Parlare di cinema francese significa evocare uno spirito, un’icona globale. Per molti, è il fascino romantico di Parigi, l’umorismo confortevole di successi da record come Quasi amici o la magia visiva de Il favoloso mondo di Amélie. Queste opere hanno creato un immaginario potente e amato in tutto il mondo, definendo un’intera nazione sullo schermo.
Ma la vera anima del cinema francese, il suo motore rivoluzionario, è anche uno spirito di ribellione. È la politique des auteurs, nata negli anni ’50 sulle pagine dei Cahiers du Cinéma. È la storia di giovani critici come François Truffaut e Jean-Luc Godard che, con budget risicati e camere a mano, scesero nelle strade di Parigi per dare vita alla Nouvelle Vague, un’onda anomala che travolse le convenzioni e ridefinì il linguaggio del cinema.
Questa eredità indomita, in cui la necessità economica divenne un manifesto estetico, è il cuore del moderno cinema indipendente. Questa guida è un viaggio attraverso l’intero spettro di quella visione. Un percorso che unisce i capolavori della Nouvelle Vague ai grandi classici amati dal pubblico, dall’estetica pop del Cinéma du Look fino ai nuovi cineasti contemporanei. Un’esplorazione completa del cinema che ha sempre usato la cinepresa come una penna per scrivere direttamente sulla pellicola.
I. I Padri Fondatori: Rigore e Poesia Prima della Tempesta
L’Atalante (1934)
Unico lungometraggio di Jean Vigo, morto a soli 29 anni, narra la storia di Jean, capitano di una chiatta, e della sua giovane sposa Juliette. La loro vita a bordo del battello “L’Atalante”, insieme all’eccentrico marinaio Père Jules, è un microcosmo di amore, gelosia e desiderio di fuga. La monotonia della navigazione fluviale si scontra con il fascino seducente di Parigi, mettendo alla prova il loro legame.
Capolavoro del realismo poetico, L’Atalante è un film che sembra esistere fuori dal tempo. Vigo fonde la crudezza della vita quotidiana dei barcaioli con lampi di puro surrealismo, creando un linguaggio cinematografico unico che influenzerà generazioni di registi. La sua capacità di trovare la magia nel banale, di trasformare un’ordinaria storia d’amore in un’epopea onirica sulla condizione umana, incarna l’essenza del cinema d’autore: una visione del mondo tanto personale da diventare universale.
Un condannato a morte è fuggito (1956)
Basato sulla vera storia di André Devigny, membro della Resistenza francese, il film segue il tenente Fontaine, imprigionato dai nazisti a Lione nel 1943. Con metodica pazienza e determinazione, Fontaine pianifica la sua fuga, trasformando gli oggetti più umili della sua cella in strumenti di liberazione. La sua impresa è un esercizio di volontà, fede e ingegno contro un sistema oppressivo e disumanizzante.
Robert Bresson non fa film, crea “cinematografi. Quest’opera è il manifesto del suo stile ascetico e rigoroso. Rifiutando la recitazione tradizionale a favore di “modelli” inespressivi, Bresson concentra l’attenzione dello spettatore sui gesti, sui suoni e sui dettagli. Il raschiare di un cucchiaio, il cigolio di una porta, il fruscio di una corda diventano i protagonisti di un thriller esistenziale. È un cinema di sottrazione che genera una tensione insostenibile, un’esplorazione della trascendenza e della grazia attraverso la pura materialità dell’azione.
Frank Costello faccia d’angelo (Le Samouraï) (1967)
Jef Costello è un sicario metodico e solitario che vive secondo un rigido codice d’onore, simile a quello di un samurai. Il suo mondo ermetico, fatto di rituali precisi e alibi impeccabili, inizia a crollare quando, dopo un omicidio, una testimone chiave non lo identifica. Braccato sia dalla polizia che dai suoi mandanti, Jef si muove in una Parigi grigia e stilizzata, affrontando il suo destino con glaciale impassibilità.
Jean-Pierre Melville è il ponte tra il noir americano e l’esistenzialismo francese. Le Samouraï è il vertice del suo stile: un minimalismo cool, quasi astratto, dove ogni inquadratura è composta con precisione geometrica e ogni dialogo è ridotto all’essenziale. Il film non è un semplice gangster movie, ma una meditazione sulla solitudine, sulla professionalità come forma di ascetismo e sulla morte come inevitabile conclusione di un rituale. L’interpretazione iconica di Alain Delon definisce un archetipo che influenzerà il cinema per decenni.
II. La Rivoluzione della Nouvelle Vague: Il Cinema si Fa Strada
I 400 colpi (1959)
Il giovane Antoine Doinel è un adolescente incompreso. Trascurato da una madre egoista e da un patrigno debole, trova rifugio solo nell’amicizia e nella passione per Balzac e il cinema. Le sue continue fughe da una scuola repressiva e da una casa senza amore lo conducono su una china di piccoli crimini, fino all’inevitabile scontro con il sistema giudiziario, che lo rinchiuderà in un riformatorio.
Con il suo esordio, François Truffaut non solo diede il via alla Nouvelle Vague, ma firmò uno dei più sinceri e commoventi ritratti dell’infanzia mai realizzati. Girato con uno stile quasi documentaristico per le strade di Parigi, il film cattura l’autenticità del disagio giovanile. La celebre inquadratura finale, con Antoine che si ferma sulla spiaggia e guarda in macchina, è un atto di rottura che interroga direttamente lo spettatore, simbolo di un cinema che non offre più risposte facili ma pone domande universali sulla libertà e la solitudine.
Fino all’ultimo respiro (1960)
Michel Poiccard, un piccolo criminale che idolatra Humphrey Bogart, ruba un’auto a Marsiglia e, durante la fuga, uccide un poliziotto. A Parigi, cerca di recuperare dei soldi e convincere Patricia, una studentessa americana che vende il “New York Herald Tribune” sugli Champs-Élysées, a fuggire con lui in Italia. Mentre la polizia lo bracca, il loro rapporto oscilla tra amore, tradimento e disillusione esistenziale.
Se I 400 colpi è il manifesto emotivo della Nouvelle Vague, Fino all’ultimo respiro è il suo manifesto stilistico. Jean-Luc Godard decostruisce le regole del cinema classico con un’energia iconoclasta e giocosa. I suoi jump cut (stacchi di montaggio bruschi), i dialoghi improvvisati e i continui ammiccamenti allo spettatore non sono semplici vezzi, ma una dichiarazione d’intenti: il cinema è un linguaggio da reinventare, un gioco intellettuale che espone i propri artifici per riflettere sulla natura stessa della rappresentazione.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione
Hiroshima mon amour (1959)
A Hiroshima, quattordici anni dopo la bomba atomica, un’attrice francese impegnata in un film sulla pace vive una breve ma intensa storia d’amore con un architetto giapponese. Il loro incontro diventa un pretesto per una profonda riflessione sulla memoria, il trauma e l’impossibilità di dimenticare. Il ricordo della tragedia collettiva di Hiroshima si intreccia con il ricordo personale e doloroso di un amore proibito vissuto dalla donna a Nevers durante la guerra.
Opera fondamentale del gruppo della Rive Gauche, più letterario e formalista rispetto ai “giovani turchi” dei Cahiers du Cinéma, il film di Alain Resnais è una sinfonia sulla memoria e sull’oblio. Con la sceneggiatura di Marguerite Duras, Resnais crea una narrazione non lineare, dove passato e presente si fondono in un flusso di coscienza visivo. È un cinema che abbandona la trama tradizionale per esplorare i labirinti della psiche umana, dimostrando come il trauma individuale e quello collettivo siano indissolubilmente legati.
Adorabili amiche

Commedia, di Benoît Pétré, Francia, 2012.
Tre amiche cinquantenni vengono invitate al matrimonio di Philippe, un loro comune amico di gioventù, che dopo molte avventure sentimentali sembra aver trovato la donna giusta, Tasha. Chantal è sola, la sua relazione con suo marito è in crisi ed il bizzarro lavoro di promotrice di cioccolata amara è un disastro. Gabrielle è una sua amica disinibita e libertina, convinta che fare sesso è l'unico modo per non invecchiare. E poi c'è Nelly, depressa e frigida, almeno così sembra. Tutte e tre hanno avuto in passato un flirt con Philippe, vorrebbero evitare di rivederlo, ma la curiosità vince e partono. Il viaggio è anche un pretesto per fare un bilancio di trent'anni di vita sulle ambizioni giovanili, i rapporti con gli uomini che hanno amato, le amarezze che hanno dovuto affrontare nella vita quotidiana, le delusioni sul posto di lavoro. Un'occasione per dare un taglio al passato e cambiare vita. Le tre donne scopriranno di avere tutte qualcosa in comune con Philippe. Una serie di rivelazioni, tra cui l'identità della misteriosa Tasha, le porterà a scoprire la vera natura dei loro rapporti amorosi. Una commedia amara, un road-movie con tre donne cinquantenni, tra gioia, rabbia, tristezza, divertimento e malinconia.
LINGUA: italiano
Cléo dalle 5 alle 7 (1962)
Cléo, una giovane e bella cantante pop, attende i risultati di una biopsia che potrebbe diagnosticarle un cancro. Il film la segue per novanta minuti, in tempo quasi reale, mentre vaga per Parigi. Incontra amici, amanti, consulta una cartomante e osserva la vita che scorre intorno a lei. La sua angoscia esistenziale la trasforma da oggetto passivo dello sguardo altrui a soggetto attivo della propria vita.
Agnès Varda, la “nonna della Nouvelle Vague”, offre una prospettiva squisitamente femminile e femminista. Cléo dalle 5 alle 7 non è solo un ritratto psicologico, ma una profonda riflessione sul tempo, sulla mortalità e sulla costruzione dell’identità femminile. Varda utilizza la città di Parigi non come semplice sfondo, ma come specchio dello stato d’animo della sua protagonista, mescolando stile documentaristico e finzione per creare un’opera che interroga la condizione della donna in una società che la definisce principalmente attraverso il suo aspetto.
Jules e Jim (1962)
Nella Parigi bohémien prima della Grande Guerra, l’austriaco Jules e il francese Jim sono amici inseparabili. La loro amicizia viene messa alla prova quando entrambi si innamorano della stessa donna, la libera e capricciosa Catherine. Inizia così un triangolo amoroso che durerà vent’anni, attraversando la guerra, matrimoni, tradimenti e riconciliazioni, in una ricerca impossibile di un equilibrio tra amore, amicizia e libertà.
François Truffaut dirige una delle più celebri e struggenti storie d’amore della storia del cinema. Con uno stile visivo dinamico e lirico, che fa uso di carrellate, fermo immagine e una voce narrante onnipresente, il film cattura il “vortice della vita” (le tourbillon de la vie) che travolge i protagonisti. È un’opera che celebra la gioia di vivere e l’utopia di un amore libero dalle convenzioni, ma che allo stesso tempo ne mostra la tragica impossibilità, confermando il profondo umanesimo del suo autore.
Il disprezzo (1963)
Lo sceneggiatore Paul Javal viene ingaggiato da un arrogante produttore americano, Jeremy Prokosch, per rimaneggiare un film sull’Odissea diretto dal leggendario Fritz Lang. Sul set a Capri, il rapporto tra Paul e sua moglie Camille entra in crisi. Un gesto apparentemente insignificante di Paul innesca in Camille un profondo e irrevocabile disprezzo, segnando l’inizio della dolorosa disintegrazione del loro matrimonio.
Capolavoro metacinematografico di Jean-Luc Godard, Il disprezzo è un film sul cinema e, allo stesso tempo, una delle più lucide e strazianti analisi della fine di un amore. . È un’opera di una bellezza formale abbagliante e di una tristezza infinita.
I cugini (1959)
Charles, un ingenuo e studioso ragazzo di provincia, si trasferisce a Parigi per studiare legge e va a vivere nell’appartamento del suo dissoluto e cinico cugino, Paul. Mentre Charles si dedica con serietà agli studi, Paul si abbandona a una vita di feste, seduzioni e nichilismo. Entrambi si innamorano della stessa ragazza, Florence, ma le loro diverse nature li porteranno a destini tragicamente opposti.
Con il suo secondo film, Claude Chabrol si afferma come il più “hitchcockiano” tra i registi della Nouvelle Vague. I cugini è un’opera che, sotto la superficie di un dramma giovanile, nasconde una spietata critica alla borghesia parigina, alla sua decadenza morale e al suo vuoto esistenziale. Lo stile di Chabrol è già maturo: una regia precisa e controllata che utilizza gli elementi del thriller per dissezionare le dinamiche di potere e la corruzione dell’innocenza.
A proposito di Nizza

Documentario, di Jean Vigo, Francia, 1930.
Con una vecchia cinepresa usata comprata con i soldi prestati dal padre di sua moglie, Jean Vigo gira un documentario su Nizza. L'incontro con Boris Kaufman cambia il progetto iniziale del regista francese, che sarà influenzato dall'operatore di Dziga Vertov. La natura e le location turistiche di Nizza: casinò, carnevali, spiagge, bar con i tavolini al sole. La Nizza alto-borghese viene confrontata con i quartieri poveri. Non c'è alcuna messa in scena. Le persone riprese, a volte, vengono filmate di nascosto: l'idea di Vigo e Kaufman è di restituire il massimo della realismo anticipando le regole del cinema-verità. Il montaggio si ispira alle teorie sovietiche ed insegue libere associazioni e significati simbolici, con ritmo rapido e improvvisi ralenty. Senza dialoghi, ispirato da L'uomo con la macchina da presa, è un film di avanguardia.
Senza dialoghi
Bella di giorno (1967)
Séverine Serizy è la giovane e bellissima moglie di un chirurgo parigino. Nonostante ami il marito, è frigida con lui, ma tormentata da audaci fantasie masochiste. Per dare sfogo ai suoi desideri repressi, inizia a lavorare in una casa d’appuntamenti durante le ore pomeridiane, diventando “Bella di giorno. La sua doppia vita procede senza intoppi finché un giovane e possessivo criminale si innamora di lei.
Sebbene Luis Buñuel sia un maestro del surrealismo spagnolo, questo film, prodotto in Francia, è un capolavoro del cinema d’autore europeo degli anni ’60. Con un’eleganza formale impeccabile, Buñuel esplora le ipocrisie e le perversioni nascoste sotto la superficie della rispettabile società borghese. Il film fonde magistralmente sogno e realtà, lasciando lo spettatore in un perenne stato di incertezza e interrogandosi sulla natura del desiderio, della colpa e della repressione.
III. Visioni Eretiche: Oltre la Nuova Onda
Playtime (1967)
In una Parigi futuristica, fredda e impersonale, fatta di vetro e acciaio, le traiettorie di Monsieur Hulot e di un gruppo di turiste americane si incrociano continuamente senza mai incontrarsi veramente. Dal labirinto di un aeroporto a un’esposizione di gadget moderni, fino a un ristorante di lusso che crolla letteralmente durante la serata inaugurale, il film è una sinfonia comica sulla disumanizzazione della vita moderna.
Opera monumentale e quasi folle, Playtime è il capolavoro di Jacques Tati e uno dei film più originali mai realizzati. Girato in 70mm in un’enorme città-set (“Tativille”) costruita appositamente, il film abbandona la narrazione tradizionale per un’esplorazione visiva e sonora dello spazio. Tati orchestra una complessa coreografia di gag che si svolgono simultaneamente in ogni angolo dell’inquadratura, richiedendo allo spettatore uno sguardo attivo e partecipe. È una critica acuta e divertente all’omologazione e alla perdita di umanità.
La Maman et la Putain (1973)
Alexandre, un giovane intellettuale disoccupato, vive una relazione aperta con Marie, una donna più grande di lui che lo mantiene. Passa le sue giornate nei caffè di Saint-Germain-des-Prés, parlando incessantemente di letteratura, cinema e della sua vita sentimentale. La sua routine viene sconvolta dall’incontro con Veronika, un’infermiera polacca. Tra i tre si instaura un ménage à trois verbale ed emotivo, un’autopsia spietata dei sentimenti nell’era post-Sessantotto.
Film-testamento di Jean Eustache, La Maman et la Putain è un’opera fluviale (quasi quattro ore) e radicale, composta quasi interamente da dialoghi. È il ritratto definitivo della disillusione di una generazione che aveva sognato la rivoluzione e si è ritrovata a fare i conti con il vuoto. Girato in un bianco e nero crudo e realistico, il film è un atto di cinema estremo e dolorosamente sincero, un monumento alla parola come strumento per esplorare l’abisso delle relazioni umane.
L’Argent (1983)
Una banconota falsa da 500 franchi, messa in circolazione per scherzo da due ragazzi, innesca una catena di eventi tragici. Quando la banconota finisce nelle mani di Yvon, un onesto padre di famiglia, la sua vita viene distrutta. Accusato ingiustamente, perde il lavoro, la famiglia e la libertà. Uscito di prigione, il suo percorso lo porterà a una violenza fredda e ineluttabile.
Ultimo film di Robert Bresson, L’Argent è la summa del suo stile e della sua visione del mondo. Ispirato a un racconto di Tolstoj, il film è una critica spietata a una società materialista in cui il denaro corrompe ogni rapporto umano. Con il suo caratteristico rigore, Bresson elimina ogni psicologismo, concentrandosi sulla causalità degli eventi e sulla fisicità dei gesti. È un’opera di una lucidità terrificante, un saggio sul male, sul determinismo e sulla quasi impossibile ricerca della grazia in un mondo che l’ha abbandonata.
Captive

Dramma, Thriller, di Brillante Mendoza, Filippine, 2012.
È il 27 maggio 2001. Il gruppo di separatisti islamici di Abu Sayyaf, fanatici assassini e ladri che si credono dei rivoluzionari che combattono per una nobile causa, prende in ostaggio dodici persone da un resort sull’isola di Dos Palmas, a sud delle Filippine. Ma c'è stato un errore: essi però non sono le persone giuste che volevano catturare. Rivendicano il sequestro al grido di “Allah è grande” e chiedono grossi riscatti in denaro. Per oltre un anno i terroristi terranno i prigionieri in ostaggio, conducendoli nella foresta con una marcia estenuante, nel corso della quale alcuni perderanno la vita, uccisi nel corso di tentativi di liberazione dell'esercito, oppure dai terroristi stessi, o per fame e sete.
Tratto da una terribile storia vera, Captive è un film girato nei luoghi dove i fatti sono accaduti realmente, con la partecipazione di attori non professionisti. Isabelle Huppert interpreta Thérèse Bourgoigne, un' operatrice umanitaria che viene catturata con gli altri ostaggi. La sua interpretazione e quella di tutti gli altri attori sono straordinarie e realistiche. Il regista Brillante Mendoza ha diretto gli attori senza favorire la loro conoscenza reciproca, mettendoli da subito sul set in esterni, in condizioni difficili, cercando di favorire il caos che voleva raccontare nel film. Lo spettatore è catapultato nella foresta, in una natura selvaggia e lussureggiante, talvolta mortale e talvolta affascinante. Vive le ora e i giorni della prigionia, narrate con profonda sensibilità e sfumature dei dettagli. Anche quel senso di inevitabile intimità, a volte brutale, che si crea tra vittime e carnefici. La natura filippina è inafferrabile e potente, osservata come un mondo autoctono regolato da rigide leggi, minacciata da una volontà di disintegrazione e di schiavitù di proporzioni globali.
LINGUA: italiano
Le Boucher (1970)
In un tranquillo villaggio del Périgord, Hélène, la nuova direttrice della scuola, stringe amicizia con Popaul, il macellaio locale. Entrambi sono figure solitarie: lei segnata da una delusione amorosa, lui traumatizzato dall’esperienza militare in Algeria e Indocina. Mentre la loro relazione platonica si approfondisce, una serie di brutali omicidi di giovani donne sconvolge la comunità, e Hélène inizia a sospettare del suo unico amico.
Claude Chabrol firma uno dei suoi capolavori, un thriller psicologico di straordinaria finezza. Lontano dagli stereotipi del genere, il film costruisce la suspense non sull’identità dell’assassino, ma sulla tensione emotiva tra i due protagonisti. Chabrol utilizza la placida bellezza della campagna francese come sfondo per esplorare la violenza repressa che si annida sotto la superficie della normalità, collegando il trauma individuale del macellaio al trauma collettivo e rimosso della guerra coloniale.
IV. L’Estetica Pop del Cinéma du Look: Stile come Sostanza
Diva (1981)
Jules, un giovane postino parigino, è ossessionato dalla cantante lirica americana Cynthia Hawkins, che si rifiuta di essere registrata. Durante un concerto, Jules la registra segretamente. Poco dopo, entra involontariamente in possesso di una seconda cassetta, una testimonianza che incastra un commissario di polizia corrotto. Braccato da due poliziotti spietati e da due misteriosi taiwanesi, Jules si ritrova al centro di un intrigo postmoderno.
Il film di Jean-Jacques Beineix è l’atto di nascita del Cinéma du Look, un movimento che negli anni ’80 reagì al realismo intellettuale del decennio precedente con un’estetica patinata, iper-stilizzata e ispirata alla pubblicità e ai videoclip. Diva è un thriller elegante e freddo, dove la trama è un pretesto per una sinfonia visiva dominata da colori al neon, superfici riflettenti e un’atmosfera cool. È la celebrazione dello stile come sostanza, un cinema che “pensa con gli occhi”.
Mauvais Sang (1986)
In una Parigi oppressa da un caldo anomalo, un nuovo virus chiamato STBO si diffonde, uccidendo coloro che fanno l’amore senza sentimento. Un gruppo di anziani gangster assolda Alex, un giovane e abile prestigiatore, per rubare l’antidoto. Durante la preparazione del colpo, Alex si innamora di Anna, la giovane compagna del suo capo, mettendo a rischio la sua vita e la missione.
Leos Carax, l’enfant terrible del Cinéma du Look, realizza un’opera febbrile e disperatamente romantica. Mauvais Sang è un omaggio alla Nouvelle Vague, filtrato attraverso un’estetica punk e fantascientifica. Il film è un tripudio di invenzioni visive, culminanti nella celebre sequenza della corsa di Denis Lavant sulle note di “Modern Love” di David Bowie. È un cinema che esprime l’urgenza e la malinconia della gioventù con un’energia visiva folgorante e poetica.
Betty Blue (37°2 le matin) (1986)
Zorg è un tuttofare che vive una vita tranquilla in un bungalow sulla spiaggia. La sua esistenza viene sconvolta dall’arrivo di Betty, una giovane donna impulsiva, passionale e imprevedibile. Convinta che Zorg sia un genio della scrittura, Betty si dedica anima e corpo a far pubblicare il suo manoscritto. La loro storia d’amore, intensa e totalizzante, si scontra però con la crescente e distruttiva instabilità mentale di lei.
Manifesto dell’amour fou degli anni ’80, il film di Jean-Jacques Beineix è un melodramma incandescente, passato alla storia per la sua estetica satura e sensuale e per la performance esplosiva di Béatrice Dalle. . È l’apice del Cinéma du Look, dove l’esasperazione stilistica serve a esprimere l’intensità di emozioni altrimenti indicibili.
Cuore fedele

Dramma, di Jean Epstein, Francia, 1923.
Marie è un'orfana sfruttata duramente da un barista nel porto di Marsiglia. Vogliono darla in sposa a Petit Paul, un fannullone ubriacone. Ma Jean, un uomo che lavora nel porto, è innamorato di lei e Marie ricambia il suo sentimento. Marie è costretta a partire con Petit Paul, ma Jean li segue in un luna park dove i due uomini litigano. Nella rissa un poliziotto viene accoltellato e, mentre Petit Paul scappa, Jean viene arrestato. Un anno dopo, uscito di prigione, Jean scopre che Marie ora ha un bambino e vive con Petit Paul, che spende tutti i loro soldi per bere. Il bambino è malato e Jean cerca di dare una mano a Marie, aiutato da una donna storpia, che abita alla porta accanto.
Capolavoro dimenticato del cinema impressionista, un emozionante melodramma pieno di sperimentazioni visive. Dopo il film L’albergo rosso, del 1923, Epstein continua la sua ricerca artistica scrivendo questa volta la sceneggiatura originale, senza ispirarsi ad un testo letterario già esistente. Come altri registi della sua epoca come Abel Gance, Delluc, Dulac, L’Herbier, utilizza il cinema ed il melodramma per fare un discorso basato sulle teorie estetiche della fotogenia, teorizzata insieme a Delluc, e sulle sue personali speculazioni filosofiche. Gina Manès e Léon Mathot, la coppia di amanti che erano già protagonisti del film precedente (L'albergo rosso, 1923), diventano in Cuore Fedele i personaggi di una storia molto semplice, scritta in una sola notte. Un teorema filosofico e stilistico brutale. Cuore fedele si svolge in esterni in zone malfamate e reali come il porto, l'osteria, i sobborghi proletari e malfamati, in scenografie naturali di confine tra terra e mare. Gli ambienti reali diventano immagini simboliche dei sentimenti dei personaggi e materia prima dello stile del regista. Epstein non credeva nel realismo e si rifiutò di definire Cuore Fedele un film realista, come alcuni critici cinematografici avevano affermato. Il realismo nell’arte per Epstein non esiste: secondo la sua visione un’arte non simbolica non è arte. Immagini, volti e ambientazioni di rara poesia e bellezza.
LINGUA: francese (didascalie)
SOTTOTITOLI: italiano
Nikita (1990)
Nikita, una giovane tossicodipendente, viene condannata all’ergastolo dopo aver ucciso un poliziotto durante una rapina. I servizi segreti simulano la sua morte e le offrono un’alternativa: diventare un’assassina al servizio dello Stato. Dopo un duro addestramento, Nikita viene trasformata in una spia letale ed elegante. Cerca di costruirsi una nuova vita e una relazione normale, ma il suo passato e il suo “lavoro” tornano costantemente a perseguitarla.
Con Nikita, Luc Besson fonde l’estetica raffinata del Cinéma du Look con il ritmo e la spettacolarità del cinema d’azione hollywoodiano, creando un ibrido di enorme successo internazionale. Il film è un thriller stilizzato e potente, ma anche un dramma sulla ricerca di identità e sulla possibilità di redenzione. Ha definito un nuovo modello di eroina d’azione, fragile e spietata, e ha dimostrato la capacità del cinema francese di dialogare con i generi popolari in modo autoriale.
Les Amants du Pont-Neuf (1991)
Sul Pont-Neuf di Parigi, chiuso per restauri, vivono due clochard: Alex, un artista di strada alcolizzato, e Michèle, una pittrice che sta perdendo la vista e che è fuggita dalla sua vita borghese. Tra i due nasce un amore folle, disperato e violento, vissuto ai margini della società. La loro storia si consuma tra i fuochi d’artificio del bicentenario della Rivoluzione Francese, in un’esplosione di lirismo e degrado.
L’opera più ambiziosa e tormentata di Leos Carax è il canto del cigno del Cinéma du Look. Con una produzione travagliata e costi esorbitanti, il film spinge all’estremo l’estetica del movimento, creando un’epopea visiva di una bellezza mozzafiato. Carax trasforma la miseria in spettacolo, il degrado in poesia, realizzando un inno all’amore assoluto, un amour fou che cerca la salvezza nell’arte e nella passione, anche quando tutto intorno sembra crollare.
V. Rabbia Sociale e Sguardi sul Presente (Anni ’90)
Delicatessen (1991)
In un futuro post-apocalittico e indefinito, il cibo scarseggia. In un condominio fatiscente, il macellaio Clapet, che è anche il padrone di casa, ha trovato una soluzione macabra: attira nuovi inquilini per poi macellarli e venderne la carne agli altri condomini. L’arrivo di Louison, un ex clown innamorato della figlia del macellaio, sconvolge il precario equilibrio della comunità, spingendo un gruppo di vegetariani ribelli a intervenire.
Jean-Pierre Jeunet e Marc Caro creano una commedia nera e surreale, un’opera visivamente strabiliante che mescola l’estetica retrò con il grottesco. Dietro l’umorismo macabro e la fantasia visiva, Delicatessen è una potente allegoria sociale sulla sopravvivenza, sull’egoismo e sulla necessità della ribellione in tempi di crisi. È un microcosmo che riflette le tensioni di una società sull’orlo del collasso, un racconto morale mascherato da favola cannibale.
Tre colori – Film Blu (1993)
Dopo aver perso il marito, un celebre compositore, e la figlia in un incidente d’auto, Julie cerca di cancellare ogni traccia del suo passato. Si libera della casa, distrugge l’ultima opera incompiuta del marito e si trasferisce in un anonimo appartamento a Parigi, decisa a vivere una vita di totale libertà emotiva. Tuttavia, i legami con il mondo e la musica tornano prepotentemente a galla, costringendola a confrontarsi con il dolore.
Primo capitolo della trilogia di Krzysztof Kieślowski dedicata ai valori della bandiera francese (Libertà, Uguaglianza, Fratellanza), Film Blu è una meditazione profonda e struggente sul concetto di libertà. Lontano da ogni retorica politica, Kieślowski esplora la libertà interiore, quella dai legami, dai ricordi e dal dolore. Attraverso una regia magistrale, che usa il colore blu e la musica come elementi narrativi, e la straordinaria interpretazione di Juliette Binoche, il film si trasforma in un’esperienza sensoriale ed emotiva di rara potenza.
Foudre parte 1

Documentario, di Manuela Morgaine, Francia, 2013.
Film in due parti: una leggenda - documentario in quattro stagioni. Questo affresco è un cinema a zig-zag, come le ramificazioni dei fulmini. Il racconto è ambientato in diversi paesi del mondo e nell'arco di diversi secoli, contemporaneamente, in forma documentaristica e leggendaria. L'autunno corre un cacciatore di fulmini, identificato con il dio del fulmine siriano, Baal. Visionario, Baal proietta sui fulmini 25 anni dei suoi archivi videografici, dà le chiavi scientifiche di questo fenomeno favoloso e devastante allo stesso tempo. L'inverno cerca di analizzare la malinconia, l'ultimo stadio della depressione, e come può essere superata. Uno psichiatra incarna il dio oscuro Saturno, che viaggia in Africa, in Siria per risalire alle fonti delle proprie origini e a quelle di certe pratiche ancestrali: un rituale praticato dalle donne nelle profondità della Guinea Bissau, dervisci rotanti e un pesce siluro che, nell'antica città di Aleppo, portano il segreto della guarigione.
Della durata di quasi quattro ore, questo documentario è senza dubbio tra i più originali mai realizzati, una fantastica esperienza uditiva e plastica tra documentario e leggenda. Per chi vuole ritrovare, anche solo simbolicamente, le energie perdute, deve vedere questo film diviso in quattro parti. Uno degli oggetti cinematografici più rari e magnifici. Un film che scuote davvero fino in fondo e dopo la visione richiede dover analizzare l'esperienza.
LINGUA: francese
SOTTOTITOLI: italiano, inglese, spagnolo, tedesco, portoghese
L’odio (La Haine) (1995)
Nella banlieue parigina, all’indomani di una notte di scontri con la polizia, tre amici – Vinz (ebreo), Saïd (arabo) e Hubert (nero) – trascorrono ventiquattro ore tra noia, rabbia e frustrazione. La tensione è altissima: un loro amico è in fin di vita in ospedale, picchiato dalla polizia, e Vinz ha trovato la pistola persa da un agente durante i disordini, giurando di usarla per vendetta se l’amico morirà.
Il film di Mathieu Kassovitz è un pugno nello stomaco, un’opera che ha segnato un’intera generazione e ha portato alla luce con una forza inedita la realtà delle periferie francesi. Girato in un bianco e nero crudo e stilizzato, L’odio è un racconto urgente e potente sulla marginalizzazione, il razzismo e il circolo vizioso della violenza. La celebre frase “fin qui tutto bene” diventa il mantra di una società che sta precipitando, ignara dell’imminente e inevitabile impatto.
Irma Vep (1996)
René Vidal, un regista della Nouvelle Vague in piena crisi creativa, decide di realizzare un remake del classico del cinema muto Les Vampires. Per il ruolo della protagonista, la ladra in tuta di latex Irma Vep, scrittura la star del cinema d’azione di Hong Kong, Maggie Cheung, che interpreta se stessa. Sul set caotico, i confini tra finzione e realtà, tra personaggio e attrice, iniziano a confondersi.
Olivier Assayas firma una riflessione intelligente e ironica sullo stato del cinema negli anni ’90. Irma Vep è un film-saggio che mette in scena la crisi del cinema d’autore francese, il suo confronto con il cinema di genere asiatico e la fascinazione per la globalizzazione culturale. È un’opera postmoderna, frammentata e piena di energia, che celebra il caos creativo e la magia del cinema, anche quando sembra sull’orlo del fallimento.
Beau Travail (1999)
Nel Golfo di Gibuti, un plotone della Legione Straniera francese vive una routine fatta di addestramenti estenuanti e rituali quasi coreografici sotto il sole cocente. L’equilibrio del gruppo è incrinato dalla gelosia che il sergente maggiore Galoup prova per Gilles Sentain, un giovane legionario ammirato da tutti, incluso il comandante. Questa ossessione porterà Galoup a un atto di sabotaggio che segnerà il suo destino.
Ispirato liberamente a “Billy Budd” di Herman Melville, il capolavoro di Claire Denis è un’opera ipnotica e sensuale che esplora il corpo maschile, il desiderio represso e le dinamiche di potere in un contesto iper-mascolino. La regia di Denis è ellittica e poetica, più interessata ai gesti, ai rituali e ai paesaggi che alla narrazione tradizionale. È un cinema fisico, quasi muto, che culmina in una delle scene finali più liberatorie e indimenticabili della storia del cinema.
Un coeur en hiver (1992)
Stéphane e Maxime sono soci in un prestigioso laboratorio di liuteria. Maxime è estroverso e passionale, mentre Stéphane è un artigiano meticoloso, riservato ed emotivamente distaccato. Quando Maxime si innamora di Camille, una giovane e talentuosa violinista, Stéphane si ritrova attratto da lei, ma la sua incapacità di amare lo porta a un crudele gioco di seduzione e rifiuto, con conseguenze devastanti per tutti e tre.
. Lontano da ogni sentimentalismo, il film è un ritratto agghiacciante della paralisi emotiva, un’esplorazione della paura di vivere e di amare. Sostenuto da interpretazioni magistrali di Daniel Auteuil, Emmanuelle Béart e André Dussollier, Un coeur en hiver è un’opera di una sobrietà e di una profondità che lasciano il segno.
VI. Il Nuovo Millennio: Intimità, Estremismo e Nuove Prospettive
Foudre parte 2

Documentario, di Manuela Morgaine, Francia, 2013.
Questo affresco è un cinema a zig-zag, come le ramificazioni dei fulmini. Declina il suo soggetto in diversi paesi del mondo e nell'arco di diversi secoli, contemporaneamente, in forma documentaristica e leggendaria. La primavera fa rivivere Syméon lo stilita, un pazzo che ha vissuto per 40 anni in cima alla sua colonna. Simeone fu ucciso in Siria, nel deserto di Cham vicino a Palmira. Ma è anche colui che scruta la terra, racconta la vera storia del sapone di Aleppo che è un calderone pieno di mitologia. E ancora il modo in cui un fulmine genera una volta all'anno, in primavera, un tartufo afrodisiaco chiamato Kama che sappiamo esistere sotto forma di "Vegetale di Allah" nel racconto delle Mille e una notte. L'estate mette in scena, dal testo de "La dispute" di Marivaux, l'amore a prima vista tra due creature, Azor ed Églé, isolate su un'isola chiamata Sutra. In quest'isola paradisiaca mangiano il Kama, il frutto proibito, e poi, pazzi d'amore, vengono scacciati. Finalmente ramificati, Baal, Saturno, Simeone, i melanconici, gli abbattuti si uniscono agli amanti dilaniati nel fulmine notturno.
Della durata di quasi quattro ore, questo documentario è senza dubbio tra i più originali mai realizzati, una fantastica esperienza uditiva e plastica tra documentario e leggenda. Per chi vuole ritrovare, anche solo simbolicamente, le energie perdute, deve vedere questo film diviso in quattro parti. Uno degli oggetti cinematografici più rari e magnifici. Un film che scuote davvero fino in fondo e dopo la visione richiede dover analizzare l'esperienza.
LINGUA: francese
SOTTOTITOLI: italiano, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese
Il favoloso mondo di Amélie (2001)
Amélie Poulain è una giovane cameriera di Montmartre con una fervida immaginazione. Dopo aver trovato una vecchia scatola di latta piena di ricordi d’infanzia e averla restituita al suo proprietario, decide di dedicare la sua vita a orchestrare piccoli momenti di felicità per le persone che la circondano. In questa sua missione, però, trascura la propria felicità, finché l’incontro con il bizzarro Nino non la costringerà a uscire dal suo guscio.
Il film di Jean-Pierre Jeunet è stato un fenomeno culturale globale, un’esplosione di ottimismo e fantasia visiva. La sua Parigi da cartolina, iper-satura di colori e popolata da personaggi eccentrici, ha definito un’immagine della Francia per il pubblico internazionale. Se da un lato rappresenta una visione idealizzata e quasi reazionaria, dall’altro è un’opera di straordinaria inventiva stilistica, un inno alle piccole gioie della vita che si contrapponeva nettamente al cinema più crudo e politico che emergeva in quegli stessi anni.
Sotto la sabbia (2000)
Marie e Jean sono una coppia felicemente sposata da anni. Durante una vacanza al mare, Jean scompare misteriosamente mentre fa il bagno. Marie, incapace di accettare la sua perdita, torna a Parigi e continua a vivere come se il marito fosse ancora con lei, parlandogli e sentendone la presenza. Il suo rifiuto della realtà la isola dal mondo, finché un nuovo incontro non la costringe a confrontarsi con il suo lutto irrisolto.
François Ozon firma un’opera di straordinaria sensibilità e rigore psicologico. Guidato da una performance monumentale di Charlotte Rampling, il film esplora le complesse fasi dell’elaborazione del lutto e i meccanismi di negazione della mente umana. La regia di Ozon è elegante e misurata, capace di rendere visibile l’invisibile, di filmare l’assenza e di creare un’atmosfera sospesa tra realtà e allucinazione, senza mai giudicare la sua protagonista.
Sur mes lèvres (2001)
Carla è una segretaria quasi sorda, sfruttata e ignorata dai colleghi. Stanca della sua invisibilità, assume come stagista Paul, un ex detenuto rozzo ma affascinante. Tra i due emarginati si crea un’alleanza improbabile: lei usa la sua abilità nel leggere le labbra per aiutarlo a compiere un colpo ai danni di un malavitoso, mentre lui le offre la possibilità di una rivalsa e di una vita più eccitante.
Jacques Audiard si conferma un maestro nel mescolare i generi, realizzando un film che è al contempo un thriller teso, un dramma sociale e una storia d’amore atipica. Sur mes lèvres è un ritratto potente di due personaggi ai margini che trovano un modo per affermarsi, usando le proprie debolezze come armi. La regia nervosa e fisica di Audiard crea un’opera avvincente che esplora i temi del potere, della comunicazione e della vendetta sociale.
L’Emploi du temps (2001)
Vincent viene licenziato dal suo lavoro di consulente, ma non ha il coraggio di dirlo alla sua famiglia. Inizia così a costruirsi una vita fittizia, passando le giornate in auto, fingendo di recarsi a riunioni inesistenti e inventando un prestigioso impiego alle Nazioni Unite a Ginevra. Per finanziare il suo stile di vita e mantenere la sua elaborata menzogna, si invischiarà in una truffa internazionale.
Ispirato a un reale fatto di cronaca, il film di Laurent Cantet è una critica agghiacciante e lucida alla società contemporanea, dove l’identità di un individuo è definita quasi esclusivamente dal suo lavoro. Con uno stile sobrio e quasi documentaristico, Cantet esplora la pressione psicologica del mondo aziendale e la crisi della mascolinità. È un’opera che trasforma un dramma personale in un’analisi universale sull’alienazione e sul bisogno di approvazione sociale.
Il testamento di Orfeo

Film drammatico, di Jean Cocteu, Francia, 1960.
Nel suo ultimo film, il leggendario Jean Cocteau è un poeta che viaggia nel tempo alla ricerca dell'illuminazione. In una misteriosa terra desolata, incontra anime perdute che provocano la sua morte e risurrezione. Con un cast eccezionale tra cui Pablo Picasso, Jean-Pierre Leáud, Lucia Bosè, Yul Brynner, Brigitte Bardot, il testamento di Orfeo chiude la straordinaria ricerca di Cocteau sul rapporto tra arte e vita.
LINGUA: francese
SOTTOTITOLI: italiano, inglese
Irréversible (2002)
Il film racconta una notte di violenza e vendetta, ma lo fa in ordine cronologico inverso. Inizia con la brutale punizione del colpevole in un locale gay e riavvolge il nastro degli eventi, mostrando la disperata ricerca del responsabile da parte del fidanzato della vittima, fino ad arrivare alla scena centrale, un’insostenibile e lunghissima sequenza di stupro, per concludersi con i momenti di felicità che precedono la tragedia.
Opera più controversa e radicale della New French Extremity, il film di Gaspar Noé è un’esperienza cinematografica sconvolgente. La narrazione a ritroso non è un semplice gimmick, ma uno strumento filosofico che costringe lo spettatore a riflettere sulla causalità, sul destino e sulla natura irreversibile del tempo. Con la sua macchina da presa vorticosa e la sua violenza esplicita, Irréversible è un pugno nello stomaco che interroga i limiti della rappresentazione e la responsabilità dello sguardo.
Caché (2005)
Georges e Anne, una coppia borghese parigina, iniziano a ricevere delle videocassette anonime che riprendono la loro casa dall’esterno, per ore. Ai video si aggiungono disegni inquietanti che sembrano alludere a un episodio rimosso dell’infanzia di Georges. La minaccia invisibile fa emergere tensioni latenti nella coppia e costringe Georges a confrontarsi con una colpa personale che si intreccia con una colpa storica della Francia.
Michael Haneke firma un thriller psicologico di una precisione e di una freddezza glaciali. La regia, fatta di lunghi piani fissi che mimano lo sguardo di una telecamera di sorveglianza, crea un senso di paranoia e disagio costanti. Caché è molto più di un mistery: è una potente allegoria sulla rimozione della memoria, sia individuale che collettiva, che allude al massacro degli algerini a Parigi nel 1961 e al passato coloniale francese. Un capolavoro che ci ricorda che non si può mai sfuggire al proprio passato.
Le Goût des autres (2000)
Castella, un ricco ma rozzo industriale, si innamora di Clara, un’attrice e insegnante d’inglese che fa parte di un circolo di intellettuali e artisti che lo disprezzano. Per conquistarla, Castella cerca goffamente di entrare nel suo mondo, iniziando a frequentare il teatro e a interessarsi all’arte. Nel frattempo, le vite del suo autista, della sua guardia del corpo e di una barista si intrecciano, esplorando le barriere culturali e sociali.
Agnès Jaoui, anche attrice e co-sceneggiatrice con il partner Jean-Pierre Bacri, dirige una commedia corale intelligente, spiritosa e profondamente umana. Il film esplora con acume e senza snobismo il tema del “gusto” come marcatore sociale, mostrando come le differenze culturali possano essere sia un ostacolo che un’opportunità di arricchimento. È un’opera che, in netto contrasto con le tendenze più estreme del cinema francese del periodo, celebra la possibilità del dialogo e la comprensione reciproca.
Persepolis (2007)
Attraverso un’animazione in bianco e nero, Marjane Satrapi racconta la sua infanzia e adolescenza a Teheran durante la Rivoluzione Islamica. Cresciuta in una famiglia progressista, la giovane Marjane, ribelle e appassionata di punk rock, si scontra con le restrizioni del nuovo regime. Inviata in Europa per la sua sicurezza, dovrà affrontare l’esilio, la solitudine e la difficoltà di trovare la propria identità tra due culture.
Tratto dall’omonima graphic novel autobiografica, Persepolis è un’opera potente e commovente che riesce a raccontare la grande Storia attraverso una prospettiva intima e personale. Lo stile visivo, semplice ma di grande impatto espressivo, permette di affrontare temi complessi come la guerra, la repressione e l’identità con un equilibrio perfetto tra dramma, umorismo e ironia. È un film che dà voce a un’esperienza di esilio universale e offre uno sguardo sull’Iran lontano dagli stereotipi.
L'affido - una storia di violenza

Drammatico, thriller, di Xavier Legrand, Francia, 2019.
Miriam Besson e Antoine Besson sono una coppia divorziata. Hanno una figlia che sta per compiere diciotto anni, Joséphine, e un figlio di undici anni, Julien. Miriam vuole tenere il figlio più piccolo lontano da suo padre, che lei accusa di essere un uomo violento. Chiede l'affidamento esclusivo di Julien: il bambino è traumatizzato non vuole più rivedere il padre. Nonostante le richieste di Miriam e le conferme dell'atteggiamento violento di Antoine, il giudice concede l'affidamento condiviso e costringe il bambino a trascorrere i fine settimana con suo padre. Julien vuole proteggere la madre dalla violenza fisica e psicologia di Antoine, ma non ci riesce: l'ossessione dell'uomo è più forte si trasforma di nuovo in violenza.
In L'affido - una storia di violenza Xavier Legrand racconta i personaggi con grande umanità. Una vicenda drammatica in cui il piccolo Julien è destinato a perdere l'ingenuità della sua fanciullezza in una battaglia di sopravvivenza. Il film, girato con una stile sobrio ed intimista, mette in luce una visione amara e senza speranza della natura umana, con gli uomini che pur di sfuggire alla solitudine ed al fallimento, diventano persecutori violenti e assassini. Amore distrutto dalla possessività, odio, rabbia, e distruzione di sé e dell'altro come unica via di uscita. La sofferenza silenziosa di Julien è la testimonianza della violenza contro i più vulnerabili, quella forma intollerabile di violenza che quando diventa evidente è già troppo tardi. A interpretare il padre Antoine è Denis Ménochet, corpo massiccio che minaccia la fragile figura della moglie e del figlio, interpretato con grande naturalezza da Thomas Gioria. Il film nasce come espansione di un cortometraggio realizzato quattro anni prima, Avant que de tout perdre, arricchendo il film con un atmosfera thriller. Le riprese sono effettuate quasi sempre all'altezza del bambino, che scopre lentamente intorno a lui il vuoto e la miseria umana.
LINGUA: italiano
La classe – Entre les murs (2008)
Il film documenta un anno scolastico all’interno di una classe di una scuola media in un quartiere multietnico di Parigi. François, un insegnante di francese, cerca di coinvolgere i suoi studenti adolescenti, spesso difficili e provocatori, in un dialogo aperto e stimolante. Le discussioni in classe, i conflitti e i piccoli successi quotidiani dipingono un ritratto realistico e complesso del sistema educativo francese e delle sfide dell’integrazione.
Vincitore della Palma d’Oro a Cannes, il film di Laurent Cantet sfuma i confini tra finzione e documentario. Girato con attori non professionisti che interpretano versioni di se stessi, La classe ha una straordinaria forza di autenticità. La macchina da presa, sempre all’altezza dei ragazzi, cattura l’energia, le tensioni e la vitalità di un microcosmo che riflette le contraddizioni della società francese contemporanea. È un cinema impegnato che non offre soluzioni, ma stimola una riflessione profonda.
Un profeta (2009)
Malik El Djebena, un giovane franco-arabo di diciannove anni, viene condannato a sei anni di prigione. Analfabeta e solo, sembra una vittima predestinata. All’interno del carcere, viene costretto dal boss della mafia corsa a compiere un omicidio. Questo atto lo segna per sempre, ma è anche l’inizio della sua educazione criminale e della sua ascesa. Imparando a leggere, scrivere e a muoversi tra le fazioni rivali, Malik costruirà il proprio impero.
Jacques Audiard dirige un prison movie epico e potente, un romanzo di formazione criminale che è anche una metafora della Francia contemporanea. Con uno stile realistico e brutale, ma non privo di momenti onirici, il film racconta l’emancipazione di un emarginato che trasforma la prigione nella sua università. È un’opera complessa sul potere, sull’identità e sulla capacità di sopravvivere e prosperare in un ambiente ostile, un capolavoro del cinema di genere con un profondo sottotesto sociale.
Martyrs (2008)
Quindici anni dopo essere fuggita da un luogo dove veniva torturata, Lucie irrompe in casa di una famiglia apparentemente normale e la massacra, convinta che fossero i suoi aguzzini. Chiama in aiuto la sua amica Anna, che l’ha sempre sostenuta. Mentre Anna cerca di ripulire la scena del crimine, scopre una verità ancora più terrificante, che la trascinerà in un abisso di sofferenza inimmaginabile.
Vertice estremo e insuperabile della New French Extremity, il film di Pascal Laugier è un’opera che spinge l’horror oltre i suoi limiti. La sua violenza fisica è quasi insostenibile, ma non è mai gratuita. Martyrs è un film profondamente filosofico che interroga il senso del dolore, la natura del trauma e la possibilità della trascendenza. È un’esperienza cinematografica estrema, disturbante e indimenticabile, che usa il genere per porre domande radicali sulla condizione umana.
VII. Il Cinema Contemporaneo: Il Trionfo dello Sguardo Femminile e le Nuove Voci
Tomboy (2011)
Laure, una bambina di dieci anni, si trasferisce con la sua famiglia in un nuovo quartiere durante l’estate. Con i suoi capelli corti e i suoi modi da maschiaccio, viene scambiata per un bambino da una coetanea, Lisa. Laure decide di stare al gioco e si presenta a tutto il gruppo di amici come Michaël. Per tutta l’estate, vive una nuova identità, esplorando la libertà e le complicazioni che questa comporta.
Céline Sciamma affronta il tema delicato dell’identità di genere nell’infanzia con una sensibilità e un naturalismo straordinari. Lontano da ogni tesi o dramma, il film osserva con tenerezza e senza giudizio i giochi, le scoperte e le paure della sua giovane protagonista. La regia di Sciamma è intima e precisa, capace di catturare le sfumature più sottili delle emozioni infantili, realizzando un’opera luminosa e profonda sulla fluidità dell’identità e sulla costruzione di sé.
L'amore fugge

Commedia, romantico, di Francois Truffaut, Francia, 1978.
Dopo sette anni Antoine e Christine divorziano, pur rimanendo buoni amici. Antoine ha una relazione con Liliane, amica di Christine, ha pubblicato un'autobiografia sui suoi amori e trova lavoro come correttore di bozze e inizia una relazione allegra, anche se tumultuosa, con Sabine, commessa in un negozio di dischi.
È il quinto e ultimo film della serie di 'Antoine Doinel', che segue la vita del protagonista dall'infanzia all'età adulta. Il film vinse il Premio della Giuria al Festival di Cannes di quell'anno. È una significativa rappresentazione dei rapporti umani, una riflessione intelligente e ironica sui temi dell'amore, della perdita e della crescita personale. È anche un omaggio al cinema francese degli anni '60 e '70, una sorta di sintesi di temi e stili cinematografici che Truffaut aveva esplorato nel corso della sua carriera. Léaud aveva interpretato il personaggio in tutti i film della serie "Antoine Doinel" e la sua interpretazione in "Love on the Run" era considerata una delle migliori della sua carriera. "Love on the Run" è stato ben accolto dalla critica ed è considerato uno dei migliori film di Truffaut.
LINGUA: francese
SOTTOTITOLI: italiano, inglese
Holy Motors (2012)
Dall’alba al tramonto, Monsieur Oscar viaggia attraverso Parigi a bordo di una limousine bianca. Durante il giorno, ha una serie di “appuntamenti” che lo portano a incarnare una successione di personaggi diversi: un’anziana mendicante, un killer, un padre di famiglia, un mostro grottesco. Ogni performance lo immerge completamente in una nuova vita, in un viaggio enigmatico attraverso i generi cinematografici e la natura stessa della recitazione.
Il ritorno di Leos Carax al cinema dopo tredici anni è un’opera folle, inclassificabile e geniale. Holy Motors è un inno all’atto della performance, una riflessione sulla perdita di autenticità nell’era digitale e un’elegia per la storia del cinema. È un film che cambia pelle continuamente, passando dal dramma al musical, dalla fantascienza al grottesco, con una libertà creativa assoluta. È un’esperienza visiva e concettuale travolgente, un atto d’amore per il potere trasformativo dell’immagine.
Amour (2012)
Georges e Anne sono una coppia di ottantenni, ex insegnanti di musica, colti e ancora profondamente legati. La loro vita tranquilla viene sconvolta quando Anne viene colpita da un ictus che le paralizza metà del corpo. Georges si prende cura di lei, ma la malattia progredisce inesorabilmente, mettendo alla prova il loro amore di fronte alla sofferenza, al degrado fisico e all’avvicinarsi della morte.
Vincitore della Palma d’Oro, il film di Michael Haneke è un’opera di una lucidità e di un rigore quasi insostenibili. Con il suo stile austero e la sua regia che osserva senza mai giudicare, Haneke affronta il tema della fine della vita con un’onestà brutale, rifiutando ogni sentimentalismo. Amour non è un film sulla malattia, ma sull’amore, un amore messo alla prova estrema dal dolore. È un’opera straziante e profondamente umana, un capolavoro di rara potenza emotiva e intellettuale.
La vita di Adèle (2013)
Adèle è un’adolescente che sta scoprendo i suoi desideri. L’incontro casuale con Emma, una ragazza dai capelli blu più grande di lei e studentessa di belle arti, le cambia la vita. Tra le due nasce una storia d’amore totalizzante e passionale, che accompagnerà Adèle nel suo percorso di crescita, dalla fine del liceo ai suoi primi anni come maestra, attraverso la gioia, il dolore e la scoperta di sé.
Abdellatif Kechiche firma un’opera monumentale e immersiva, un’epopea sentimentale che segue la sua protagonista con una vicinanza quasi fisica. Famoso per i suoi primi piani intensi e le sue scene di sesso esplicite e prolungate, il film cattura la carnalità e la visceralità del primo amore come pochi altri. Al di là delle controversie, La vita di Adèle è un ritratto potente e realistico del desiderio, della passione e delle differenze sociali che possono incrinare anche il legame più forte.
Elle (2016)
Michèle, la risoluta direttrice di una società di videogiochi, viene violentata in casa sua da un uomo mascherato. Invece di denunciare l’aggressione alla polizia, reagisce in modo inaspettato: si barrica in casa, compra un’ascia e inizia un gioco perverso e ambiguo per scoprire l’identità del suo aggressore tra gli uomini che la circondano, trasformando il trauma in un pericoloso rapporto di potere.
Paul Verhoeven, maestro della provocazione, dirige un thriller psicologico audace e spiazzante, che sovverte completamente le convenzioni del genere rape and revenge. Sostenuto da una performance magistrale e senza paura di Isabelle Huppert, Elle è un film complesso, moralmente ambiguo e percorso da un umorismo nerissimo. È un ritratto anticonvenzionale della resilienza femminile, che esplora le zone grigie del trauma, del desiderio e del controllo.
L'Atalante

Drammatico, di Jean Vigo, Francia, 1934.
Jean, il capitano della chiatta L'Atalante, sposa Juliette, e la coppia decide di vivere a bordo dell'Atalante insieme all'equipaggio di Jean, all'eccentrico Père Jules e al mozzo. La coppia si reca a Parigi per consegnare il carico, godendosi una luna di miele improvvisata lungo il percorso. Jules e il mozzo non sono abituati a una donna a bordo, e quando Jean scopre che Juliette e Jules stanno parlando nell'alloggio di Jules, Jean ha una crisi violenta di gelosia. Arrivato a Parigi, Jean promette a Juliette di visitare insieme la città, ma invece sbarca con il mozzo per andare a trovare un indovino.
Una delle storie d'amore più belle della storia del cinema, in equilibrio tra avanguardia surrealista e realismo poetico. Jacques Louis Nounez, il produttore del precedente film di Jean Vigo, Zero in condotta, bloccato dalla censura, accettò di produrre il secondo film del regista, L'Atalante. La sceneggiatura era gradevole e non ci sarebbe stato alcun motivo di una nuova azione della censura. E' una storia d'amore di una giovane coppia, delle prime incomprensioni subito dopo le nozze. Vigo gira L'Atalante nel gennaio 1934, in un clima gelido e umido che gli creerà l'aggravamento del suo stato di salute. Il 25 aprile 1934 il film viene proiettato al Palais Rochechouart ma viene accolto molto male sia dal pubblico che dalla critica. Il distributore chiede al produttore di consegnargli un nuovo montaggio del film. La durata viene ridotta da 89 minuti a 65. La musica di Jaubert viene sostituita da una canzone alla moda, 'La chaland qui passe', che diventa anche il nuovo titolo del film. Il film esce nuovamente a settembre. Vigo non lo vedrà mai: morirà il mese dopo. Giudicato un film mediocre, L'Atalante resta in programmazione tre settimane e poi viene tolto. Nel 1940 il film viene proiettato allo Studio des Ursulines, con il titolo e le musiche originali. Ma non riscuote più successo che in precedenza. Nel 1949 L'Atalante viene promosso tenacemente della Fédération Française du CinéClubs. Cambia l'opinione pubblica e Jean Vigo viene considerato uno dei più grandi cineasti francesi. Poi il film circola nuovamente nella sua versione tagliata. Nel 1989 il film diventa popolare con la sua versione originale ricostruita dalla Gaumont. L'opera di ricomposizione fu affidata ai registi Pierre Philippe e Jean-Louis Bompoint, che partono dalle copie disponibili alla Cinémathèque Francaise. Nel 1990 viene scoperta al British Film Institute di Londra una copia perfetta della versione del 1934. Il film viene restaurato e vengono aggiunte sequenze mancanti bloccate dalla censura degli anni '30. Si arriva così, dopo quasi 60 anni, ad una versione de L'Atalante fedele al 99%, all'originale. Ora sono tutti d'accordo: Jean Vigo, a soli 28 anni, gira un film perfetto, destinato a diventare un classico dell'arte cinematografica.
Spunto di riflessione
Alcune persone pensano che l'amore giustifichi la possessività, senza comprendere una cosa molto semplice: quando possiedi la persona che ami uccidi l'amore, e uccidi la persona. La vita di qualcun altro non può essere posseduta. Una persona gelosa non può amare, e una persona che ama non può essere gelosa. L'uomo cerca garanzie perché l'amore è fatto della sostanza dei sogni, non è affidabile. Egli vuole avere sicurezza per il futuro: una specie di assicurazione che chi ti ama adesso, ti amerà per sempre.
LINGUA: italiano
120 battiti al minuto (2017)
Nei primi anni ’90 a Parigi, l’epidemia di AIDS miete vittime nell’indifferenza generale delle istituzioni e delle case farmaceutiche. Il film segue le azioni del gruppo di attivisti di Act Up-Paris, raccontando le loro riunioni infuocate, le proteste spettacolari e la lotta contro il tempo per ottenere cure e visibilità. All’interno della battaglia politica, sboccia la storia d’amore tra Nathan, un nuovo arrivato, e Sean, uno dei militanti più radicali.
Robin Campillo realizza un’opera vibrante, politica e profondamente commovente. Il film ricostruisce con un’energia straordinaria l’urgenza e la vitalità di una comunità che combatte per la propria sopravvivenza. Alternando magistralmente i dibattiti politici, le azioni di protesta e i momenti di intimità e festa, 120 battiti al minuto è un inno alla vita, un racconto corale che celebra la solidarietà, l’amore e la rabbia come motori del cambiamento.
Ritratto della giovane in fiamme (2019)
Bretagna, fine del XVIII secolo. La pittrice Marianne viene ingaggiata per realizzare il ritratto di nozze di Héloïse, una giovane donna appena uscita dal convento e restia a sposarsi. Poiché Héloïse si rifiuta di posare, Marianne deve osservarla di giorno per poi dipingerla di nascosto. Tra le due donne, in un isolamento quasi totale, nasce un’intimità fatta di sguardi, gesti e parole non dette, che si trasforma in un amore intenso e fugace.
Céline Sciamma firma un capolavoro di rara bellezza e intelligenza, un film che teorizza e mette in pratica il concetto di “sguardo femminile” (female gaze). Con una composizione pittorica rigorosa e una scrittura di straordinaria finezza, il film è una profonda meditazione sull’arte, sulla memoria e sulla natura dell’amore. È una storia d’amore raccontata attraverso la reciprocità dello sguardo, un’opera che celebra la potenza creativa e la solidarietà femminile in un mondo dominato da regole maschili.
Les Misérables (2019)
Stéphane si è appena trasferito a Parigi e si unisce alla squadra anticrimine di Montfermeil, la stessa banlieue dove Victor Hugo ambientò parte de “I Miserabili. Si ritrova a pattugliare le strade con due colleghi dai metodi brutali, in un quartiere dove le tensioni tra le diverse bande e la polizia sono sempre sul punto di esplodere. Un incidente, filmato da un drone, scatenerà una spirale di violenza incontrollabile.
Venticinque anni dopo L’odio, Ladj Ly firma un nuovo, potentissimo affresco delle banlieue francesi. Girato con lo stile adrenalinico di un thriller d’azione, il film è un’opera di un realismo sconvolgente, che mostra dall’interno le dinamiche complesse e violente di un territorio abbandonato dallo Stato. È un film che non prende parti, mostrando come tutti – poliziotti e residenti – siano “miserabili”, intrappolati in un sistema che genera solo rabbia e vendetta.
Titane (2021)
Dopo un incidente d’auto da bambina, Alexia ha una placca di titanio in testa e un’attrazione morbosa per le automobili. Da adulta, è una ballerina che si esibisce in spettacoli di motori e una serial killer. In fuga dopo un omicidio, decide di cambiare identità, spacciandosi per Adrien, un ragazzo scomparso dieci anni prima. Viene “riconosciuta” dal padre del ragazzo, un pompiere solo e disperato, con cui instaura un rapporto tanto strano quanto tenero.
Vincitrice della Palma d’Oro, Julia Ducournau spinge il cinema francese in territori inesplorati. Titane è un’opera estrema, un body horror che si trasforma in un melodramma familiare, un film che sfida ogni etichetta di genere. È una riflessione scioccante e sorprendentemente commovente sull’identità, sul corpo, sulla fluidità di genere e sulla possibilità di trovare l’amore e la famiglia nei modi più impensabili. Un’esperienza visiva e fisica indimenticabile.
Tournee - Il vero burlesque

Commedia, drammatico, di Mathieu Amalric, Francia, 2010.
Joachim Zand, un produttore televisivo in crisi, torna in Francia dopo un lungo periodo trascorso negli Stati Uniti. Joachim aveva tagliato tutti i rapporti in Francia: amici, nemici, figli. Arriva con un gruppo di spogliarelliste californiane, in carne e chiassose, che fanno spettacoli burlesque e che vuole far esibire a Parigi. Fanno una tournee nelle città portuali della costa francese, esibendosi in teatri e locali di second'ordine, alloggiando in squallidi hotel e mangiando in ristoranti economici. Riscuotono un'ottimo gradimento del pubblico e puntano verso Parigi. Ma vecchi conflitti con le persone a cui era legato Joachim si ripropongono, e la vita da prestigiatore dello spettacolo dovrà fare i conti con la finzione e gli imbrogli del passato.
Il regista Mathieu Amalric si è ispirato per Tournee al cinema americano indipendente degli anni '70, in particolare ad Assassinio di un allibratore cinese di John Cassavetes. Il personaggio protagonista Joachim Sand è interpretato dallo stesso regista, che si dimostra un attore di alto livello, scelto già come interprete da registi come André Téchiné, Alain Resnais, Arnaud Desplechin: un attore con una grande consapevolezza della propria espressività e capacità di osservarsi anche dall'esterno come regista. Il gruppo di spogliarelliste è interpretato da autentiche artiste burlesque: Mimi Le Meaux, Kitten on the Keys, Dirty Martini, Julie Atlas Muz, Evie Lovelle e Roky Roulette. Tournee è un film on the road dove gli spettacoli di burlesque sono stati eseguiti realmente per un pubblico dal vivo durante la produzione del film. La storia è ispirata ad un libro del 1913 di Colette sull'esperienza nelle sale da ballo all'inizio del ventesimo secolo, The Other Side of Music-Hall. Presentato al Festival di Cannes 2010 dove ha vinto il premio Fipresci, il premio più importante dei critici cinematografici, ed il premio come miglior regista. Il finale è l'epilogo commuovente del ritratto di un uomo che ha smarrito le sue radici e deve fare i conti con la desolazione.
LINGUA: italiano
Petite Maman (2021)
Nelly, una bambina di otto anni, ha appena perso l’amata nonna. Mentre aiuta i genitori a svuotare la casa d’infanzia della madre, esplora il bosco circostante, lo stesso dove sua madre giocava da piccola. Lì incontra una bambina della sua età, Marion, che sta costruendo una capanna tra gli alberi. Tra le due nasce un’amicizia immediata, e Nelly si rende presto conto che questa nuova amica è, in realtà, sua madre da bambina.
Con una delicatezza e una profondità disarmanti, Céline Sciamma realizza una piccola gemma cinematografica. In soli 72 minuti, il film esplora temi universali come il lutto, il rapporto madre-figlia e il mistero dell’infanzia con la grazia di una fiaba. È un’opera di una semplicità solo apparente, che attraverso un tocco di realismo magico riesce a creare un ponte tra generazioni, offrendo un’esperienza emotiva di rara purezza e potenza.
Anatomie d’une chute (2023)
Sandra, una scrittrice tedesca, vive in uno chalet isolato sulle Alpi francesi con il marito Samuel e il figlio ipovedente Daniel. Quando Samuel viene trovato morto alla base dello chalet, la caduta appare sospetta. Sandra diventa la principale indiziata e viene processata per omicidio. Il processo si trasforma in una spietata dissezione della loro relazione di coppia, dove la verità diventa un concetto sfuggente e interpretabile.
Palma d’Oro a Cannes, il film di Justine Triet è un legal drama avvincente che è anche e soprattutto l’anatomia di una crisi coniugale. Con una sceneggiatura affilata e dialoghi di straordinaria intelligenza, il film smonta le narrazioni che costruiamo nelle nostre vite private, mostrando come ogni relazione sia un complesso intreccio di verità, finzione, risentimento e amore. È un’opera che interroga la natura stessa della verità, lasciando allo spettatore il compito di emettere il proprio verdetto.
Jeune et Jolie (2013)
Isabelle è una studentessa parigina di diciassette anni, bella e proveniente da una famiglia borghese. Dopo aver perso la verginità durante una vacanza estiva, decide, senza un apparente motivo economico o psicologico, di iniziare a prostituirsi, incontrando uomini più anziani in camere d’albergo. Il film la segue attraverso le quattro stagioni, esplorando la sua doppia vita e la sua enigmatica ricerca di sé.
François Ozon affronta un tema scabroso con il suo caratteristico stile elegante e distaccato. Jeune et Jolie non è un film di denuncia sociale, ma un ritratto ambiguo e non giudicante del risveglio sessuale e delle contraddizioni dell’adolescenza. Ozon non fornisce risposte facili, ma si limita a osservare il percorso misterioso della sua protagonista, realizzando un’opera che interroga lo spettatore sul desiderio femminile, sulla mercificazione del corpo e sull’imperscrutabilità delle motivazioni umane.
Ascenseur pour l’échafaud (1958)
Julien Tavernier uccide il suo capo, che è anche il marito della sua amante, Florence. Il delitto sembra perfetto, ma mentre sta per lasciare l’edificio, si accorge di aver dimenticato una prova e torna indietro, rimanendo bloccato in ascensore. Nel frattempo, una giovane coppia di teppisti ruba la sua auto e, durante la loro fuga, commette un omicidio, facendo ricadere la colpa su di lui. Florence, non vedendolo arrivare, vaga per una Parigi notturna e spettrale.
Film d’esordio di Louis Malle, quest’opera è un ponte cruciale tra il film noir classico e l’imminente Nouvelle Vague. Da un lato, ha la trama tesa e il fatalismo del noir americano. Dall’altro, anticipa la libertà stilistica della nuova ondata, soprattutto nelle celebri sequenze del vagabondaggio notturno di Jeanne Moreau, accompagnate dalla leggendaria colonna sonora improvvisata da Miles Davis. È un thriller esistenziale che cattura l’atmosfera di un’intera epoca.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione

