Il cinema, nella sua forma più pura, non si limita a raccontare storie; ci mostra la vita. E nessun genere cattura l’essenza caotica e agrodolce dell’esistenza come la commedia drammatica, o dramedy. È la forma cinematografica che più si avvicina alla nostra realtà: un luogo dove la risata e il dolore non solo coesistono, ma spesso scaturiscono dalla stessa, identica situazione.
In questo territorio emotivamente complesso della commedia, il cinema trova il suo habitat naturale. La libertà espressiva permette ai registi di dare priorità alla profondità psicologica dei personaggi piuttosto che allo spettacolo, di esplorare stati emotivi complessi e di lasciare le risoluzioni aperte, ambigue, proprio come accade nella vita. Il genere ha bisogno dell’autenticità e dell’ingegno che nascono spesso dall’assenza di pressioni commerciali.
Al centro di queste pellicole troviamo quasi sempre il protagonista imperfetto. Non eroi classici, ma persone comuni, outsider, individui che lottano con l’ansia, il trauma e il proprio posto nel mondo. Il viaggio di questi personaggi non è quello di superare i propri difetti. È un percorso di accettazione. Questa guida è un percorso che unisce i film più famosi alle più intime produzioni indipendenti. È una celebrazione della fragilità umana.
Little Miss Sunshine (2006)
Una famiglia disfunzionale, in cui ogni membro cova il proprio fallimento personale, intraprende un caotico viaggio attraverso il paese a bordo di un decrepito furgone VW. La loro missione è portare la figlia di sette anni, Olive, alle finali del concorso di bellezza “Little Miss Sunshine. Il viaggio costringerà le loro ansie e i loro risentimenti collettivi a venire a galla, spingendoli sull’orlo del baratro.
Questo film indipendente è l’antitesi del sogno americano basato sul successo a ogni costo. Smantella sistematicamente l’ossessione per la vittoria, celebrando invece la bellezza del fallimento condiviso. Ogni personaggio è definito da un insuccesso: Richard è un motivatore fallito, Dwayne vede il suo sogno di diventare pilota infrangersi, e lo zio Frank è uno studioso di Proust reduce da un tentato suicidio. Il film usa l’assurdità grottesca del concorso di bellezza per bambini come palcoscenico per ridefinire il concetto di “perdente”. Il climax non è la vittoria di Olive, ma l’intera famiglia che si unisce a lei sul palco per ballare su “Super Freak”. È l’atto definitivo di rifiutare la sconfitta, non conformandosi agli standard, ma abbracciando la propria, autentica e meravigliosa imperfezione. Il furgone VW, scassato e inaffidabile, diventa una potente metafora della famiglia stessa: rotto, disfunzionale, ma capace di andare avanti solo quando tutti scendono e spingono insieme.
Juno (2007)
Quando la sedicenne Juno MacGuff, brillante e arguta, scopre di essere incinta, decide di non abortire e si mette alla ricerca dei genitori adottivi perfetti per il suo bambino. La sua scelta la porta a una coppia benestante di periferia, Mark e Vanessa Loring, costringendola ad affrontare le complessità dell’età adulta, dell’amore e della famiglia molto prima di quanto avesse previsto.
Juno ha dato voce a una generazione, catturando lo spirito degli adolescenti di metà anni Duemila con un dialogo stilizzato e pieno di riferimenti alla cultura pop. Il personaggio di Juno sovverte gli stereotipi legati alla gravidanza adolescenziale: affronta la situazione con pragmatismo e un sarcasmo tagliente, rifiutando i ruoli di vittima o di ragazza perduta. La struttura da dramedy è fondamentale: l’umorismo nasce dalla sua capacità di navigare situazioni adulte con una compostezza disarmante, mentre il dramma scaturisce dal peso emotivo della sua scelta e dalla sua crescente comprensione di cosa significhino amore e famiglia. Il film non prende una posizione politica, ma è profondamente a favore della maturità e della capacità di scelta. La sua ricerca della famiglia “perfetta” per il bambino la porta a scontrarsi con la realtà che la perfezione è spesso una facciata. La sua famiglia, incasinata ma autentica, si rivela molto più solida della coppia apparentemente ideale dei Loring, dimostrando che la vera stabilità risiede nelle relazioni oneste, anche se imperfette.
Lost in Translation (2003)
Due americani solitari, la star del cinema in declino Bob Harris e la giovane neosposa trascurata Charlotte, si ritrovano sperduti nell’alienazione al neon di Tokyo. Il loro incontro casuale nel bar di un hotel innesca una connessione improbabile e profonda. In pochi giorni condivisi, esplorano i loro reciproci sentimenti di spaesamento e crisi esistenziale, formando un legame tanto fugace quanto indimenticabile.
Il film di Sofia Coppola utilizza magistralmente l’ambientazione per esternalizzare gli stati d’animo dei protagonisti. L’umorismo deriva dallo scontro culturale, come il disastroso spot del whisky di Bob o le barriere linguistiche, mentre il pathos nasce dalla profonda e silenziosa solitudine che questo ambiente amplifica. La fotografia rafforza questo tema, con inquadrature ampie che ritraggono i personaggi come figure minuscole in paesaggi urbani vasti e impersonali. La loro connessione è così potente proprio perché è una piccola isola di comprensione in un mare di incomunicabilità. Lost in Translation sfida i cliché romantici. La relazione tra Bob e Charlotte è platonica eppure incredibilmente intima, basata su stati emotivi condivisi più che sull’attrazione fisica. Il celebre sussurro finale, inaudibile per lo spettatore, è l’espressione massima di questo legame: ciò che viene detto è irrilevante; conta solo il momento di pura connessione che trascende le parole. È una parentesi che permette a entrambi di tornare alle proprie vite con una rinnovata consapevolezza di sé.
Eternal Sunshine of the Spotless Mind (2004)
Dopo una dolorosa rottura, Clementine Kruczynski si sottopone a una procedura per cancellare ogni ricordo del suo ex, Joel Barish. Devastato, Joel decide di fare lo stesso. Ma mentre i tecnici lavorano nella sua mente, cancellando Clementine ricordo dopo ricordo, Joel si rende conto di non voler dimenticare. Inizia così un viaggio disperato e surreale nel suo subconscio per salvare ciò che resta del loro amore.
Questa pellicola utilizza una premessa fantascientifica per esplorare una verità umana universale: l’amore è inseparabile dal dolore. La struttura narrativa non lineare, che ripercorre la relazione a ritroso, è il cuore del suo genio. Il dramma è la sofferenza della rottura e la tragedia della cancellazione, mentre la commedia si trova nella logica surreale dei ricordi e nell’incompetenza dei tecnici della Lacuna Inc. La regia inventiva di Michel Gondry crea un mondo che è allo stesso tempo stravagante e profondamente malinconico. La domanda filosofica centrale del film è se una “mente immacolata” sia davvero desiderabile. Joel si rende conto che per cancellare il dolore, deve sacrificare anche la gioia, i momenti di intimità e le esperienze che lo hanno formato. Il finale agrodolce, in cui Joel e Clementine, consapevoli del loro passato fallimentare, decidono di riprovarci, è un potente inno ad abbracciare la vita nella sua complessa, dolorosa e meravigliosa interezza.
Sideways (2004)
Miles Raymond, un romanziere fallito, enofilo depresso e insegnante di inglese, porta il suo migliore amico Jack, prossimo al matrimonio, in un viaggio di una settimana attraverso le vigne della California. Quella che dovrebbe essere un’ultima sofisticata avventura si trasforma in un’esilarante e straziante esplorazione di crisi di mezza età, decisioni discutibili e la ricerca di una ragione per sentirsi di nuovo speranzosi.
Il film di Alexander Payne usa il vino come metafora centrale per esplorare le personalità e le filosofie di vita dei protagonisti. Miles è ossessionato dal Pinot Nero, un’uva difficile e capricciosa, vedendo nella sua complessità un riflesso di sé. Jack, al contrario, si accontenta di qualsiasi cosa, specialmente del Merlot, semplice e amato da tutti, che Miles disprezza. Questa contrapposizione è il motore della dramedy: la commedia nasce dalle scappatelle di Jack e dalle situazioni assurde che ne derivano; il dramma dalla profonda e paralizzante depressione di Miles. Sideways è anche uno dei grandi film moderni sull’amicizia maschile. Miles e Jack sono individui profondamente imperfetti che, pur alimentando a vicenda i loro peggiori istinti, condividono un legame genuino. Il film non ha paura di mostrare i loro fallimenti, trovando umorismo nelle loro disavventure senza mai nascondere il danno emotivo che provocano. Il finale maturo e agrodolce suggerisce che la crescita è possibile, ma è un processo lento e doloroso che richiede di affrontare le proprie mediocrità.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione
Garden State (2004)
Andrew Largeman, un attore ventiseienne emotivamente distaccato, non torna a casa da nove anni. Dopo aver smesso di prendere antidepressivi, ritorna nella sua città natale nel New Jersey per il funerale della madre. Mentre tenta di riconnettersi con una serie di strani conoscenti, tra cui suo padre, inizia lentamente a vedere la sua vita sotto una nuova luce, forgiando un legame con una ragazza eccentrica.
Questo film ha catturato perfettamente l’inquietudine e l’apatia di una generazione di millennial. È un’esplorazione della paralisi emotiva causata da farmaci e traumi repressi, un viaggio di ritorno alle radici per risvegliare sentimenti a lungo sopiti. La colonna sonora indie, curatissima, è diventata un elemento distintivo del genere negli anni 2000, quasi un personaggio a sé stante. Il film è celebre anche per aver cristallizzato il personaggio della “Manic Pixie Dream Girl”, una figura femminile eccentrica la cui unica funzione sembra essere quella di salvare il protagonista maschile dalla sua tristezza. Sebbene oggi questo cliché sia visto con occhio più critico, il film rimane un’istantanea sincera e toccante di un’epoca e di una sensibilità generazionale.
Along For The Ride

Drammatico, Commedia, di Bryan Simon, Stati Uniti, 2001.
Due fratelli, Terry (Randy Batinkoff) e Vance (Dylan Haggerty), intraprendono un viaggio nel deserto con il cadavere del padre appena deceduto. Il loro scopo è trovargli un luogo di sepoltura, ma lungo il cammino riaffiorano conflitti familiari irrisolti. Terry, un ex giocatore di baseball di successo, ha sempre esercitato un’influenza dominante sul più giovane Vance, un umile postino. Entrambi portano dentro di sé il peso di un rapporto complicato con il padre, Jake (J.E. Freeman), un ex giocatore professionista ossessionato dallo sport. Anche dopo la morte, Jake appare ai figli in sequenze oniriche, ma invece di dare saggi consigli, continua a dimostrarsi distante e autoritario. Il viaggio diventa così un percorso non solo fisico ma emotivo, in cui i due fratelli affrontano i loro rancori reciproci e il lascito emotivo del genitore.
La pellicola, diretta da Bryan Simon con un budget di 150.000 dollari è stata girata in condizioni climatiche estreme, con una sceneggiatura adattata da Jim Moores da un'opera di Randall Wheatley. Il film esplora anche il ruolo dello sport come veicolo di comunicazione tra padre e figlio. Per molti uomini, esprimere sentimenti è difficile, mentre parlare di sport è un linguaggio naturale e condiviso. "Along for the Ride" affronta questi temi con sensibilità e realismo, risultando un’opera toccante per chi ha vissuto dinamiche familiari simili. Un indie da non perdere per gli amanti del cinema indipendente di qualità.
LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano
(500) Days of Summer (2009)
Questa non è una storia d’amore. È la storia di Tom, un inguaribile romantico che si innamora perdutamente di Summer, una ragazza che non crede nel vero amore. Il film ripercorre i 500 giorni della loro relazione in modo non lineare, saltando tra i momenti felici e quelli dolorosi, mentre Tom cerca di capire dove tutto sia andato storto.
- (500) Days of Summer* è una brillante decostruzione della commedia romantica tradizionale. La sua struttura frammentata imita il funzionamento della memoria, rievocando i picchi e le cadute di una relazione in modo disordinato. La celebre sequenza “Aspettative vs. Realtà” è un commento geniale sui pericoli dell’idealizzazione di un partner, mostrando il divario tra la versione della storia che ci raccontiamo nella nostra testa e la cruda verità. Il film ci costringe a vedere la storia dal punto di vista di Tom, facendoci empatizzare con lui, per poi rivelare sottilmente come la sua visione fosse egoistica e cieca di fronte all’autonomia e ai desideri di Summer. È una lezione agrodolce sulla crescita personale e sull’accettazione che l’amore, a volte, non è corrisposto, ma non per questo meno formativo.
Punch-Drunk Love (2002)
Barry Egan è un imprenditore solitario che vende sturalavandini con gadget, tormentato da sette sorelle opprimenti e soggetto a improvvisi attacchi di rabbia. La sua vita ansiosa e isolata viene sconvolta quando incontra la misteriosa Lena e, contemporaneamente, viene ricattato da una linea erotica telefonica. Inizia così un viaggio surreale per trovare l’amore e sfuggire ai suoi demoni.
Paul Thomas Anderson compie un’operazione quasi miracolosa: prende la persona comica di Adam Sandler, solitamente associata a film demenziali, e la incanala in un’esplorazione profonda e artistica dell’ansia sociale, della rabbia repressa e del potere quasi magico e trasformativo dell’amore. L’uso del colore, in particolare il blu dell’abito di Barry e il rosso di quello di Lena, e di una colonna sonora dissonante e martellante, crea un’atmosfera di intrappolamento emotivo. L’amore non è presentato come una cura, ma come una forza altrettanto caotica e imprevedibile della rabbia di Barry, l’unica in grado di dargli la forza di reagire. È una commedia romantica assurda e toccante, un’opera d’arte che dimostra la versatilità di un attore e la genialità di un regista.
Me and You and Everyone We Know (2005)
Christine è un’artista e autista per anziani che cerca connessioni nel mondo moderno. Richard è un commesso di scarpe appena separatosi e padre di due figli. Le loro vite si intrecciano con quelle di altri personaggi, tra cui i figli di Richard, che esplorano le prime relazioni online, e adolescenti del quartiere che si preparano al futuro. Tutti cercano un legame in un mondo sempre più frammentato.
Il film d’esordio di Miranda July è un mosaico di solitudini che si sfiorano, un’esplorazione della ricerca di intimità nell’era digitale nascente. Con una struttura episodica e uno stile eccentrico, il film trova una bellezza profonda e inaspettata nelle interazioni più goffe e quotidiane. La famosa battuta del bambino che fantastica di “fare la cacca avanti e indietro, per sempre” con un interlocutore online è l’emblema del film: un’espressione bizzarra ma disperatamente sincera del desiderio umano di connessione incondizionata. È un’opera tenera, strana e profondamente umana, che cattura la vulnerabilità e la speranza che si celano dietro i nostri tentativi, spesso maldestri, di entrare in contatto gli uni con gli altri.
The Farewell (2019)
Billi, una giovane scrittrice cino-americana, scopre che alla sua amata nonna, Nai Nai, in Cina, restano poche settimane di vita. La famiglia decide di tenerle nascosta la diagnosi terminale e organizza un finto matrimonio come pretesto per riunirsi tutti un’ultima volta. Billi, combattuta tra la sua sensibilità occidentale e il rispetto per la tradizione familiare, partecipa a questa elaborata “bugia a fin di bene”.
The Farewell è una commedia drammatica che nasce da uno scontro culturale. Il film utilizza l’espediente della “bugia buona” per esplorare con delicatezza e intelligenza i temi della famiglia, del lutto e delle differenze tra il collettivismo orientale e l’individualismo occidentale. L’umorismo scaturisce dalla complessa messa in scena dell’inganno e dalle interazioni goffe di una famiglia che cerca di apparire felice mentre cova un profondo dolore. Il dramma, invece, è nel dilemma etico di Billi e nella struggente consapevolezza della perdita imminente. La regista Lulu Wang, basandosi sulla sua storia vera, non giudica nessuna delle due culture, ma mostra come l’identità dell’immigrato sia un negoziato costante tra mondi diversi, creando un’opera universale e profondamente commovente.
Aurora

Drammatico, romantico, noir, di Friedrich Wilhelm Murnau, Stati Uniti, 1927.
Una donna della grande città in vacanza (Margaret Livingston) soggiorna in un piccolo paese sul lago. Dopo il tramonto si reca in una fattoria dove l'uomo (George O'Brien) e la moglie (Janet Gaynor) stanno occupandosi loro bambino. Chiama l'uomo dalla recinzione all'esterno. L'uomo è indeciso, ma alla fine se ne va, lasciando sua altra moglie da sola. L'uomo e anche la donna si incontrano al chiaro di luna e si baciano appassionatamente. Lei vuole che lui venda la sua fattoria per andare con lei in città. Quando lei gli suggerisce di risolvere il problema di sua moglie annegandola, lui tenta di strangolarla con violenza, ma poi cambia completamente atteggiamento. Quando l'uomo e sua moglie partono per la gita in barca sul lago lui prepara a buttarla in acqua. Ma quando lei implora la sua grazia, lui capisce che non può farlo. L'uomo rema freneticamente verso riva, e quando la barca arriva a terra, la moglie fugge nel panico.
Aurora, diretto dal regista tedesco FW Murnau al suo debutto cinematografico americano è tratto da Carl Mayer dal racconto "The Excursion to Tilsit", uscito nel 1917.
Murnau ha scelto di utilizzare il nuovo sistema audio Fox Movietone, rendendo Aurora uno dei primissimi lungometraggi con una colonna sonora sincronizzata ed effetti sonori. Janet Gaynor ha vinto il primo Academy Award come migliore attrice in un ruolo da protagonista per la sua interpretazione nel film. Il film è ormai comunemente considerato un capolavoro, tra i migliori film mai realizzati. In molti lo hanno definito il più grande film dell'età del cinema muto. Murnau, maestro del cinema espressionista, fu invitato da William Fox a girare un film espressionista a Hollywood. Il linguaggio e la fotografia del film sono rivoluzionari: eleganti carrellate, lunghe sequenze di pura azione senza dialoghi nello stile caratteristico di Murnau. I personaggi restano senza nome, creando la percezione di una storia universale.
LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano
Lady Bird (2017)
Christine “Lady Bird” McPherson è all’ultimo anno di un liceo cattolico a Sacramento, California, che lei definisce “il Midwest della California. Sogna di fuggire dalla sua città per frequentare un college sulla East Coast, scontrandosi costantemente con la madre, un’infermiera volitiva e iper-critica. Il film segue il suo turbolento anno di transizione, tra prime cotte, amicizie e la difficile ricerca della propria identità.
Il debutto alla regia di Greta Gerwig è la quintessenza della commedia di formazione. Il cuore pulsante del film è la relazione tempestosa e incredibilmente realistica tra Lady Bird e sua madre. Il loro rapporto è un campo di battaglia d’amore, fatto di litigi feroci e momenti di inaspettata tenerezza, che rappresenta il doloroso ma necessario processo di separazione e autodefinizione che ogni adolescente deve affrontare. Il film è divertente, toccante e brutalmente onesto nel ritrarre le insicurezze e le pretese dell’adolescenza, senza mai giudicare la sua protagonista. È un omaggio affettuoso e malinconico al luogo che chiamiamo casa e alle persone che ci aiutano, anche attraverso il conflitto, a diventare chi siamo.
Eighth Grade (2018)
Kayla Day sta affrontando l’ultima, terribile settimana delle scuole medie. Armata del suo smartphone, cerca di superare l’ansia sociale creando video motivazionali su YouTube che nessuno guarda. Mentre lotta per farsi accettare dai suoi coetanei più popolari e cerca di comunicare con suo padre single, Kayla vive un’odissea di feste in piscina, cotte e imbarazzi social.
Bo Burnham ha creato un ritratto spaventosamente autentico dell’adolescenza nell’era dei social media. Il film è una commedia drammatica che genera un umorismo quasi doloroso, basato sull’imbarazzo e l’immedesimazione (cringe), ma lo fa con un’empatia profonda e mai condiscendente. Vediamo il mondo attraverso gli occhi ansiosi di Kayla, sentendo ogni sua umiliazione e ogni piccola vittoria. Eighth Grade non è solo un film sull’essere adolescenti oggi; è un’esplorazione universale dell’ansia, del desiderio di essere visti e della difficoltà di presentare al mondo una versione di noi stessi che ci sembri autentica. È un film essenziale per capire la pressione e la solitudine della crescita nell’era digitale.
Frances Ha (2012)
Frances, una ballerina di 27 anni a New York, vede la sua vita andare in pezzi quando la sua migliore amica e coinquilina, Sophie, decide di trasferirsi. Improvvisamente senza casa e alla deriva, Frances si lancia in una serie di avventure precarie, saltando da un appartamento all’altro, facendo un viaggio impulsivo a Parigi e cercando di trovare il suo posto nel mondo e nella sua arte.
Girato in un bianco e nero che evoca la Nouvelle Vague francese, Frances Ha è il ritratto di una crisi di “un quarto di vita. . Frances non è un’eroina, è goffa, spesso imbarazzante, ma la sua determinazione e il suo ottimismo incrollabile la rendono irresistibile. È una celebrazione della confusione e della bellezza di essere giovani, senza un soldo e senza un piano, ma con la certezza che, in qualche modo, andrà tutto bene.
The Worst Person in the World (2021)
Julie sta per compiere trent’anni e non ha ancora idea di cosa fare della sua vita. Passa da una facoltà all’altra e da una relazione all’altra, in una costante ricerca di sé. Divisa tra l’amore rassicurante per Aksel, un fumettista di successo più grande di lei, e l’attrazione spontanea per Eivind, incontrato a una festa, Julie naviga le acque turbolente dell’amore, della carriera e del significato dell’esistenza nella Oslo contemporanea.
Questo film norvegese, diretto da Joachim Trier, aggiorna la narrazione di formazione per la generazione dei millennial. Strutturato in dodici capitoli, un prologo e un epilogo, esplora l’irrequietezza, l’indecisione romantica e la ricerca di identità in un mondo che sembra offrire infinite possibilità, ma che spesso porta alla paralisi. La performance di Renate Reinsve è straordinaria, capace di catturare la gioia, l’ansia e la confusione di Julie. Una scena in particolare, in cui il mondo si ferma letteralmente per permetterle di correre verso un nuovo amore, è un momento di pura magia cinematografica. È un’opera intelligente, divertente e profondamente commovente sulla difficoltà di crescere, a qualsiasi età.
Il giorno più bello

Commedia, di Florian David Fitz, Germania, 2017.
Andi è un pianista ricoverato in clinica per fibrosi polmonare, in attesa di un donatore per un trapianto che forse non arriverà in tempo. Benno è un ladro ricoverato nella stessa clinica per tumore al cervello e la diagnosi gli lascia poco tempo da vivere. Benno riesce a convincere il timido Andi a seguirlo nella sua idea folle: scappano dalla clinica dove sono ricoverati e trovano un po' di denaro per fare un viaggio in Africa, alla ricerca di esperienze ed emozioni per vivere il giorno più bello della loro vita. Mentre Andi fatica ad adattarsi al viaggio Benno persegue segretamente un piano per fare un bilancio della sua vita. La loro avventura li porterà a vivere situazioni divertenti e momenti di riflessione.
Un on the road a bordo di un camper che attraversa il Sud dell'Africa, da Mombasa a Cape Town. Un viaggio che diventa metafora del senso della vita. Il giorno più bello sceglie il tono della commedia per raccontare un tema drammatico come quello della morte e della malattia terminale, trovando equilibrio nell'interpretazione dei due protagonisti che non scade mai nel patetismo. Film campione di incassi in Germania interpretato dallo stesso regista Florian David Fitz e da Mattias Schweighöfer, due attori comici molto popolari nello scenario cinematografico tedesco. Una storia che potrebbe avere un'impatto notevole su tutti coloro che rimandano sempre le esperienze della vita, aspettando momenti migliori per vivere davvero.
Another Round (2020)
Quattro insegnanti di liceo, annoiati e demotivati, decidono di mettere alla prova una teoria secondo cui gli esseri umani nascono con una carenza di alcol nel sangue. Iniziano un esperimento: mantenere un tasso alcolemico costante dello 0.05% durante il giorno per migliorare le loro vite. Inizialmente, i risultati sono sorprendenti e liberatori, ma l’esperimento presto sfugge di mano.
. La pellicola mantiene un equilibrio magistrale tra la commedia euforica della fase iniziale dell’esperimento, in cui i protagonisti riscoprono la passione per l’insegnamento e la vita, e il dramma inevitabile delle conseguenze. Non è un film moralista sull’alcolismo, ma una riflessione agrodolce sulla tristezza e la monotonia che possono insinuarsi nella vita adulta. La scena finale, con un Mads Mikkelsen che si lancia in una danza catartica e liberatoria, è uno dei momenti più potenti e indimenticabili del cinema recente.
The Intouchables (2011)
Philippe, un ricco aristocratico tetraplegico, assume come badante Driss, un giovane senegalese appena uscito di prigione e proveniente dalle banlieue parigine. Nonostante le loro enormi differenze culturali e sociali, tra i due nasce un’amicizia improbabile e profonda, basata sull’onestà, l’irriverenza e un’inaspettata complicità. Driss porta caos e vitalità nella vita ordinata di Philippe, che a sua volta offre a Driss una nuova prospettiva.
Basato su una storia vera, questo film francese è diventato un fenomeno globale grazie alla sua capacità di affrontare temi come la disabilità, la classe sociale e il pregiudizio con un’incredibile leggerezza e un cuore enorme. L’umorismo nasce dallo scontro tra due mondi, ma non è mai crudele. Driss non tratta Philippe con pietà, ma con una schiettezza brutale che è esattamente ciò di cui Philippe ha bisogno per sentirsi di nuovo vivo. È una celebrazione dell’amicizia che supera ogni barriera, un film che fa ridere di gusto e commuove fino alle lacrime, dimostrando che la vera connessione umana non conosce confini.
Toni Erdmann (2016)
Winfried, un insegnante di musica solitario e burlone, decide di riconnettersi con sua figlia Ines, una consulente aziendale ambiziosa e maniaca del lavoro che vive a Bucarest. Dopo un primo tentativo fallito, Winfried si ripresenta sotto le spoglie del suo assurdo alter ego, “Toni Erdmann“, un life coach con parrucca e denti finti, che si insinua nella vita professionale di Ines, creando scompiglio e situazioni imbarazzanti.
Questo capolavoro tedesco è una delle commedie più originali e profonde degli ultimi decenni. Il film, lungo quasi tre ore, costruisce lentamente un’atmosfera di imbarazzo e disagio, generando risate che sono spesso a denti stretti. L’umorismo nasce dall’assurdità delle situazioni create da Toni, che smaschera l’ipocrisia e la vacuità del mondo aziendale. Ma sotto la superficie comica si cela un dramma straziante su un padre che cerca disperatamente di raggiungere una figlia che ha perso il senso della gioia. Due scene in particolare, un’imbarazzante ma liberatoria interpretazione di una canzone di Whitney Houston e un “naked party” improvvisato, sono momenti di cinema indimenticabili che racchiudono perfettamente l’equilibrio tra il ridicolo e il sublime.
Captain Fantastic (2016)
Ben Cash ha cresciuto i suoi sei figli isolato dalla società, nelle foreste del Pacifico nord-occidentale, insegnando loro abilità di sopravvivenza e un’educazione rigorosa basata sulla filosofia e la letteratura. Quando una tragedia familiare li costringe a lasciare il loro paradiso e a confrontarsi con il mondo moderno, i loro ideali e il metodo educativo di Ben vengono messi a dura prova.
Captain Fantastic è una riflessione intelligente e commovente sull’educazione, la società e il compromesso. La commedia nasce dallo scontro tra la famiglia Cash, con la loro onestà brutale e la loro ignoranza delle convenzioni sociali, e il mondo esterno, consumista e superficiale. Il dramma emerge quando Ben è costretto a mettere in discussione le sue scelte, chiedendosi se il suo tentativo di proteggere i figli li abbia in realtà resi vulnerabili e impreparati. Viggo Mortensen offre una performance straordinaria nel ruolo di un padre amorevole ma dogmatico, in un film che non offre risposte facili ma invita a riflettere su cosa significhi veramente preparare i propri figli alla vita.
L'incredibile storia della signora del terzo piano

Drammatico, di Isabel Russinova, Italia, 2017.
Mara, il Principe, Lyuba, il Ceceno, Mezzanota, Gianni, Alexia, Viperetta, Cicci appartengono a realtà molto diverse ma vivono nella stessa città. Non si conoscono, ma le loro strade sono destinate ad incrociarsi ed a vivere eventi comuni in un solo giorno: qualcuno di loro non riuscirà a redimersi, qualcuno è destinato a soccombere definitivamente, qualcun altro uscirà vittorioso dalla vicenda. L'azione si svolge nell'arco di un fine settimana ed ha per protagonista Mara, sarta che lavora con austero silenzio e diligenza nel quartiere dei teatri: è una donna insicura che abita in un condominio uguale a tanti altri. Divide una stanza al terzo piano con un'amica che è esattamente il suo opposto, eccentrica ed egoista, che sfrutta e non si fa scrupolo a sedurre uno squallido ragioniere da cui spera di avere qualche beneficio. Nella stessa città trascinano la loro miserabile esistenza i componenti di un gruppo di un circo, una coppia di Thugs, un ladro che abita nello stesso palazzo di Mara, al piano di sopra, un baby killer, un immigrato, un fattorino di pizze, un regista mediocre e presuntuoso, un venditore ambulante di colori. Le loro storie si intersecano e si dissolvono in un fine settimana. Mara per sbaglio verrà sorpresa alla ricerca di alcuni gioielli rubati all'inquilino del piano di sopra. Dopo quella notte diventerà un'altra persona.
Una favola nera, immersa nel neorealismo metropolitano contemporaneo, che a tratti diventa una commedia tragica. L'incredibile storia della signora del terzo piano è un racconto surreale che descrive con durezza e realismo le sofferenze assurde e la poesia del mondo contemporaneo. Una storia di emarginazione, di perdenti, di outsider. Anime inquiete, angosciate e disperate in una società che si nutre della continua propaganda di falsi miti, che spinge ogni individuo a essere un vincente senza scrupoli. Ma forse esiste un altro modo di vivere.
LINGUA: italiano
SOTTOTITOLI: inglese
C’mon C’mon (2021)
Johnny, un giornalista radiofonico, sta realizzando un progetto in cui intervista bambini e ragazzi in giro per l’America sul loro futuro. Quando sua sorella gli chiede di badare a suo figlio di nove anni, Jesse, Johnny si ritrova a dover conciliare il suo lavoro con le responsabilità di un genitore improvvisato. Il viaggio che intraprendono insieme, da Los Angeles a New York a New Orleans, li porterà a creare un legame inaspettato e profondo.
Girato in un elegante bianco e nero, il film di Mike Mills è un’opera di una delicatezza e di un’umanità rare. È una meditazione sull’ascolto, sulla memoria e sulle complessità dei legami familiari. Il lavoro di Johnny diventa una metafora del film stesso: un tentativo di dare voce a chi spesso non viene ascoltato. La relazione tra Johnny (un Joaquin Phoenix tenero e vulnerabile) e il piccolo Jesse è il cuore del film, descritta con un’autenticità che evita ogni sentimentalismo. C’mon C’mon non ha grandi colpi di scena, ma la sua forza risiede nei piccoli momenti di connessione, nelle conversazioni oneste e nella capacità di catturare la bellezza agrodolce del tempo che passa.
Aftersun (2022)
Alla fine degli anni ’90, la undicenne Sophie trascorre una vacanza in un resort turco con suo padre Calum, giovane e amorevole. Vent’anni dopo, Sophie, ormai adulta, ripensa a quei giorni, utilizzando i suoi ricordi e i filmati sgranati di una videocamera per cercare di comprendere l’uomo che conosceva e quello che le era sconosciuto, un padre che lottava con una malinconia che lei all’epoca poteva solo intuire.
Il film d’esordio di Charlotte Wells è un capolavoro di suggestione e non detto. Opera sulla linea sottile che separa un ricordo felice da una tragedia imminente, creando un senso di nostalgia pervaso da un dolore inespresso. Le immagini, calde e assolate, e l’uso dei video amatoriali, catturano perfettamente l’atmosfera di una vacanza estiva, ma piccoli dettagli e momenti di silenzio rivelano la profonda tristezza di Calum. Non è un film che spiega, ma che evoca. La sua struttura frammentata riflette la natura stessa della memoria, fatta di lampi, sensazioni e domande senza risposta. È un’opera devastante e bellissima sulla memoria, sul lutto e sul tentativo impossibile di conoscere veramente le persone che amiamo.
CODA (2021)
Ruby Rossi è l’unica persona udente in una famiglia di sordi. La sua vita è divisa tra l’aiutare la famiglia nella loro attività di pesca e la sua passione segreta per il canto. Quando il suo insegnante di coro la incoraggia a fare un’audizione per una prestigiosa scuola di musica, Ruby si trova di fronte a una scelta impossibile: seguire il suo sogno o rimanere per aiutare la sua famiglia, che dipende da lei come interprete.
Vincitore dell’Oscar come miglior film, CODA (acronimo di Child of Deaf Adults) è una commedia drammatica che scalda il cuore senza essere stucchevole. Il film esplora con sensibilità i temi della famiglia, del dovere e della ricerca della propria voce. Il conflitto centrale, unico e potente, genera sia momenti di comica incomprensione sia scene di profonda risonanza emotiva. La sequenza in cui il padre sordo “ascolta” la figlia cantare appoggiando le mani sulla sua gola per sentirne le vibrazioni è di una bellezza disarmante. È un racconto di formazione edificante e inclusivo, che celebra il potere della musica e l’amore incondizionato della famiglia.
Minari (2020)
Negli anni ’80, una famiglia coreano-americana si trasferisce dalla California a una fattoria rurale in Arkansas in cerca del proprio sogno americano. Mentre il padre, Jacob, investe tutte le sue speranze nella coltivazione di ortaggi coreani, la famiglia deve affrontare le difficoltà dell’isolamento, le sfide della terra e l’arrivo della nonna dalla Corea, una donna eccentrica e anticonformista.
Minari è uno sguardo intimo e delicato sull’esperienza dell’immigrazione e sulla resilienza dei legami familiari. Il film trova un umorismo gentile e un dramma profondo nelle piccole lotte quotidiane della famiglia Yi. Non è una storia di grandi eventi, ma di piccoli gesti, di fede messa alla prova e della fatica di mettere radici in una terra straniera. Il minari, un’erba coreana che cresce rigogliosa ovunque venga piantata, diventa il simbolo della capacità della famiglia di adattarsi e prosperare. È un film pieno di grazia e autenticità, un ritratto universale di speranza e di cosa significhi veramente costruire una casa.
The Astronot

Commedia, dramma, di Tim Cash, Stati Uniti, 2018.
Daniel McKovsky è un'anima perduta che vaga per l'universo. Da solo per 30 anni passa le notti a fissare il cielo con un telescopio di ottone come unico compagno. Mentre guarda verso l'alto, la sua mente torna a quel giorno in cui da ragazzo suo padre non tornò dalla seconda guerra mondiale. Avendo già perso sua madre durante il parto, questo secondo colpo manda Daniel lungo un oscuro sentiero di isolamento nelle profondità dei boschi dell'Oregon centrale. Mentre fissa la luna negli anni '50 e '60, Daniel sogna di diventare un astronauta. L'ironia però è che raramente si avventura lontano da ciò che lo circonda. L'unica scintilla nella sua vita in quel momento è la corsa allo spazio tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica per diventare la prima nazione a raggiungere la luna. Nel 1969 una giovane impiegata delle poste di nome Sandy cammina lungo il suo vialetto con un pacco per lui. E' l'antitesi di Daniel; estroversa e vivace rispetto alla sua natura tranquilla e riservata.
The Astronot è la singolare storia di un personaggio ingenuo e puro che ricorda per certi aspetti il celebre Forrest Gump, ma al contrario di lui è destinato ad essere sempre tra i perdenti. Dall'infanzia all'età adulta Daniel non perde mai l'entusiasmo per la vita, anche se deve accontentarsi solo di raccattare oggetti metallici in una landa desolata e vive completamente solo dopo aver perso entrambe i genitori. The Astronot è una commedia romantica con un'estetica vintage, ambientata in una remota zona rurale degli Stati Uniti. Nonostante il tono divertente però gli eventi della vita hanno un impatto drammatico nella vita di Daniel, quasi come una maledizione, un tradimento continuo dell'esistenza che si prende gioco di un anima fragile. Un personaggio buffo che vive situazioni tragiche e crea una forte empatia con lo spettatore del film.
LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano
Kajillionaire (2020)
Old Dolio è stata cresciuta dai suoi genitori, due truffatori di mezza tacca, non come una figlia, ma come una complice nelle loro bizzarre e piccole truffe. La loro dinamica familiare, fredda e transazionale, viene sconvolta quando, durante un colpo, coinvolgono una sconosciuta, Melanie, che mostra a Old Dolio un mondo di calore e affetto che non aveva mai conosciuto.
Ancora una volta, Miranda July esplora la stranezza delle connessioni umane, questa volta concentrandosi sul danno emotivo di un’educazione priva di affetto. La commedia, assurda e surreale, nasce dalle truffe strampalate della famiglia, come quella di evitare il padrone di casa nascondendosi dietro un muro di schiuma che cola dalla fabbrica accanto. Il dramma, invece, emerge dal lento e doloroso risveglio di Old Dolio alla consapevolezza di non essere mai stata amata. È un film profondamente originale e toccante sulla scoperta tardiva dell’amore e sulla possibilità di scegliere la propria famiglia.
Shoplifters (2018)
In un angolo di Tokyo, una famiglia improvvisata sopravvive ai margini della società grazie a piccole truffe e taccheggi. Un giorno, accolgono in casa una bambina maltrattata, trovata sola al freddo. Nonostante la povertà, condividono con lei ciò che hanno, creando un legame che sembra più forte di quelli di sangue. Ma un evento imprevisto porterà alla luce i segreti che li uniscono e minaccerà di distruggere il loro fragile equilibrio.
Vincitore della Palma d’Oro a Cannes, il capolavoro di Hirokazu Kore-eda mette in discussione la definizione stessa di famiglia. Il film ritrae questo gruppo di criminali da quattro soldi con un calore e un umorismo che ce li rendono immediatamente cari. Viviamo con loro i piccoli momenti di gioia e di affetto, prima che una svolta drammatica riveli le verità strazianti che si celano dietro la loro unione. Shoplifters è un’opera di una sensibilità immensa, una critica sociale potente ma mai urlata, che ci chiede cosa renda davvero una famiglia tale: i legami di sangue o i legami scelti e nutriti con amore, anche nelle circostanze più disperate.
The Big Sick (2017)
Kumail, un comico di origini pakistane, si innamora di Emily, una studentessa americana, ma la loro relazione è complicata dalle pressioni della sua famiglia tradizionalista, che si aspetta per lui un matrimonio combinato. Quando Emily viene colpita da una misteriosa malattia ed entra in coma, Kumail si ritrova a dover gestire la crisi con i genitori di lei, che non aveva mai incontrato, mentre affronta il conflitto tra la sua famiglia e il suo cuore.
Basato sulla vera storia degli sceneggiatori Kumail Nanjiani ed Emily V. Gordon, The Big Sick è una commedia romantica intelligente, divertente e incredibilmente toccante. Il film naviga con abilità tra il mondo della stand-up comedy, le dinamiche di uno scontro culturale e il dramma quasi surreale di una crisi medica. L’umorismo non è mai forzato e il dramma non è mai melodrammatico. È una storia onesta sull’amore, la famiglia e il compromesso, che riesce a essere specifica nella sua rappresentazione culturale e allo stesso tempo universale nei suoi temi.
Hunt for the Wilderpeople (2016)
Ricky Baker è un ragazzino ribelle e problematico di città, affidato a una nuova famiglia adottiva nella remota campagna neozelandese. Dopo un’improvvisa tragedia, Ricky e il suo scontroso “zio” adottivo Hec si ritrovano a essere oggetto di una caccia all’uomo nazionale, costretti a fuggire insieme nella selvaggia boscaglia. Inizia così un’avventura esilarante e commovente.
Il film di Taika Waititi è un’esplosione di umorismo eccentrico, dialoghi fulminanti e cuore. La chimica tra il giovane Julian Dennison e il veterano Sam Neill è perfetta, creando una delle coppie più improbabili e amabili del cinema recente. Il film bilancia magistralmente la commedia quasi slapstick delle loro disavventure con una storia sinceramente commovente sulla ricerca di una famiglia e di un posto nel mondo. È un’avventura che celebra la natura selvaggia della Nuova Zelanda e lo spirito indomito di due outsider che trovano l’uno nell’altro ciò che non hanno mai avuto.
Paterson (2016)
Paterson è un autista di autobus nella città di Paterson, New Jersey. La sua vita è scandita da una routine rassicurante: guida l’autobus, ascolta le conversazioni dei passeggeri, scrive poesie in un taccuino segreto, porta a spasso il cane e beve una birra nello stesso bar ogni sera. Sua moglie Laura, invece, è un’esplosione di creatività, con sogni sempre nuovi, dal diventare una stella della musica country al lanciare un’attività di cupcake.
Il capolavoro minimalista di Jim Jarmusch è un inno alla bellezza della vita quotidiana. Il film segue una settimana nella vita di Paterson, trovando poesia nei piccoli rituali e nelle osservazioni ordinarie. L’umorismo è gentile e sottile, e il dramma emerge non da grandi eventi, ma da piccoli incidenti che minacciano di rompere il delicato equilibrio della sua esistenza. Adam Driver offre una performance di una quiete e di una profondità straordinarie. Paterson è un film che ci insegna a guardare il mondo con occhi diversi, a trovare l’arte e la meraviglia nella routine e a capire che una vita semplice può essere una vita piena e felice.
Amélie (2001)
Amélie Poulain è una cameriera timida e sognatrice che vive in un mondo magico e idealizzato di Montmartre, a Parigi. Dopo aver trovato una vecchia scatola di ricordi nel suo appartamento e averla restituita al proprietario, decide di dedicare la sua vita a orchestrare segretamente piccoli momenti di gioia per le persone che la circondano. Ma mentre si occupa della felicità altrui, rischia di trascurare la propria.
Visivamente sbalorditivo e pieno di fascino, Le Fabuleux Destin d’Amélie Poulain è una fiaba moderna che ha conquistato il mondo. La commedia nasce dalle elaborate e fantasiose macchinazioni di Amélie, mentre il dramma di fondo è la sua stessa solitudine e la sua difficoltà a connettersi direttamente con gli altri. La regia di Jean-Pierre Jeunet crea una Parigi iper-reale, satura di colori caldi e dettagli stravaganti, che riflette perfettamente la visione del mondo della sua protagonista. È un film che celebra i piccoli piaceri, la gentilezza e il coraggio di aprirsi all’amore.
Submarine (2010)
Oliver Tate è un quindicenne pretenzioso e impacciato che si pone due obiettivi: perdere la verginità con la sua compagna di classe piromane, Jordana, e salvare il matrimonio dei suoi genitori, sospettando che sua madre abbia una relazione con un vicino new age. Narrando le sue disavventure con un’eloquenza da romanziere consumato, Oliver naviga le acque turbolente del primo amore e della crisi familiare.
Il debutto alla regia di Richard Ayoade è una commedia di formazione britannica stilosa e intelligente. L’umorismo, secco e arguto, deriva in gran parte dalla narrazione in prima persona di Oliver, che analizza ogni situazione con una serietà comica e un vocabolario da intellettuale. Sotto questa superficie ironica, però, si cela un dramma sincero sull’insicurezza adolescenziale, sulla paura di perdere la propria famiglia e sulla goffaggine del primo amore. Con un’estetica che omaggia la Nouvelle Vague e una colonna sonora malinconica di Alex Turner, Submarine è un ritratto acuto e divertente di quell’età in cui ci si sente il protagonista di un film che nessuno sta guardando.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione

