Il morto vivente è una delle icone più potenti e durature del cinema horror. L’immaginario collettivo è segnato dall’orda inarrestabile, dalla lotta disperata per la sopravvivenza in un mondo post-apocalittico, come negli assedi claustrofobici di George A. Romero o nel successo globale di The Walking Dead. Questi capolavori hanno definito il genere, trasformando la fine della civiltà in un grande spettacolo.
Ma oltre allo spettacolo della carneficina, lo zombie è sempre stato una metafora malleabile delle nostre ansie sociali. Non è solo un mostro, ma uno specchio. Romero lo ha usato per criticare il consumismo, altri per esplorare il collasso della società, la paranoia del contagio o la disperazione esistenziale. In queste opere, il genere non è solo gore; è un’indagine sulla condizione umana.
Questa guida è un viaggio attraverso l’intero spettro. È un percorso che unisce i grandi classici che hanno definito l’apocalisse zombie alle più innovative commedie nere. Esploreremo l’evoluzione del morto vivente: dall’allegoria politica alla corsa adrenalinica, fino alle più crude produzioni di nicchia che usano il genere per esplorare l’animo umano.

Il romanzo I Am Legend di Richard Matheson del 1954, sebbene classificato come una storia di vampiri, ha avuto un’influenza formidabile sulla categoria degli zombi attraverso George A. Romero. Il romanzo e il suo adattamento cinematografico del 1964, L’ultimo uomo sulla Terra, mostra un unico sopravvissuto umano che fa la guerra contro un mondo di vampiri, per ammissione di Romero stesso ha influenzato in modo significativo il suo film a basso budget del 1968 La notte dei morti viventi, un’opera che era più aderente al principio degli zombi rispetto a qualsiasi opera cinematografica o letteraria precedente.
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Handling the Undead (Håndtering av udøde) (2024)
In una calda giornata estiva a Oslo, uno strano campo elettrico avvolge la città. Improvvisamente, i morti recenti iniziano a risvegliarsi negli obitori e nei cimiteri. Ma in Handling the Undead, non sono mostri che corrono per mangiare cervelli: sono gusci vuoti, tristi e silenziosi, che tornano dalle famiglie che li hanno appena persi. Il film segue tre famiglie che devono gestire il ritorno impossibile dei propri cari (una madre, un figlio, una moglie), in bilico tra la speranza del miracolo e l’orrore della decomposizione.
Tratto dal romanzo di John Ajvide Lindqvist (l’autore di Lasciami entrare), questo è l’anti-film di zombie per eccellenza. È un dramma horror lento, gelido e straziante che usa il morto vivente come metafora del lutto non elaborato. Renate Reinsve (La persona peggiore del mondo) offre una performance dolente in un’opera che fa paura non per il sangue, ma per la tristezza infinita di vedere chi amiamo trasformarsi in qualcosa che non è più umano.
MadS (2024)
Un adolescente spacciatore sta provando una nuova droga sintetica mentre guida verso una festa. Durante il tragitto, si imbatte in una donna ferita che si comporta in modo strano e che, una volta salita in auto, si uccide. Da quel momento, la notte del ragazzo diventa un incubo in tempo reale: l’infezione inizia a diffondersi nella città, trasformando le persone in maniaci omicidi, mentre lui cerca disperatamente di capire se ciò che vede è l’apocalisse o un brutto viaggio (bad trip) causato dalla droga.
Girato in un (apparente) unico piano sequenza senza stacchi, MadS è un tour de force tecnico che ti trascina dentro l’epidemia zombie senza darti un secondo di respiro. È un film francese adrenalinico, sensoriale e claustrofobico, che mescola l’estetica di Climax di Gaspar Noé con la frenesia di un videogioco survival. Un’esperienza immersiva che rinnova il genere puntando tutto sull’ansia della diretta.
Operation Undead (2024)
Thailandia, 1941. Durante l’invasione giapponese nella Seconda Guerra Mondiale, un’unità militare thailandese e il suo giovane comandante si trovano a fronteggiare una minaccia peggiore dei soldati nemici. Una misteriosa arma biologica o una maledizione locale trasforma i combattenti caduti in predatori cannibali. In Operation Undead, la giungla diventa una trappola mortale dove i confini della guerra svaniscono e i soldati devono combattere contro i propri fratelli d’armi trasformati in mostri.
Dalla Thailandia arriva un horror bellico che porta una ventata di aria fresca nel genere. Mescolando il dramma storico con lo splatter, il film esplora l’orrore della guerra attraverso la lente dello zombie. Visivamente curato e molto violento, offre una prospettiva culturale diversa sul mito del non-morto, legandolo al karma e alla tragedia del conflitto fratricida, con un design delle creature originale e spaventoso.
Lisa Frankenstein (2024)
Nel 1989, Lisa è un’adolescente gotica incompresa che passa il tempo nel cimitero locale, innamorata della statua di un giovane uomo vittoriano morto decenni prima. Dopo una tempesta di fulmini bizzarra, il cadavere del ragazzo si risveglia nel suo garage. Invece di scappare, Lisa decide di “ricostruirlo” e migliorarlo, usando parti del corpo di persone che le stanno antipatiche, iniziando una relazione romantica e omicida con il suo zombie personale.
Scritto da Diablo Cody (Juno), questo film è una commedia horror deliziosa e coloratissima che omaggia i cult anni ’80 come Edward mani di forbice e Schegge di follia. Non è un horror puro, ma una “Zom-Com” (Zombie Comedy) piena di stile, musica synth-pop e umorismo nero. Kathryn Newton è perfetta nel ruolo della moderna sposa di Frankenstein in un film che celebra la diversità e l’amore mostruoso con un tocco pop irresistibile.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione
Quale tipo di orrore cerchi?
Gli zombie non sono l’unica minaccia là fuori. Il cinema della paura è un universo vasto che esplora ogni angolo dell’oscurità umana e soprannaturale. Se vuoi andare oltre i morti viventi e scoprire le altre facce del terrore, ecco le nostre guide essenziali.
Horror Indipendente
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Horror Cult (Le Origini)
Non si può parlare di zombie senza parlare dei film che hanno definito il genere. Da La notte dei morti viventi di Romero in poi, ci sono titoli che hanno smesso di essere semplici film per diventare leggende. Se vuoi capire le radici politiche e sociali dei morti viventi, devi partire dai classici.
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Film Splatter
Il genere zombie è il regno della carne, delle viscere e della distruzione fisica. Se cerchi film dove il trucco prostetico e il sangue finto sono i veri protagonisti, e dove lo smembramento è un’arte, questa è la lista per gli stomaci forti.
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Film Horror Divertenti
L’apocalisse non deve per forza essere deprimente. Esiste un filone amatissimo (Zom-Com) che mescola la motosega con la risata, usando l’assurdità dell’invasione zombie per fare satira o pura commedia demenziale.
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Film Horror Italiani
Negli anni ’70 e ’80, l’Italia ha preso gli zombie americani e li ha resi più marci, più sporchi e più surreali. Maestri come Lucio Fulci hanno creato un’estetica unica, fatta di vermi, nebbia e violenza estrema, che ancora oggi è venerata in tutto il mondo.
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Film Horror Coreani
L’ultima grande rivoluzione degli zombie arriva dalla Corea del Sud. Titoli come Train to Busan hanno introdotto una nuova velocità, un’emotività drammatica e una critica sociale affilata, rivitalizzando un genere che sembrava morto.
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Film Fantascienza Horror
Spesso lo zombie non esce dalla tomba, ma da un laboratorio. Quando la scienza sbaglia e i virus trasformano l’umanità in rabbiosi infetti, l’horror incontra la fantascienza distopica.
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La notte dei morti viventi

Horror, di George A. Romero, Stati Uniti, 1968.
Ben e Barbara Huss, insieme ad altre cinque persone, restano intrappolati nella casa colonica di un cimitero della Pennsylvania pieno di "morti viventi". La notte dei morti viventi è stato il primo film della saga di Romero, a cui hanno avuto seguito numerosi remake. Alla sua uscita incassò 18 milioni di dollari in tutto il mondo, diventando un film di culto.
LINGUA: inglese
SOTTOTITOLI: italiano, spagnolo, frencese
I migliori film sugli zombi di tutti i tempi
Lo zombie non è sempre stato un mostro che corre. Prima di diventare l’icona pop che conosciamo, il morto vivente è nato come schiavo del voodoo nelle piantagioni di Haiti, per poi trasformarsi nel 1968, grazie a George A. Romero, nello specchio marcescente delle nostre paure sociali. Questa sezione ripercorre l’evoluzione del genere: dalle atmosfere gotiche in bianco e nero all’esplosione del gore a colori degli anni ’70 e ’80, fino alla ridefinizione moderna. Ecco i capolavori che hanno rifiutato di morire.
J’accuse (1919)
In un villaggio della Provenza, il poeta pacifista Jean Diaz e il violento François Laurin sono rivali in amore per la stessa donna, Edith. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale li costringe a combattere fianco a fianco nelle trincee, dove vivono l’orrore del conflitto. Verso la fine della guerra, Jean, traumatizzato e impazzito, ha una visione apocalittica: i milioni di soldati morti si alzano dalle tombe non per attaccare, ma per tornare a casa e chiedere ai vivi se il loro sacrificio è servito a qualcosa o se l’umanità ha continuato a vivere nell’egoismo e nell’odio.
Diretto da Abel Gance, questo capolavoro del cinema muto è un’opera pacifista monumentale, girata in parte sui veri campi di battaglia (con soldati reali che sarebbero morti pochi giorni dopo). Anche se tecnicamente non sono “zombie” nel senso moderno (non mangiano carne), la celebre “Marcia dei Morti” finale è la prima rappresentazione cinematografica di massa di cadaveri che tornano in vita, creando un’immagine potente e terrificante che ha influenzato tutto l’horror a venire. Un film storico che usa il soprannaturale per un atto di accusa morale.
L’isola degli zombies (White Zombie) (1932)
Madeleine e Neil sono una giovane coppia innamorata che arriva ad Haiti per sposarsi nella tenuta del ricco Beaumont. Quest’ultimo, ossessionato da Madeleine, si rivolge al misterioso “Murder” Legendre (Bela Lugosi), un maestro del voodoo che possiede un mulino gestito interamente da schiavi non-morti. Legendre offre a Beaumont una pozione che induce una morte apparente: Madeleine viene sepolta, trafugata dalla tomba e risvegliata come uno zombi senza volontà, uno splendido guscio vuoto sotto il controllo mentale dello stregone, che presto tradirà anche il suo cliente per tenersi la donna.
Considerato il primo lungometraggio di zombi della storia, il film definisce l’archetipo dello zombi “classico” haitiano: non un mostro cannibale, ma uno schiavo privo di anima, vittima di un padrone malvagio. L’interpretazione teatrale di Bela Lugosi e le scenografie gotiche creano un’atmosfera onirica e fiabesca, molto diversa dall’horror viscerale moderno. È un film sull’orrore della perdita del libero arbitrio, visivamente affascinante per il suo uso delle ombre e dei silenzi.
Maniac (1934)
Don Maxwell è un ex attore di vaudeville che lavora come assistente del Dr. Meirschultz, uno scienziato pazzo convinto di poter resuscitare i morti. Quando il dottore lo spinge troppo oltre, Maxwell lo uccide in un impeto di follia e, grazie alle sue doti di imitatore, ne assume l’identità per ingannare i vicini e continuare gli esperimenti. Ma la sua sanità mentale si sgretola rapidamente: tormentato dalle allucinazioni, dalla paranoia e da un gatto nero che ha murato vivo insieme al cadavere (chiaro omaggio a Edgar Allan Poe), Maxwell finisce per iniettare il siero della rianimazione al morto, scatenando un finale delirante.
Diretto da Dwain Esper, questo film è un esempio leggendario di cinema exploitation “trash” degli anni ’30. Nato come finto documentario educativo sulle malattie mentali per aggirare la censura, è un’opera tecnicamente povera ma involontariamente surreale e disturbante. Include scene di nudità gratuite, recitazione sopra le righe e una trama sconnessa che lo rendono un “so bad it’s good” imperdibile per i cultori del bizzarro.
Ouanga (1936)
Klili Gordon è una proprietaria di piantagione haitiana, colta e sofisticata, che nasconde un segreto: è una sacerdotessa voodoo. Quando il suo ex amante bianco, Adam, torna sull’isola con la sua nuova fidanzata americana, la gelosia di Klili esplode. Decide di usare i suoi poteri oscuri per resuscitare due zombi dalla giungla e scagliarli contro la coppia rivale. Il suo piano di vendetta magica si scontra però con la superstizione locale e con le conseguenze tragiche di evocare forze che non si possono controllare del tutto.
Notevole per essere uno dei primi film a trattare il voodoo come una pratica complessa (e non solo come magia nera da cattivi), Ouanga si distingue per aver dato il ruolo di protagonista e villain a Fredi Washington, un’attrice afroamericana, cosa rarissima per l’epoca. Girato in location reali nei Caraibi, offre uno sguardo affascinante, seppur datato, sul folklore haitiano, mescolando il melodramma romantico con l’horror soprannaturale.
Revolt of the Zombies (1936)
Durante la Prima Guerra Mondiale, un sacerdote cambogiano che possiede il segreto per creare soldati zombi invincibili viene ucciso, ma la sua formula viene trafugata. Anni dopo, una spedizione archeologica internazionale si reca nell’antica città di Angkor Wat per distruggere o recuperare quel potere pericoloso. Uno dei membri della spedizione, Armand Louque, scopre il segreto e, ossessionato dal potere e dall’amore non corrisposto, decide di creare un esercito personale di non-morti per dominare i suoi compagni e il mondo.
Seguito spirituale di White Zombie, questo film sposta l’azione da Haiti all’Indocina, mescolando l’horror con l’avventura esotica. La caratteristica unica è la rappresentazione degli zombi non come singoli mostri, ma come una forza militare irreggimentata, un’idea che anticipa di decenni i moderni soldati universali. Sebbene soffra di un ritmo lento, è interessante per l’uso degli “occhi ipnotici” di Bela Lugosi (riciclati dal film precedente) sovrimpressi sullo schermo per indicare il controllo mentale.
The Ghost Breakers (1940)
Lawrence Lawrence (Bob Hope) è un conduttore radiofonico di cronaca nera che, per sfuggire a un gangster che crede di aver ucciso, si nasconde nel baule di Mary Carter (Paulette Goddard), una ricca ereditiera in viaggio verso Cuba. Mary ha appena ereditato una piantagione su un’isola remota, conosciuta come “Castillo Maldito”, che si dice sia infestata da fantasmi e zombi voodoo. Arrivati al castello, i due devono affrontare presenze soprannaturali reali e truffatori umani che cercano di spaventarli per rubare un tesoro nascosto.
Questa commedia horror è un classico assoluto che ha ispirato Ghostbusters e i film di Scooby-Doo. Bob Hope è in forma smagliante nel ruolo del codardo che fa battute di fronte al pericolo, creando un perfetto equilibrio tra risate e brividi genuini (la scena dello zombi gigante è ancora oggi inquietante). È uno dei migliori esempi di “Old Dark House movie”, dove l’ambientazione gotica e i mostri servono da sfondo per una farsa brillante e ritmata.
King of the Zombies (1941)
Durante la Seconda Guerra Mondiale, un aereo che trasporta un agente speciale americano precipita su un’isola remota dei Caraibi a causa di una tempesta radio. I sopravvissuti (il pilota, l’agente e il suo valletto) trovano rifugio nella villa del Dr. Miklos Sangre, un aristocratico austriaco che nasconde simpatie naziste. Presto scoprono che il dottore sta usando riti voodoo e ipnosi per creare zombi e interrogare un ammiraglio americano rapito, nel tentativo di ottenere segreti militari per le potenze dell’Asse.
Questo film mescola tre generi popolari dell’epoca: il film di guerra/spionaggio, l’horror voodoo e la commedia (grazie al personaggio di Mantan Moreland). Sebbene la rappresentazione razziale sia datata, il film è un documento storico interessante che mostra come Hollywood usasse il mito dello zombi come metafora della minaccia nazista (il controllo mentale totalitario). Candidato all’Oscar per la colonna sonora, è un B-movie divertente e bizzarro.
A mezzanotte corre il terrore (Bowery at Midnight) (1942)
Il professor Brenner (Bela Lugosi) conduce una doppia vita: di giorno è un rispettato docente di psicologia che tiene lezioni sulla devianza criminale; di notte gestisce sotto falso nome una mensa per poveri nel malfamato quartiere Bowery di New York. In realtà, la mensa è una facciata per reclutare criminali disperati per la sua banda. Quando i suoi complici diventano un peso o un rischio, Brenner li uccide e li seppellisce nella cantina, dove un medico drogato li rianima trasformandoli in zombi guardiani che proteggono il suo impero sotterraneo.
Un thriller horror della Monogram Pictures che offre a Bela Lugosi uno dei suoi ruoli più complessi e crudeli. Il film è notevole per il suo tono nichilista: il protagonista è un intellettuale sociopatico che manipola tutti. Il finale nella cantina, con la rivolta degli zombi contro il loro creatore, è un classico del contrappasso horror. Un piccolo gioiello povero ma cattivo, che mostra il lato oscuro della filantropia.
Ho camminato con uno zombi (1943)
Betsy, un’infermiera canadese, viene assunta per prendersi cura di Jessica Holland, la moglie di un proprietario terriero in un’isola dei Caraibi. Jessica vive in uno stato catatonico, incapace di parlare o provare emozioni, e gli abitanti locali credono sia uno zombi. Betsy, innamoratasi del marito di Jessica e volendo curarla, decide di portarla di notte a una cerimonia voodoo locale nella speranza di uno shock o di un miracolo, ma scoprirà che la condizione della donna è legata a segreti familiari tragici e non solo alla magia.
Prodotto dal genio Val Lewton e diretto da Jacques Tourneur, questo film è considerato il vertice poetico del cinema di zombi classico. È una rilettura di Jane Eyre in chiave horror, dove la paura non nasce dai mostri, ma dall’atmosfera, dai suoni della giungla e dalle ombre. Non ci sono scene splatter, ma una tensione psicologica e onirica costante. La sequenza della passeggiata notturna attraverso i campi di canna da zucchero è una delle più belle e inquietanti della storia del cinema.
Banditi atomici (Creature with the Atom Brain) (1955)
Un gangster americano deportato torna in patria per vendicarsi dei nemici che lo hanno tradito. Per farlo, si allea con uno scienziato ex-nazista che ha scoperto come rianimare i cadaveri usando le radiazioni atomiche. Questi “zombi atomici” sono soldati perfetti: possiedono forza sovrumana, non provano dolore, sono antiproiettile e possono essere guidati a distanza tramite comandi vocali per compiere omicidi mirati, lasciando la polizia nel panico totale.
Scritto dal leggendario Curt Siodmak, questo film sposta lo zombi dal folklore magico alla fantascienza atomica della Guerra Fredda. I morti viventi qui non sono schiavi mistici, ma robot biologici a batteria (hanno elettrodi in testa e cicatrici visibili). È un poliziesco d’azione frenetico e violento per l’epoca, che anticipa il concetto di “supersoldato non morto” che diventerà popolare decenni dopo. Un cult della paranoia anni ’50.
The Four Skulls of Jonathan Drake (1959)
La famiglia Drake è perseguitata da secoli da una terribile maledizione: ogni uomo della stirpe muore giovane e viene decapitato post-mortem. Jonathan Drake scopre che la causa è un antico stregone immortale, Zutai, che vuole vendicarsi di un antenato dei Drake che aveva sterminato la sua tribù di cacciatori di teste in Amazzonia. Zutai, aiutato da uno zombi nativo con la bocca cucita, vive in una cripta nascosta e colleziona i teschi rimpiccioliti della famiglia per completare il suo rituale.
Un horror macabro e insolito che mescola il tema delle teste rimpicciolite (tsantsa) con la maledizione familiare. Il film è ricordato soprattutto per il design inquietante dello zombi assistente e per il finale grottesco in cui lo stregone, la cui testa è stata staccata dal corpo secoli prima e riattaccata magicamente, subisce il suo destino. Un B-movie d’atmosfera che gioca con l’esotismo nero tipico degli anni ’50.
La lunga notte dell’orrore (The Plague of the Zombies) (1966)
In un villaggio della Cornovaglia vittoriana, una misteriosa epidemia sta uccidendo i giovani abitanti, che sembrano morire per poi sparire dalle tombe. Il dottor Peter Tompson chiede aiuto al suo vecchio mentore, Sir James Forbes. I due scoprono che lo scudiero locale, Clive Hamilton, ha vissuto ad Haiti e sta usando antichi riti voodoo per creare una forza lavoro di zombi instancabili da sfruttare nella sua miniera di stagno ormai esaurita.
La Hammer Films, famosa per Dracula e Frankenstein, realizza qui il suo unico film di zombi, ed è un capolavoro. Visivamente splendido e colorato, anticipa l’estetica putrescente di Romero: per la prima volta gli zombi non sono solo attori pallidi, ma cadaveri in decomposizione con pelle grigia e occhi vuoti che escono fisicamente dalla terra (la scena del sogno nel cimitero è iconica). È un film che unisce il gotico inglese alla critica sociale sullo sfruttamento della classe lavoratrice.
Le tombe dei resuscitati ciechi (Tombs of the Blind Dead) (1972)
Durante una vacanza in Portogallo, un uomo e due donne finiscono per caso tra le rovine di un monastero medievale abbandonato dove, secondo la leggenda, i Templari praticavano messe nere e sacrifici umani per ottenere l’immortalità, prima di essere giustiziati e lasciati in pasto ai corvi che cavarono loro gli occhi. Di notte, i cadaveri mummificati e ciechi dei cavalieri escono dalle tombe: non vedono, ma cacciano le loro vittime seguendo il suono del battito cardiaco e del respiro, cavalcando cavalli fantasma al rallentatore.
Primo capitolo di una celebre saga spagnola diretta da Amando de Ossorio, questo film ha creato uno dei mostri più iconici dell’horror europeo: i Templari Ciechi. L’aspetto scheletrico e barbuto degli zombi, unito alla regia che usa il ralenti per rendere i loro movimenti onirici e inesorabili, crea un’atmosfera di terrore puro. Non sono zombi che mangiano cervelli, ma vampiri mummificati che bevono sangue e usano spade antiche. Un cult assoluto per il suo design visivo unico.
Non si deve profanare il sonno dei morti (1974)
Nella campagna inglese vicino a Manchester, il governo sta testando una nuova macchina agricola sperimentale che usa radiazioni ultrasoniche per uccidere i parassiti. Due giovani di passaggio, George ed Edna, si scontrano con la polizia locale mentre strani omicidi iniziano a verificarsi nella zona. Scoprono con orrore che le radiazioni della macchina non uccidono solo gli insetti, ma rianimano i sistemi nervosi dei cadaveri recenti nell’obitorio e nel cimitero, trasformandoli in assassini cannibali che contagiano i vivi.
Conosciuto come The Living Dead at Manchester Morgue, questo film italo-spagnolo di Jorge Grau è uno dei migliori zombie movie dell’era post-Romero. È un film ecologista e politico: il vero cattivo non sono i morti (che sono una conseguenza dell’inquinamento tecnologico), ma la polizia fascista e ottusa che si rifiuta di credere ai giovani “hippie” protagonisti. Famoso per il suo splatter realistico e per l’ambientazione brumosa e diurna che rende l’orrore ancora più tangibile.
L’occhio nel triangolo (Shock Waves) (1977)
Un gruppo di turisti su una piccola imbarcazione si perde in una nebbia densa e giallastra, incagliandosi vicino a un’isola tropicale deserta dove sorge un vecchio hotel in rovina. Lì vive un ex comandante delle SS (Peter Cushing) in esilio. I naufraghi scoprono presto che l’isola nasconde il segreto dei “Totenkorps”: una squadra speciale di soldati zombi nazisti creati durante la guerra per combattere senza bisogno di aria o cibo. Questi soldati, conservati sott’acqua per decenni, si sono risvegliati e iniziano a emergere dal mare per uccidere chiunque si trovi sull’isola.
Un piccolo cult d’atmosfera che punta tutto sull’immagine inquietante degli zombi acquatici: soldati biondi con occhiali scuri che camminano sul fondale marino e emergono silenziosamente dalle onde. Non è un film gore (c’è poco sangue), ma un horror di suspense basato sull’isolamento e sull’inesorabilità della minaccia. La presenza di Peter Cushing e John Carradine eleva questo B-movie a classico del genere “Nazi Zombie”.
Incubo sulla città contaminata (1980)
Un aereo militare non autorizzato atterra in un aeroporto civile di una metropoli. Dalla scaletta non scendono passeggeri, ma un’orda di esseri deformi e velocissimi che massacrano la polizia e i giornalisti presenti con armi da taglio e mitragliatrici. È l’inizio di un’epidemia causata da una fuga radioattiva: gli “infetti” non sono morti che camminano, ma esseri umani mutati che necessitano di sangue fresco per non disintegrarsi. Il giornalista Dean Miller cerca disperatamente di fuggire dalla città in quarantena insieme alla moglie, mentre l’esercito prepara la “soluzione finale”.
Umberto Lenzi dirige un film fondamentale che ha anticipato di 20 anni 28 giorni dopo. Qui gli “zombi” corrono, guidano macchine, usano armi e agiscono con una strategia militare. È un film frenetico, trash e ultraviolento, che rifiuta le regole gotiche per un approccio action e catastrofico. Quentin Tarantino lo ha definito uno dei suoi film preferiti per l’energia folle e il trucco “faccia da pizza” delle creature. Un caposaldo del cinema bis italiano.
Morti e sepolti (1981)
Lo sceriffo Dan Gillis indaga su una serie di omicidi brutali nella tranquilla cittadina costiera di Potter’s Bluff, dove gli stranieri di passaggio vengono aggrediti da folle di cittadini apparentemente normali che li fotografano mentre muoiono. Dan scopre presto una verità agghiacciante: le vittime non restano morte. Grazie alle cure dell’eccentrico medico legale Dobbs, i cadaveri vengono ricomposti e “rianimati” per reinserirsi nella comunità come cittadini modello, docili e sorridenti, ma che nascondono una natura putrescente sotto la pelle ricostruita.
Diretto da Gary Sherman e scritto dagli autori di Alien, Morti e sepolti è un cult horror ingiustamente dimenticato che mescola il giallo investigativo con l’orrore gotico. Non è il classico film di zombi cannibali alla Romero, ma una variazione inquietante sul tema del controllo e della perfezione sociale. Con gli effetti speciali del leggendario Stan Winston e un’atmosfera nebbiosa e opprimente, il film culmina in uno dei finali a sorpresa più scioccanti e nichilisti degli anni ’80. Jack Albertson è memorabile nel ruolo del “creatore” che si considera un artista della morte.
Zeder (1983)
Stefano, un giovane scrittore bolognese, riceve in regalo dalla moglie una macchina da scrivere usata. Nel nastro inchiostrato trova un testo misterioso scritto da uno scienziato, Paolo Zeder, che teorizzava l’esistenza di “Terreni K”, luoghi geologici speciali capaci di sospendere il tempo e riportare in vita i morti seppelliti lì. La sua indagine lo porta in una colonia estiva abbandonata vicino a Rimini, dove scopre che gli esperimenti di Zeder non si sono mai fermati e che qualcuno sta ancora cercando di sconfiggere la morte, creando però mostruosità che tornano dall’aldilà cambiate e violente.
Pupi Avati firma uno dei vertici dell’horror italiano, un film che anticipa di anni le tematiche di Pet Sematary di Stephen King. Lontano dallo splatter, Zeder è un horror padano fatto di silenzi, atmosfere rurali inquietanti e una tensione che cresce lentamente. Avati mescola la scienza di confine con il folklore locale, creando un senso di minaccia realistico e palpabile. Il finale agghiacciante, che chiude il cerchio tra amore e orrore, è una delle sequenze più potenti del cinema di genere nostrano.
La notte della cometa (1984)
La Terra attraversa la coda di una cometa che non passava da 65 milioni di anni, l’evento che estinse i dinosauri. La mattina dopo, la maggior parte dell’umanità è stata ridotta in polvere rossa. Le uniche sopravvissute a Los Angeles sembrano essere due sorelle adolescenti, Regina e Samantha, che si sono salvate perché passavano la notte in luoghi schermati (una cabina di proiezione e un capanno di metallo). Le ragazze, armate di mitra e vestiti alla moda, devono sopravvivere in una città deserta, affrontando zombi affamati (le persone non del tutto polverizzate) e un gruppo di scienziati sinistri che vuole il loro sangue non contaminato per creare un siero.
Questo film è un gioiello della commedia horror sci-fi anni ’80, un mix irresistibile di L’alba dei morti viventi e Ragazze a Beverly Hills. Thom Eberhardt crea un’apocalisse pop e colorata, dove la fine del mondo è solo un altro inconveniente tra lo shopping e i ragazzi. È un cult femminista ante-litteram che celebra l’intraprendenza giovanile con ironia e stile, diventato un punto di riferimento per il cinema di genere leggero e intelligente.
Dimensione terrore (1986)
Nel 1959, un esperimento alieno contenente lumache parassite si schianta sulla Terra; nel 1986, due studenti universitari lo scongelano per errore come scherzo. Le lumache spaziali si liberano, entrano nella bocca delle persone e le trasformano in zombi senza cervello che ripetono ossessivamente le azioni della loro vita precedente. Mentre l’infezione si diffonde nel campus universitario proprio la sera del ballo formale, un detective depresso (Tom Atkins) e un gruppo di studenti devono armarsi di lanciafiamme e coraggio per fermare l’invasione prima che le creature si moltiplichino.
L’esordio alla regia di Fred Dekker è un omaggio affettuoso e citazionista ai B-movies degli anni ’50, aggiornato con il gore e l’umorismo degli anni ’80. Dimensione terrore (Night of the Creeps) è puro divertimento splatstick: mescola alieni, zombi, slasher e commedia liceale in un cocktail perfetto. Famoso per la battuta cult “Ho buone notizie e cattive notizie. La buona è che i vostri ragazzi sono qui. La cattiva è che sono morti”, è un film che celebra il genere horror ridendoci insieme.
Il serpente e l’arcobaleno (1988)
L’antropologo Dennis Alan viene inviato ad Haiti da una casa farmaceutica per trovare la “polvere zombi”, una sostanza usata nei rituali voodoo che induce una morte apparente e potrebbe rivoluzionare l’anestesia moderna. La sua ricerca lo porta a scontrarsi con Dargent Peytraud, un potente e sadico capo della Tonton Macoute (la polizia segreta haitiana) che usa la magia nera per terrorizzare la popolazione. Alan scopre sulla sua pelle che la zombificazione non è solo chimica, ma un processo spirituale terrificante che ruba l’anima della vittima.
Wes Craven si allontana dagli slasher per dirigere un horror politico e psicologico basato sul saggio di Wade Davis. Girato in location reali tra Haiti e la Repubblica Dominicana, Il serpente e l’arcobaleno è un film visivamente potente e allucinatorio che riporta lo zombi alle sue radici folkloristiche originali. Non ci sono morti che mangiano carne, ma la paura ben più reale di essere sepolti vivi e schiavizzati. Bill Pullman offre una performance intensa in un viaggio incubo tra scienza e superstizione.
I morti accanto casa (1989)
In un’America devastata da un virus creato in laboratorio che trasforma i morti in zombi carnivori, il governo ha istituito una “Zombie Squad” per contenere l’epidemia. La squadra viene inviata in una cittadina dell’Ohio per recuperare un siero sperimentale sviluppato dal Dr. Bowcroft, ma si trova nel mezzo di una guerra a tre: gli zombi affamati, i militari corrotti e una setta religiosa guidata dal folle Reverendo Jones, che crede che i morti viventi siano una punizione divina da proteggere e nutrire, non da sterminare.
Prodotto da Sam Raimi (con i soldi di La Casa 2) e girato in Super-8 dal giovanissimo J.R. Bookwalter, questo è il santo graal dello zombi-movie amatoriale. Nonostante il budget inesistente, The Dead Next Door è un film ambizioso e divertente che trabocca di effetti splatter creativi e citazioni (i personaggi si chiamano come registi horror famosi). È un’opera grezza ma piena di cuore, che cattura perfettamente lo spirito del cinema “fatto in casa” degli anni ’80.
La notte dei morti viventi (1990)
Barbara e suo fratello Johnny vanno a visitare la tomba della madre in un cimitero isolato, quando vengono attaccati da un uomo strano che uccide Johnny. Barbara fugge in una fattoria vicina, dove si barricano altri sopravvissuti, tra cui Ben, un uomo deciso e pragmatico. Mentre fuori i morti risorgono inspiegabilmente e assediano la casa, dentro esplodono i conflitti tra i vivi: la codardia di Harry Cooper, che vuole chiudersi in cantina, si scontra con la volontà di Ben di difendere il piano terra.
Tom Savini, il mago degli effetti speciali di Romero, dirige questo remake a colori del capolavoro del 1968, con la benedizione dello stesso Romero (che ha riscritto la sceneggiatura). Il film aggiorna l’originale rendendolo più dinamico e femminista: Barbara non è più una vittima catatonica, ma diventa un’eroina combattiva che prende il controllo della situazione. Pur non avendo l’impatto rivoluzionario del primo film, è un horror solido, teso e con effetti di make-up eccezionali, considerato uno dei migliori remake horror mai realizzati.
Splatters – Gli schizzacervelli (1992)
Lionel Cosgrove è un ragazzo timido che vive sottomesso alla madre tirannica Vera in una villa neozelandese. Quando Vera viene morsa allo zoo da una “scimmia-ratto di Sumatra”, muore e risorge come zombi affamato. Lionel, per amore filiale, cerca di nascondere la sua condizione tenendola in cantina e nutrendola, ma l’infezione si diffonde rapidamente a vicini, infermiere e teppisti, trasformando la casa in un nido di non-morti. Il tutto culmina durante una festa in casa che si trasforma in un massacro di proporzioni bibliche.
Conosciuto come Braindead, questo film di Peter Jackson è l’apoteosi dello splatter comico (“Splatstick”). È famoso per essere il film più sanguinoso della storia del cinema (300 litri di sangue finto usati solo nel finale), ma la violenza è talmente esagerata e creativa da diventare esilarante. Tra preti che fanno kung-fu (“Calcio in culo al Signore!”), intestini ribelli e la leggendaria scena del tosaerba usato come frullatore, è un capolavoro di anarchia visiva che ogni fan dell’horror deve vedere almeno una volta.
Dellamorte Dellamore (1994)
Francesco Dellamorte è il custode del cimitero di Buffalora, una piccola città italiana dove, per una ragione inspiegabile, i morti risorgono entro sette giorni dalla sepoltura se non vengono colpiti alla testa. Assistito dal fedele e muto Gnaghi, Francesco svolge il suo lavoro di “becchino e cacciatore” con rassegnazione burocratica. La sua routine viene sconvolta dall’incontro con una bellissima vedova (Anna Falchi), di cui si innamora perdutamente, ma che morirà e tornerà in diverse incarnazioni, trascinandolo in una spirale di follia, impotenza sessuale e omicidio che confonde il confine tra vivi e morti.
Tratto dal romanzo di Tiziano Sclavi (il papà di Dylan Dog), il film di Michele Soavi è l’ultimo grande capolavoro dell’horror italiano classico. Non è un semplice zombie movie, ma una fiaba gotica, grottesca e filosofica sulla morte e sull’amore. Con un Rupert Everett perfetto nel ruolo dell’antieroe malinconico e una regia visivamente ricca che ricorda i fumetti Bonelli, Dellamorte Dellamore è un cult unico che unisce l’umorismo nero alla poesia macabra.
L’alba dei morti viventi (2004)
L’infermiera Ana torna a casa dopo un turno di notte e si sveglia la mattina successiva trovando il marito trasformato in un mostro che cerca di ucciderla e il quartiere nel caos totale. Fugge e si unisce a un gruppo eterogeneo di sopravvissuti (un poliziotto, un venditore, una coppia in attesa) che si barricano in un grande centro commerciale. Mentre fuori l’umanità collassa sotto un’orda di zombie veloci e aggressivi, dentro il gruppo cerca di costruire una parvenza di normalità, finché le risorse non finiscono e la convivenza diventa impossibile.
Zack Snyder debutta alla regia con questo remake di Zombi di Romero, scrivendo (con James Gunn) una pagina fondamentale dell’horror moderno. Il film sostituisce la lentezza e la critica sociale dell’originale con un’azione adrenalinica e una tensione costante. L’introduzione degli “zombie corridori” cambia per sempre le regole del gioco, rendendo la minaccia immediata e fisica. L’incipit, con la caduta della civiltà mostrata sulle note di Johnny Cash, è una delle sequenze d’apertura più potenti degli anni 2000.
La terra dei morti viventi (2005)
Anni dopo l’apocalisse, ciò che resta dell’umanità si è rifugiato in una città fortificata a Pittsburgh, protetta da fiumi e recinzioni elettrificate. La società è divisa in classi: i ricchi vivono nel lusso nel grattacielo Fiddler’s Green, gestito dal dispotico Kaufman, mentre i poveri sopravvivono nelle strade. Riley, progettista del “Dead Reckoning” (un veicolo corazzato anti-zombi), vuole andarsene, ma si trova coinvolto in una lotta di potere interna. Nel frattempo, fuori dalle mura, gli zombi stanno evolvendo: guidati da un ex benzinaio (“Big Daddy”), iniziano a mostrare intelligenza, a usare armi e a organizzarsi per assaltare la città.
Quarto capitolo della saga di Romero, Land of the Dead è il film più costoso e politico del regista. Romero usa gli zombi per criticare l’America di Bush, la guerra al terrore e la disuguaglianza sociale. Sebbene meno spaventoso dei primi tre, è affascinante per come ribalta la prospettiva: qui gli umani sono i veri mostri avidi, mentre gli zombi sono una sottoclasse oppressa che cerca la propria rivoluzione. Un film d’azione horror intelligente che chiude degnamente il ciclo classico.
Slither (2006)
Un meteorite cade nei boschi della tranquilla cittadina di Wheelsy, Carolina del Sud, portando con sé un parassita alieno. L’organismo infetta Grant Grant, il ricco e potente marito della città, trasformandolo in un mostro tentacolare sempre più grande e affamato. Grant inizia a riprodursi infettando gli abitanti con lumache spaziali che entrano dalla bocca, trasformandoli in zombi che condividono una mente collettiva e un’unica missione: nutrire il loro “padre”. La moglie Starla e lo sceriffo Bill Pardy devono fermare l’invasione prima che si diffonda oltre la città.
James Gunn (futuro regista dei Guardiani della Galassia) esordisce con un gioiello di commedia horror che omaggia i B-movies anni ’50 e lo splatter anni ’80 (La Cosa, Dimensione Terrore). Slither è disgustoso, divertente e pieno di cuore. Mescola il body horror viscerale con battute fulminanti e personaggi ben scritti. Nathan Fillion è l’eroe perfetto per questo tipo di cinema. Un cult moderno che dimostra come si possa fare un film di mostri che fa ridere e fa schifo allo stesso tempo.tente, cruento ed estremamente viscido, Slither non è più di un discreto intrattenimento.
Ah! Zombie! (Wasting Away) (2007)
Quattro amici scansafatiche mangiano per sbaglio del gelato contaminato da un siero militare sperimentale e si trasformano in zombi. La genialità del film sta nella prospettiva: dal loro punto di vista, si sentono normalissimi “super-soldati”, vedono il mondo a colori e parlano fluidamente. Tuttavia, il film ci mostra alternativamente la realtà in bianco e nero vista dagli umani: i quattro sono mostri putrescenti che grugniscono e si trascinano goffamente. Mentre cercano di “salvare” il mondo da quella che credono essere una cospirazione, seminano involontariamente panico e morte.
Questa commedia horror indie ribalta il genere usando la tecnica del narratore inaffidabile visivo. Ah! Zombie! è una parodia intelligente che gioca sull’incomunicabilità: i protagonisti sono convinti di essere gli eroi della storia, mentre per il resto del mondo sono l’apocalisse. È un film fresco e originale che usa lo splatter per fare ironia sulla percezione di sé e sugli stereotipi dei film di genere.
Deadgirl (2008)
Due liceali emarginati e annoiati, Rickie e JT, marinano la scuola per esplorare un ospedale psichiatrico abbandonato. Nel seminterrato trovano una donna nuda incatenata a un tavolo, apparentemente morta ma che non può morire: una “Deadgirl” zombi. Invece di liberarla o chiamare aiuto, JT decide di tenerla prigioniera per soddisfare le sue fantasie sessuali più oscure, trascinando anche il riluttante Rickie in una spirale di depravazione morale che metterà alla prova la loro amicizia e la loro umanità.
Uno dei film horror più controversi e disturbanti degli anni 2000, Deadgirl usa lo zombi come metafora brutale della mascolinità tossica e dell’oggettivazione femminile. Non è un film di mostri tradizionale, ma un dramma psicologico sporco e sgradevole che esplora fino a che punto può spingersi la crudeltà adolescenziale quando non ci sono conseguenze. Un pugno nello stomaco che sfida lo spettatore a non distogliere lo sguardo.
Dead Snow (2009)
Un gruppo di studenti di medicina norvegesi decide di passare le vacanze di Pasqua in una baita isolata tra le montagne innevate di Øksfjord. La loro festa viene interrotta dall’arrivo di un battaglione di zombi nazisti guidati dal temibile Colonnello Herzog. Questi non-morti non cercano carne fresca per fame, ma proteggono un tesoro di monete d’oro che avevano rubato durante l’occupazione e che i ragazzi hanno inavvertitamente disturbato. Inizia una battaglia splatter sulla neve tra motoseghe, mitragliatrici e smembramenti.
Il regista Tommy Wirkola rivitalizza il sottogenere “Nazi Zombie” con un film che è puro divertimento adrenalinico. Dead Snow mescola l’orrore gore con lo slapstick e citazioni pop (da La Casa a Braindead), sfruttando il contrasto visivo tra il bianco della neve e il rosso del sangue. È un’opera che non si prende sul serio ma che offre scene d’azione inventive e trucchi prostetici di altissimo livello.
The Horde (2010)
Un gruppo di poliziotti parigini corrotti decide di vendicare la morte di un collega assaltando un condominio fatiscente nella banlieue controllato da una gang di spacciatori nigeriani. L’operazione fallisce e i poliziotti vengono catturati e stanno per essere giustiziati, quando improvvisamente l’edificio viene assediato da un’orda di zombi famelici e velocissimi. Poliziotti e criminali sono costretti a una tregua forzata e devono unire le forze per sopravvivere, combattendo piano per piano verso il tetto o l’uscita.
Questo action-horror francese è un concentrato di brutalità e tensione. Diretto da Dahan e Rocher, The Horde abbandona ogni pretesa sociologica per concentrarsi sulla sopravvivenza fisica. I combattimenti sono corpo a corpo, disperati e violenti: gli zombi non cadono con un colpo solo, bisogna letteralmente massacrarli. È un film cupo, cinico e visivamente potente che mostra come, di fronte alla fine del mondo, le distinzioni tra “buoni” e “cattivi” non contino più nulla.
Juan of the Dead (2010)
Mentre L’Avana viene invasa da zombi che il governo cubano etichetta ufficialmente come “dissidenti pagati dagli Stati Uniti”, Juan, un fannullone di mezza età che vive di espedienti, decide di non scappare a Miami come tutti gli altri. Invece, fonda un’impresa di disinfestazione con lo slogan: “Juan dei Morti: uccidiamo i vostri cari”. Insieme a un gruppo di amici sgangherati, inizia a ripulire la città a pagamento, finché la situazione non diventa incontrollabile.
Il primo film di zombi cubano è una commedia horror brillante che usa l’apocalisse per fare satira politica sulla vita sotto il regime castrista e sull’arte di arrangiarsi del popolo cubano. Alejandro Brugués dirige un film divertente, pieno di sangue e critica sociale, che omaggia L’alba dei morti dementi ma con un sapore caraibico unico. Un cult che dimostra come l’horror possa essere uno strumento potente di resistenza culturale.
Rammbock: Berlin Undead (2010)
Michael arriva a Berlino per restituire le chiavi di casa alla sua ex fidanzata Gabi, sperando di riconquistarla. Appena entra nel suo appartamento, scoppia un’epidemia di un virus che trasforma le persone in maniaci rabbiosi sensibili all’adrenalina. Intrappolato nel cortile di un tipico condominio berlinese insieme a un giovane idraulico, Michael deve barricarsi e trovare un modo per raggiungere Gabi, che potrebbe essere infetta in un’altra parte dell’edificio.
Questo medio-metraggio tedesco (durata 63 minuti) è un piccolo gioiello di tensione minimalista. Senza budget per grandi scene di massa, il regista Marvin Kren costruisce l’orrore attraverso l’isolamento e l’ingegno dei sopravvissuti. Rammbock è un film intimo e malinconico, che si distingue per il suo approccio emotivo alla fine del mondo e per un finale amaro e indimenticabile che evita i cliché eroici del genere.
The Battery (2012)
Ben e Mickey sono due ex giocatori di baseball che vagano senza meta nelle campagne del New England dopo che un’apocalisse zombie ha distrutto la civiltà. Ben è un sopravvissuto pragmatico e duro che ha accettato la nuova realtà; Mickey è un sognatore che si rifiuta di uccidere gli zombi e vive con le cuffie sempre alle orecchie, ascoltando musica per isolarsi dall’orrore. Il film è un lungo road movie che esplora non la guerra contro i mostri, ma la lenta erosione della loro amicizia e sanità mentale.
Costato solo 6.000 dollari, questo film di Jeremy Gardner è il manifesto dello zombie movie indie. Rifiutando l’azione frenetica, The Battery si concentra sui tempi morti, sulla noia e sulla frustrazione della sopravvivenza quotidiana. È un film atmosferico, con una colonna sonora indie-folk bellissima, che culmina in un finale claustrofobico girato interamente dentro una station wagon, dimostrando che si può fare grande cinema horror basandosi solo sulla scrittura e sui personaggi.
Warm Bodies (2013)
R è uno zombie che vive in un aeroporto abbandonato, incapace di ricordare chi fosse ma ancora capace di pensieri interiori complessi. Durante una caccia, uccide un ragazzo umano e ne mangia il cervello, assorbendo i suoi ricordi e innamorandosi della sua fidanzata, Julie. Invece di ucciderla, R la salva e la protegge dagli altri zombi e dai terrificanti “Ossuti” (scheletri che hanno perso ogni umanità). La loro relazione impossibile innesca una reazione a catena che inizia a “curare” R e gli altri morti viventi, restituendo loro il battito cardiaco.
Jonathan Levine adatta il romanzo di Isaac Marion creando una versione zombie di Romeo e Giulietta (R e Julie). È una commedia romantica horror che riesce a essere dolce senza essere stucchevole, offrendo un punto di vista inedito: la storia è narrata dalla voce fuori campo dello zombie. Nicholas Hoult è bravissimo nel rendere espressivo un personaggio che può solo grugnire. Un film che usa il mostro come metafora della depressione e dell’isolamento sociale, suggerendo che l’amore (e la connessione umana) può letteralmente riportarci in vita.
Wyrmwood: Road of the Dead (2014)
Dopo una pioggia di meteoriti, l’Australia viene invasa dagli zombi. Barry, un meccanico che ha perso la famiglia, scopre che il sangue dei non-morti è infiammabile e può essere usato come carburante per i veicoli, dato che la benzina ha smesso di funzionare. Si costruisce un camion corazzato stile Mad Max e parte per salvare la sorella Brooke, che è stata rapita da un team di scienziati militari pazzi che la usano per esperimenti, scoprendo che lei ha sviluppato il potere telepatico di controllare gli zombi.
Kiah Roache-Turner dirige un film adrenalinico, sporco e inventivo che mescola l’estetica post-apocalittica australiana con il gore. Wyrmwood è pieno di idee visive folli (zombi usati come batterie, poteri psichici, armature fai-da-te) e non dà un attimo di tregua. È un B-movie orgoglioso che diverte dall’inizio alla fine, diventato un cult istantaneo per la sua energia punk e la sua capacità di reinventare la mitologia classica.
Little Monsters (2019)
Dave, un musicista fallito ed egoista, si offre volontario per accompagnare la gita dell’asilo del nipote solo per provarci con l’affascinante maestra, Miss Caroline. La gita in una fattoria didattica viene interrotta da un’invasione zombie scappata da una base militare vicina. Dave, la maestra e una star della TV per bambini odiosa (Josh Gad) devono proteggere i piccoli, convincendoli che lo smembramento e il sangue fanno parte di un grande gioco.
Questa commedia australiana brilla grazie alla performance luminosa di Lupita Nyong’o, che interpreta una maestra disposta a tutto (anche a decapitare zombi con una pala suonando l’ukulele) pur di non traumatizzare i suoi alunni. È un film dolce e splatter allo stesso tempo, che celebra l’eroismo quotidiano degli educatori. Divertente, scorretto e con un cuore grande così, è perfetto per chi ha amato La vita è bella ma con i morti viventi.
Blood Quantum (2019)
In una riserva Mi’kmaq in Canada, i morti iniziano a risorgere e a massacrare i vivi. Ben presto si scopre una particolarità unica: i nativi americani sono immuni al contagio zombie. Mentre il resto del mondo collassa, la riserva diventa l’ultimo rifugio sicuro dell’umanità. Anni dopo, la comunità fortificata deve decidere se accogliere i rifugiati bianchi disperati (che portano il rischio di infezione) o lasciarli morire fuori, ribaltando secoli di storia coloniale.
Jeff Barnaby scrive e dirige uno degli zombie movie più politici e intelligenti degli ultimi anni. Il titolo si riferisce alle leggi sul sangue usate per definire l’identità indigena. Il film usa il gore (che è abbondante e creativo, con motoseghe e katane) per parlare di colonialismo, razzismo e sopravvivenza culturale. È un’opera viscerale e arrabbiata che offre una prospettiva inedita sul genere, dove l’immunità biologica diventa una metafora della resilienza storica dei popoli nativi.
Approfondimenti
Origine degli zombie
Il termine zombie ha origine dal folklore haitiano, in cui uno zombi è un cadavere rianimato attraverso approcci diversi, la maggior parte dei quali spesso magici come il voodoo. Gli zombi sono individui morti risuscitati dall’atto magico di un bokor, uno stregone o una strega. Al bokor si oppone l’houngan (sacerdote) e il mambo (sacerdotessa) della fede vudù ufficiale. Uno zombi rimane sotto il controllo del bokor come servitore individuale, senza volontà propria.
Anche l’usanza haitiana consiste in un tipo incorporeo di zombi, lo “zombie celeste”, che appartiene all’anima umana. Un bokor può catturare uno zombi celeste per migliorare il suo potere spirituale. Allo stesso modo, uno zombi celeste può essere sigillato all’interno di una bottiglia appositamente abbellita da un bokor e offerto a un cliente per portare guarigione, compagnia o fortuna al successo. I due tipi di zombi mostrano il dualismo dell’anima, una credenza del vudù haitiano.

La credenza degli zombi ha le sue radici nelle usanze date ad Haiti dagli africani ridotti in schiavitù e nelle loro successive esperienze nel Nuovo Mondo. Si credeva che l’essere divino voodoo, il barone Samedi, li avrebbe raccolti dalla loro tomba per portarli in un aldilà divino in Africa, a meno che non lo avessero fatto arrabbiare in qualche modo, nel qual caso sarebbero stati permanentemente schiavi dopo la morte, come zombi. L’idea moderna degli zombi è stata fortemente influenzata dalla schiavitù haitiana. I conducenti di schiavi nelle piantagioni, che normalmente erano essi stessi servi e in alcuni casi sacerdoti voodoo, utilizzarono la zombificazione per dissuadere i servitori dal suicidio.
Frankenstein di Mary Shelley, sebbene non sia uno zombi, prefigura molti concetti del 20° secolo sugli zombi perché la resurrezione dei morti è raffigurata come una procedura scientifica anziché magica in cui i morti rianimati sono più violenti dei viventi. Frankenstein, pubblicato nel 1818, ha le sue radici nel folklore europeo, i cui racconti sui non-morti crudeli seguivano il modello della concezione moderna del vampiro. In seguito, storie significative del XIX secolo sui non morti furono “La morte di Halpin Frayser” di Ambrose Bierce e in diversi racconti del romanticismo gotico di Edgar Allan Poe.
Negli anni ’20 e all’inizio degli anni ’30, Lovecraft scrisse numerosi racconti sui non morti. Cool Air”, “In the Vault” e “The Outsider” raccontano tutti i non morti, tuttavia “Herbert West – Reanimator” (1921) di Lovecraft ha aiutato a identificare meglio gli zombi nella cultura pop. Questa serie di narrazioni includeva Herbert West, un ricercatore pazzo, che cerca di rianimare cadaveri umani. I morti rianimati sono incontrollabili, principalmente muti, molto violenti e primitivi; sebbene non siano descritti come zombi, la loro rappresentazione era anticipatrice.
Lo zombie nella cultura occidentale

La parola inglese “zombie” fu registrata per la prima volta su nastro nel 1819, in una storia del Brasile dal poeta Robert Southey. Un dizionario Kimbundu-portoghese del 1903 definisce la parola associata nzumbi come anima, mentre un successivo dizionario Kimbundu lo specifica come uno “spirito che deve vagare per la terra per torturare i vivi”. Tra i primissimi libri a esporre la cultura occidentale all’idea dello zombie voodoo c’era The Magic Island (1929) di WB Seabrook, il racconto di uno scrittore che si imbatte in culti voodoo ad Haiti e nei loro schiavi rianimati.
Le moderne rappresentazioni dei media della rianimazione dei morti in genere non includono la magia, ma piuttosto le tecniche della scienza come sostanze, radiazioni, malattie mentali, vettori, agenti patogeni, parassiti, incidenti clinici e così via. Un avanzamento dell’archetipo degli zombi ha caratterizzato giochi per computer alla fine degli anni ’90, con il loro genere più orientato all’azione e la loro introduzione di zombi veloci, provocando una rinascita degli zombi nella cultura pop. Questi videogiochi sono stati seguiti da un’ondata di film di zombi asiatici a basso budget come Bio Zombie (1998) e il film d’azione Versus (2000), e successivamente una nuova era di famosi film di zombi occidentali nei primi anni 2000 , composto da film che includono zombi velocissimi, come 28 giorni dopo (2002), i film Resident Evil e La casa dei morti e il remake del 2004 L’alba dei morti viventi. Il principio dello “zombie armageddon“, in cui il mondo civilizzato viene distrutto da un’invasione mondiale di zombi, in realtà è diventato un punto fermo dell’arte popolare moderna.
La fine degli anni 2000 e 2010 ha visto l’umanizzazione e la romanticizzazione dell’archetipo degli zombi, con gli zombi rappresentati in modo significativo come amici e interessi simili agli esseri umani. Esempi significativi di quest’ultimo sono i film Warm Bodies and Zombies, i libri American Gods di Neil Gaiman, Generation Dead di Daniel Waters e Bone Song di John Meaney. In questo contesto, gli zombi sono generalmente visti come gruppi discriminati che hanno difficoltà a raggiungere l’uguaglianza, e la relazione romantica uomo-zombi è interpretata come una metafora dell’amore libero e della rottura dei tabù.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione

