La Mappa Critica della Wilderness: I Film Ambientati nella Natura

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La rappresentazione cinematografica della natura non è mai un atto neutro. Ci sono le grandi opere che hanno definito il nostro immaginario, film celebri sulla fuga dalla civiltà come Into the Wild o Wild che toccano corde emozionali potenti – e li troverete qui. Ma la vera indagine sulla relazione tra l’uomo e il suo ambiente fiorisce spesso in territori meno battuti.

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È qui che il paesaggio non è uno sfondo ma un agente narrativo, una forza che determina le azioni umane in modi che la logica urbana non può comprendere. Questo cinema si confronta con la wilderness come mistero, come memoria politica e, talvolta, come puro specchio della dissoluzione psichica.

Questa non è una semplice lista di avventure, ma un percorso che unisce i pilastri fondamentali, dai film più famosi al cinema indipendente più sconosciuto. Una mappa per esploratori della coscienza, dove i paesaggi selvaggi diventano chiavi di lettura per le crisi esistenziali e ambientali del nostro tempo.

Sezione I: I Territori della Psiche e la Dissoluzione del Sé

Questa sezione esamina come il cinema utilizzi ambienti vasti e desolati non solo come scenario, ma come catalizzatori di crisi esistenziale. Il deserto, la steppa e la zona contaminata diventano luoghi di purificazione o di totale alienazione, dove la narrazione tradizionale si svuota e lascia spazio alla percezione del tempo geologico e dell’isolamento radicale.

Jauja (2014) – Lisandro Alonso

Jauja Official Trailer 1 (2015) - Viggo Mortensen Movie HD

Il capitano danese Dinesen (Viggo Mortensen) è stanziato in Patagonia nel XIX secolo, impegnato in un lavoro di ingegneria per l’esercito argentino. Quando sua figlia quindicenne scappa con un soldato, Dinesen si addentra nella desolata e selvaggia Pampa alla sua ricerca. Questa spedizione si trasforma rapidamente in un’odissea metafisica dove i confini tra tempo, realtà e sogno iniziano a collassare.

Il film è una delle massime espressioni contemporanee di slow cinema, in cui la natura selvaggia della Patagonia funge da agente corrosivo sulla razionalità umana. Alonso sfrutta una fotografia in formato 4:3, insolitamente stretta per l’ampiezza di quegli orizzonti, creando un senso di claustrofobia e ingabbiamento emotivo nonostante l’immensità del paesaggio. La Patagonia, nota come terra promessa e fittizia “città dei tesori” (come suggerisce il titolo), si rivela un vuoto di senso che spinge il protagonista verso una “meditazione più cosciente” ma al contempo lo priva di ogni parvenza di umanità. Il paesaggio non è qui una sfida fisica da superare, ma una sostanza implacabile che assorbe e dissolve l’obiettivo narrativo, rendendo la ricerca un pretesto per la contemplazione filosofica sulla perdita.

Into the Wild – Nelle terre selvagge (2007)

Into the Wild (2007) Trailer #1 | Movieclips Classic Trailers

Christopher McCandless (Emile Hirsch), uno studente modello proveniente da una famiglia benestante, subito dopo la laurea abbandona tutto. Dona i suoi risparmi, distrugge i documenti e si imbarca in un viaggio attraverso l’America, con l’obiettivo finale di raggiungere le terre selvagge dell’Alaska e vivere di sola natura. Regia di Sean Penn.

Basato sul bestseller di Jon Krakauer, è un’epica potente e romantica sulla ricerca della libertà assoluta e sul rifiuto del materialismo. È un film imperdibile per la sua splendida fotografia del paesaggio americano, per l’intensa interpretazione di Hirsch e per la sua agrodolce riflessione sul conflitto tra l’idealismo solitario e l’imprescindibile bisogno umano di connessione.

Gerry (2002) – Gus Van Sant

Due amici, entrambi chiamati Gerry (Matt Damon e Casey Affleck), decidono di lasciare la loro auto per una breve escursione nel deserto, presumendo di essere vicini alla loro destinazione. Presto si rendono conto di essersi persi nella wilderness implacabile della regione di Death Valley e Utah. Senza trama convenzionale o dialoghi scritti, il film segue la loro lenta e fatale deriva nell’ambiente ostile.

Gerry è un archetipo dell’anti-survival film e del slow cinema americano indipendente. Il deserto del Nord America, con le sue distese desolate e i suoi saliscendi senza punti di riferimento, è il vero protagonista. Van Sant utilizza lunghi piani sequenza e l’improvvisazione dei due attori per enfatizzare l’entropia della situazione: più i personaggi cercano di muoversi, più si addentrano nel vuoto. La bellezza mozzafiato dei panorami, spesso assimilati a un’opera d’arte visiva, non offre alcun conforto; anzi, amplifica la percezione dell’isolamento e della futilità dello sforzo umano. Il film spoglia la narrazione di ogni eroicità, rappresentando la natura come una presenza indifferente che esaurisce la volontà e la comunicazione fino alla rottura psicologica.

Stalker (1979) – Andrej Tarkovskij

Stalker | Trailer | New Release

In un luogo non specificato, esiste una zona interdetta e sorvegliata, nota semplicemente come la “Zona,” un territorio in cui le leggi fisiche sono sospese, presumibilmente a causa di un evento catastrofico. Uno Stalker (guida) conduce uno Scrittore e un Professore all’interno di questo paesaggio selvaggio e mutato, alla ricerca di una Stanza che si dice possa esaudire i desideri più profondi.

Tarkovskij trasforma un concetto di fantascienza in un trattato sull’ecologia spirituale. La Zona è la massima espressione del paesaggio alterato post-industriale e contaminato, ma che al tempo stesso ha sviluppato una sua propria, mistica, vitalità. La natura qui è un campo di prova morale: l’acqua stagnante, la vegetazione lussureggiante che nasconde detriti e rovine, crea un “bioma grottesco” e affascinante. Questo film è cruciale per l’ecocritica in quanto propone la natura come un testo cifrato che rifiuta la logica umana; non è un rifugio, ma un crocevia tra tecnologia fallita e fede primordiale. L’accesso alla Stanza richiede non forza fisica, ma una purezza d’intenti che si misura nella difficoltà di attraversare la natura in rivolta.

Una visione curata da un regista, non da un algoritmo

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Vita di Pi (Life of Pi) (2012)

Life of Pi Official Trailer #1 (2012) Ang Lee Movie HD

Dopo un naufragio, il giovane Pi Patel si ritrova alla deriva su una scialuppa di salvataggio nel mezzo dell’Oceano Pacifico. Il suo unico compagno è una feroce tigre del Bengala di nome Richard Parker. I due devono imparare a coesistere per sopravvivere all’incredibile viaggio. Regia di Ang Lee.

Un’opera visivamente sbalorditiva e filosoficamente profonda (Oscar alla Miglior Regia). È una favola sulla fede, sulla narrazione e sulla natura della verità. È da non perdere per il suo uso rivoluzionario della CGI (la tigre è un miracolo tecnico) e per la sua capacità di fondere un’avventura spettacolare con profonde domande esistenziali.

Cast Away (2000)

Cast Away (2000) Trailer #1 | Movieclips Classic Trailers

Chuck Noland (Tom Hanks), un dirigente della FedEx ossessionato dal tempo, è l’unico sopravvissuto a un incidente aereo. Si ritrova bloccato su un’isola tropicale deserta. Completamente solo, deve imparare a sopravvivere usando le risorse a disposizione (inclusi i pacchi FedEx) e a mantenere la sanità mentale, aiutato solo dal suo amico “Wilson”, un pallone. Regia di Robert Zemeckis.

Una moderna storia di Robinson Crusoe dominata da una delle più grandi interpretazioni soliste di sempre. Tom Hanks regge il film quasi interamente da solo, rendendo credibile la sua trasformazione fisica e psicologica. È un film imperdibile per la sua esplorazione della solitudine umana, del passare del tempo e del profondo bisogno di connessione.

Il Cavallo di Torino (The Turin Horse, 2011) – Béla Tarr

The Turin Horse Trailer

Il film, girato in uno splendido e desolante bianco e nero, si concentra sull’esistenza ripetitiva e brutale di un contadino e di sua figlia in una remota e spazzata dal vento capanna. Dopo che il cavallo si rifiuta di muoversi, i due personaggi affrontano la lenta e inesorabile fine del loro mondo, scandita solo dal ciclo di sei giorni di vento, buio e fame.

Béla Tarr porta la rappresentazione del territorio ostile e dell’isolamento all’estremo del minimalismo. Il paesaggio è quasi totalmente astratto, composto da terra battuta, rocce e un vento incessante che non è mai uno sfondo, ma l’unica forza narrativa costante. Questa wilderness austera è ritratta come la manifestazione fisica di una crisi esistenziale universale. L’analisi di questo film deve concentrarsi sulla potenza della natura come destino ineluttabile. Non c’è lotta per la sopravvivenza in natura nel senso avventuroso; c’è solo l’accettazione della materia e dell’inerzia. Il film si impone come un’opera monumentale sull’anti-romanticismo ecologico, dove la dissoluzione non è drammatica, ma lenta e puramente fenomenologica.

Wild (2014)

Wild Official Trailer #1 (2014) - Reese Witherspoon Movie HD

Dopo una serie di tragedie personali, tra cui la morte della madre e una spirale di autodistruzione, Cheryl Strayed (Reese Witherspoon) decide di percorrere a piedi oltre mille miglia del Pacific Crest Trail. Senza alcuna esperienza di trekking, intraprende questo viaggio estenuante in solitaria per affrontare i suoi demoni e ritrovare se stessa. Regia di Jean-Marc Vallée.

Basato su una storia vera, questo film evita i cliché dell'”auto-scoperta”. È un ritratto crudo, onesto e commovente del lutto e della guarigione. È da non perdere per il montaggio innovativo (pieno di flashback) di Vallée e per la profonda interpretazione di Reese Witherspoon, che mostra la lotta fisica ed emotiva dell’usare la natura come una forma di terapia brutale.

Sezione II: La Foresta Sacra, Politica e dell’Ombra

Il bioma forestale, specialmente nel cinema non occidentale, trascende la dimensione estetica per diventare un regno spirituale, un archivio di memoria storica e un luogo di liberazione sociale. Questa sezione si concentra su come il cinema d’autore utilizzi la foresta tropicale o la giungla come spazio di confine tra il mito e la realtà politica.

Tropical Malady (Sud Pralad, 2004) – Apichatpong Weerasethakul

Il film si divide in due metà distinte. La prima è un racconto d’amore realistico e delicato tra Keng, un soldato, e Tong, un ragazzo di campagna. La seconda metà abbandona la narrazione lineare per addentrarsi in una giungla mistica, dove la storia si trasforma in una favola sulla metamorfosi e sul mito dello sciamano-tigre, un racconto popolare thailandese sulla fusione tra l’umano e il selvaggio.

. Come notato dall’ecocritica, nel cinema indipendente thailandese la foresta è ridefinita come un luogo in cui “il desiderio può essere espresso esplicitamente e liberamente”. In Tropical Malady, la densità della giungla non è claustrofobica, ma protettiva, offrendo un rifugio spirituale e sensuale lontano dalle costrizioni della società urbana. Il paesaggio si fa catalizzatore per la metamorfosi e per la rottura dei tabù. La wilderness qui non è un luogo da temere, ma un regno di possibilità e di profondo radicamento mitologico, lontano dagli schemi di sopravvivenza in natura occidentali.

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Uncle Boonmee Who Can Recall His Past Lives (Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, 2010) – Apichatpong Weerasethakul

"Uncle Boonmee Who Can Recall His Past Lives" (Official Trailer)

Boonmee, malato e prossimo alla morte, sceglie di passare i suoi ultimi giorni in una remota fattoria nel nord-est della Thailandia. Viene raggiunto dal fantasma della moglie e dal figlio scomparso, trasformatosi in un uomo-scimmia. Il suo ultimo desiderio è quello di visitare una caverna in montagna, luogo presunto della sua prima nascita.

Questo Palma d’Oro è fondamentale per comprendere la foresta come archivio vivente di memoria e politica. La foresta thailandese non è solo un bioma, ma una “zona di confine” in cui la storia recente del paese (incluso il trauma della Guerra Fredda) si mescola al folklore buddista e agli spiriti. L’esplorazione della grotta non è un atto di coraggio fisico ma di regressione ecologica; la caverna rappresenta la fusione tra l’umano e la terra. Il regista utilizza l’ambiente rurale e forestale per esplorare il concetto del paesaggio selvaggio come documento che testimonia l’interconnessione tra vita, morte e il ciclo infinito della natura.

Walkabout (L’inizio del cammino, 1971) – Nicolas Roeg

Walkabout (1971) ORIGINAL TRAILER [HD 1080p]

Dopo che il loro padre si suicida improvvisamente durante un picnic nel deserto australiano, una ragazza adolescente e il suo fratellino si ritrovano abbandonati nel vasto e letale Outback. Vengono salvati da un giovane Aborigeno che sta compiendo il suo rito di passaggio, il walkabout. L’incontro forzato tra la sofisticata ignoranza della civiltà occidentale e la profonda conoscenza della terra da parte degli indigeni è il fulcro del dramma.

Roeg offre una delle prime e più intense critiche cinematografiche alla visione occidentale della wilderness. L’Outback australiano è un territorio ostile magnifico, ma mortale per chi non è in armonia con esso. Il film sfrutta il contrasto visivo tra l’uniforme scolastica bianca della ragazza e la terra rossa per sottolineare l’alienazione culturale. Walkabout è un’analisi potente dell’isolamento culturale e del fallimento della civiltà nell’interpretare il “testo” della natura indigena. La tragedia finale deriva non tanto dalla sopravvivenza in natura, quanto dall’incapacità di superare le barriere comunicative imposte dalla società.

Hard To Be a God (Trudno byt’ bogom, 2013) – Aleksei German

Hard to Be a God – Aleksei German – Official Trailer

Ambientato sul pianeta alieno Arkanar, che non ha mai sviluppato il Rinascimento, il film segue uno scienziato che osserva la società medievale violenta e decadente. Per quasi tre ore, lo spettatore è immerso in un ambiente di costante fango, pioggia, escrementi e degrado biologico. Lo scienziato, considerato un dio, è impotente di fronte al trionfo dell’ignoranza e della putrefazione.

Questo film, un monumento del cinema d’autore russo, ridefinisce il concetto di territorio ostile non attraverso il sublime delle montagne, ma attraverso il grottesco del materiale organico. La natura in Hard To Be a God è un bioma grottesco e anti-sublime; il fango è un elemento perenne che copre e unisce tutto, diventando l’estensione fisica della corruzione morale e intellettuale. German utilizza il paesaggio per criticare l’umanità attraverso la materia. L’analisi si concentra su come la saturazione visiva di sporcizia e decomposizione rifletta un’ecologia mentale e sociale irrimediabilmente guasta.

Sezione III: Il Confronto con l’Estremo e la Montagna Austera

In questa sezione vediamo i film che affrontano la sopravvivenza in natura in ambienti alpini e artici con un rigore etico e fisico brutale, spogliando la montagna di ogni romanticismo spettacolare.

La Morte Sospesa (Touching the Void, 2003) – Kevin Macdonald

Touching the Void Official Trailer #1 - Nicholas Aaron Movie (2003) HD

Documentario che mescola interviste attuali con una drammatica e fedele ricostruzione della discesa. Racconta la storia vera degli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates sulla vetta del Siula Grande nelle Ande peruviane. Dopo che Simpson si rompe una gamba, Yates si trova di fronte alla decisione impossibile: tagliare la corda che lega entrambi, condannando l’amico ma salvando se stesso dalla caduta.

Questo film è un punto di riferimento nell’esplorazione del dilemma etico posto dalla montagna. Le Ande non sono semplicemente un panorama, ma un giudice implacabile. L’analisi si allontana dalla narrativa hollywoodiana dell’eroismo per concentrarsi sulla realtà spietata della solitudine ad alta quota e sull’ambiguità morale della sopravvivenza in natura. La Morte Sospesa mostra la wilderness come una forza totalmente amorale che amplifica i limiti e i fallimenti della logica umana.

127 Ore (127 Hours) (2010)

🎥 127 HOURS (2010) | Full Movie Trailer in HD | 1080p

La storia vera dell’alpinista Aron Ralston (James Franco). Durante un’escursione in solitaria in un remoto canyon dello Utah, un masso si stacca e gli blocca il braccio contro la parete. Intrappolato e solo, con provviste limitate, passa i cinque giorni successivi riflettendo sulla sua vita mentre affronta una scelta impossibile. Regia di Danny Boyle.

È un capolavoro di tensione claustrofobica. Danny Boyle trasforma una situazione statica (un uomo bloccato) in un film energico, dinamico e visivamente creativo. È un’esperienza viscerale e imperdibile per la sua capacità di catturare la disperazione e la resilienza dello spirito umano, culminando in una delle sequenze più intense del cinema moderno.

Alone 180 Days on Lake Baikal (2010) – Sylvain Tesson

Il film è la cronaca autobiografica di Sylvain Tesson, scrittore e viaggiatore, che decide di trascorrere sei mesi di isolamento volontario in una piccola capanna sulla sponda del Lago Baikal in Siberia, l’ambiente lacustre più antico e profondo del mondo. La narrazione è scandita dal tempo lento della natura, dalla pesca, dalla lettura e dal rigore climatico.

Questa opera incarna l’essenza del rapporto contemplativo con la natura. Il Lago Baikal, con il suo scenario candido e vastissimo, è il teatro di un’introspezione forzata. L’analisi di questo film si concentra su come la wilderness estrema e il rigore artico si trasformino da ostacolo a custode di un tempo ritrovato. A differenza del nomadismo forzato dalla crisi economica, qui l’isolamento è una scelta filosofica che permette la disconnessione radicale dalla società, favorendo una riscoperta del sé in un ambiente non antropizzato.

Grizzly Man (2005) – Werner Herzog

Grizzly Man (2005) Official Trailer - Werner Herzog Documentary HD

Werner Herzog utilizza gli oltre 100 ore di filmati registrati da Timothy Treadwell, un eccentrico ambientalista che visse per tredici estati in Alaska tra gli orsi grizzly, fino a quando lui e la sua fidanzata vennero uccisi da uno degli orsi. Il film è un saggio visivo sulla presunzione umana di poter coesistere in armonia con una natura incondizionata.

Grizzly Man è una critica feroce e necessaria al mito della wilderness romantica. Herzog analizza l’idealizzazione della natura mostrata da Treadwell. L’Alaska è ritratta come sublime, ma fondamentalmente indifferente e spietata. La riflessione del film si concentra sul fallimento dell’uomo nel comprendere che la natura, nel suo stato più selvaggio, opera al di fuori delle categorie morali umane. È un’opera fondamentale per chi studia la sopravvivenza in natura e l’illusione di poter controllare o comprendere totalmente i territori ostili.

Man in the Wilderness (1971) – Richard C. Sarafian

Man In The Wilderness (1971) Official Trailer - Richard Harris, John Huston Movie HD

Ambientato nel Nord America del 1820, il film segue Zachary Bass (Richard Harris), un trapper gravemente ferito da un orso che viene abbandonato dai suoi compagni di spedizione nella wilderness invernale. Animato da una sete di vendetta, Bass inizia un lungo e doloroso cammino di sopravvivenza in natura attraverso paesaggi ostili e ghiacciati.

Spesso citato come un precursore di film successivi e più celebrati, Man in the Wilderness è un classico indipendente degli anni ’70 che offre una visione grezza e priva di sentimentalismo della lotta per la vita. I paesaggi montani e nevosi sono un teatro di sofferenza fisica radicale. L’analisi si concentra sulla rappresentazione della natura come nemico imparziale che non cede all’eroismo, ma solo alla pura, brutale forza di volontà. Questo film illustra come i drammi di sopravvivenza, quando spogliati della spettacolarizzazione da major studio, diventino narrazioni esistenziali sulla resistenza dell’organismo contro l’ambiente.

Sezione IV: Paesaggio Civile e le Radici Rurali

Questa sezione esplora l’intersezione tra l’uomo, la società ai margini e il paesaggio alterato dall’uomo. Questi film, spesso radicati in una critica sociale o nel grottesco, mostrano una natura residuale, urbana o rurale, che riflette lo stato di salute morale e sociale delle comunità.

Lo Zio di Brooklyn (1995) – Ciprì e Maresco

LO ZIO DI BROOKLYN TRAILER

Un’opera estrema del cinema underground italiano, ambientata in una Sicilia rurale e suburbana, dove personaggi grotteschi e marginali vivono in un ambiente degradato e surreale. La trama segue le assurde interazioni di una famiglia disfunzionale che cerca di approfittarsi di un fantomatico “zio di Brooklyn,” ma il vero fulcro è la rappresentazione di un’umanità primitiva incastonata in un paesaggio civile malato.

Questo film è un capolavoro di anti-estetica che utilizza il paesaggio come estensione della patologia sociale. Il paesaggio alterato siciliano, fatto di detriti, macerie e una natura mediterranea che lotta per riemergere, è l’ambiente perfetto per il grottesco. L’analisi si collega alla critica del man-altered landscape: qui, l’uomo non ha conquistato la natura, ma l’ha infettata, creando un territorio ostile non per la sua selvatichezza, ma per la sua decadenza.

Man Facing Southeast (Hombre mirando al sudeste, 1986) – Eliseo Subiela

"Man Facing Southeast", Trailer (1986)

Rantes viene ricoverato in un ospedale psichiatrico di Buenos Aires, affermando di essere un alieno inviato per studiare la crudeltà umana. La sua profonda empatia per gli altri ricoverati e la sua critica radicale alla società mettono in crisi il suo psichiatra. Sebbene gran parte dell’azione si svolga in interni, Rantes è ossessionato dal cielo e dal guardare verso il sud-est, verso un orizzonte ignoto.

Il film di Subiela usa il concetto di ambiente ostile in senso metaforico. La civiltà umana è il manicomio, una struttura claustrofobica che reprime la vera natura dell’essere. La direzione verso il “sud-est” simboleggia l’orizzonte di una purezza spirituale ed ecologica perduta, un luogo di libertà che contrasta con l’alienazione sociale. L’analisi esplora l’isolamento come sintomo di incomprensione ecologica e come critica a una società che ha creato un ambiente più crudele della wilderness stessa.

The Rider (Songs My Brothers Taught Me, 2017) – Chloé Zhao

Songs My Brothers Taught Me Official Trailer 1 (2016) - Irene Bedard Movie HD

Ambientato nelle riserve dei nativi americani nel South Dakota, il film segue Brady, un giovane cowboy di rodeo, che, dopo un grave incidente quasi fatale, deve affrontare la prospettiva di non poter più cavalcare. La sua crisi d’identità è intrinsecamente legata al paesaggio, alla cultura dell’allevamento e al rapporto con i suoi cavalli e la sua terra.

Prima di Nomadland, Chloé Zhao ha sviluppato il suo approccio quasi documentaristico in The Rider, ritraendo un paesaggio selvaggio che è anche economicamente e culturalmente definito. Le vaste praterie non sono la wilderness mitizzata del West, ma un man-altered landscape dove la vita è dura e l’identità è legata alla performance fisica e al legame con gli animali. L’analisi si concentra sull’ecologia della riserva: il rapporto simbiotico e spesso crudele tra l’uomo, l’animale e la terra è esplorato senza idealizzazione, offrendo una prospettiva cruciale sulla sopravvivenza in natura come forma di vita quotidiana e lavorativa.

Sezione V: Cinema Sperimentale e il Sublime Selvaggio

L’ultima sezione si dedica al cinema più radicale e sperimentale, dove l’attenzione si sposta dalla narrazione all’esperienza sensoriale e all’astrazione. Questi film vedono la natura in una luce pura, a volte sublime, a volte brutalmente industriale, spingendo al limite la definizione di territori ostili.

Leviathan (2012) – Lucien Castaing-Taylor e Véréna Paravel

Leviathan Official Trailer #1 (2012) - Fishing Industry Documentary HD

Un documentario radicale e senza dialoghi che colloca la telecamera direttamente sul peschereccio e spesso in acqua, registrando il ciclo brutale della pesca commerciale nell’Atlantico settentrionale. Il film è una sinfonia sensoriale e caotica di onde, spruzzi, interiora di pesce, gabbiani, vento e lamiere sferzate dalla tempesta.

Leviathan è l’anti-documentario ecologico, offrendo una rappresentazione definitiva dell’ambiente marino come sublime e industrialmente sfruttato. L’immersione totale nell’ambiente annulla la distanza tra osservatore e natura. Non c’è trama; c’è solo l’esperienza cruda e brutale del bioma oceanico in relazione al lavoro umano. L’analisi utilizza questo film per discutere l’ecologia industriale e l’estetica del sublime inquietante: l’Oceano come forza caotica che inghiotte e domina l’azione predatoria umana, rendendo chiaro quanto la sopravvivenza in mare sia una costante, spaventosa scommessa.

Sweetgrass (2009) – Lucien Castaing-Taylor e Ilisa Barbash

The Official Sweetgrass Trailer

Un altro documentario dei registi di Leviathan, ma con un tono opposto. Segue l’ultima tradizionale transumanza estiva di un gruppo di allevatori che conducono le loro pecore negli alpeggi selvaggi del Montana. Il film documenta, con un ritmo estremamente lento, la fatica, la solitudine e il legame profondo tra gli uomini, gli animali e le vaste montagne.

Sweetgrass è un esempio di slow cinema rurale che si concentra sulla relazione tra l’uomo e il paesaggio selvaggio montano come luogo di lavoro e tradizione. In contrasto con l’idealizzazione del Montana nel cinema popolare, qui la pastorizia è mostrata come un’interazione difficile e necessaria con un ambiente talvolta ostile e imprevedibile. L’attenzione ai dettagli ecologici e al ciclo stagionale permette di riflettere sul valore del lavoro in armonia (seppur difficile) con il paesaggio, fornendo un importante contrappunto al man-altered landscape della vita contemporanea.

Koyaanisqatsi (1982) – Godfrey Reggio

Koyaanisqatsi Official Trailer #1 - Ted Koppel Movie (1982) HD

Un film saggio non narrativo e rivoluzionario, composto interamente da sequenze visive accompagnate dalla musica ipnotica di Philip Glass. Utilizzando time-lapse e slow motion, il film mette in scena il conflitto tra i ritmi naturali (cieli, nuvole, deserti) e l’accelerazione frenetica e distruttiva della vita urbana e dell’industrializzazione. Il titolo Hopi significa “vita fuori equilibrio.”

Koyaanisqatsi è un punto di riferimento essenziale per l’ecocritica visiva. La giustapposizione violenta di wilderness incontaminata con le immagini di agglomerati urbani, fabbriche e autostrade crea un commento politico ed ecologico astratto ma estremamente potente. L’analisi deve sottolineare come questo film usi il paesaggio in modo astratto per esplorare il tempo geologico della natura in contrasto con il tempo artificiale e frettoloso dell’uomo, documentando la modificazione irreversibile del pianeta.

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Immagine di Fabio Del Greco

Fabio Del Greco

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