di atmosfera e disillusione.

Non predicare… spara! (1972)

BUCK AND THE PREACHER (1972 ) – Official Trailer

Nel periodo turbolento successivo alla Guerra Civile, l’ex soldato dell’Unione Buck lavora come guida per le carovane di ex schiavi liberati che cercano una nuova vita nell’Ovest. In Buck e il predicatore, il suo compito è ostacolato da una banda di spietati cacciatori di taglie bianchi, guidati dal sadico Deshay, che tentano di ricacciare i migranti nelle piantagioni del Sud per sfruttarne la manodopera. Durante la fuga, Buck stringe un’alleanza riluttante con un truffatore stravagante che si fa chiamare “Il Predicatore”. Insieme, i due uomini dovranno superare la reciproca diffidenza e negoziare un passaggio sicuro con le tribù dei Nativi Americani per proteggere le famiglie che hanno giurato di difendere.

Esordio alla regia di Sidney Poitier, questo film è una pietra miliare culturale che riscrive il mito della frontiera dal punto di vista afroamericano. Rompendo gli stereotipi classici, l’opera mostra i neri non come figure marginali o vittime passive, ma come eroi attivi e cowboy capaci, in un’inedita solidarietà strategica con gli Indiani contro l’oppressione bianca. È un western revisionista che mescola l’azione ritmata con l’impegno civile, impreziosito dalla chimica eccezionale tra la gravitas di Poitier e la performance comica e sgangherata di Harry Belafonte (che recita con denti finti e una Bibbia in cui nasconde una pistola), offrendo intrattenimento puro con una forte coscienza politica.

Pat Garrett e Billy Kid (1973)

Pat Garrett and Billy the Kid | Billy the Kid is Arrested | Warner Classics

Pat Garrett, ex fuorilegge diventato sceriffo per sopravvivere ai tempi che cambiano e servire i nuovi padroni economici, riceve l’incarico dai potenti latifondisti del New Mexico di eliminare il suo vecchio amico e compagno di scorribande Billy the Kid, iniziando una caccia all’uomo che è in realtà un lento e doloroso suicidio morale e affettivo.

Sam Peckinpah torna al western con un’opera dolente, frammentata e lirica, mutilata all’epoca dai produttori ma oggi riconosciuta nella sua versione restaurata come un vertice assoluto del genere. Il film è una ballata sulla morte dell’amicizia, sull’invecchiamento e sulla vendita della propria anima al sistema per sopravvivenza. Billy (Kris Kristofferson) rappresenta la libertà anarchica, la giovinezza e il caos destinati a perire, mentre Garrett (James Coburn) è il pragmatismo cinico e stanco che uccide ciò che ama per adattarsi al nuovo ordine fatto di recinti e leggi. La presenza di Bob Dylan nel cast, che compone anche la colonna sonora inclusa la celebre e straziante “Knockin’ on Heaven’s Door”, conferisce al film un’aura mistica e profetica. La violenza è presente ma meno frenetica del Mucchio Selvaggio; qui è stanca, inevitabile, triste. La famosa scena della morte dello sceriffo Baker sulle note di Dylan è uno dei momenti più commoventi della storia del cinema, un addio struggente a un modo di vivere e di morire. Peckinpah filma la frontiera non come luogo di conquista, ma come un cimitero a cielo aperto dove i miti vengono sepolti dai loro stessi creatori.

Il pistolero (1976)

The Shootist (1976) Trailer

Il pistolero segue J.B. Books (John Wayne), l’ultimo leggendario pistolero del West, che arriva a Carson City sapendo di essere gravemente malato. Dopo che il Dottor Hostetler (James Stewart) gli conferma la diagnosi di cancro terminale, Books affitta una stanza nella pensione di Bond Rogers (Lauren Bacall) con l’intenzione di morire in pace, ma la sua fama non glielo permette. La sua presenza in città attira avvoltoi: giornalisti, ex amanti e giovani pistoleri desiderosi di farsi un nome uccidendo l’ultima vera icona della frontiera. Costretto alla resa dei conti, Books stringe un legame paterno con il figlio della locandiera, Gillom, ma si rende conto che il suo unico atto di libertà rimasto è quello di orchestrare il proprio duello finale, scegliendo il luogo e l’ora della sua morte per morire con dignità.

Diretto da Don Siegel (regista di Dirty Harry), questo film è il toccante e malinconico testamento cinematografico di John Wayne, che morì di cancro tre anni dopo l’uscita. La pellicola non è solo l’addio di una star, ma una profonda elegia per l’intero genere Western: l’eroe non muore in battaglia, ma per malattia, e la sua ultima sparatoria è una scelta morale, non un’avventura. L’interpretazione di Wayne è cruda, onesta e disarmante nel suo ritratto di un uomo che è l’ultimo anacronismo del suo tempo. Il pistolero è una meditazione sobria e potente sulla mortalità, la dignità e l’inevitabile passaggio del tempo.

Mezzogiorno e mezzo di fuoco (1974)

Blazing Saddles (1974) Original Trailer - Gene Wilder Movie

La tranquilla cittadina di Rock Ridge è un focolaio di razzismo latente. Il corrotto Hedley Lamarr, un funzionario senza scrupoli, ordisce un piano per far fuggire tutti i cittadini e comprare i loro terreni: convince il Governatore a nominare Bart, un operaio ferroviario nero condannato ai lavori forzati, come nuovo sceriffo, certo che la sua presenza susciterà il caos. Bart, accolto da ostilità e minacce, usa l’astuzia per difendersi e stringe un’alleanza inaspettata con l’alcolizzato ma letale pistolero noto come il Waco Kid (Gene Wilder). In Mezzogiorno e mezzo di fuoco, i due si trovano a difendere la città contro l’esercito di teppisti assoldati da Lamarr, in un assalto finale che rompe la quarta parete e porta la rissa in un surreale set cinematografico di Hollywood.

Diretto e co-scritto da Mel Brooks, questo film non è solo una parodia scatenata del genere western, ma una delle satire più feroci, anarchiche e politicamente scorrette mai realizzate sul razzismo e sulla stupidità istituzionale. Brooks distrugge i cliché del West con volgarità e battute fulminanti, culminando nella celebre sequenza meta-cinematografica in cui la violenza sul set li porta a irrompere letteralmente nella sala di proiezione. Mezzogiorno e mezzo di fuoco è un capolavoro coraggioso che utilizza la farsa demenziale per affrontare la segregazione e l’odio razziale, il tutto sorretto dalla chimica impeccabile tra Cleavon Little (lo sceriffo nero) e l’esilarante Gene Wilder.

Braccato a vita (1976)

Mad Dog Morgan [1976] Official Trailer

Il film Braccato a vita (Mad Dog Morgan) segue la vera storia del leggendario bushranger australiano Daniel Morgan, la cui rabbia fu innescata da un ingiusto periodo di prigione e da un successivo trauma cranico. Rilasciato dal carcere e ormai scivolato nella follia e nell’alcolismo, Morgan intraprende una spirale di violenza anarchica e omicida contro le forze dell’ordine e i coloni, diventando il fuorilegge più ricercato del Victoria. Accompagnato dal suo unico alleato, il tracker aborigeno Billy, Morgan vaga per il bush australiano, commettendo rapine e omicidi in un disperato tentativo di autoaffermazione e vendetta contro un sistema che lo ha annientato.

Diretto da Philippe Mora, questo film è un capolavoro brutale e nichilista del sottogenere Ozploitation, infuso dello spirito visivo dell’Acid Western. Dennis Hopper offre una performance allucinata e feroce che riflette perfettamente il crollo mentale e la solitudine del personaggio. Più che un semplice racconto di frontiera, Mad Dog Morgan è un ritratto della paranoia e della violenza endemica della storia coloniale australiana, utilizzando il linguaggio del Western per esplorare il confine sottile tra follia, ribellione e l’inevitabile distruzione causata dall’oppressione sistematica.

Il texano dagli occhi di ghiaccio (1976)

The Outlaw Josey Wales (1976) Official Trailer - Clint Eastwood Western Movie HD

Josey Wales, un pacifico contadino del Missouri che ha visto la sua famiglia massacrata e la sua casa bruciata dai soldati unionisti irregolari, si unisce ai guerriglieri confederati per vendetta e, alla fine della Guerra Civile, rifiuta di arrendersi, fuggendo verso il Texas inseguito dai nemici e raccogliendo involontariamente intorno a sé una famiglia improvvisata di emarginati, indiani e vittime della guerra.

The Outlaw Josey Wales è il primo grande western diretto da Clint Eastwood che segna la sua piena maturazione come autore e inizia il processo di revisione umanista della sua stessa icona di “uomo senza nome”. Il film è paradossalmente un western pacifista travestito da film di vendetta: Wales è un killer infallibile (“I Reckon so”), ma il suo vero obiettivo inconscio diventa ricostruire una comunità e trovare la pace, non solo uccidere i nemici. Eastwood umanizza i nativi americani come mai prima nel western mainstream (celebre il rapporto paritario e ironico con il capo Dan George) e mostra le ferite della guerra civile come cicatrici profonde che non si rimarginano mai del tutto. Il film rifiuta il nichilismo degli spaghetti western per abbracciare un umanesimo cauto ma speranzoso. La frase chiave “I guess we all died a little in that damn war” riassume il tema della riconciliazione nazionale e personale. Wales, l’uomo di guerra, impara faticosamente a deporre le armi e a vivere per qualcosa, superando l’odio che lo aveva consumato. Un classico moderno che unisce l’azione serrata a una profonda riflessione sulla ciclicità della violenza.

Anni ’80: Il Western Pop e il Revival

Spesso considerati gli anni bui del genere, gli anni ’80 vedono il Western tentare di adattarsi all’estetica del blockbuster. Tra flop colossali (I cancelli del cielo) e tentativi di modernizzazione pop (Silverado), il genere sembrava destinato all’estinzione, tenuto in vita solo dalla tenacia di Clint Eastwood che preparava il terreno per la sua rinascita finale.

I cancelli del cielo (1980)

Heaven's Gate trailer

Nel Wyoming del 1890, lo sceriffo James Averill, un uomo colto e di buona famiglia, cerca disperatamente di proteggere gli immigrati poveri dell’Est Europa dalla furia omicida dei ricchi baroni del bestiame, che hanno stilato una lista di condanna a morte per 125 coloni accusati di furto, scatenando una vera e propria guerra di classe avallata dal governo.

Heaven’s Gate di Michael Cimino è il film maledetto per eccellenza, noto tristemente per aver mandato in bancarotta la United Artists e per essere stato massacrato dalla critica all’uscita, ma rivalutato trionfalmente oggi come un capolavoro visivo e politico incompreso. Cimino dipinge un affresco epico, operistico e marxista sulla nascita dell’America, fondata non sulla democrazia ideale ma sul sangue dei poveri, sul razzismo e sull’avidità dei potenti. La cura per i dettagli storici è maniacale, la fotografia di Vilmos Zsigmond è di una bellezza pittorica struggente (ogni inquadratura sembra un dipinto impressionista), con sequenze di massa come il ballo sui pattini o la battaglia finale nella polvere che tolgono il fiato per complessità e dinamismo. Il film demolisce il mito della frontiera come terra di opportunità, mostrandola come un mattatoio dove il sogno americano viene soffocato dalla violenza istituzionalizzata. Averill (Kris Kristofferson) è un intellettuale impotente di fronte alla brutalità schiacciante del potere economico. È un requiem sontuoso, eccessivo e tragico per gli ideali traditi di una nazione, un’opera d’arte totale che richiede pazienza ma ripaga con una visione di grandezza e tristezza ineguagliabile, segnando la fine della New Hollywood.

Anni ’90: Il Ritorno del Capolavoro (Gli Spietati)

Contro ogni previsione, gli anni ’90 regalano al Western una seconda giovinezza trionfale. Grazie a capolavori come Balla coi lupi e Gli Spietati, il genere torna a vincere l’Oscar. È un cinema maturo, che guarda al passato con malinconia e realismo, decostruendo la violenza e offrendo l’addio definitivo all’era dei pistoleri classici.

Gli spietati (1992)

Unforgiven (1992) Official Trailer - Clint Eastwood, Morgan Freeman Movie H

William Munny, un ex killer spietato e alcolizzato, ora vedovo, padre e allevatore di maiali in miseria nel fango del Kansas, accetta un ultimo lavoro per uccidere due cowboy che hanno sfregiato una prostituta a Big Whiskey, scontrandosi con i suoi fantasmi e con lo sceriffo dispotico e sadico Little Bill Daggett che non tollera armi nella sua città.

Unforgiven è il western definitivo e testamentario di Clint Eastwood, il film che chiude idealmente il discorso aperto decenni prima con Leone e Siegel. Eastwood decostruisce metodicamente il proprio mito: Munny non è un eroe glorioso, ma un uomo vecchio, arrugginito e tormentato dai ricordi delle sue vittime, che uccide non per gloria ma per disperazione economica, trovando enorme difficoltà fisica e morale nel tornare a essere “il peggior figlio di puttana del West”. Il film analizza le conseguenze reali della violenza: non è rapida, coreografica e pulita come nei film classici, ma dolorosa, brutta, lenta e degradante. Ogni colpo di pistola ha un peso morale schiacciante, ogni morte lascia un vuoto incolmabile. Gene Hackman, nel ruolo dello sceriffo, non è un cattivo da fumetto ma un uomo di legge brutale che crede di fare il bene attraverso la tortura e l’autoritarismo. Il finale, cupo, notturno e piovoso, nega ogni redenzione facile: Munny sopravvive e vince, ma è condannato a convivere con la sua natura violenta. Dedicato “a Sergio e Don”, il film è l’epitaffio tombale del genere, un capolavoro di revisionismo morale che ha vinto l’Oscar riconoscendo l’oscurità al cuore della leggenda.

Dead Man (1995)

William Blake, un contabile mite ed elegante di Cleveland che porta lo stesso nome del poeta visionario inglese, arriva nella città industriale e infernale di Machine per un lavoro che non esiste più, viene ferito mortalmente al cuore dopo una notte d’amore e fugge nella foresta guidato da un nativo americano filosofo chiamato “Nessuno”, che lo crede la reincarnazione del poeta e lo prepara al viaggio verso il mondo degli spiriti.

Dead Man di Jim Jarmusch è un “psychedelic western” ipnotico e surreale, girato in un bianco e nero contrastato e granuloso, e accompagnato dalle chitarre elettriche distorte e improvvisate di Neil Young che creano un tappeto sonoro ossessivo. È un viaggio non verso l’Ovest della conquista, ma verso la morte, una traversata spirituale che inverte i canoni del genere trasformando la fuga in un pellegrinaggio mistico. Jarmusch offre una delle rappresentazioni più rispettose, complesse e non stereotipate della cultura nativa americana: Nessuno è colto, ironico e superiore ai bianchi “stupidi” che distruggono la natura con la loro avidità e le loro ferrovie, sparando ai bufali dai treni per sport. Johnny Depp incarna la trasformazione fisica e spirituale da uomo civile a killer spettrale, un angelo sterminatore che uccide senza passione mentre il suo corpo si decompone lentamente. Il film è una meditazione poetica e bizzarra sulla violenza come fondamento della civiltà americana e sulla natura ciclica dell’esistenza, un poema visivo che fluttua tra il grottesco e il sublime, ridefinendo il western come esperienza onirica.

Anni 2000: Il Neo-Western

Nel nuovo millennio, il “West” non è più un luogo o un tempo, ma uno stato mentale. Il genere si ibrida e si sposta: dalle frontiere moderne del crimine (Non è un paese per vecchi) ai remake d’autore (Il Grinta). Il Neo-Western dimostra che i codici della frontiera — la legge del più forte, la vendetta, il paesaggio ostile — funzionano perfettamente anche nel mondo contemporaneo.

La proposta (2005)

4K restoration trailer for The Proposition - on UHD and Blu-ray from 11 April 2022 | BFI

Nell’outback australiano del 1880, un paesaggio marziano di terra rossa e calore insopportabile, il capitano Stanley cattura il fuorilegge Charlie Burns e gli fa una proposta terribile: per salvare il fratello minore e ritardato Mikey dalla forca, Charlie deve trovare e uccidere il fratello maggiore Arthur, un mostro psicopatico e carismatico rifugiatosi nelle colline sacre, entro il giorno di Natale.

The Proposition, diretto da John Hillcoat e scritto dal musicista e poeta Nick Cave, è un western australe brutale e sensoriale, dove il calore, le mosche, la polvere e il sudore sono quasi palpabili attraverso lo schermo. La frontiera australiana è dipinta come un inferno in terra, ancora più ostile, primitiva e aliena di quella americana, dove ogni tentativo di imporre la civiltà inglese (rappresentata dal giardino recintato e dalle cene formali della moglie del capitano) appare ridicolo, fragile e destinato al fallimento sanguinoso. Nick Cave infonde alla sceneggiatura un lirismo biblico e violento, esplorando temi di fratellanza, tradimento e colonialismo genocida. Il trattamento degli aborigeni è mostrato nella sua cruda realtà di sterminio e sfruttamento, senza filtri o romanticismi. Guy Pearce e Ray Winstone offrono interpretazioni intense di uomini schiacciati da dilemmi morali impossibili, mentre Danny Huston (Arthur) è una figura quasi sovrannaturale di violenza e poesia, un Lucifero del deserto. La colonna sonora eterea contrasta con la brutalità estrema delle immagini, creando un “meat pie western” che è al contempo un horror storico e una tragedia familiare greca.

L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (2007)

The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford [ Trailer 2007 # 2 ] [ ENG ] - 1080p

Il giovane, insicuro e ambizioso Robert Ford si unisce alla banda del suo idolo d’infanzia, il leggendario fuorilegge Jesse James, ma l’ammirazione ossessiva si trasforma presto in risentimento, delusione e paura, mentre James, sempre più paranoico, instabile e consapevole della propria fine imminente, manipola psicologicamente il ragazzo verso l’inevitabile tradimento finale.

Andrew Dominik dirige un western psicologico, d’atmosfera e contemplativo, visivamente straordinario grazie alla fotografia di Roger Deakins che utilizza lenti “tilt-shift” per creare un effetto onirico e sfocato ai bordi, evocando la memoria e le vecchie dagherrotipie. Il film non è interessato all’azione o alle rapine, ma alla decostruzione clinica del concetto di celebrità americana e al rapporto tossico e parassitario tra il fan e l’idolo. Brad Pitt interpreta Jesse James come un uomo stanco del proprio mito, depresso e imprevedibile, un predatore intrappolato nella propria leggenda che cerca quasi la morte come liberazione. Casey Affleck è magistrale nel rendere la viscida ambiguità di Ford, un “nessuno” che cerca di rubare un po’ di luce uccidendo il sole, solo per scoprire che l’infamia è un peso insopportabile. La narrazione, accompagnata da una voce fuori campo letteraria e dalla colonna sonora malinconica di Nick Cave e Warren Ellis, conferisce al film un tono elegiaco. È un’analisi profonda sulla solitudine e sulla vacuità della fama, che trasforma la sparatoria finale non in un duello, ma in un’esecuzione consensuale e triste, un suicidio assistito che lascia l’assassino ancora più vuoto di prima.

Non è un paese per vecchi (2007)

No Country for Old Men - Trailer

Nel deserto del Texas occidentale del 1980, il saldatore e reduce del Vietnam Llewelyn Moss trova una valigetta con due milioni di dollari sul luogo di un regolamento di conti finito male tra narcotrafficanti e decide di tenerla, scatenando la caccia dell’implacabile killer psicopatico Anton Chigurh, mentre lo sceriffo Ed Tom Bell cerca disperatamente di fermare la scia di sangue e comprendere una violenza che lo supera.

No Country for Old Men dei fratelli Coen è un neo-western noir teso e metafisico che adatta fedelmente il romanzo di Cormac McCarthy, spogliando il genere di ogni speranza, conforto e persino della musica (non c’è quasi colonna sonora, solo il sibilo del vento e i suoni ambientali). Il paesaggio non è più la frontiera selvaggia dell’avventura, ma un desolato confine moderno dove il male ha assunto una forma pura, casuale e incomprensibile. Anton Chigurh (Javier Bardem) è uno dei villain più terrificanti e iconici della storia del cinema, una forza della natura con un taglio di capelli assurdo e una bombola ad aria compressa, che decide la vita o la morte con il lancio di una moneta, incarnando il caso assoluto e l’inevitabilità della morte. Lo sceriffo Bell (Tommy Lee Jones) rappresenta il vecchio uomo di legge western, saggio ma stanco, che si rende conto di essere “overmatched” (superato) di fronte a una nuova criminalità priva di anima e codici d’onore. Il film sovverte le aspettative strutturali classiche, eliminando il protagonista fuori campo e negando lo scontro finale catartico tra eroe e cattivo. È una meditazione agghiacciante sulla morte, sul destino e sul declino morale dell’America.

Il buono, il matto, il cattivo (2008)

The Good, the Bad, the Weird | Official Trailer | 4K

Nella Manciuria occupata degli anni ’30, un deserto senza legge dove convergono etnie e interessi diversi, un cacciatore di taglie (il Buono), un killer a pagamento narcisista (il Cattivo) e un ladro eccentrico e inaffondabile (il Matto) si inseguono a vicenda per il possesso di una misteriosa mappa del tesoro della dinastia Qing, coinvolgendo anche l’esercito giapponese e banditi cinesi in un caos totale.

The Good, the Bad, the Weird di Kim Jee-woon è l’esplosivo e gioioso capolavoro del “Kimchi Western”, un sottogenere che omaggia esplicitamente Sergio Leone iniettandogli un’adrenalina puramente asiatica e una creatività visiva sfrenata. Il film è un ottovolante di azione cinetica, inseguimenti folli e sparatorie acrobatiche, dove la camera non sta mai ferma e lo stile visivo è esuberante, colorato e barocco. Kim Jee-woon prende gli archetipi leoniani e li rilegge in chiave coreana, mescolando la storia tragica dell’occupazione giapponese con l’avventura picaresca e l’umorismo slapstick. Song Kang-ho (il Matto) è il cuore pulsante del film, un sopravvissuto comico e indistruttibile che sovverte la serietà dei suoi rivali e incarna la resilienza del popolo coreano. La sequenza dell’inseguimento finale nel deserto è un pezzo di bravura tecnica impressionante, un delirio di esplosioni, cavalli, moto e jeep che ridefinisce gli standard dell’action moderno. Pur essendo un divertissement spettacolare, il film riflette anche sul caos identitario della Corea di quel periodo, trasformando la Manciuria in un Far West globale dove vige solo la legge del più veloce, del più furbo e del più folle.

Anni 2010: Il Western Post-Moderno (Tarantino e Co.)

Il genere torna ad essere pop, violento e autoriale. Registi come Tarantino (Django Unchained) e Iñárritu (The Revenant) usano il Western come un parco giochi visivo per raccontare storie di sopravvivenza estrema e vendetta storica. È un decennio di sperimentazione visiva, dove il fango e il sangue si mescolano a una regia virtuosistica.

Bone Tomahawk (2015)

Quando un gruppo di trogloditi cannibali rapisce alcuni abitanti della cittadina di Bright Hope, lo sceriffo Franklin Hunt guida una spedizione di soccorso disperata composta da un anziano vice, un pistolero dandy e un cowboy con una gamba rotta, inoltrandosi in un territorio dove la civiltà non è mai arrivata e dove li attende un orrore indicibile.

S. Craig Zahler debutta alla regia con un ibrido brutale e raffinato che fonde il western classico di John Ford con l’horror cannibalico più estremo. La prima parte del film è un “men on a mission” lento e basato sui dialoghi, scritto con un orecchio letterario e arcaico che ricorda i romanzi del XIX secolo, dove i personaggi rivelano le loro personalità attraverso conversazioni apparentemente banali durante il viaggio. Kurt Russell, con i suoi baffi imponenti, evoca l’autorità di John Wayne ma con una stanchezza malinconica. Tuttavia, quando il gruppo raggiunge la valle dei trogloditi, il film cambia registro precipitando in una violenza grafica e viscerale che ha scioccato il pubblico (la scena della smembramento è diventata tristemente celebre). Bone Tomahawk non è solo gore gratuito; è una decostruzione della presunzione dell’uomo bianco di poter dominare ogni angolo della frontiera. I nemici non sono i classici “indiani”, ma creature preistoriche che rappresentano una natura ostile e inumana contro cui il coraggio e le pistole possono poco. È un film cult istantaneo che dimostra come il western possa ancora terrorizzare e sorprendere.

The Hateful Eight (2015)

The Hateful Eight Official Teaser Trailer #1 (2015) - Samuel L. Jackson Movie HD

Qualche anno dopo la Guerra Civile, una diligenza che trasporta il cacciatore di taglie John Ruth e la sua prigioniera Daisy Domergue verso l’impiccagione viene costretta a fermarsi per una bufera di neve in un emporio isolato nel Wyoming, dove si trovano già altri misteriosi viaggiatori: un ex maggiore nero dell’Unione, un rinnegato del Sud, un boia e altri personaggi sospetti. Mentre la tempesta infuria fuori, la tensione dentro sale fino a esplodere in un gioco al massacro politico e razziale.

Quentin Tarantino trasforma il western in un giallo da camera alla Agatha Christie (tipo “Dieci piccoli indiani”) ma intriso di sangue, parolacce e tensione razziale esplosiva. Girato nel glorioso formato Ultra Panavision 70mm, il film usa paradossalmente la larghezza dello schermo per creare claustrofobia, intrappolando i personaggi in un unico ambiente dove le menzogne e i segreti sono le uniche armi. Ennio Morricone torna al western dopo decenni firmando una colonna sonora da Oscar che suona come un film horror, sottolineando la natura mostruosa dei protagonisti. The Hateful Eight è un film profondamente politico: l’emporio di Minnie diventa una metafora dell’America dilaniata dalle ferite mai rimarginate della guerra civile e del razzismo. Non ci sono eroi, solo “odiosi” sopravvissuti che rappresentano le diverse facce della violenza americana. I dialoghi sono torrenziali, la violenza è grottesca e il cinismo è assoluto, dipingendo un ritratto di nazione fondata sulla menzogna (la lettera di Lincoln) e sul sangue condiviso.

Hell or High Water (2016)

HELL OR HIGH WATER - Official Trailer HD

Due fratelli texani, un padre divorziato e un ex detenuto impulsivo, iniziano a rapinare le filiali della stessa banca che sta per pignorare il ranch di famiglia, nel tentativo disperato di salvare l’eredità per i figli, mentre un vecchio Texas Ranger prossimo alla pensione si mette sulle loro tracce con un mix di intuito e stanchezza.

Diretto da David Mackenzie su sceneggiatura di Taylor Sheridan, Hell or High Water è un capolavoro del neo-western contemporaneo, un film che trasla i temi della frontiera (giustizia, terra, famiglia) nell’America post-crisi economica del 2008. Il nemico non sono più i banditi o gli indiani, ma le banche predatorie e la povertà che svuota le cittadine del Texas, lasciando solo cartelli “Vendesi” e disperazione. Chris Pine e Ben Foster offrono interpretazioni vibranti di uomini messi all’angolo dal capitalismo, che ricorrono alla violenza come unico strumento di riscatto economico, in una sorta di giustizia poetica e illegale. Jeff Bridges, nel ruolo del Ranger, è il volto di un vecchio West che osserva con malinconia e sarcasmo un mondo che non capisce più ma che deve ancora sorvegliare. Il film è visivamente arido e polveroso, ma emotivamente ricco, esplorando il legame fraterno e il prezzo da pagare per spezzare il ciclo della povertà generazionale. È un western sociale che parla potentemente al presente, mostrando come la frontiera sia diventata una terra di nessuno economica.

Anni 2020: Le Nuove Frontiere

Oggi il Western sta vivendo una rinascita intellettuale incredibile. Non è più una “roba da maschi”: registi come Jane Campion (Il potere del cane) e Martin Scorsese (Killers of the Flower Moon) usano il genere per analizzare la tossicità maschile e i peccati originali della nazione americana. Un cinema potente, lento e visivamente maestoso che continua a interrogare il nostro presente.

Old Henry (2021)

Henry, un contadino vedovo e laconico che vive isolato con il figlio adolescente in Oklahoma nel 1906, trova un uomo ferito con una borsa piena di soldi e decide di accoglierlo, attirando l’attenzione di una banda di sedicenti uomini di legge. Quando l’assedio alla sua fattoria inizia, Henry rivela abilità con la pistola che suggeriscono un passato molto più oscuro e leggendario di quanto il figlio potesse immaginare.

Old Henry è un gioiello del western indie recente, un “micro-western” che gioca astutamente con la mitologia storica e le aspettative del pubblico. Tim Blake Nelson, con il suo volto scavato e la sua voce particolare, offre una performance monumentale nel ruolo di un uomo che cerca di seppellire la propria violenza sotto la terra che coltiva, ma che è costretto a dissotterrarla per proteggere il futuro. Il film lavora sul revisionismo storico (l’identità di Henry è il colpo di scena centrale legato a una famosa figura reale del West), ma lo fa con un rispetto classico per i meccanismi della tensione e dello scontro a fuoco. La regia è pulita, priva di CGI, e si concentra sulla fisicità dello scontro e sulla psicologia del rapporto padre-figlio. È una riflessione sulla possibilità di redenzione e sul peso del passato che non passa mai veramente, un film che dimostra come si possa ancora dire qualcosa di nuovo e potente utilizzando i vecchi archetipi del contadino e del pistolero.

Il potere del cane (2021)

THE POWER OF THE DOG Trailer

Nel Montana del 1925, i ricchi fratelli Burbank gestiscono un enorme ranch: Phil è carismatico, crudele, sporco e ossessivamente legato al passato mitico della frontiera, mentre George è mite, pulito e progressista. Quando George sposa la vedova Rose e porta lei e il figlio adolescente ed effeminato Peter a vivere al ranch, Phil inizia una guerra psicologica fatta di intimidazioni, scherni e disprezzo, che nasconde però un segreto inconfessabile e porta a un esito imprevisto e fatale.

The Power of the Dog di Jane Campion è un capolavoro di revisionismo psicologico che smonta pezzo per pezzo l’archetipo del cowboy maschio alpha, rivelando la fragilità, la paura e la repressione omoerotica che spesso si celano dietro la maschera della virilità tossica e performativa. Benedict Cumberbatch offre una performance mostruosa e vulnerabile nei panni di Phil, un uomo che ha costruito una corazza di sporcizia e crudeltà per proteggere il ricordo del suo mentore e amante segreto, Bronco Henry. Il paesaggio della Nuova Zelanda (che sostituisce il Montana) è magnifico ma opprimente, una prigione a cielo aperto di montagne che incombono sui personaggi. Campion lavora di sottrazione, costruendo la tensione attraverso sguardi, silenzi carichi di significato e dettagli apparentemente insignificanti (una corda intrecciata, un paio di guanti, un fazzoletto). Il film è un thriller dell’anima che ribalta i ruoli di preda e predatore: il “debole” Peter si rivela essere il più spietato, freddo e calcolatore, utilizzando l’intelligenza e la chirurgia per neutralizzare la minaccia bruta, in una conclusione agghiacciante che ridefinisce il concetto di forza nel West.

Il successo del western

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Il periodo dalla fine degli anni ’30 agli anni ’60 è stato effettivamente chiamata “l’età d’oro del Western”. E’ rappresentato dai lavori di famosi registi:

Robert Aldrich–Apache (1954), Vera Cruz (1954).

Budd Boetticher– diversi film con Randolph Scott costituiti da The Tall T (1957) e Comanche Station (1960).

Delmer Daves– Freccia spezzata (1950), L’ultimo carro (1956), 3:10 a Yuma (1957).

Allan Dwan– Silver Lode (1954), Bestiame regina del Montana (1954).

John Ford– Stagecoach (1939), My Darling Clementine (1946), The Searchers (1956), The Man Who Shot Liberty Valance (1962).

Samuel Fuller— La corsa della freccia (1957), Quaranta pistole (1957).

George Roy Hill– Butch Cassidy e il Sundance Kid (1969).

Howard Hawks— Fiume Rosso (1948), Rio Bravo (1959), El Dorado (1966).

Henry King– Il pistolero (1950), I bravados (1958).

Sergio Leone— Per qualche dollaro in più (1965), Il buono, il brutto come il brutto (1966), C’era una volta il West (1968).

Anthony Mann— Winchester ’73 (1950), L’uomo di Laramie (1955), La stella di latta (1957).

Sam Peckinpah— Ride the High Country (1962), The Wild Bunch (1969).

Nicholas Ray – Johnny Guitar (1954).

George Stevens: Annie Oakley (1935), Shane (1953).

John Sturges— Scontro a fuoco all’OK Corral (1957), I magnifici sette (1960).

Jacques Tourneur– Canyon Passage (1946), Wichita (1955).

King Vidor— Duello al sole (1946), L’uomo senza stella (1955).

William A. Wellman– L’incidente dell’arco di bue (1943), Cielo giallo (1948).

Fred Zinnemann– Mezzogiorno di fuoco (1952).

Storie e personaggi del Western

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Le storie sono spesso incentrate sulla vita di un vagabondo, cowboy o pistolero americano nomade, maschio, bianco che cavalca un cavallo ed è armato con un revolver e/o un fucile. I personaggi maschili normalmente indossano cappelli Stetson con corona alta e tesa larga, bandane al fazzoletto da collo, gilet e stivali da cowboy. 

Le donne sono tipicamente scelte in ruoli secondari come affascinante interesse per il protagonista maschile; o in funzioni di supporto come dame di taverna, prostitute o come mogli dei capi e degli abitanti.

Vari altri personaggi ricorrenti includono nativi americani, afroamericani, messicani, uomini di legge, cacciatori fuggitivi, fuorilegge, baristi, commercianti, scommettitori, soldati, e anche contadini, allevatori e cittadini.

L’atmosfera è solitamente sottolineata da una colonna sonora di canzoni occidentali, composta da musica popolare americana e musica popolare spagnola / messicana, canzoni dei nativi americani, musica del New Mexico e rancheras.

Le storie comuni includono: la costruzione di una ferrovia o di una linea telegrafica sulla frontiera selvaggia. Allevatori che proteggono il loro ranch di famiglia da ladri o grandi proprietari terrieri, o che costruiscono un impero di ranch di bestiame.

Problema su risorse come acqua o minerali. Storie di vendetta, che dipendono dall’inseguimento e dalla ricerca di qualcuno che è stato effettivamente offeso. Storie di cavalleria che combattono i nativi americani. Complotti di bande fuorilegge. Storie di un uomo di legge o di un cacciatore fuggitivo che trova la sua preda.

L’autore e sceneggiatore Frank Gruber ha riconosciuto 7 storie standard per i western:

Racconto della Union Pacific: la storia riguarda la costruzione di una ferrovia, una linea telegrafica o qualche altro tipo di innovazione o trasporto moderno. Le storie di vagoni rientrano in questa categoria.

Storia del ranch: i problemi della storia rischiano per il ranch di ladri o grandi proprietari terrieri che tentano di sloggiare i proprietari.

Racconto dell’impero: la storia include lo sviluppo di un impero di un ranch di bestiame o di un impero petrolifero dal punto di partenza.

Storia della vendetta: la trama in genere prevede un inseguimento e una ricerca da parte di una persona offesa, tuttavia potrebbe anche consistere in componenti della classica storia del mistero.

Storia indiana: la trama si concentra sulla “soggiogazione” della natura selvaggia per i coloni bianchi.

Racconto fuorilegge: le bande di teppisti controllano l’azione.

Storia del maresciallo: l’uomo di legge e anche le sue difficoltà guidano la storia.

Location del western

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I western spesso sottolineano l’asprezza della natura selvaggia e spesso ambientano l’azione in un paesaggio arido e desolato di montagne e deserti. Spesso, il vasto paesaggio gioca un ruolo importante, presentando una “visione mitica delle pianure e dei deserti del West americano”. Ambienti specifici includono ranch, piccole città di frontiera, saloon, ferrovie, terre selvagge e forti militari isolati del selvaggio West.

I temi del Western

Il genere Western ritrae talvolta la conquista della natura selvaggia e la subordinazione della natura in nome della civiltà o la confisca dei diritti territoriali degli originari abitanti della frontiera, nativi americani.

Il Western dipinge una società organizzata attorno a codici d’onore e giustizia personale, privata o diretta – “giustizia di frontiera” – dispensata da scontri a fuoco. La percezione popolare del western è una storia incentrata sulla vita di un vagabondo seminomade, di solito un pistolero o un cowboy.

In un certo senso, tali personaggi principali potrebbero essere presi in considerazione dai discendenti letterari dei cavalieri erranti. Come il cowboy o il pistolero, il cavaliere errante dei primi racconti europei vagava da un’area all’altra sul suo cavallo, combattendo malvagi di vario genere senza nessun aiuto delle strutture sociali, ma motivato solo dal suo codice d’onore.

Come i cavalieri erranti, gli eroi dei western salvano regolarmente le donne in pericolo. Allo stesso modo, i personaggi principali dei western condividono molte caratteristiche con i ronin nella moderna cultura giapponese.

Il western tipicamente prende questi elementi e li usa per raccontare semplici storie di moralità, anche se alcuni esempi degni di nota (ad esempio i successivi western di John Ford o Unforgiven di Clint Eastwood, su un vecchio sicario) sono moralmente più ambigui. I western spesso sottolineano l’asprezza e l’isolamento della natura selvaggia e spesso ambientano l’azione in un paesaggio arido e desolato.

I film western generalmente hanno ambientazioni specifiche, come ranch isolati, villaggi di nativi americani o piccole città di frontiera con un saloon.

Nascita del genere Western

Il termine “western”, usato per descrivere un genere di film narrativo, sembra aver avuto origine con un articolo del luglio 1912 sulla rivista Motion Picture World. La maggior parte delle caratteristiche dei film western facevano parte della narrativa occidentale popolare del XIX secolo ed erano saldamente presenti prima che il cinema diventasse una forma d’arte popolare. I film western presentano comunemente protagonisti come cowboy, pistoleri e cacciatori di taglie, che sono spesso raffigurati come vagabondi seminomadi che indossano cappelli Stetson, bandane, speroni e pelli di daino, usano revolver o fucili come strumenti quotidiani di sopravvivenza e come mezzo per risolvere le controversie utilizzando la “giustizia di frontiera”.

I film western furono immensamente importanti nel periodo del cinema muto (1894-1927). Con l’avvento del suono nel 1927-28, i più importanti studi di Hollywood abbandonarono rapidamente i western, lasciando il genere a studi di piccole dimensioni. Queste aziende più piccole hanno prodotto numerosi lungometraggi e serial a basso budget negli anni ’30. 

Verso la fine degli anni ’30, il film western era comunemente considerato un genere “pulp” a Hollywood, tuttavia il suo fascino fu rivitalizzato nel 1939 da importanti produzioni in studio come Dodge City con Errol Flynn, Jesse James con Tyrone Power, Union Pacific con Joel McCrea, Destry Rides Again con James Stewart e Marlene Dietrich, e in particolare il western di John Ford Stagecoach con John Wayne, che è diventato uno dei più grandi successi dell’anno.

Pubblicato attraverso la United Artists, Stagecoach ha reso John Wayne una celebrità del mainstream. Wayne era stato presentato al pubblico 10 anni prima come il protagonista maschile nel film del regista Raoul Walsh The Big Trail. Dopo i rinnovati successi industriali dei western alla fine degli anni ’30, la loro popolarità continuò ad aumentare fino al suo apice negli anni ’50, quando il numero di film western creati superava tutti gli altri generi.

Lo scrittore e studioso di cinema Eric R. Williams riconosce i film western come uno degli undici supergeneri nella tassonomia dei suoi sceneggiatori, sostenendo che tutti i film narrativi di durata lunga possono essere classificati in base a questi supergeneri. Gli altri dieci supergeneri sono azione, crimine, fantasy, horror, romanticismo, fantascienza, spaccato di vita, attività sportive, thriller e guerra.

I film western illustrano comunemente i conflitti con i nativi americani. Mentre i primissimi western eurocentrici rappresentano regolarmente gli “indiani” come cattivi, i successivi western, oltre che più culturalmente neutrali, hanno dato ai nativi americani un trattamento molto più favorevole. Vari altri motivi persistenti dei western includono trekking (ad esempio The Big Trail) o viaggi pericolosi (ad esempio Stagecoach) o squadre di fuorilegge che intimidiscono città come in The Magnificent Seven.

I primi western sono stati per lo più girati in studio, come in altri primi film di Hollywood, ma quando le riprese in esterni sono diventate più comuni dagli anni ’30, i produttori di western hanno utilizzato angoli desolati di Arizona, California, Colorado, Kansas, Montana, Nevada, New Mexico, Oklahoma , Texas, Utah o Wyoming. Le produzioni sono state girate anche in esterni nei ranch di film.

Dopo l’inizio degli anni ’50, vari formati widescreen come Cinemascope (1953) e VistaVision utilizzarono la larghezza espansa dello schermo per visualizzare spettacolari paesaggi occidentali. L’uso da parte di John Ford della Monument Valley come paesaggio espressivo nei suoi film da Stagecoach a Cheyenne Autumn (1965), “ci presenta una visione mitica delle pianure e dei deserti del West americano, incarnati in modo più memorabile nella Monument Valley, con le sue alture che torreggiano sopra gli uomini a cavallo, siano essi coloni, soldati o nativi americani.

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Fabio Del Greco