30 Capolavori del Western Revisionista e Crepuscolare

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Il genere western, epico fondativo americano, è sempre stato uno specchio che rifletteva la mutevole coscienza della nazione. Per decenni, ha celebrato la narrazione trionfante del destino manifesto, l’individualismo selvaggio e l’inevitabile marcia della civiltà verso la conquista della natura selvaggia. Il western classico forniva chiarezza, definendo l’eroe con il cappello bianco e il cattivo con quello nero, sostenendo un universo morale vasto e limpido come il cielo della Monument Valley.

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Tuttavia, quando gli anni ’50 lasciarono il posto ai tumulti sociali e politici della fine degli anni ’60 e ’70 – segnati dalla guerra del Vietnam, dal movimento per i diritti civili e da una profonda perdita di innocenza nazionale – questa mitologia iniziò a sgretolarsi. Emerse una nuova ondata di registi, armati di una prospettiva critica che interrogava i fondamenti stessi della narrativa americana. Cercarono di decostruire il genere, sostituendo il trionfo epico con ambiguità morale, complessità psicologica e analisi storica. Questo periodo diede origine al western revisionista, un cinema di dubbi, ironia e violenza spesso devastante.

Il Western Crepuscolare, o Western del Crepuscolo, è un sottogenere correlato, caratterizzato dal suo tono elegiaco e dall’attenzione rivolta a protagonisti anacronistici: pistoleri, fuorilegge e uomini di legge sopravvissuti al loro tempo. Questi film esplorano il decadimento della frontiera e la dolorosa transizione alla modernità, spesso concludendosi non con una catarsi, ma con una rassegnazione esistenziale o una carneficina nichilista. Ci costringono a chiederci: qual è stato il vero prezzo del West? Chi l’ha pagato? L’elenco che segue – una cronaca sia delle produzioni mainstream degli studios che di opere rivoluzionarie indipendenti e internazionali – è un viaggio nel cuore di questo cinema frammentato, meraviglioso e profondamente stimolante. Esploriamo le opere essenziali che hanno ridefinito il West come un luogo di ambiguità morale, sogni infranti e solitudine persistente, rendendo il genere rilevante per le generazioni a venire.

1952 – Mezzogiorno di fuoco (High Noon)

High Noon (1952) Official Trailer - Gary Cooper, Grace Kelly Movie HD

Sinossi breve Will Kane, sceriffo della cittadina di Hadleyville, ha appena sposato la quacchera Amy e consegnato la stella, pronto a iniziare una nuova vita pacifica. Tuttavia, la notizia dell’imminente arrivo col treno di mezzogiorno di Frank Miller, un criminale da lui arrestato anni prima e ora graziato, sconvolge i piani. Miller è atteso alla stazione da tre complici, e il suo obiettivo è la vendetta. Kane, in un primo momento propenso alla fuga, decide di tornare indietro per affrontare il suo destino, ma si scontra con il muro di codardia, opportunismo e ipocrisia dei suoi concittadini, che gli rifiutano ogni aiuto, lasciandolo solo contro quattro assassini.

Analisi approfondita Mezzogiorno di fuoco rappresenta la prima, traumatica frattura epistemologica all’interno del canone western, segnando il passaggio dall’epica solare della fondazione alla disamina psicologica della responsabilità individuale. Diretto da Fred Zinnemann e scritto da Carl Foreman, il film opera una decostruzione sistematica dell’archetipo dell’eroe e, ancor più radicalmente, della comunità che egli è chiamato a proteggere. Se nel western classico, fordiano, la comunità è il nucleo sacro della civiltà che si stringe attorno al difensore della legge nei momenti di crisi, in High Noon essa si rivela un aggregato sociale marcio, dominato dall’interesse economico e dalla viltà morale.   

Il contesto storico è imprescindibile per comprendere la portata revisionista dell’opera: concepito in piena paranoia maccartista, il film è una trasparente allegoria della “caccia alle streghe” anticomunista che stava decimando Hollywood. Will Kane, interpretato da un Gary Cooper visibilmente sofferente (l’attore era tormentato da ulcere e dolori alla schiena reali durante le riprese), non è il cavaliere senza macchia e senza paura; è un uomo che suda, che teme la morte, che scrive il testamento con mano tremante e che, in un momento di disperazione, piange. La sua solitudine non è quella fiera del pioniere, ma quella dell’emarginato politico, abbandonato dagli amici, dal giudice e persino dalla chiesa.   

1954 – Johnny Guitar

Johnny Guitar (1954) Trailer | Joan Crawford, Sterling Hayden

Sinossi breve Vienna, una donna dal passato oscuro e dalla volontà di ferro, gestisce un saloon isolato in attesa dell’arrivo della ferrovia, che promette di renderla ricca. La sua presenza e la sua indipendenza infastidiscono i notabili della città vicina, in particolare Emma Small, una proprietaria terriera puritana che nutre un odio patologico per Vienna. Quando il pistolero riformato Johnny “Guitar” Logan arriva al saloon, riaccendendo una vecchia fiamma con Vienna, le tensioni esplodono. Emma accusa ingiustamente Vienna e il bandito Dancin’ Kid di rapina e omicidio, scatenando una caccia all’uomo (e alla donna) di inaudita ferocia.

Analisi approfondita Nicholas Ray, autore venerato dalla critica francese dei Cahiers du Cinéma e futuro nume tutelare della New Hollywood, realizza con Johnny Guitar un’opera barocca, eccessiva e cromaticamente violenta che scardina le convenzioni di genere attraverso una radicale inversione dei ruoli sessuali. Definito da François Truffaut “la Bella e la Bestia del Western”, il film sposta il motore del conflitto dall’azione maschile alla nevrosi femminile. Gli uomini, inclusi il protagonista eponimo (Sterling Hayden) e il rivale Dancin’ Kid (Scott Brady), sono ridotti a oggetti del desiderio o strumenti passivi nelle mani di due donne titaniche.   

Il cuore pulsante del film è lo scontro tra Vienna (Joan Crawford) ed Emma Small (Mercedes McCambridge). Vienna indossa pantaloni, porta la pistola, gestisce affari e domina lo spazio scenico con una postura maschile; Emma, vestita a lutto, è la personificazione della repressione sessuale che si sublima in violenza fascistoide. L’odio di Emma per Vienna non è morale, ma psicanalitico: Emma desidera Dancin’ Kid, e vuole distruggere Vienna perché lei rappresenta la libertà sessuale che Emma non può concedersi. La sequenza dell’incendio del saloon, con Emma che ride istericamente mentre le fiamme divorano l’edificio, è un’immagine di puro horror gotico trapiantato nel West.   

L’uso del colore Trucolor accentua l’artificialità e l’onirismo della messa in scena. I cieli non sono mai azzurri, ma rosso sangue o ocra, riflettendo l’isteria collettiva che pervade la narrazione. Ray utilizza il western come un contenitore per un melodramma fiammeggiante che tocca temi politici scottanti: la “posse” guidata da Emma, che costringe i testimoni a confessare il falso sotto minaccia, è un’altra chiara allusione al Maccartismo e alla delazione.

1956 – Sentieri selvaggi (The Searchers)

The Searchers (1956) ORIGINAL TRAILER [HD]

Sinossi breve Texas, 1868. Ethan Edwards, veterano confederato misterioso e solitario, torna a casa del fratello solo per vederla distrutta da un raid dei Comanche, che massacrano la famiglia e rapiscono le due nipoti. Ethan, accompagnato dal figlio adottivo del fratello, Martin Pawley (che è in parte Cherokee), intraprende una ricerca che durerà cinque anni. Ma col passare del tempo, diventa chiaro che l’obiettivo di Ethan non è salvare l’unica nipote sopravvissuta, Debbie, ma ucciderla per lavare l’onta della miscredenza razziale, essendo lei ormai diventata una “squaw” di un capo indiano.

Analisi approfondita Sentieri selvaggi è l’Everest del cinema western, il punto di non ritorno in cui John Ford, il creatore del mito americano, inizia a interrogarlo con una lucidità spietata. Il film è una sinfonia visiva sulla follia razzista e sull’ossessione, dominata dalla figura monumentale e terrificante di Ethan Edwards (John Wayne). Ethan non è l’eroe che porta la civiltà; è un residuato bellico, un uomo che conosce i nativi meglio di chiunque altro perché, nel profondo, condivide la loro stessa ferocia tribale, ma la rivolge contro di loro.   

Il revisionismo di Ford è sottile ma devastante. Il film non nasconde la brutalità dei Comanche (il massacro iniziale è fuori campo ma orribile), ma suggerisce costantemente che la violenza di Ethan è speculare a quella del capo Scar. Entrambi sono motivati dalla vendetta per i figli morti, entrambi sono guerrieri senza posto in un mondo di pace. La ricerca (“The Search”) diventa un viaggio psicopatologico nel cuore di tenebra dell’America. La paura della mescolanza razziale, il terrore che il sangue bianco venga contaminato, è il vero motore dell’azione, rendendo Ethan un protagonista profondamente problematico, lontano anni luce dal Duke rassicurante di Ombre Rosse.

1962 – L’uomo che uccise Liberty Valance (The Man Who Shot Liberty Valance)

'' the man who shot liberty valance '' - trailer 1962.

Sinossi breve Il senatore Ransom Stoddard e sua moglie Hallie tornano nella piccola Shinbone per il funerale di un vecchio ranchero sconosciuto, Tom Doniphon. Pressato dai giornalisti locali, Stoddard racconta la vera storia della sua ascesa politica, iniziata anni prima quando arrivò in città come giovane avvocato idealista convinto che la legge potesse sostituire la pistola. Il suo scontro con il sadico bandito Liberty Valance e il ruolo cruciale, e segreto, giocato da Doniphon in quella vicenda, rivelano una verità amara sulla fondazione della democrazia americana.

Analisi approfondita Se Sentieri selvaggi è il poema epico della frontiera, L’uomo che uccise Liberty Valance è il saggio critico e funebre sulla sua fine. Girato da Ford interamente in interni e in un bianco e nero spoglio, quasi televisivo, il film rinuncia volutamente alla grandiosità paesaggistica per concentrarsi sull’astrazione teorica. È un film sulla memoria, sulla storia e sulla leggenda. La frase pronunciata dal direttore del giornale alla fine del film, “This is the West, sir. When the legend becomes fact, print the legend” (Qui siamo nel West, dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda), è la pietra tombale del classicismo e l’apertura ufficiale della fase revisionista autoconsapevole.   

Il film mette in scena un triangolo dialettico. Liberty Valance (Lee Marvin) è il caos primordiale, la forza bruta senza legge. Ransom Stoddard (James Stewart) è il progresso, la legge scritta, l’educazione, ma impotente fisicamente contro il caos. Tom Doniphon (John Wayne) è l’anello mancante: l’uomo che possiede la forza per sconfiggere il caos, ma che sceglie di farsi da parte per permettere l’avvento della legge. Il sacrificio di Doniphon è totale: uccidendo Valance di nascosto e lasciando il merito a Stoddard, Tom cancella la propria ragion d’essere. La civiltà (Stoddard) si costruisce su una menzogna fondativa, su un atto di violenza compiuto dall’eroe arcaico (Doniphon) che deve poi sparire nell’oblio, morendo povero e dimenticato.

1966 – La sparatoria (The Shooting)

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Sinossi breve Willet Gashade, un ex cacciatore di taglie tornato al suo lavoro in miniera, torna al campo base per trovare il suo socio morto e il fratello fuggito dopo aver apparentemente travolto un uomo e un bambino in città. Una donna misteriosa, senza nome, assolda Willet e il suo timoroso compagno Coley per guidarla attraverso il deserto in una caccia all’uomo. A loro si unisce Billy Spear, un pistolero nero vestito di nero, sadico e letale. Il viaggio si trasforma in una marcia estenuante verso il nulla, dove le motivazioni sfumano e l’identità della preda diventa un enigma terrificante.

Analisi approfondita Monte Hellman, protetto di Roger Corman, realizza con La sparatoria il manifesto dell’Acid Western e del minimalismo esistenzialista. Scritto da Carole Eastman (sotto pseudonimo), il film scarnifica il genere fino all’osso, rimuovendo ogni coordinata storica, geografica e morale rassicurante. Non ci sono indiani, non ci sono città, non c’è società: c’è solo il deserto, inteso non come luogo fisico ma come labirinto metafisico alla Beckett o Kafka.   

L’opera anticipa il clima di paranoia e disgregazione della controcultura di fine anni ’60. I personaggi si muovono come sonnambuli verso la propria distruzione. Jack Nicholson, nel ruolo di Billy Spear, è un villain stilizzato, quasi astratto, che incarna la violenza pura senza scopo. Warren Oates (Gashade) è l’uomo comune intrappolato in un ingranaggio che non comprende. La tensione non deriva dalle sparatorie (che sono rapide e prive di glamour), ma dal vuoto, dai silenzi e dalla sensazione costante di una minaccia invisibile.   

Il finale è uno dei più enigmatici della storia del cinema: dopo una scalata massacrante sulle rocce, l’uomo inseguito si rivela essere il fratello gemello di Gashade (interpretato dallo stesso Oates), o forse Gashade stesso in un loop temporale o allucinatorio. Lo sparo finale e il fermo immagine che dissolve nel bianco suggeriscono l’annientamento totale dell’io. La sparatoria utilizza il western per esplorare l’assurdo della condizione umana, dove la ricerca (The Search) non ha oggetto e la destinazione è solo la morte. È un film che nega la catarsi, lasciando lo spettatore con un senso di inquietudine cosmica.   

Una visione curata da un regista, non da un algoritmo

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1966 – Il buono, il brutto, il cattivo (The Good, the Bad and the Ugly)

The Good, the Bad and the Ugly Official Trailer #1 (International) - Clint Eastwood Movie (1966) HD

Sinossi breve Durante la Guerra Civile Americana, tre pistoleri solitari incrociano le loro strade all’inseguimento di un tesoro in monete d’oro confederate sepolto in un cimitero. Il Biondo (il Buono) e Tuco (il Brutto) hanno una partnership instabile basata sulla truffa, mentre Sentenza (il Cattivo) è un sicario spietato che esegue ordini per denaro. Il loro viaggio li porta attraverso campi di prigionia, battaglie campali e deserti, culminando nel celebre “triello” nel cimitero di Sad Hill.

Analisi approfondita Sergio Leone porta a compimento la sua Trilogia del Dollaro con un’opera mastodontica che eleva lo Spaghetti Western a forma d’arte pura. Sebbene spesso considerato puro intrattenimento, il film è profondamente revisionista nella sua rappresentazione della storia americana. La Guerra Civile non è lo sfondo eroico di Via col Vento, ma un macello insensato e brutale, un “inutile strage” vista attraverso gli occhi di tre cinici opportunisti che se ne fregano delle ideologie. Il Biondo (Clint Eastwood) commenta laconicamente: “Non ho mai visto tanta gente morire tanto male”, di fronte al massacro sul ponte di Langstone.   

Leone demistifica la morale western: non c’è differenza sostanziale tra il “Buono” e il “Cattivo”, sono solo etichette ironiche. Tutti sono motivati dall’avidità. La regia dilata il tempo all’infinito, trasformando i duelli in balletti rituali fatti di sguardi, dettagli di occhi e mani, montati con ritmo frenetico sulla musica rivoluzionaria di Ennio Morricone. L’urlo del coyote, i cori, le chitarre elettriche: la colonna sonora diventa voce narrante, ironica e tragica.

Il finale nel cimitero circolare di Sad Hill è l’apoteosi dello stile leoniano: un’arena romana dove la morte è spettacolo. Ma dietro lo stile c’è la sostanza di una visione del mondo nichilista e picaresca, dove l’unica certezza è l’oro e la sopravvivenza individuale. Il film ha influenzato ogni regista successivo, da Tarantino a John Woo, insegnando che il western poteva essere barocco, ironico e politicamente scorretto, liberandosi definitivamente dal moralismo puritano di Hollywood.

1968 – Il grande silenzio (The Great Silence)

The Great Silence (1968) DEUTSCH TRAILER [HD 1080p]

Sinossi breve Nello Utah del 1898, una tempesta di neve apocalittica ha isolato la regione di Snow Hill. I fuorilegge, spinti dalla fame, scendono dalle montagne e vengono sistematicamente massacrati dai cacciatori di taglie, che operano sotto la protezione della legge. Pauline, il cui marito è stato ucciso dal sadico capo dei bounty killers, Loco, assolda Silenzio, un pistolero muto che spara solo per legittima difesa, mirando alle mani o ai pollici dei nemici per renderli inoffensivi prima di ucciderli.

Analisi approfondita Sergio Corbucci realizza il suo capolavoro, un western radicale e disperato che ribalta l’iconografia solare del genere sostituendo la sabbia e il sudore con la neve e il gelo. Il grande silenzio è un film politico, una critica feroce al capitalismo predatore incarnato dai cacciatori di taglie (bounty killers), che trasformano la giustizia in mercificazione della morte. Loco (un Klaus Kinski in stato di grazia, razionale e terrificante) non è un mostro irrazionale, ma un imprenditore della violenza che agisce rispettando i registri contabili e la legge scritta, dimostrando come la legalità possa essere lo strumento dell’oppressione.   

Il protagonista Silenzio (Jean-Louis Trintignant) è un eroe tragico e menomato (gli è stata tagliata la gola da bambino), un angelo vendicatore che non può parlare, simboleggiando l’incapacità degli oppressi di avere voce nella storia. La sua Mauser automatica è uno strumento tecnologico anacronistico che sottolinea la sua diversità.

Ma è il finale a consegnare il film alla leggenda del revisionismo più cupo. Corbucci rifiuta il lieto fine imposto dai produttori e gira una conclusione di un nichilismo assoluto: l’eroe, già ferito e con le mani maciullate, viene ucciso. La donna amata viene freddata mentre cerca di difenderlo. I cattivi vincono su tutta la linea, prendono i soldi e cavalcano via nel bianco accecante. Non c’è redenzione, non c’è giustizia divina. È la morte del mito attraverso la negazione della speranza, un urlo di dolore contro le ingiustizie del mondo reale che rende questo film un unicum irripetibile.   

1968 – C’era una volta il West (Once Upon a Time in the West)

Once Upon A Time In The West - Original Trailer (1968) | Henry Fonda, Charles Bronson

Sinossi breve La costruzione della ferrovia transcontinentale avanza inesorabilmente verso l’Ovest, portando con sé la speculazione e la morte. Jill McBain, ex prostituta di New Orleans, arriva alla fattoria del neo-marito a Sweetwater solo per trovarlo massacrato insieme ai figli. Sospettato è il bandito Cheyenne, ma il vero esecutore è Frank, killer al soldo del magnate ferroviario Morton. A proteggere Jill e a cercare vendetta contro Frank arriva “Armonica”, un misterioso pistolero che suona una nenia ossessiva.

Analisi approfondita Sergio Leone dirige un’opera funebre e monumentale, una “danza della morte” che celebra l’addio al Western classico utilizzando i suoi stessi archetipi. C’era una volta il West rallenta il tempo fino alla stasi, trasformando ogni gesto in rituale. La sequenza iniziale alla stazione, lunga quasi quattordici minuti di attesa, silenzio, gocce d’acqua e mosche ronzanti, è un trattato di regia pura che definisce l’atmosfera crepuscolare dell’intero film.   

Il revisionismo di Leone qui è operistico e metacinematografico. Henry Fonda, l’eroe americano per eccellenza (il Lincoln di Ford), viene trasformato in un infanticida dagli occhi di ghiaccio, Frank, scioccando il pubblico fin dalla sua prima apparizione. Charles Bronson (Armonica) è un fantasma vendicativo senza nome, un’entità che non ha futuro ma solo passato. Jason Robards (Cheyenne) è il bandito romantico consapevole di essere un anacronismo destinato all’estinzione.

Il tema centrale è l’arrivo della modernità, simboleggiata dal treno e dal denaro (“Mr. Choo-Choo”), che spazza via l’era degli eroi individualisti. La donna, Jill (Claudia Cardinale), diventa per la prima volta in Leone il centro morale e storico: è lei che sopravvive, che dà l’acqua agli operai, che incarna la nascita della civiltà matriarcale sulle ceneri dei duelli maschili. La colonna sonora di Morricone, con i suoi temi distinti per ogni personaggio che si fondono nel finale, eleva la narrazione a mito eterno. È un film sulla morte degli dei e la nascita degli uomini.   

1969 – Il mucchio selvaggio (The Wild Bunch)

The Wild Bunch (1969) Trailer #1 | Movieclips Classic Trailers

Sinossi breve Texas, 1913. Pike Bishop guida una banda di fuorilegge invecchiati in un’ultima rapina in banca che si rivela un’imboscata orchestrata da un ex compagno, Deke Thornton, costretto a collaborare con la ferrovia per evitare il carcere. In fuga verso il Messico rivoluzionario, la banda si trova stretta tra la modernità che avanza (automobili, mitragliatrici) e la brutalità di un generale locale, Mapache. Stanchi di scappare, decidono di riscattare la propria esistenza con un ultimo atto di suicida lealtà.

Analisi approfondita Sam Peckinpah rivoluziona il linguaggio cinematografico della violenza con un montaggio frenetico che alterna rallenty e velocità normale, frammentando l’azione in migliaia di inquadrature per mostrare l’orrore e la bellezza della morte. Ma Il mucchio selvaggio non è solo estetica; è un requiem per un tipo di uomo che il XX secolo ha reso obsoleto. Ambientato nel 1913, il film mostra cowboy che guardano con sospetto le prime automobili; sono dinosauri che sanno di dover estinguersi.   

I protagonisti non sono “buoni”: uccidono innocenti, usano donne come scudi umani, rubano. Eppure, Peckinpah conferisce loro un codice d’onore morale superiore a quello della società “civile”, rappresentata dai banchieri ipocriti e dai cacciatori di taglie vili (“sciacalli”, come li chiama Thornton). La frase chiave, “Quando sei a fianco di qualcuno, resti al suo fianco, e se non puoi farlo sei come un animale”, definisce l’etica del gruppo.

La celebre camminata finale verso il quartier generale di Mapache è una delle sequenze più potenti del cinema: quattro uomini che vanno consapevolmente a morire non per denaro, ma per riaffermare la propria dignità e vendicare l’amico Angel, torturato dal generale. Il massacro finale, un’orgia di piombo e sangue girata con una maestria tecnica ineguagliata, è una catarsi nichilista che chiude gli anni ’60, riflettendo il caos del Vietnam e la fine delle illusioni. Il western perde la sua innocenza per sempre, annegando nel sangue.   

1969 – Butch Cassidy (Butch Cassidy and the Sundance Kid)

Trailer - Butch Cassidy and the Sundance Kid (1969)

Sinossi breve Butch Cassidy, la mente affabile, e Sundance Kid, il braccio letale, sono i leader della banda del “Buco nel Muro”. Rapinano treni con stile e senza spargimento di sangue, finché il proprietario della ferrovia E.H. Harriman non assolda una “super-posse” di tracker instancabili per eliminarli. Incapaci di seminarli, i due fuggono in Bolivia insieme alla maestra Etta Place, sperando di ritrovare la libertà dei vecchi tempi, ma scoprono che il mondo è cambiato ovunque.

Analisi approfondita Mentre Peckinpah trattava la fine del West con la tragedia, George Roy Hill e lo sceneggiatore William Goldman scelgono la via della nostalgia ironica e del mito pop. Butch Cassidy è il primo western buddy-movie moderno, che decostruisce i fuorilegge rendendoli umani, fallibili e incredibilmente carismatici. Paul Newman e Robert Redford non sono assassini tormentati, ma anacronismi simpatici che reagiscono alla fine della loro epoca con battute fulminanti e un rifiuto quasi infantile della realtà.   

Il film è intriso di un senso di fatalismo leggero. La “super-posse” che li insegue non ha volto, è una forza inarrestabile e disumana (il Capitano Joe Lefors è riconoscibile solo dal cappello bianco), simbolo del corporativismo e della tecnologia che schiacciano l’individuo. La fuga in Bolivia non è un nuovo inizio, ma un prolungamento dell’agonia in un contesto alieno e squallido. L’uso della musica pop (la celebre “Raindrops Keep Fallin’ on My Head” di Burt Bacharach) crea una dissonanza temporale che sottolinea la natura di “favola moderna” del film.

Il finale è leggendario: assediati dall’esercito boliviano, feriti e senza munizioni, Butch e Sundance escono allo scoperto parlando dell’Australia, pianificando il prossimo viaggio che non faranno mai. Il fermo immagine che li blocca nel momento dell’azione, trasformando il fotogramma in color seppia, li consegna all’eternità del mito prima che la morte fisica (il suono delle fucilate sovrapposto al silenzio visivo) possa deturparli. È la conservazione della leggenda contro la brutalità della storia.   

1970 – Soldato blu (Soldier Blue)

SOLDIER BLUE | Official 4K Restoration Trailer | STUDIOCANAL

Sinossi breve Un convoglio dell’esercito che trasporta le paghe viene attaccato e distrutto dai Cheyenne. Sopravvivono solo Honus Gent, un soldato ingenuo e idealista, e Cresta Lee, una donna bianca che ha vissuto due anni con la tribù e ne comprende le ragioni. Nel loro viaggio verso il forte, Cresta cerca di aprire gli occhi a Honus sulla realtà del genocidio in corso. I loro destini si incrociano con la Storia quando assistono all’attacco della cavalleria contro un villaggio pacifico di Cheyenne.

Analisi approfondita Diretto da Ralph Nelson, Soldato blu è uno dei film più controversi e politicamente espliciti del revisionismo. Ispirato al massacro di Sand Creek del 1864, il film funziona come un’allegoria diretta e brutale della guerra del Vietnam e, specificamente, del massacro di My Lai, le cui notizie sconvolgevano l’opinione pubblica americana proprio in quegli anni. Il western diventa qui strumento di accusa contro l’imperialismo militare statunitense.   

La struttura del film è ingannevole: inizia come una commedia romantica on the road, giocando sugli scontri verbali tra il puritano Honus e la sboccata e pragmatica Cresta (Candice Bergen). Tuttavia, il terzo atto cambia registro con una violenza grafica insostenibile e senza precedenti. Nelson mostra stupri, mutilazioni, bambini uccisi e donne decapitate da soldati blu ridenti e ubriachi di sangue. Non c’è eroismo, solo orrore.

Il revisionismo sta nel totale ribaltamento etico: i “selvaggi” sono le vittime razionali, i “civilizzatori” sono i barbari sadici. Cresta Lee rappresenta la nuova coscienza critica americana, una figura femminile forte che ha superato i pregiudizi razziali e vede la verità che l’ideologia patriottica (Honus) si rifiuta di accettare. Il film è un urlo di dolore, imperfetto forse nella forma ma devastante nell’impatto, che ha reso impossibile per il cinema successivo ignorare la realtà del genocidio dei nativi.   

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1970 – Il piccolo grande uomo (Little Big Man)

Little Big Man - Movie Trailer (1970)

Sinossi breve Jack Crabb, un uomo decrepito di 121 anni, racconta a uno scettico storico la sua incredibile vita nel West. Rapito dai Cheyenne da bambino e cresciuto come uno di loro col nome di “Piccolo Grande Uomo”, Jack attraversa il secolo oscillando tra le due culture: è pistolero (fallito), mercante (truffato), eremita, scout per il Generale Custer e infine unico sopravvissuto bianco (secondo lui) alla battaglia di Little Bighorn.

Analisi approfondita Arthur Penn, già autore di Gangster Story, firma un capolavoro picaresco che usa la satira e l’assurdo per demistificare ogni singolo topos della frontiera. Dustin Hoffman offre una performance mimetica nel ruolo di un antieroe opportunista e mediocre, la cui unica dote è la sopravvivenza. Attraverso i suoi occhi, vediamo il West non come un’epopea, ma come una serie di disastri causati dalla follia e dall’avidità dell’uomo bianco.   

Il film opera una distinzione filosofica netta: i Cheyenne si definiscono “Esseri Umani” e vivono in armonia con il cerchio della vita; i bianchi sono alienati, ossessionati dalle linee rette, dal possesso e dalla distruzione. La figura del Generale Custer (Richard Mulligan) è ritratta come quella di un vanesio psicopatico e delirante, una caricatura feroce della leadership militare americana.

Tuttavia, il cuore del film risiede nel rapporto tra Jack e suo nonno adottivo, Cotenna di Bisonte (Chief Dan George), che offre saggezza, umorismo e una visione spirituale commovente (“Oggi è un buon giorno per morire”). La scena finale, in cui il vecchio capo si prepara alla morte ma si rialza perché “la magia non ha funzionato” e inizia a piovere, è un momento di poesia cinematografica pura, che sancisce la superiorità morale e umana della cultura nativa su quella occidentale, ormai moralmente bancarotta.   

1970 – El Topo

• El Topo • Original Trailer (Alejandro Jodorowsky 1970)

Sinossi breve Un pistolero vestito di pelle nera viaggia attraverso un deserto onirico con il figlio nudo. Sfida e sconfigge con l’inganno i quattro Maestri del deserto per compiacere una donna, ma viene tradito e lasciato morire. Salvato da una comunità di deformi ed emarginati che vivono nelle caverne, rinasce anni dopo come un santo umile, cercando di liberare i suoi salvatori scavando un tunnel verso la città vicina, dominata da una setta religiosa perversa.

Analisi approfondita Alejandro Jodorowsky inaugura con El Topo il filone del “Western Esoterico” e il fenomeno dei Midnight Movies. Il film non segue alcuna logica narrativa tradizionale, ma procede per simboli, tarocchi e allegorie mistiche. Il deserto non è il Texas o il Messico, ma uno spazio della mente, un luogo di iniziazione alchemica. La violenza è estrema, grottesca, ma stilizzata come in un rituale sacro.   

Il revisionismo di Jodorowsky è totale perché ignora le regole di Hollywood per abbracciare il surrealismo di Buñuel e la crudeltà di Artaud. El Topo (la talpa) è un antieroe che deve “uccidere” il proprio ego (i quattro maestri) per raggiungere l’illuminazione, solo per scoprire che il mondo esterno è corrotto irrimediabilmente. La critica alla religione istituzionalizzata e al bigottismo borghese è feroce: la città dei “normali” è un luogo di schiavismo, razzismo e depravazione nascosta, mentre i “mostri” sotterranei sono puri.

Visivamente scioccante, con immagini di animali morti, mutilazioni e riferimenti biblici distorti, il film divenne un cult immediato (John Lennon ne fu un grande promotore), dimostrando che l’iconografia western poteva essere usata per esplorare l’inconscio collettivo e la spiritualità psichedelica degli anni ’70.   

1971 – I compari (McCabe & Mrs. Miller)

McCabe & Mrs. Miller | Trailer

Sinossi breve John McCabe, un giocatore d’azzardo spaccone, arriva nella piovosa cittadina mineraria di Presbyterian Church e apre un bordello improvvisato. Constance Miller, una madame professionista e dipendente dall’oppio, arriva poco dopo e gli propone di gestire l’affare in società. Il successo dell’impresa attira l’attenzione di una grande compagnia mineraria che vuole comprare tutto. McCabe, sopravvalutando la propria scaltrezza, rifiuta l’offerta, scatenando la reazione letale della compagnia che invia tre killer per eliminarlo.

Analisi approfondita Robert Altman dirige un “anti-western” che smonta l’eroismo attraverso il realismo sporco e la banalità del male. Ambientato nel Pacifico Nord-Occidentale, il film sostituisce il sole e la polvere con la neve, il fango e la pioggia incessante. La fotografia di Vilmos Zsigmond, “flashed” (esposta alla luce prima dello sviluppo) per ottenere colori slavati e antichi, crea un’atmosfera visiva unica, simile a vecchie dagherrotipie sbiadite.   

McCabe (Warren Beatty) non è un eroe: è un piccolo imprenditore sciocco che crede nel sogno americano della libera iniziativa, non capendo che il capitalismo corporativo non ammette concorrenza. Mrs. Miller (Julie Christie) è il vero cervello, una donna pragmatica che usa l’oppio per tollerare la realtà. La tecnica del sonoro sovrapposto (overlapping dialogue) di Altman immerge lo spettatore nella confusione della vita reale, negando la chiarezza dei dialoghi classici.

Il finale è l’antitesi di Mezzogiorno di fuoco: mentre McCabe gioca a nascondino con i killer nella neve, ferito e solo, l’intera città è impegnata a salvare la chiesa da un incendio, ignorando completamente l’uomo che ha portato loro prosperità. McCabe muore congelato, dimenticato, mentre Mrs. Miller si rifugia nell’oblio della droga. È una critica amara all’individualismo americano e alla solitudine che ne deriva.   

1972 – Corvo rosso non avrai il mio scalpo (Jeremiah Johnson)

Jeremiah Johnson (1972) Trailer | Robert Redford

Sinossi breve Disilluso dalla vita civile e dalla guerra (quella ispano-americana), Jeremiah Johnson decide di diventare un “mountain man” nelle Montagne Rocciose. Attraverso inverni durissimi e incontri con altri eremiti, impara a sopravvivere. Si ritrova, quasi per caso, con una moglie indiana (la figlia di un capo) e un figlio adottivo muto. La sua pace viene distrutta quando accetta di guidare una spedizione di soccorso attraverso un cimitero sacro dei Crow, scatenando una vendetta che gli porterà via tutto e lo costringerà a diventare un guerriero leggendario suo malgrado.

Analisi approfondita Sydney Pollack dirige un western contemplativo, ecologista ed esistenziale. Scritto anche da John Milius, il film è un inno alla “wilderness”, ma senza idealizzazioni romantiche: la natura è indifferente, crudele e bellissima. Robert Redford interpreta Johnson non come un conquistatore, ma come un uomo che cerca di integrarsi in un ambiente che lo rifiuta inizialmente. Il film è quasi privo di dialoghi per lunghe sezioni, concentrandosi sulla fatica fisica del vivere (cacciare, costruire, non congelare).   

Il revisionismo sta nel rifiuto della violenza come soluzione. La faida con i Crow non è eroica, è una condanna. Johnson uccide i guerrieri inviati contro di lui uno dopo l’altro, ma ogni uccisione lo svuota, rendendolo più simile a uno spettro che a un uomo. Il finale sospeso, in cui Johnson e il suo nemico si salutano a distanza alzando la mano (in segno di pace o di tregua armata?), è un momento di riconoscimento reciproco tra guerrieri stanchi. Non c’è vittoria, solo la consapevolezza che si è sopravvissuti un altro giorno. È il western della solitudine radicale.   

1973 – Pat Garrett e Billy Kid (Pat Garrett and Billy the Kid)

Pat Garrett and Billy the Kid | Billy the Kid is Arrested | Warner Classics

Sinossi breve New Mexico, 1881. I latifondisti vogliono “pulire” il territorio per i loro affari. Pat Garrett, ex compagno di scorribande di Billy the Kid, accetta la stella di sceriffo per sopravvivere ai tempi che cambiano. Il suo compito è eliminare Billy, che si rifiuta di scappare o cambiare vita. Inizia così una caccia lenta e dolorosa, un lungo addio tra due amici che si trovano sui lati opposti della barricata della Storia.

Analisi approfondita Sam Peckinpah torna sul tema dell’amicizia tradita e della fine del West con un tono elegiaco e struggente. Il film, mutilato dalla produzione all’epoca e poi riscoperto nella versione “Director’s Cut”, è un poema visivo sulla morte della libertà. Billy (Kris Kristofferson) è il simbolo dell’anarchia giovanile, un Cristo armato che sorride mentre va incontro al martirio. Garrett (James Coburn) è il Giuda tragico, un uomo invecchiato che ha venduto l’anima al “Santa Fe Ring” in cambio della sicurezza economica, ma che è morto dentro molto prima di premere il grilletto.   

La colonna sonora di Bob Dylan, che recita anche nel ruolo enigmatico di Alias, permea il film di un’aura sacrale. La sequenza della morte dello sceriffo Baker, che si trascina verso il fiume al tramonto sulle note di “Knockin’ on Heaven’s Door”, mentre la moglie lo guarda in silenzio, è una delle vette emotive del cinema americano: la violenza perde ogni connotato spettacolare per diventare pura accettazione della fine. L’assassinio finale di Billy non è un duello, ma un’esecuzione nel buio, dopo la quale Garrett spara al proprio riflesso nello specchio, cercando di uccidere la parte di sé che disprezza. È l’addio definitivo all’eroe fuorilegge.   

1973 – Lo straniero senza nome (High Plains Drifter)

High Plains Drifter Official Trailer #1 - Clint Eastwood Movie (1973) HD

Sinossi breve Uno Straniero senza nome emerge dal calore del deserto e arriva nella cittadina mineraria di Lago. Dopo aver ucciso tre uomini che lo provocano, viene ingaggiato dai cittadini terrorizzati per proteggerli dal ritorno di tre fuorilegge appena usciti di prigione, che hanno giurato vendetta sulla città. Lo Straniero accetta, ma in cambio chiede il controllo totale. Inizia a sottoporre la popolazione a richieste sempre più umilianti e assurde, trasformando la difesa in una punizione biblica.

Analisi approfondita Clint Eastwood, alla sua seconda regia e prima nel western, prende l’archetipo dell’Uomo senza Nome di Leone e lo spinge nel territorio dell’horror soprannaturale e dell’allegoria morale. Lo Straniero non è un salvatore; è un’entità vendicatrice, forse lo spirito dello sceriffo Duncan (frustato a morte dai banditi mentre la città guardava in silenzio) o il Diavolo stesso inviato per punire i peccatori.   

Il film è una critica feroce alla borghesia americana, rappresentata dai cittadini di Lago: gente “timorata di Dio” che nasconde codardia, avidità e complicità criminale dietro una facciata rispettabile. Il revisionismo di Eastwood è spietato: l’eroe stupra (una scena controversa ancora oggi), umilia il sindaco, nomina sceriffo e sindaco il nano della città (Mordecai, l’unico innocente insieme ai nativi), e fa letteralmente dipingere l’intera città di rosso sangue, rinominandola “Hell” (Inferno).

La resa dei conti finale, tra le fiamme e le ombre, ha toni danteschi. Lo Straniero sparisce come è arrivato, dissolvendosi nella calura, lasciando dietro di sé solo morte e cenere. High Plains Drifter distrugge il mito della comunità solidale di High Noon: qui la città non merita di essere salvata, merita di bruciare.   

1976 – Il texano dagli occhi di ghiaccio (The Outlaw Josey Wales)

The Outlaw Josey Wales (1976) Official Trailer - Clint Eastwood Western Movie HD

Sinossi breve Missouri, durante la Guerra Civile. I “Redlegs” nordisti bruciano la fattoria di Josey Wales e massacrano la sua famiglia. Wales si unisce ai guerriglieri sudisti per vendetta. Alla fine della guerra, rifiuta di arrendersi e diventa un ricercato, inseguito dai suoi ex nemici e da cacciatori di taglie. Durante la fuga verso il Messico, accumula involontariamente una “famiglia” di emarginati: un vecchio capo Cherokee, una donna indiana, una nonna scorbutica e sua nipote.

Analisi approfondita Considerato da molti il miglior film di Eastwood regista, Josey Wales è un western di guarigione e riconciliazione che segue il trauma del Vietnam e dello scandalo Watergate. Wales è una macchina di morte infallibile, ma la sua violenza è puramente difensiva. A differenza dello Straniero senza nome, Wales è profondamente umano: un uomo svuotato dal dolore che impara a vivere di nuovo prendendosi cura degli altri.   

Il film decostruisce il manicheismo della Guerra Civile (entrambe le parti commettono atrocità) e propone un modello di comunità multiculturale utopica. Il rapporto tra Wales e Lone Watie (Chief Dan George) è basato su un umorismo malinconico e un rispetto profondo (“Non ci arrendemmo, ma ci portarono via i cavalli”). Il climax non è una sparatoria, ma un dialogo: l’incontro con il capo Comanche Ten Bears, in cui Wales evita la guerra offrendo la sua parola e il rispetto reciproco (“Life is dear, and dying is cheap”). È un film che trasforma il pistolero solitario in un patriarca riluttante, suggerendo che la vera forza sta nel costruire, non nel distruggere.   

1976 – Il pistolero (The Shootist)

The Shootist Original Trailer (Don Siegel, 1976)

Sinossi breve J.B. Books, il più famoso “shootist” (pistolero) rimasto in vita, arriva a Carson City nel 1901 per consultare un vecchio medico amico. La diagnosi è impietosa: cancro terminale. Con poche settimane di vita e dolori atroci in arrivo, Books prende alloggio nella pensione della vedova Bond Rogers. Mentre la città cerca di speculare sulla sua fama, Books decide di orchestrare la propria morte per evitare l’agonia e morire “con gli stivali ai piedi”.

Analisi approfondita Diretto da Don Siegel, Il pistolero è un’opera di commovente metacinema. John Wayne, icona vivente del West, interpreta un’icona morente del West, essendo lui stesso malato di cancro nella realtà (morirà tre anni dopo). Il film è un lungo addio, ambientato in un’epoca in cui le automobili e i tram stanno sostituendo i cavalli, e la violenza è diventata anacronistica.   

Il revisionismo qui non è rabbioso, ma tenero e riflessivo. Books non è un assassino psicopatico, ma un professionista stanco che segue un codice d’onore rigoroso (“I won’t be wronged. I won’t be insulted. I won’t be laid a-hand on”). Il suo rapporto con il figlio della vedova, Gillom (Ron Howard), è pedagogico: Books cerca di demitizzare la violenza agli occhi del ragazzo che lo idolatra.

Tuttavia, il destino è ineluttabile. Il duello finale nel saloon è un suicidio assistito glorioso. Ma la vera chiusura del cerchio avviene dopo: Gillom vendica Books uccidendo il barman traditore, poi guarda la pistola con disgusto e la getta via. Books annuisce e muore sereno. Quel gesto sancisce la fine della violenza come eredità. Wayne esce di scena chiudendo un’epoca cinematografica e storica con dignità assoluta.   

1976 – Keoma

Keoma - Original Trailer (Enzo G. Castellari, 1976)

Sinossi breve Dopo la Guerra Civile, il mezzosangue Keoma torna al suo villaggio di frontiera, trovandolo devastato dalla peste e sotto il tallone di ferro di Caldwell, un ex soldato sudista che impedisce l’arrivo di medicine e isola i malati in una miniera-lazzaretto. Caldwell è aiutato dai tre fratellastri bianchi di Keoma, che lo hanno sempre odiato. Keoma si schiera a difesa di una donna incinta e del padre anziano, scatenando una guerra familiare apocalittica.

Analisi approfondita Diretto da Enzo G. Castellari, Keoma è il canto del cigno dello Spaghetti Western, un film “twilight” che spinge il genere verso l’astrazione mistica e la tragedia shakespeariana. L’atmosfera è plumbea, dominata da vento, polvere e rovine; non c’è più l’ironia di Leone, ma solo dolore e fatalismo. Franco Nero, con capelli lunghi e barba, interpreta Keoma come una figura cristologica e spettrale, un messia armato che porta la morte per dare la vita.   

La regia di Castellari è virtuosistica, con un uso massiccio del rallenty (influenza di Peckinpah) e della macchina a mano per immergere lo spettatore nel caos della battaglia. La narrazione è frammentata da flashback onirici dove il passato e il presente convivono nella stessa inquadratura. La colonna sonora dei Guido & Maurizio De Angelis, con una voce femminile che canta in prima persona i pensieri dei protagonisti (“Keoma, you cannot die”), funge da coro greco straniante.

Il tema del razzismo e dell’emarginazione è centrale, ma trasceso in una lotta universale per la libertà. Il finale è aperto e malinconico: Keoma sopravvive, ma resta solo. Ha salvato il neonato della donna (che muore nel parto assistito da una vecchia strega), ma rifiuta di essere padre, lasciando il bambino libero. “Lui è libero, non deve nulla a nessuno”. È l’ultimo eroe che si dissolve nell’orizzonte, consapevole che il suo tempo è finito.

1980 – I cancelli del cielo (Heaven’s Gate)

Heaven's Gate Official Trailer #1 - John Hurt Movie (1980) HD

Sinossi breve Wyoming, 1890. La Contea di Johnson è teatro di una guerra di classe. L’associazione degli allevatori, con l’approvazione tacita del governo federale, stila una lista di 125 immigrati europei poveri accusati di furto di bestiame e assolda mercenari per sterminarli. Lo sceriffo James Averill, un intellettuale di Harvard disilluso, cerca di proteggere la comunità e la donna che ama, Ella Watson, una prostituta gestita dal bordello locale, che è amata anche da Nate Champion, un sicario dell’associazione che inizia ad avere dubbi morali.

Analisi approfondita Michael Cimino realizza un’opera titanica che ha segnato la fine della New Hollywood (e della United Artists) per il suo fallimento commerciale, ma che oggi è riconosciuta come un capolavoro assoluto del revisionismo storico. Heaven’s Gate è un anti-western marxista che demolisce il mito della Frontiera come terra delle opportunità, rivelandola come un mattatoio capitalistico dove i ricchi (gli allevatori) sterminano i poveri (gli immigrati) per il controllo delle risorse.   

Visivamente sontuoso, con la fotografia di Vilmos Zsigmond che riempie lo schermo di fumo, polvere e folle oceaniche in movimento, il film ha un respiro epico alla Tolstoj. Cimino mostra il West vero: sporco, sovraffollato, multilingue, dove la violenza non è duello ma massacro indiscriminato. La battaglia finale non ha nulla di glorioso; è una confusione di polvere e sangue dove gli ideali muoiono.

Kris Kristofferson (Averill) è l’eroe impotente, incapace di fermare la macchina della storia. Isabelle Huppert (Ella) e Christopher Walken (Nate) offrono performance struggenti di vittime sacrificali. Il film è un requiem per il sogno americano, che espone le radici di sopraffazione su cui è nata la nazione, rifiutando ogni consolazione narrativa. La sua riabilitazione critica (specie nella versione restaurata di 216 minuti) ha svelato un film di bellezza dolorosa e verità scomoda.   

1985 – Il cavaliere pallido (Pale Rider)

Pale Rider (1985) | Clint Eastwood | Theatrical Trailer

Sinossi breve Una comunità di poveri cercatori d’oro indipendenti è minacciata da un potente magnate minerario che usa metodi idraulici devastanti. Una ragazzina prega per un miracolo, e arriva un misterioso Predicatore a cavallo. L’uomo, che porta sul corpo le cicatrici di sei proiettili, difende i minatori contro gli sgherri del magnate e uno sceriffo corrotto, Stockburn, che sembra conoscere il passato del Predicatore.

Analisi approfondita Clint Eastwood rivisita il tema dello Shane (Il cavaliere della valle solitaria) in chiave spettrale. Pale Rider è il ponte tra Lo straniero senza nome e Gli spietati. Il Predicatore non è un uomo in carne ed ossa, ma un fantasma, il quarto cavaliere dell’Apocalisse (la Morte su un cavallo pallido), tornato per vendicare la propria uccisione avvenuta anni prima per mano di Stockburn.

Il film è ecologista ante litteram: la compagnia mineraria “LaHood” distrugge la montagna con cannoni ad acqua, violentando la terra, mentre i piccoli cercatori lavorano con piccone e pala. Il revisionismo qui è mistico: Eastwood suggerisce che la giustizia nel West può arrivare solo dal soprannaturale, perché le istituzioni umane sono irrimediabilmente corrotte dal denaro. La sparatoria finale è un’esecuzione spettrale dove il Predicatore appare e scompare, eliminando i nemici con una Mauser C96 (anticipando la tecnologia moderna) prima di svanire di nuovo tra le nevi, avendo compiuto la sua missione divina e infernale.

1990 – Balla coi lupi (Dances with Wolves)

Dances with Wolves - Trailer (1990)

Sinossi breve 1863. Il tenente John Dunbar, decorato per un atto di suicidio mancato durante la Guerra Civile, chiede di essere trasferito alla frontiera “prima che scompaia”. Assegnato a un avamposto deserto nel Dakota, entra in contatto con una tribù Sioux. Superata la diffidenza iniziale, Dunbar impara la loro lingua, i loro costumi e trova l’amore con “Alzata con Pugno”, una donna bianca adottata dalla tribù. Rinnegando il suo passato, diventa “Balla coi Lupi”, un guerriero Sioux che combatte per difendere il suo nuovo popolo dall’invasione bianca.

Analisi approfondita Kevin Costner rivitalizza il western mainstream (che sembrava morto dopo Heaven’s Gate) con un’epica neoromantica che ribalta completamente la prospettiva di Sentieri selvaggi. Se lì l’indiano era il nemico disumanizzato, qui è il portatore di una civiltà superiore, armonica e spirituale, contrapposta alla brutalità volgare e distruttiva dell’espansionismo americano.   

Il film compie scelte radicali per un blockbuster: gran parte dei dialoghi sono in lingua Lakota con sottotitoli, restituendo dignità e complessità culturale ai nativi. I Sioux non sono “buoni selvaggi” bidimensionali, ma individui con umorismo (l’amicizia con Uccello Scalciante), dubbi e paure. La caccia ai bisonti è celebrata come atto sacro di sussistenza, contrapposta al massacro inutile perpetrato dai bianchi per le sole pelli (la scena del campo di carcasse scuoiate è straziante).   

Pur essendo accusato talvolta di essere una fantasia da “White Savior” (il bianco che diventa il miglior indiano), il film ha il merito storico di aver cambiato per sempre la percezione di massa dei Nativi Americani, denunciando la perdita irreparabile causata dalla Frontiera. La regia di Costner è classica, ampia, lirica, celebrando un mondo che sta per finire con una malinconia struggente.

1992 – Gli spietati (Unforgiven)

Official Trailer - UNFORGIVEN (1992, Clint Eastwood, Gene Hackman, Morgan Freeman, Richard Harris)

Sinossi breve William Munny è un ex killer famigerato, ora vedovo, vecchio e allevatore di maiali in miseria. Per garantire un futuro ai figli, accetta la proposta del giovane “Schofield Kid” di uccidere due cowboy che hanno sfregiato una prostituta a Big Whiskey, Wyoming. Insieme al vecchio socio Ned Logan, Munny torna in sella, ma deve affrontare lo sceriffo locale Little Bill Daggett, un uomo sadico che impone l’ordine con la brutalità.

Analisi approfondita Gli spietati è il capolavoro definitivo del revisionismo, il film con cui Clint Eastwood decostruisce il proprio mito e chiude moralmente il genere. Dedicato a “Sergio e Don” (Leone e Siegel), il film è un trattato oscuro sulla natura della violenza e sulle sue conseguenze sull’anima. Munny non è un eroe che ritrova la gloria; è un uomo “imperdonabile”, perseguitato dai fantasmi delle sue vittime, che fatica a montare a cavallo e a sparare dritto a causa dell’età e del rimorso.   

La sceneggiatura di David Webb Peoples demistifica ogni aspetto del western: morire non è rapido o elegante, è doloroso, lento e degradante (la morte di Davey che agonizza chiedendo acqua). Uccidere un uomo è “una cosa grossa”: gli porti via tutto quello che ha e tutto quello che avrebbe mai avuto. Little Bill (Gene Hackman) rappresenta la legge, ma una legge fascista che non ammette dissenso; eppure, costruisce la sua casa con le proprie mani, sfumando la linea tra mostro e uomo civile.

Il finale è terrificante: Munny, dopo aver visto il cadavere dell’amico Ned esposto come monito, ricade nel suo vecchio sé. Beve whisky (la sua pozione demoniaca) e diventa una furia omicida nel saloon. Ma non c’è trionfo nella sua vittoria. Uccide tutti con efficienza gelida, ma rimane un’anima dannata che scompare nella pioggia, minacciando di uccidere ancora. Eastwood ci dice che il mito del pistolero è una menzogna costruita sul sangue di innocenti e colpevoli indistintamente.   

1993 – Geronimo (Geronimo: An American Legend)

Geronimo: An American Legend (1993) ORIGINAL TRAILER [HD 1080p]

Sinossi breve La campagna dell’esercito USA per catturare il capo Apache Geronimo, che si rifiuta di accettare la vita nelle riserve. Il film segue il punto di vista del giovane ufficiale Britton Davis e del tenente Gatewood, che rispettano Geronimo ma devono obbedire agli ordini che porteranno al tradimento finale delle promesse fatte ai nativi.

Analisi approfondita Walter Hill, sceneggiatore per Peckinpah, dirige un western storico che cerca di raccontare la verità dietro il mito. Il film elimina ogni romanticismo: il deserto è polveroso, la guerra è fatta di attese estenuanti e scaramucce confuse. Wes Studi offre un ritratto di Geronimo complesso: non solo un guerriero nobile, ma un uomo difficile, orgoglioso e talvolta spietato. Il film è un’analisi amara del concetto di “parola data”: la civiltà americana si dimostra incapace di onorare i propri trattati, usando la burocrazia e l’inganno come armi più letali dei fucili.

1995 – Dead Man

Dead Man (1995) Official Trailer - Johnny Depp Movie HD

Sinossi breve William Blake, un contabile mite di Cleveland, arriva nella città industriale di Machine per un lavoro che non c’è più. Dopo una notte di passione finita in tragedia, si ritrova con una pallottola vicino al cuore e in fuga, accusato di omicidio. Guidato da un nativo emarginato di nome Nessuno, che lo crede la reincarnazione del poeta visionario William Blake, intraprende un viaggio verso l’Oceano Pacifico per morire e “restituire il suo spirito”.

Analisi approfondita Jim Jarmusch firma l’Acid Western definitivo degli anni ’90, un poema visivo in bianco e nero accompagnato dalle chitarre elettriche distorte e improvvisate di Neil Young. Dead Man non è un film sulla conquista del West, ma sulla dissoluzione dell’io. Blake (Johnny Depp) passa dall’essere un uomo civilizzato a diventare un killer leggendario, ma lo fa in uno stato di trance, quasi fosse già morto fin dall’inizio.   

Il film offre una delle rappresentazioni più sovversive della cultura nativa: Nessuno (Gary Farmer) è colto, parla un inglese forbito, cita la poesia britannica e trova i bianchi “stupidi” e barbari. La violenza bianca è mostrata come insensata e cannibalica (i cacciatori di taglie che si uccidono a vicenda, i missionari folli). Jarmusch demolisce l’iconografia western trasformandola in un viaggio psichedelico e spirituale. La canoa che porta Blake verso il mare aperto nel finale è una barca funebre vichinga o egizia: il West è solo un luogo di passaggio tra la vita e la morte.   

1995 – Pronti a morire (The Quick and the Dead)

The Shootist Original Trailer (Don Siegel, 1976)

Sinossi breve Nella città di Redemption, il tirannico sindaco John Herod organizza un torneo annuale di duelli a eliminazione diretta. Tra i partecipanti arrivano una misteriosa pistolera in cerca di vendetta per la morte del padre sceriffo, un ex bandito diventato prete e un giovane spaccone che sostiene di essere figlio di Herod.

Analisi approfondita Sam Raimi dirige un pastiche post-moderno che omaggia esplicitamente Sergio Leone (zoom vertiginosi, dettagli degli occhi, stalli infiniti) esasperandone lo stile fino al fumetto. Sharon Stone (The Lady) è una variazione femminile dell’Armonica di C’era una volta il West. Gene Hackman (Herod) riprende e parodia il suo ruolo di Gli spietati, portando il sadismo a livelli grotteschi. Sebbene mainstream, il film è revisionista nel suo mettere una donna al centro del rito maschile per eccellenza (il duello) e nel mostrare la totale artificialità del mito western, trattato qui come puro spettacolo cinetico.   

1999 – L’insaziabile (Ravenous)

Ravenous (1999) - Official Trailer

Sinossi breve Durante la guerra messicano-statunitense, il capitano Boyd viene promosso per codardia e spedito in un forte remoto sulle montagne della Sierra Nevada. Qui arriva uno sconosciuto, Colqhoun, che racconta di come la sua carovana sia rimasta bloccata dalla neve e sia ricorsa al cannibalismo. Ma Colqhoun nasconde un segreto legato al mito del Wendigo: mangiare carne umana dona forza e vigore sovrumani.

Analisi approfondita Antonia Bird dirige un western horror unico che usa il cannibalismo come metafora del “Destino Manifesto” e dell’espansionismo americano. “Eat to live, don’t live to eat” è il motto, ma i personaggi (guidati da un Robert Carlyle demoniaco e un Guy Pearce terrorizzato) scoprono che il consumo è l’unica vera ideologia dell’Ovest. Il film mescola black humor, gore e una colonna sonora ipnotica di Michael Nyman e Damon Albarn. È una critica feroce al vorace appetito coloniale che divora tutto ciò che tocca, inclusi i propri simili.

2005 – La proposta (The Proposition)

The Proposition (2005) Trailer

Sinossi breve Australia, 1880. Il Capitano Stanley cattura il fuorilegge Charlie Burns e il fratello minore Mikey. Stanley offre a Charlie una scelta impossibile: uccidere il loro fratello maggiore, Arthur, uno psicopatico mostruoso rifugiato nell’Outback, o vedere il giovane Mikey impiccato il giorno di Natale. Charlie parte per il deserto, mentre Stanley cerca di civilizzare la città e proteggere sua moglie dalla brutalità circostante.

Analisi approfondita Scritto da Nick Cave e diretto da John Hillcoat, questo “Western Australiano” è un incubo sensoriale di caldo, mosche e sangue. L’Outback non è la Monument Valley; è un paesaggio alieno che fa impazzire gli uomini bianchi che tentano di dominarlo. Il Capitano Stanley (Ray Winstone) è un colonizzatore tragico che cerca di imporre l’ordine britannico (giardini curati, porcellane) in un inferno primordiale, fallendo miseramente.   

Il film è brutale e lirico. Arthur Burns (Danny Huston) è un villain shakespeariano che recita poesie e guarda il tramonto mentre massacra innocenti, vedendo la violenza come stato naturale dell’essere. La proposta esplora la corruzione morale necessaria per imporre la “civiltà” su una terra rubata (gli aborigeni sono presenze spettrali e vittime). La violenza finale è silenziosa e dolorosa, priva di qualsiasi catarsi. È un western che puzza di sudore e morte, radicale nella sua estetica e nel suo pessimismo antropologico.   

2005 – Le tre sepolture (The Three Burials of Melquiades Estrada)

Three Burials of Melquiades Estrada - Official Trailer

Sinossi breve Pete Perkins, un caporale di ranch in Texas, scopre che il suo amico e lavorante illegale messicano Melquiades è stato ucciso per errore da un agente di frontiera, Mike Norton, e sepolto in fretta in una fossa comune. Pete rapisce Mike, disseppellisce il corpo in decomposizione di Melquiades e costringe l’agente a intraprendere un viaggio a cavallo verso il Messico per dare all’amico una sepoltura degna nel suo villaggio natale.

Analisi approfondita Tommy Lee Jones dirige un neo-western contemporaneo che è una parabola morale sulla redenzione e sull’amicizia che trascende i confini. Scritto da Guillermo Arriaga, il film inverte il topos del viaggio: non verso l’oro, ma verso la dignità. Il corpo di Melquiades, che si decompone progressivamente durante il viaggio, diventa un peso fisico e morale che l’assassino (Norton) deve portare. Il film critica duramente la disumanizzazione della frontiera moderna e l’indifferenza delle istituzioni, contrapponendo la legge arida degli USA all’etica personale e antica di Pete.

2007 – L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford)

The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford [ Trailer 2007 # 2 ] [ ENG ] - 1080p

Sinossi breve Il giovane Robert Ford, un ammiratore ossessivo che colleziona ritagli di giornale sulle gesta della banda James, riesce a farsi reclutare dal suo idolo, Jesse James. Jesse, ormai paranoico, malato e braccato, vede il suo mondo restringersi. Mentre la convivenza prosegue, l’idolatria di Bob si trasforma in risentimento, paura e desiderio di grandezza, portandolo a pianificare il tradimento supremo.

Analisi approfondita Andrew Dominik dirige un’opera d’arte visiva (con la fotografia leggendaria di Roger Deakins che sfuma i bordi dell’inquadratura come vecchie foto) che è una meditazione sulla celebrità tossica. Jesse James (Brad Pitt) è la prima rockstar americana: consapevole del suo mito, depresso, intrappolato nel ruolo del “bandito” che non riesce più a sostenere. Robert Ford (Casey Affleck) è il fan moderno: vuole essere Jesse, e non potendo esserlo, deve distruggerlo per assorbirne la luce.   

La scena dell’omicidio è l’antitesi del duello: Jesse, forse cercando il suicidio (“Don’t that picture look dusty?”), si toglie le pistole e sale su una sedia per pulire un quadro, offrendo la schiena a Bob. Lo sparo è un atto domestico, meschino e triste. Il film prosegue raccontando il “dopo”: Bob ottiene la fama, ma solo come fenomeno da baraccone, disprezzato da tutti come “il codardo”. La violenza non porta gloria, ma vuoto. La narrazione voice-over conferisce al film un tono da fiaba gotica e documentaristica insieme, analizzando la patologia della fama americana.

2007 – Non è un paese per vecchi (No Country for Old Men)

No Country for Old Men - Trailer - HQ

Sinossi breve Texas, 1980. Llewelyn Moss trova una valigetta con due milioni di dollari in mezzo al deserto, circondata da cadaveri di narcos. La sua decisione di tenerla scatena la caccia di Anton Chigurh, un sicario psicopatico che decide la sorte delle vittime col lancio di una moneta. Lo sceriffo Ed Tom Bell cerca di fermare il massacro, ma si rende conto di essere “overmatched”, superato da una nuova forma di male che non comprende.

Analisi approfondita I fratelli Coen adattano Cormac McCarthy realizzando un neo-western nichilista sul caso e sul destino. Lo sceriffo Bell (Tommy Lee Jones) è l’archetipo dell’uomo di legge western che si scontra con la realtà postmoderna: il male non ha più motivazioni comprensibili (passione, avidità), ma è pura forza distruttrice incarnata da Chigurh (Javier Bardem). Chigurh con la sua pistola ad aria compressa (strumento da macello) non è un uomo, è una calamità naturale.   

Il film viola tutte le regole del genere: non c’è colonna sonora, non c’è scontro finale tra l’eroe e il cattivo (Bell non incontra mai Chigurh), e il protagonista Moss muore fuori campo. Il revisionismo sta nel negare la rassicurazione che il bene trionfi o che l’ordine venga ristabilito. Il finale, con Bell che racconta i suoi sogni, è l’ammissione della sconfitta: il “vecchio paese” dei padri non esiste più, e forse non è mai esistito se non nella nostalgia. Resta solo il freddo del mondo che cambia.   

2007 – Quel treno per Yuma (3:10 to Yuma)

3:10 to Yuma (2007) Trailer HD

Sinossi breve Dan Evans, un ranchero in miseria e mutilato della Guerra Civile, accetta di scortare il pericoloso bandito Ben Wade alla stazione di Contention per prendere il treno delle 3:10 per il carcere di Yuma. Durante il viaggio, braccati dalla banda di Wade, tra il contadino onesto ma disperato e il criminale carismatico e colto nasce uno strano legame psicologico.

Analisi approfondita James Mangold rifà il classico del 1957 iniettandovi dosi di azione moderna e ambiguità morale. Christian Bale (Evans) e Russell Crowe (Wade) rappresentano due facce della stessa medaglia: la legge impotente e il crimine seducente. Il film è una riflessione sull’eroismo e sulla paternità: Evans non lo fa solo per i soldi (necessari per salvare il ranch), ma per recuperare il rispetto del figlio maggiore, che idolatra i banditi come Wade.   

Il revisionismo risiede nella scelta finale di Wade. Il “cattivo” decide di aiutare il “buono” a portarlo in prigione, completando la missione di Evans. Wade capisce che Evans ha bisogno di essere un eroe per suo figlio più di quanto lui abbia bisogno di essere libero. Il sacrificio di Evans, che muore dopo aver messo Wade sul treno, e la successiva evasione di Wade (suggerita), creano un patto segreto tra uomini d’onore che trascende la legge scritta. È un western d’azione che mantiene un cuore tragico e umano.   

2008 – Appaloosa

APPALOOSA (2008) | Trailer italiano del film western con Ed Harris e Viggo Mortensen

Sinossi breve Virgil Cole e Everett Hitch sono due “peacekeeper” itineranti assoldati dalla cittadina di Appaloosa per liberarla dal dominio del brutale ranchero Randall Bragg. I due impongono regole ferree, ma l’arrivo di una donna manipolatrice, Allison French, mette a dura prova la loro amicizia e la loro efficienza professionale.

Analisi approfondita Ed Harris dirige e interpreta un western “buddy” che è un omaggio al classicismo ma con una sensibilità moderna sui rapporti umani. La dinamica tra Cole (Harris) e Hitch (Viggo Mortensen) è fatta di silenzi, sguardi e un affetto non detto. Il revisionismo è sottile: la violenza è rapida, sgradevole e non coreografata. La figura femminile (Renée Zellweger) non è la solita “damigella” o “prostituta dal cuore d’oro”, ma una donna opportunista che usa il sesso per sopravvivere e garantirsi la protezione del maschio alfa di turno, creando una tensione realistica e sgradevole nel triangolo amoroso.

2010 – Il grinta (True Grit)

True Grit (2010) | Hollywood.com Movie Trailers

Sinossi breve Mattie Ross, una quattordicenne presbiteriana dalla volontà d’acciaio, arriva a Fort Smith per recuperare il corpo del padre ucciso. Ingaggia Rooster Cogburn, uno sceriffo federale vecchio, orbo e ubriacone, ma noto per la sua “grinta” (grit), per inseguire l’assassino Tom Chaney nel territorio indiano. A loro si unisce LaBoeuf, un Texas Ranger pomposo.

Analisi approfondita I fratelli Coen tornano al western (dopo No Country) con un adattamento fedele del romanzo di Charles Portis, distanziandosi dal film con John Wayne del 1969. Il film è raccontato interamente dal punto di vista di Mattie (Hailee Steinfeld), e il linguaggio è arcaico, biblico e formale, creando un effetto di straniamento. Cogburn (Jeff Bridges) è un antieroe brutale, che spara alle spalle e beve per dimenticare i suoi crimini passati.   

Il revisionismo sta nel mostrare il costo reale della violenza e della vendetta. Mattie ottiene la sua giustizia, ma perde un braccio (morso da un serpente nella fossa dei cadaveri) e la sua giovinezza. Il finale, ambientato 25 anni dopo, mostra una Mattie zitella, rigida e sola, che visita la tomba di Cogburn. Non c’è romanticismo, solo la constatazione che “il tempo ci sfugge”. La fotografia di Roger Deakins trasforma il paesaggio invernale in un luogo fiabesco e mortale.

2011 – Blackthorn

Blackthorn (2011) Official Movie Trailer HD

Sinossi breve Vent’anni dopo la sua presunta morte in Bolivia, Butch Cassidy (ora sotto il nome di James Blackthorn) è vivo e alleva cavalli. Vecchio e stanco, decide di tornare negli Stati Uniti per vedere il figlio che non ha mai conosciuto. Durante il viaggio, viene derubato da un giovane ingegnere minerario spagnolo e si trova costretto a un’ultima avventura che lo porterà a confrontarsi con il suo passato e la sua leggenda.

Analisi approfondita Mateo Gil dirige un “what if” malinconico che funge da sequel spirituale al film del 1969. Sam Shepard interpreta un Cassidy crepuscolare magnifico, un uomo che ha perso tutto tranne la dignità. Il film demistifica il mito mostrando la vecchiaia del bandito: i dolori, i rimpianti, la solitudine delle Ande. Il confronto finale con un vecchio nemico non è una sparatoria epica, ma un momento di verità amara. È un film sulla memoria e su come le leggende invecchiano (o muoiono) lontano dai riflettori.

2012 – Django Unchained

Django Unchained Official Trailer #1 (2012) Quentin Tarantino Movie HD

Sinossi breve Texas, 1858. Il cacciatore di taglie tedesco Dr. King Schultz libera lo schiavo Django per farsi aiutare a identificare tre ricercati. In cambio, gli insegna il mestiere e promette di aiutarlo a salvare la moglie Broomhilda, schiava nella piantagione “Candyland” nel Mississippi, gestita dal sadico francofilo Calvin Candie.

Analisi approfondita Quentin Tarantino riscrive la storia americana mescolando lo spaghetti western (omaggio a Corbucci) con la Blaxploitation e il mito nibelungico (Sigfrido). Django Unchained è un “Southern” che affronta l’orrore della schiavitù con il linguaggio della cultura pop. Il revisionismo è esplosivo: mette le armi in mano a uno schiavo nero (Jamie Foxx), permettendogli di compiere una vendetta storica che la realtà ha negato.   

Il film è provocatorio nel mostrare la brutalità del razzismo (la lotta dei mandingo, i cani che sbranano lo schiavo fuggitivo) contrapposta all’eleganza formale dei dialoghi di Tarantino. Christoph Waltz (Schultz) è l’intellettuale europeo che smaschera l’ipocrisia americana, mentre Samuel L. Jackson (Stephen) offre una terrificante rappresentazione dello schiavo collaborazionista che ha interiorizzato il potere del padrone. La distruzione finale di Candyland è un atto catartico: il cinema fa saltare in aria le fondamenta del razzismo storico con la dinamite dell’intrattenimento.   

2014 – The Homesman

The Homesman Official US Release Trailer (2014) - Tommy Lee Jones, Hilary Swank Western HD

Sinossi breve Nebraska, 1854. Mary Bee Cuddy, una donna nubile e indipendente, si offre volontaria per trasportare tre donne impazzite a causa della durezza della vita di frontiera verso l’Est, dove potranno essere curate. Per il viaggio pericoloso, salva dalla forca e assolda George Briggs, un vagabondo disertore e opportunista, obbligandolo ad aiutarla.

Analisi approfondita Tommy Lee Jones dirige un western femminista e cupo che rovescia la direzione del viaggio: non verso l’Ovest della speranza, ma verso l’Est della salvezza (e della sconfitta). Il film mostra il costo psichico terribile che la frontiera ha imposto alle donne: solitudine, morte dei figli, violenza, pazzia. Hilary Swank offre una performance straziante di una donna troppo forte e troppo “brutta” per gli standard dell’epoca, destinata a un tragico suicidio. Briggs (Jones) è l’antieroe che, pur mantenendo il suo cinismo, compie l’atto morale di finire la missione. È un film che svela la menzogna della conquista felice, mostrando la follia che si nascondeva nelle case di zolle della prateria.

2015 – Bone Tomahawk

Bone Tomahawk (2015) movie official trailer in Italian/ trailer ufficiale italiano [HD]

Sinossi breve Quando un gruppo di trogloditi cannibali rapisce alcuni abitanti della cittadina di Bright Hope, lo sceriffo Franklin Hunt guida una spedizione di soccorso composta dal suo anziano vice di riserva, un dandy pistolero e il marito della donna rapita, che ha una gamba rotta. Il viaggio li porta in una valle isolata dove le regole della civiltà non esistono.

Analisi approfondita S. Craig Zahler esordisce con un ibrido brutale tra western classico e horror splatter. La prima parte è un “men on a mission” lento e dialogato, quasi fordiano nei tempi; la seconda è un incubo viscerale. Il film decostruisce l’idea della superiorità dell’uomo bianco armato: di fronte alla ferocia primitiva e disumana dei trogloditi (che non parlano, ma emettono suoni gutturali tramite fischietti d’osso impiantati nella gola), le pistole e il coraggio servono a poco.   

La scena dello smembramento (il vice Nick diviso a metà vivo) è una delle più scioccanti del cinema recente, segnando il punto di non ritorno per il genere. Kurt Russell (Sheriff Hunt) incarna l’autorità stoica che accetta il martirio pur di ferire la bestia. È un western che esplora la paura ancestrale dell’Altro e la fragilità della carne umana.   

2015 – Revenant – Redivivo (The Revenant)

THE REVENANT Trailer (2016) Leonardo DiCaprio, Tom Hardy

Sinossi breve 1823. L’esploratore Hugh Glass viene sbranato da un orso durante una spedizione di caccia alle pellicce. Il capitano ordina a tre uomini di restare con lui fino alla morte, ma John Fitzgerald, avido e pragmatico, uccide il figlio mezzosangue di Glass e seppellisce Glass vivo, convincendo il giovane Bridger a fuggire. Glass sopravvive miracolosamente e striscia attraverso un inferno di ghiaccio per cercare vendetta.

Analisi approfondita Alejandro G. Iñárritu trasforma una storia vera in un’esperienza mistica e sensoriale. Girato solo con luce naturale da Emmanuel Lubezki, il film è di una bellezza visiva abbacinante e crudele. Leonardo DiCaprio (Glass) recita quasi senza parole, esprimendo il dolore e la tenacia attraverso il corpo martoriato. Tom Hardy (Fitzgerald) è un villain moderno che giustifica il male con la necessità economica e la paura.   

Il revisionismo sta nella rappresentazione della natura: non è uno sfondo, ma un’entità divina e indifferente che schiaccia l’uomo. La frontiera è un luogo di caos multilingue (francese, inglese, dialetti nativi) e di sfruttamento economico sfrenato. La vendetta finale lascia Glass vuoto: “La vendetta è nelle mani di Dio”, dice, consegnando Fitzgerald alla corrente del fiume e agli Arikara. Il film è un tour de force tecnico che riporta il western alla sua dimensione primordiale di lotta per la sopravvivenza biologica.

2021 – Il potere del cane (The Power of the Dog)

The Power of the Dog | Official Teaser | Netflix

Sinossi breve Montana, 1925. Phil Burbank, ranchero carismatico ma sadico e sporco, vive nel mito del vecchio West e del suo mentore defunto, Bronco Henry. Quando il fratello George sposa la vedova Rose e porta a casa lei e il figlio adolescente Peter, effeminato e sensibile, Phil inizia una campagna di tormento psicologico. Ma Peter, sotto l’apparenza fragile, nasconde una mente fredda e calcolatrice.

Analisi approfondita Jane Campion dirige un capolavoro di revisionismo psicologico che smonta pezzo per pezzo il mito della virilità western. Phil Burbank (Benedict Cumberbatch) è un uomo che performa la mascolinità tossica (non si lava, castra i tori a mani nude, insulta i deboli) per nascondere la sua omosessualità repressa e il desiderio inconfessabile per Bronco Henry. Il paesaggio del Montana non è libertà, ma una prigione di montagne che incombono come giudici silenziosi.   

Il film è un thriller gotico dove l’arma non è la pistola, ma una corda di pelle infetta dall’antrace. Il ribaltamento dei ruoli è totale: Peter (Kodi Smit-McPhee), che sembra la vittima predestinata (“faggot”, come lo chiama Phil), si rivela il predatore più letale. Usa la seduzione intellettuale e la scienza medica per uccidere Phil, “salvando” la madre. È la vittoria della nuova America, fredda e clinica, sul vecchio West passionale e brutale. La morte di Phil non avviene in un duello, ma in un letto di ospedale, sudato e delirante, ucciso da un tocco di pelle.   

Una visione curata da un regista, non da un algoritmo

In questo video ti spiego la nostra visione

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Immagine di Fabio Del Greco

Fabio Del Greco

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