Il road movie è più di un genere; è uno stato mentale. È il mito della frontiera, la fuga verso la libertà, l’asfalto come palcoscenico per la ribellione e la scoperta. L’immaginario collettivo è segnato da opere immortali, da Easy Rider a Thelma & Louise, film che hanno trasformato la strada in un simbolo universale.
Ma la strada è anche un luogo dove le leggi della società si dissolvono e i personaggi sono costretti a confrontarsi con se stessi. Il viaggio è quasi sempre “senza una meta precisa”, un vagabondaggio che è fuga e ricerca allo stesso tempo. Il paesaggio si trasforma in un personaggio a sé stante, uno specchio dell’anima tormentata di chi lo attraversa.
Questa guida è un viaggio attraverso l’intero spettro del genere. È un percorso che unisce i grandi classici di Hollywood alle più crude opere indipendenti. Dalla commedia surreale al dramma esistenziale, esploreremo come la strada sia stata usata per mappare la condizione umana e raccontare storie indimenticabili.
Parte I: La Controcultura e la Fine del Sogno Americano
Questa prima tappa del nostro viaggio analizza le opere seminali che hanno consacrato il road movie come il genere d’elezione per sezionare una nazione in crisi. Questi film non si limitano a criticare il Sogno Americano; ne mettono in scena la morte. La strada, un tempo simbolo di opportunità e destino manifesto, si trasforma in un paesaggio di alienazione, violenza e angoscia esistenziale. La libertà inseguita si rivela un’illusione autodistruttiva, un orizzonte che si allontana a ogni chilometro percorso.
Easy Rider (1969)
Wyatt e Billy, due motociclisti, finanziano il loro viaggio verso il Mardi Gras di New Orleans con i proventi di un affare di droga. Attraversando il sud-ovest americano in sella ai loro chopper, cercano un’America spirituale e libera, ma si scontrano con l’intolleranza e la violenza di una società che non accetta il loro stile di vita. Il loro viaggio diventa una tragica testimonianza del conflitto tra idealismo e realtà.
Easy Rider non è solo un film, è il manifesto che ha dato fuoco alle polveri del road movie indipendente. L’opera di Dennis Hopper e Peter Fonda ha definito l’ethos controculturale del genere, mettendo in scena la dicotomia tra la ricerca di un’America autentica e la sua incarnazione più repressiva. La motocicletta, simbolo per eccellenza di libertà e indipendenza, si rivela anche un segno di vulnerabilità. L’ironia tragica del film risiede nel suo motore narrativo: la ricerca della libertà è finanziata dal narcotraffico, una corruzione intrinseca al sogno stesso, e si conclude con l’omicidio dei protagonisti, puniti non per un crimine, ma per ciò che rappresentano.
Five Easy Pieces (1970)
Bobby Dupea, un ex pianista prodigio proveniente da una famiglia altoborghese, lavora su una piattaforma petrolifera e vive una vita rude e senza radici. Quando viene a sapere che suo padre è in fin di vita, intraprende un viaggio verso casa nello stato di Washington, portando con sé la sua ragazza Rayette. Il ritorno al suo mondo d’origine lo costringe a confrontarsi con l’uomo che è diventato e quello che ha scelto di non essere.
Se Easy Rider è un’epopea corale, Cinque pezzi facili è un ritratto psicologico intimo e devastante. Il viaggio di Bobby Dupea non è una fuga verso la libertà, ma una fuga da se stesso. Il film di Bob Rafelson seziona con precisione chirurgica il tema dell’alienazione e della divisione di classe, mostrando l’impossibilità del protagonista di trovare un senso di appartenenza, sia nel mondo operaio che in quello intellettuale della sua famiglia. L’iconica scena della tavola calda, in cui Bobby si scontra con una cameriera per un’ordinazione, è il microcosmo della sua ribellione contro le regole arbitrarie e l’ipocrisia di una società che non riesce a tollerare.
Two-Lane Blacktop (1971)
Due piloti, conosciuti solo come “il Pilota” e “il Meccanico”, attraversano gli Stati Uniti a bordo di una Chevrolet del ’55 truccata, sfidando altri automobilisti in gare clandestine. Durante il loro viaggio senza meta, prendono a bordo una ragazza e ingaggiano una sfida esistenziale con G.T.O., un uomo di mezza età al volante di una Pontiac GTO. La loro corsa verso Washington D.C. diventa un’odissea minimalista attraverso il cuore vuoto dell’America.
Strade violente di Monte Hellman è il capolavoro esistenzialista del genere. Con il suo approccio scarno e minimalista, il film spoglia il road movie di ogni romanticismo. Qui, la vera protagonista è la strada stessa, un nastro d’asfalto infinito che riflette il vuoto interiore dei personaggi, ridotti a semplici funzioni: “il Pilota”, “il Meccanico. A differenza di Easy Rider, che conserva una traccia di idealismo, l’opera di Hellman offre una critica più profonda e desolante, suggerendo che il viaggio stesso è privo di significato, un movimento perpetuo che non porta da nessuna parte, proprio come la società da cui si cerca di fuggire.
Vanishing Point (1971)
Kowalski, un ex poliziotto e pilota di auto da corsa, deve consegnare una Dodge Challenger bianca del 1970 da Denver a San Francisco in meno di due giorni. Sotto l’effetto di anfetamine, trasforma la consegna in una folle corsa contro il tempo e l’autorità, diventando un eroe popolare grazie al supporto di Super Soul, un deejay cieco che segue la sua fuga via radio. La sua ribellione nichilista lo spinge verso un confronto finale e inevitabile.
Punto zero è una scarica di pura adrenalina nichilista, un road movie che spinge l’acceleratore sulla ribellione fino al punto di non ritorno. Kowalski è “l’ultimo eroe americano”, una figura di pura velocità e slancio, un individuo che si oppone a uno stato di sorveglianza senza una ragione apparente, se non l’affermazione della propria esistenza. Il deejay Super Soul funge da coro greco, trasformando una fuga dalla polizia in un mito moderno. Il finale esplosivo e inevitabile è una dichiarazione potente sulla natura senza uscita della libertà assoluta, un atto di autodistruzione come estrema forma di affermazione di sé.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione
Badlands (1973)
Nel 1959, la quindicenne Holly Sargis si innamora di Kit Carruthers, un venticinquenne che assomiglia a James Dean. Dopo che Kit uccide il padre di Holly, che si opponeva alla loro relazione, i due iniziano una fuga criminale attraverso le desolate pianure del Midwest. La loro violenta odissea è raccontata dalla voce narrante di Holly, che descrive gli eventi con un distacco quasi fiabesco, creando un contrasto stridente con la brutalità delle loro azioni.
L’esordio di Terrence Malick, La rabbia giovane, è un’opera lirica e disturbante che trasfigura il road movie in una favola nera. La narrazione distaccata di Holly, intrisa di un’ingenuità quasi romantica, si scontra violentemente con la furia omicida di Kit. I vasti e desolati paesaggi del Montana e del South Dakota non sono solo uno sfondo, ma una metafora visiva del vuoto morale ed emotivo dei protagonisti. Malick perverte la promessa del Sogno Americano, trasformando la frontiera in un palcoscenico per una violenza insensata, un luogo dove l’innocenza e la morte danzano un macabro valzer.
Adorabili amiche

Commedia, di Benoît Pétré, Francia, 2012.
Tre amiche cinquantenni vengono invitate al matrimonio di Philippe, un loro comune amico di gioventù, che dopo molte avventure sentimentali sembra aver trovato la donna giusta, Tasha. Chantal è sola, la sua relazione con suo marito è in crisi ed il bizzarro lavoro di promotrice di cioccolata amara è un disastro. Gabrielle è una sua amica disinibita e libertina, convinta che fare sesso è l'unico modo per non invecchiare. E poi c'è Nelly, depressa e frigida, almeno così sembra. Tutte e tre hanno avuto in passato un flirt con Philippe, vorrebbero evitare di rivederlo, ma la curiosità vince e partono. Il viaggio è anche un pretesto per fare un bilancio di trent'anni di vita sulle ambizioni giovanili, i rapporti con gli uomini che hanno amato, le amarezze che hanno dovuto affrontare nella vita quotidiana, le delusioni sul posto di lavoro. Un'occasione per dare un taglio al passato e cambiare vita. Le tre donne scopriranno di avere tutte qualcosa in comune con Philippe. Una serie di rivelazioni, tra cui l'identità della misteriosa Tasha, le porterà a scoprire la vera natura dei loro rapporti amorosi. Una commedia amara, un road-movie con tre donne cinquantenni, tra gioia, rabbia, tristezza, divertimento e malinconia.
LINGUA: italiano
Parte II: Echi Europei: Viaggi Esistenziali, Politici e Surreali
I registi europei hanno adottato il modello del road movie americano, ma lo hanno riplasmato per riflettere i propri contesti culturali, le proprie inquietudini filosofiche e le proprie innovazioni stilistiche. Hanno spogliato il genere della sua mitologia specificamente “americana” per universalizzarne i temi, trasformando il viaggio in uno strumento per diagnosticare le malattie delle loro società, dall’euforia del boom economico italiano al radicalismo politico francese, fino alla crisi d’identità della Germania del dopoguerra.
Pierrot le fou (1965)
Ferdinand Griffon, annoiato dalla sua vita borghese, fugge con la sua ex amante, Marianne Renoir, dopo aver scoperto un cadavere nel suo appartamento. Inseguiti da gangster algerini, i due intraprendono un viaggio caotico e violento dalla Francia settentrionale alla Costa Azzurra. La loro fuga si trasforma in un’esplorazione dell’arte, della politica e di un amore destinato a un epilogo esplosivo e disperato.
Con Il bandito delle 11, Jean-Luc Godard reinventa la narrazione degli “amanti in fuga” con l’energia iconoclasta della Nouvelle Vague. Il road trip diventa una tela vibrante e frammentata su cui il regista proietta le sue riflessioni sul cinema, la guerra e l’impossibilità dell’amore. Attraverso le sue tecniche distintive, come i jump-cut e la rottura della quarta parete, Godard decostruisce non solo il genere cinematografico, ma anche le illusioni di una fuga romantica, mostrando come ogni tentativo di evasione sia destinato a scontrarsi con la violenza del mondo e con le contraddizioni del cuore.
Week-end (1967)
Una coppia borghese parigina, Roland e Corinne, parte per un fine settimana in campagna con il piano di uccidere i genitori di lei per l’eredità. Il loro viaggio si trasforma in un incubo apocalittico, un’odissea attraverso una Francia sull’orlo del collasso, segnata da ingorghi mostruosi, incidenti stradali surreali, violenza gratuita e incontri con figure rivoluzionarie e cannibali.
Week-end – Un uomo e una donna dal sabato alla domenica è il road movie più selvaggio e apocalittico di Godard, una satira feroce sul crollo della società borghese e consumistica. La celebre, interminabile sequenza dell’ingorgo stradale è una metafora potente della paralisi della civiltà moderna. Il viaggio non è più una fuga, ma una discesa in un inferno surreale dove le regole sociali si dissolvono, lasciando spazio alla lotta di classe, al cannibalismo e alla “fine del cinema. È un’opera terminale, un grido di rabbia che annuncia la fine di un’epoca.
Kings of the Road (1976)
Bruno, un tecnico che ripara proiettori cinematografici, viaggia lungo il confine tra le due Germanie a bordo del suo camion. Un giorno, incontra Robert, un uomo che ha appena tentato il suicidio dopo la fine del suo matrimonio. I due uomini intraprendono un viaggio insieme, visitando cinema di provincia in rovina e confrontandosi con la loro solitudine, l’assenza delle donne e l’influenza della cultura americana sulla Germania del dopoguerra.
Nel corso del tempo è il cuore contemplativo della “trilogia della strada” di Wim Wenders. Il viaggio lento e meditativo dei due protagonisti diventa una ricerca dell’identità culturale tedesca, schiacciata dall’ombra dell’influenza americana. I cinema fatiscenti che visitano sono potenti simboli di una narrazione nazionale perduta, di una cultura che rischia di scomparire. Wenders realizza un road movie sulla storia stessa delle immagini, un’elegia malinconica per un mondo che sta svanendo, colonizzato nel suo subconscio dal cinema di Hollywood.
Il Metodo Kempinsky

Film drammatico, di Federico Salsano, Italia, 2020.
L’introspettivo immaginario road movie di un uomo nei meandri della propria mente, i suoi ricordi di gioventù, le passioni mai sopite e le verità contraddittorie. La strada è fatta d’acqua, la destinazione è falsamente ignota. I suoi compagni di viaggio sono tre uomini misteriosi, proiezioni della sua fantasia e di differenti aspetti della sua personalità: il perenne malinconico, il creativo folle, il fanciullo introverso. Lo segue anche una presenza femminile che racconta l'ennesima vicenda umana. Ad un certo punto della traversata decide di abbandonare la barca ed i suoi fantasmi tuffandosi in mare e arriva a nuoto su una spiaggia deserta, nudo, con un piccolo pupazzo di Pinocchio chiuso da un lucchetto.
Spunto di riflessione
La vita è come un lungo viaggio per mare e l'essere umano è una piccola creatura che si confronta con l'immensità. A volte l'oceano è tranquillo, altre volte ci sono terribili tempeste. Qualche volta siamo capitani di una barca con una rotta ben definita, altre volte siamo naufraghi in cerca di una terra in cui metterci in salvo. Ma nonostante il lungo viaggio e lo spostamento nello spazio fisico sono altre le domande che risuonano nella mente: chi sono questi uomini in compagnia di cui viaggio? Qual è il mistero di questa immensa massa di acqua che sembra fatta dei miei ricordi? Puoi circumnavigare tutto il mondo ma la domanda principale rimane sempre la stessa: chi sono io veramente?
LINGUA: italiano
SOTTOTITOLI: inglese, spagnolo, francese, tedesco, portoghese
Radio On (1979)
Robert, un DJ londinese, intraprende un viaggio verso Bristol per indagare sulla misteriosa morte del fratello. Guidando attraverso un’Inghilterra grigia e desolata, il suo percorso è scandito da una colonna sonora post-punk e da incontri enigmatici, tra cui un soldato disilluso e un immigrato tedesco. Il viaggio si trasforma in un’esplorazione interiore della memoria, del lutto e dell’alienazione in un paese sull’orlo di un profondo cambiamento.
L’opera di Christopher Petit è una risposta unicamente britannica al cinema di Wenders. La fotografia in bianco e nero, cruda e suggestiva, e la colonna sonora (con brani di David Bowie, Kraftwerk e Devo) evocano il paesaggio desolato e alienato della Gran Bretagna di fine anni Settanta, durante il cosiddetto “Inverno dello scontento. Il viaggio di Robert non è una fuga, ma una deriva malinconica e interiore attraverso una nazione sospesa, un’indagine sull’anima di un paese che ha perso la sua direzione.
Paris, Texas (1984)
Un uomo, Travis, riappare nel deserto del Texas dopo quattro anni di assenza. Muto e affetto da amnesia, viene recuperato dal fratello Walt, che lo riporta a Los Angeles e lo riunisce con il figlio di sette anni, Hunter. Insieme, Travis e Hunter intraprendono un viaggio alla ricerca di Jane, la madre del bambino e grande amore perduto di Travis, per ricomporre i frammenti di un passato doloroso.
Capolavoro di Wim Wenders e Palma d’Oro a Cannes, Paris, Texas è la visione di un europeo sul mito del West americano. I vasti e desolati paesaggi, magnificamente fotografati da Robby Müller, diventano lo specchio dello stato interiore di Travis, un uomo svuotato dalla perdita e dal trauma. Questo non è un viaggio attraverso lo spazio, ma un pellegrinaggio a ritroso nel tempo, un tentativo di ricostruire la memoria e la famiglia. L’iconico monologo finale, un dialogo impossibile attraverso uno specchio unidirezionale, è il culmine di un percorso emotivo di rara potenza.
Leningrad Cowboys Go America (1989)
I Leningrad Cowboys, autoproclamatasi “la peggior rock’n’roll band del mondo”, lasciano la loro tundra siberiana per cercare fortuna in America. Guidati dal loro manager senza scrupoli, attraversano gli Stati Uniti da New York a New Orleans, fino al Messico, adattando il loro repertorio alla musica locale nel tentativo di conquistare il pubblico. Il loro viaggio è un’odissea surreale e comica attraverso i cliché della cultura americana.
Il film di Aki Kaurismäki è una commedia assurda e laconica che utilizza la struttura del road movie per mettere in scena una satira irresistibile. L’umorismo impassibile e minimalista, marchio di fabbrica del regista finlandese, smonta sia i luoghi comuni della cultura americana sia l’immagine dello stoico uomo nordico. Il viaggio dei Leningrad Cowboys è un’esplorazione di un’America mitica, vista attraverso gli occhi stralunati di una band improbabile, che mette in luce l’assurdità e la bellezza dello scambio culturale.
Parte III: Minimalismo, Alienazione e Poesia della Strada
Questa sezione del nostro itinerario si concentra su un filone del cinema indipendente americano che utilizza il road movie per esplorare l’alienazione e la deriva esistenziale attraverso un’estetica minimalista, impassibile e spesso poetica. Per questi autori, la strada non è un luogo di azione drammatica, ma di quieta osservazione. Il viaggio diventa una tela su cui dipingere l’incomunicabilità, lo sradicamento culturale e la silenziosa assurdità dell’esistenza.
Tournee - Il vero burlesque

Commedia, drammatico, di Mathieu Amalric, Francia, 2010.
Joachim Zand, un produttore televisivo in crisi, torna in Francia dopo un lungo periodo trascorso negli Stati Uniti. Joachim aveva tagliato tutti i rapporti in Francia: amici, nemici, figli. Arriva con un gruppo di spogliarelliste californiane, in carne e chiassose, che fanno spettacoli burlesque e che vuole far esibire a Parigi. Fanno una tournee nelle città portuali della costa francese, esibendosi in teatri e locali di second'ordine, alloggiando in squallidi hotel e mangiando in ristoranti economici. Riscuotono un'ottimo gradimento del pubblico e puntano verso Parigi. Ma vecchi conflitti con le persone a cui era legato Joachim si ripropongono, e la vita da prestigiatore dello spettacolo dovrà fare i conti con la finzione e gli imbrogli del passato.
Il regista Mathieu Amalric si è ispirato per Tournee al cinema americano indipendente degli anni '70, in particolare ad Assassinio di un allibratore cinese di John Cassavetes. Il personaggio protagonista Joachim Sand è interpretato dallo stesso regista, che si dimostra un attore di alto livello, scelto già come interprete da registi come André Téchiné, Alain Resnais, Arnaud Desplechin: un attore con una grande consapevolezza della propria espressività e capacità di osservarsi anche dall'esterno come regista. Il gruppo di spogliarelliste è interpretato da autentiche artiste burlesque: Mimi Le Meaux, Kitten on the Keys, Dirty Martini, Julie Atlas Muz, Evie Lovelle e Roky Roulette. Tournee è un film on the road dove gli spettacoli di burlesque sono stati eseguiti realmente per un pubblico dal vivo durante la produzione del film. La storia è ispirata ad un libro del 1913 di Colette sull'esperienza nelle sale da ballo all'inizio del ventesimo secolo, The Other Side of Music-Hall. Presentato al Festival di Cannes 2010 dove ha vinto il premio Fipresci, il premio più importante dei critici cinematografici, ed il premio come miglior regista. Il finale è l'epilogo commuovente del ritratto di un uomo che ha smarrito le sue radici e deve fare i conti con la desolazione.
LINGUA: italiano
Stranger Than Paradise (1984)
Willie, un giovane immigrato ungherese che vive a New York, riceve la visita inaspettata della cugina sedicenne Eva, appena arrivata da Budapest. Dopo dieci giorni di convivenza forzata, Eva parte per Cleveland. Un anno dopo, Willie e il suo amico Eddie decidono di andarla a trovare, per poi trascinarla in un viaggio improvvisato verso la Florida. Il loro percorso è un’esplorazione laconica della noia e dello sradicamento.
Il film che ha consacrato Jim Jarmusch come uno dei maestri del cinema indipendente americano. Stranger Than Paradise – Più strano del paradiso definisce un’estetica cool e minimalista, basata su un umorismo impassibile, una fotografia in bianco e nero e una struttura composta da lunghe inquadrature fisse. Il “road trip” verso Cleveland e la Florida non è un’esperienza liberatoria, ma uno spostamento laterale da una forma di noia all’altra, catturando perfettamente il senso di alienazione e di estraneità culturale dei suoi protagonisti.
My Own Private Idaho (1991)
Mike, un prostituto narcolettico, e Scott, il figlio ribelle del sindaco di Portland, vivono ai margini della società. Ossessionato dalla ricerca della madre perduta, Mike intraprende un viaggio che lo porta dall’Oregon all’Idaho e fino in Italia. Scott lo accompagna in questa odissea picaresca, un percorso che mescola la dura realtà della strada con echi delle tragedie di Shakespeare.
L’opera di Gus Van Sant è un film poetico e straziante, un road movie che fonde un crudo realismo con la struttura drammatica dell’Enrico IV di Shakespeare. La strada è per Mike una disperata ricerca di un focolare e di una figura materna che forse non sono mai esistiti. Il suo viaggio è costantemente interrotto da attacchi di narcolessia, che Van Sant visualizza come frammenti di memoria e desiderio, metafora potente del suo profondo senso di sradicamento e della sua struggente nostalgia per un’intimità irraggiungibile.
Dead Man (1995)
William Blake, un contabile di Cleveland, si reca nella città di frontiera di Machine per un nuovo lavoro, ma si ritrova coinvolto in una sparatoria e diventa un fuggitivo. Ferito a morte, viene trovato da un nativo americano di nome Nessuno, che lo crede la reincarnazione del poeta William Blake. Insieme, intraprendono un viaggio spirituale verso il Pacifico, un percorso che trasforma il mite contabile in un poeta e un assassino.
Il “western psichedelico” di Jim Jarmusch è un road movie metafisico che viaggia verso la morte. La splendida fotografia in bianco e nero e la colonna sonora improvvisata da Neil Young creano un’atmosfera ipnotica e spettrale. Il viaggio di William Blake non è una fuga, ma una trasmutazione spirituale. Guidato dal suo mentore Nessuno, il protagonista riscrive i miti del West americano, trasformando la violenza della frontiera in un atto poetico e il suo percorso in un’inevitabile e lirica preparazione all’aldilà.
The Straight Story (1999)
Alvin Straight, un anziano veterano di 73 anni, viene a sapere che suo fratello Lyle, con cui non parla da dieci anni, ha avuto un infarto. Non potendo guidare un’auto, decide di intraprendere un viaggio di oltre 240 miglia, dall’Iowa al Wisconsin, a bordo del suo tosaerba John Deere. Il suo lento pellegrinaggio attraverso il cuore dell’America diventa un’occasione di incontri e riflessioni sulla vita, la famiglia e la vecchiaia.
Il film più atipico e commovente di David Lynch, Una storia vera sovverte i canoni del road movie sostituendo la velocità e la ribellione con la lentezza, la determinazione e la riconciliazione. Il viaggio di Alvin sul suo tosaerba è un pellegrinaggio meditativo, una processione laica attraverso i paesaggi dell’America rurale. Ogni incontro lungo la strada contribuisce a costruire una profonda e toccante riflessione sui legami familiari, sull’orgoglio e sul passare del tempo, dimostrando che il viaggio più importante è quello verso il perdono.
Transeuropae hotel

Film drammatico, mistero, di Luigi Cinque, Italy, 2013.
Vincitore del Roma indipendent Film Festival 2013. Menzione speciale al Festival di Rio e Salvador Bahia, in selezione al Festival du Monde di Montreal.
Un percussionista famoso viene fatto sparire; viene trasferito per magia in una realtà parallela e un quartetto di personaggi improbabili lo ritrova visionando immagini e viaggiando alla ricerca di un mago candomblè in grado di fornire la formula necessaria alla riapparizione. Solo il ricongiungersi di pensiero magico e pensiero scientifico potrà salvare il mondo. In viaggio tra la Sicilia delle saline di Trapani e le favelas di Rio e Salvador Bahia, le escolas de Samba e i Terreiros del Candomblè.
LINGUA: italiano
Gerry (2002)
Due amici, entrambi di nome Gerry, decidono di fare un’escursione in un’area desertica, ma si perdono. Senza cibo né acqua, iniziano a vagare in un paesaggio vasto e indifferente. Il loro viaggio si trasforma in una lotta per la sopravvivenza e in una prova estrema della loro amicizia, ridotta ai suoi elementi più essenziali e brutali.
L’esperimento radicale e minimalista di Gus Van Sant porta il road movie alle sue estreme conseguenze. Attraverso lunghissime inquadrature e una quasi totale assenza di narrazione convenzionale, il film costringe lo spettatore a un’esperienza puramente sensoriale e contemplativa. Il viaggio dei due Gerry non è una fuga, ma un letterale e metaforico smarrimento nel nulla. Van Sant riduce il genere ai suoi elementi primari: il movimento, il paesaggio e la lenta, inesorabile dissoluzione di un legame umano di fronte alla vastità della natura.
Parte IV: Sguardi al Margine: Orizzonti Femminili e Racconti di Sopravvivenza
Questa sezione sposta l’obiettivo su film che utilizzano la strada per raccontare storie da prospettive marginalizzate, offrendo potenti critiche femministe ed esplorando narrazioni di lotta sociale e politica. Quando il protagonista è una donna o appartiene a una cultura non dominante, la “libertà” della strada si carica di nuovi pericoli e significati. Il viaggio diventa meno una questione di angoscia esistenziale e più una lotta per la sopravvivenza letterale, svelando come la strada aperta, simbolo della libertà maschile, sia uno spazio di vulnerabilità e oppressione sistemica per gli altri.
Vagabond (1985)
Il corpo congelato di una giovane vagabonda, Mona, viene ritrovato in un fosso nel sud della Francia. Il film ricostruisce le ultime settimane della sua vita attraverso le testimonianze frammentarie di coloro che l’hanno incontrata durante il suo peregrinare. La sua scelta di una libertà radicale e solitaria si scontra con l’incomprensione, la paura e il desiderio di una società che non sa come relazionarsi con lei.
Capolavoro femminista di Agnès Varda, Senza tetto né legge decostruisce il romanticismo della “vita on the road”. Con la sua struttura quasi documentaristica, il film non giudica Mona, ma analizza le reazioni che la sua esistenza provoca negli altri. Varda mostra come il tentativo di una donna di vivere secondo un principio di libertà assoluta sia percepito come una minaccia, un affronto alle convenzioni sociali. La sua non è una glorificazione della marginalità, ma una lucida e dolorosa constatazione di come la società punisca chi rifiuta di farsi definire, condannando la sua protagonista a una morte solitaria e anonima.
Central Station (1998)
Dora, un’insegnante in pensione cinica e disillusa, scrive lettere per analfabeti alla stazione centrale di Rio de Janeiro. Dopo che la madre di un bambino di nove anni, Josué, muore in un incidente, Dora si ritrova a dover accompagnare il piccolo in un viaggio attraverso il Brasile alla ricerca del padre che non ha mai conosciuto. Il loro percorso diventa un’odissea di redenzione e scoperta reciproca.
Il celebre film del brasiliano Walter Salles trasforma il road movie in un pellegrinaggio laico verso la speranza e la fede. Il viaggio di Dora e Josué attraverso un Brasile segnato da profonde disuguaglianze sociali ed economiche è un percorso che li conduce dall’anonimato e dallo scetticismo delle metropoli alla comunità e alla spiritualità delle zone rurali. Central do Brasil è un racconto commovente sulla possibilità di ritrovare la propria umanità attraverso l’incontro con l’altro, un viaggio che non cerca un luogo, ma un legame.
Turcomannia

Documentario, di Leopoldo Bonessio, Italia, 2024.
Leopoldo, il regista, si ritrova a girare con poco più di una tenda e una GoPro nel più isolato, misterioso e autoritario dei paesi ex sovietici, il Turkmenistan. Ha 5 giorni per scoprire che tipo di gente strana vive in questo paese deserto, e forse qualcosa sulla politica di questo posto prima che il visto scada.
LINGUA: italiano, Turcomanno
SOTTOTITOLI: italiano
Y tu mamá también (2001)
Due adolescenti di Città del Messico, Tenoch e Julio, provenienti da classi sociali diverse, convincono una donna spagnola più grande, Luisa, a unirsi a loro in un viaggio improvvisato verso una spiaggia inventata chiamata “Boca del Cielo”. La loro avventura edonistica, fatta di sesso, amicizia e rivalità, si svolge sullo sfondo di un Messico attraversato da tensioni politiche e profonde disuguaglianze.
Il film di Alfonso Cuarón è un racconto di formazione crudo e politicamente consapevole, che utilizza il viaggio come strumento di critica sociale. Mentre i protagonisti vivono i loro drammi personali, una voce narrante onnipresente li contestualizza, giustapponendo le loro scoperte sessuali e sentimentali alla dura realtà del paesaggio che attraversano. Y tu mamá también è un’opera potente che intreccia l’esplorazione dell’identità giovanile con un’analisi acuta della società messicana, mostrando come le storie individuali siano inestricabilmente legate alla storia di una nazione.
Old Joy (2006)
Due vecchi amici, Mark e Kurt, si ritrovano per un weekend in campeggio nelle foreste dell’Oregon. Mark sta per diventare padre e si sta adattando a una vita di responsabilità domestiche, mentre Kurt continua a vivere uno stile di vita nomade e spirituale. Il loro breve viaggio, alla ricerca di una sorgente termale isolata, diventa un’occasione per confrontarsi con il tempo passato e la distanza emotiva che ora li separa.
Il cinema di Kelly Reichardt è fatto di silenzi e sfumature, e Old Joy ne è un esempio perfetto. Il viaggio nel bosco diventa uno spazio in cui le tensioni non dette tra i due uomini emergono in superficie. È un road movie in cui il percorso fisico è breve, ma la distanza emotiva percorsa è immensa. Reichardt esplora con delicatezza i temi della mascolinità, dell’amicizia che si erode, dell’invecchiamento e della disillusione politica, mostrando come a volte il viaggio più difficile sia quello di accettare che le persone, e i legami, cambiano.
Wendy and Lucy (2008)
Wendy, una giovane donna senza fissa dimora, sta viaggiando verso l’Alaska in cerca di lavoro con la sua unica compagna, la cagna Lucy. Quando la sua auto si rompe in una piccola città dell’Oregon, la sua fragile esistenza va in pezzi. Dopo essere stata arrestata per un piccolo furto, scopre che Lucy è scomparsa. La sua ricerca disperata del cane diventa una lotta per la sopravvivenza in una società indifferente.
Un film minimalista e devastante sulla precarietà economica. Per Wendy, la strada non è una scelta, ma un fragile filo a cui è appesa la sua speranza. Kelly Reichardt mostra come il guasto di un’auto possa innescare una crisi totale, rivelando la crudele assenza di una rete di sicurezza sociale in America. . È un ritratto intimo e potente di una solitudine che è tanto personale quanto politica.
Meek’s Cutoff (2010)
Nel 1845, tre famiglie di coloni che attraversano l’Oregon vengono guidate fuori strada da Stephen Meek, una guida arrogante e inaffidabile. Persi in un deserto arido e sconosciuto, con l’acqua che scarseggia, la loro fiducia in Meek vacilla. La situazione si complica quando catturano un nativo americano, la cui presenza divide il gruppo tra chi lo vede come una minaccia e chi come l’unica speranza di salvezza.
Il “western femminista” di Kelly Reichardt decostruisce il mito della frontiera. Attraverso un ritmo lento e faticoso e un formato visivo quasi quadrato che intrappola i personaggi, il film immerge lo spettatore nella realtà estenuante e incerta del viaggio. Adottando la prospettiva delle donne, silenziose e laboriose osservatrici, Reichardt critica la cieca arroganza maschile che ha portato i coloni allo smarrimento. L’espansione verso Ovest non è più un’epopea eroica, ma una terrificante storia di sopravvivenza, un viaggio nell’ignoto pieno di paura e dubbio.
Ida (2013)
Polonia, 1962. Anna, una giovane novizia cresciuta in un convento, sta per prendere i voti. Prima di consacrare la sua vita a Dio, la madre superiora la spinge a incontrare la sua unica parente in vita, la zia Wanda. Wanda, un’ex procuratrice comunista cinica e disillusa, le rivela che il suo vero nome è Ida Lebenstein e che i suoi genitori erano ebrei, uccisi durante l’occupazione nazista. Insieme, le due donne intraprendono un viaggio per scoprire la verità sul loro passato.
L’opera austera e meravigliosa di Paweł Pawlikowski è un road movie dell’anima. Il viaggio di Ida e Wanda attraverso la Polonia rurale diventa un’indagine sulla storia sepolta di una nazione, segnata dall’Olocausto e dallo stalinismo. La fotografia in bianco e nero e il formato quasi quadrato creano un’atmosfera formale e contemplativa. Il percorso costringe entrambe le donne a confrontarsi con la propria identità — ebrea, cattolica, polacca — e a compiere scelte che cambieranno per sempre le loro vite.
Parte V: Le Strade del Nuovo Millennio: Crisi, Comunità e Nuove Frontiere
L’ultima sezione del nostro viaggio esamina come i registi indipendenti contemporanei abbiano adattato il road movie per affrontare le ansie del XXI secolo. In un paesaggio post-Sogno Americano, il viaggio non è più una ribellione contro un sistema stabile, ma la navigazione all’interno di un sistema in frantumi. Il tema centrale si sposta dalla fuga individualista alla ricerca di nuove forme di comunità e connessione tra le rovine del vecchio mondo, passando dalla ribellione alla resilienza.
Sideways (2004)
Miles, un insegnante di inglese depresso e aspirante scrittore, e Jack, un attore di soap opera in declino, partono per un viaggio di una settimana nella regione vinicola della California per celebrare l’imminente matrimonio di Jack. Mentre Miles cerca consolazione nel vino, Jack è alla ricerca di un’ultima avventura sessuale. Il loro viaggio metterà alla prova la loro amicizia, costringendoli a fare i conti con i loro fallimenti e le loro speranze.
La commedia agrodolce di Alexander Payne ha rivitalizzato il genere all’inizio del nuovo millennio. Il viaggio attraverso le vigne della Santa Ynez Valley è un’esplorazione toccante, divertente e profondamente umana della crisi di mezza età maschile, della depressione e della fragile natura dell’amicizia. Il contrasto tra lo snobismo intellettuale di Miles, ossessionato dal Pinot Nero, e l’edonismo superficiale di Jack fornisce la tensione centrale del film, un ritratto indimenticabile di due anime alla deriva.
Locke (2013)
Ivan Locke, un capocantiere meticoloso, lascia il lavoro la sera prima del più grande getto di calcestruzzo della sua carriera. Invece di tornare a casa dalla sua famiglia, si mette in auto e guida verso Londra. Durante il viaggio, la sua vita viene sistematicamente smantellata attraverso una serie di telefonate. Una singola decisione, presa ore prima, innesca una catena di conseguenze che minacciano di distruggere il suo lavoro, il suo matrimonio e la sua stessa identità.
Un esperimento formale radicale: un road movie interamente confinato all’interno di un’auto, in tempo reale. Steven Knight crea una tensione immensa attraverso le sole conversazioni telefoniche, mentre il mondo di Ivan Locke crolla. Il viaggio non è fisico, ma morale. È la storia di un uomo che guida verso le conseguenze di un unico errore, cercando di tenere insieme i pezzi della sua vita con la sola forza della sua voce. La strada diventa un purgatorio in movimento, un non-luogo dove il passato, il presente e il futuro collidono in una notte.
American Honey (2016)
Star, un’adolescente che vive in una situazione di povertà e abusi, abbandona la sua vita per unirsi a una squadra di giovani venditori di abbonamenti a riviste. Viaggiando attraverso il Midwest americano a bordo di un furgone, il gruppo vive di espedienti, feste e piccole truffe. Star si innamora del carismatico Jake e si immerge in uno stile di vita nomade, trovando una famiglia disfunzionale e fugaci momenti di bellezza in un’America dimenticata.
L’epopea immersiva e tentacolare di Andrea Arnold è un ritratto quasi documentaristico di una gioventù marginalizzata. Il viaggio della “mag crew” è il racconto di una generazione perduta che cerca un senso di appartenenza e di libertà in un sistema che li sfrutta. American Honey è una critica al capitalismo predatorio che allo stesso tempo celebra la resilienza e l’energia vitale dei suoi personaggi, capaci di trovare una bellezza selvaggia e una connessione autentica nel cuore desolato dell’America.
Una visione curata da un regista, non da un algoritmo
In questo video ti spiego la nostra visione

