Conversando sui videoclip con Michele Senesi

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Vincitore in passato del Premio “Maurizio Principato” per la miglior colonna sonora, l’autore marchigiano ha quest’anno ben 4 videoclip in concorso

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Ben due video della band di culto In the Ellis; Istinto di autodistruzione degli Ego 3; FAIlure degli Eyehate; sono addirittura quattro i lavori di Michele ammessi quest’anno in concorso, per la sezione Animazione & Videclip!

Sorpresa molto relativa, considerando che il rapporto con la musica dell’autore marchigiano è piuttosto evidente: non a caso ad Indiecinema Film festival vinse l’ambito Premio “Maurizio Principato” per la miglior colonna sonora, con il lungometraggio Il cerchio delle lumache. Di tutto questo però abbiamo parlato direttamente con lui.

La passione per la musica e il sodalizio con gli In the Ellis

Michele, puoi essere ormai considerato un “aficionado” di Indiecinema Film Festival. E se in passato è stato con un lungometraggio di finzione, “Il cerchio delle lumache”, che hai ricevuto l’ambito Premio Maurizio Principato per la migliore colonna sonora, quest’anno partecipi con ben quattro lavori alla sezione Animazione & Videoclip. La musica sembrerebbe esercitare un ruolo fondamentale in tutti i tuoi slanci creativi. Cosa puoi dirci a riguardo?

La musica si è mossa sempre parallela al mio lavoro sull’audiovisivo ma ho dovuto e potuto scegliere intensamente solo una delle due strade. Fortunatamente sono cresciuto con amici appassionati e colti in materia, che sono una sorta di mio corrispettivo musicale anziché cinefilo, oltretutto in un contesto culturale frizzante anche se di provincia. Grazie a loro ho assorbito automaticamente alcune “competenze” e saltuariamente mi trovo invischiato anche nel contesto musicale. La musica mi ispira spesso la narrazione e la nascita di idee; talvolta dopo dei live sono andato dalla band a dire “hey, adoro ‘sto pezzo, prima o poi lo userò da qualche parte”, e si, ho sempre mantenuto la promessa. La progressione musicale delle canzoni a volte mi ispira anche il lavoro sull’editing; quello di Bumba Atomika è organizzato come gli arrangiamenti sonori e vocali di alcune band rap del periodo tipo Caparezza o Piombo a Tempo.

Venendo ai videoclip in concorso, il rapporto con gli In the Ellis fa senz’altro la parte del leone. Come è nata questa collaborazione?

La collaborazione con In the Ellis è speciale e preziosa perché sono una delle rare band che si affidano a me anche per l’ideazione narrativa, per l’idea e mi danno carta bianca sull’intero sviluppo, dopo aver approvato un concept. Il risultato lo reputo “ideale” perché capace di unire ben due poetiche, quella musicale del gruppo e quella visiva della PALONEROfilm. In questo caso mi trovo fortemente motivato a investire molte più energie con estremo entusiasmo. Diverso il discorso quando invece la mia parte di lavoro è solo esecutiva, nel cercare di trasporre in immagini un universo altrui. Con In the Ellis ci siamo “annusati” con un primo video sobrio, ha funzionato, hanno deciso di bissare rapidamente e abbiamo fatto qualcosa di più ambizioso e personale con Inner Freedom, dove tra l’altro lavoravo per la prima volta con delle nuove camere 6k. Grazie In the Ellis!

Sempre riguardo agli In The Ellis, abbiamo apprezzato entrambi i video ma di Senza far male ci ha particolarmente colpito l’uso di una location a dir poco…. stretta! Dove avete girato quelle scene?

Ah, si, ancora dovevamo conoscerci bene quindi avevamo un’idea “sobria”, anche perché sono un gruppo melodico e quindi non adatto a cose truci come quelle per Ego3 o EyeHate. Però se non ho delle sfide da affrontare mi annoio quindi ho proposto una penality. “Hey, giriamo nel vicolo più stretto d’Italia?”. “Uh, ok”. Siamo così andati a Ripatransone, pittoresco borgo nel sud delle Marche, dove è sito questo vicolo. Specie con il chitarrista è stato un continuo cozzare di chitarra e stabilizzatore digitale sui mattoni delle pareti. Questa scenografia dona comunque all’opera un ulteriore valore produttivo. Il resto delle location, inclusa la terrazza, sono nella bellissima Torre di Palme, dove abbiamo dribblato sposi, allestimenti di palchi, podisti e altri imprevisti, sotto un sole cocente che ha messo a durissima prova la nostra attrice Lucia (già performer per gli Ego3).

 

Dagli In the Ellis agli Ego3

E sulle riprese di Inner freedom, invece, c’è qualche aneddoto particolare da raccontare?

Inner Freedom è l’ennesima sfida in cui eccedo in ambizioni e poi devo chiamare Martina Colorio per risolvere i problemi. Martina è la mia socia che copre tutta la parte di effettistica, web, grading della PALONERO da Bumba Atomika a Il Cerchio delle Lumache. Ben quattro sessioni giornaliere di riprese, green screen, una moltitudine di location sparse tra Recanati e Porto Recanati, assistenti, comparse. Ho sperimentato diverse cose tra cui una di cui sono particolarmente entusiasta: la legge fisica della rifrazione della luce nell’acqua al fine di fare narrazione (nella sequenza del pub). E’ un video molto personale comunque, include i miei aforismi storti e temi a cui sono molto legato, come lo scorrere inesorabile del tempo, il fallimento, i rimpianti, il destino, il mondo reale repressivo. E dentro c’è molta PALONEROfilm: le location dei nostri film Bumba Atomika e Il Cerchio delle Lumache, le inquadrature di Somato, gli stupidi aforismi miei, gli effetti di Martina.

Quando giravamo la scena “buskers” una signora, passando, ha lasciato cinque euro dentro la custodia della chitarra, non rendendosi conto che stavamo girando una scena di finzione. L’aforisma pessimista poggiato lì a terra deve aver funzionato.

Venendo al video degli Ego 3, Istinto di autodistruzione, forti suggestioni arrivano dalla fotografia e dalla color correction. In che modo è nata l’idea di ritrarli così e come li potresti inquadrare, musicalmente, per chi non li conosce?

La band aveva le idee chiare di cosa volesse. Anche questo è stato il videoclip più ambizioso che ho girato con loro, con diverse location sparse in due province distanti 2 ore d’auto l’una dall’altra, più attori e effetti speciali. Sapevamo che quella specie di aldilà sarebbe stato sempre “freddo” e desaturato. Quindi abbiamo pensato di girare con colori pop e croma saturo il “presente” e le scene di suicidio, visto che il progetto si muove a montaggio alternato. Scelta buffa. Con gli Ego3 ormai ho girato quasi 10 video, li conosco da quando erano davvero “piccoli” e li ho sempre supportati, anche perché i loro progetti includono sempre sfide anche dolorose, cosa che per me è fondamentale; una volta mi sono rotto della dita, una volta siamo finiti incagliati in un fosso innevato con la macchina, e poi polvere, freddo, gelo, litri di sangue finto, terra, vomito sintetico, ogni volta è un tour de force dal quale si esce tutti più maturi stilisticamente. Abbiamo girato ballate da 7 minuti con zombie, video con bukkake di vomito, videoclip in due puntate. Ogni volta una sfida diversa. La scena nell’annegamento nel fiume di Istinto di Autodistruzione è stata girata il 20 dicembre ed eravamo entrambi (il batterista/attore e io) dentro ad un fiume reale. Freddo.

L’ultima collaborazione è di pochi giorni fa; non avranno un nuovo video ma ben 4 dello stesso brano e saranno realizzati dai miei studenti dell’Accademia di Belle Arti di Macerata, corso di “tecniche di montaggio” al primo anno, che hanno usato la band come modelli reali.

Gli aneddoti sui loro videoclip sono infiniti.

Loro si definiscono “stoner metal” e sono dei ragazzi dolcissimi con un immaginario trucissimo.

Focus sugli EyeHate… e sulla mezzadria!

Stilisticamente i tuoi videoclip sono tutti molto curati. In quello degli EyeHate, per esempio, sembri esserti divertito molto a ricreare un mood post-apocalittico. A ispirarti sono state le sonorità così toste della band? E puoi raccontare al nostro pubblico la particolarità che si cela dietro il titolo FAIlure e dietro quella particolare grafia?

Uh, grazie. Tutte le scelte del video sono della band. E’ andata così: “Ciao Michele, vorremmo un videoclip a metà tra Dune e Mad Max e abbiamo diciottomilalire”. “Ah, ok, facciamolo!”. Loro avevano le idee chiarissime, scena per scena, giro sonoro per giro, io ho solo cercato di materializzare quello che avevano chiaro in testa e poi ho lavorato agli fx, al montaggio e tutta la post. A farlo funzionare sono anche la location (la raffineria di Falconara) e il fatto che non abbiamo usato effetti digitali per creare il doppio della protagonista ma due vere sorelle gemelle identiche. Quindi, no, le scelte narrative, estetiche e stilistiche di tutto sono merito loro, io ho solo lavorato a tutta la produzione, dalla regia alla post. Hanno detto che è un brano che sonda le insidie papabili dell’intelligenza artificiale. Da qui il gioco grafico testuale del titolo.

Per finire una domanda che esula dai videoclip, Quest’anno abbiamo ospitato, in concorso, un bel documentario ugualmente di provenienza marchigiana, Onta Appena – Storia di una vita mezzadrile. Gli autori, da noi intervistati, ringraziano pure te e la casa di produzione dei tuoi lavori, la Palonero Film. Che rapporto si è creato tra voi?

Ho solo dato una mano alla distribuzione del film, lavorando al contesto dei Festival internazionali, organizzazione testi e marketing, cose così. Filippo l’ho conosciuto in pratica avvicinandomi al film ed è molto “cucciolo”. Diego è un caro (vecchio) amico, collega, collaboratore, con una visione personale del cinema e dell’audiovisivo, distante dalla mia ma molto stimolante. E’ bravo. Collaboriamo “spesso” e ormai lo conosco da parecchio. Ecco, tornando all’inizio dell’intervista, anche lui è una di quelle figure legate al contesto musicale che hanno stimolato la mia crescita in merito; lui era anche dietro ad un locale storico dove abbiamo passato serate indimenticabili e costruito fucine di cultura underground di alto livello. E questo lo racconta nel suo splendido docu-film The Big Show.

Una visione curata da un regista, non da un algoritmo

In questo video ti spiego la nostra visione

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Immagine di Stefano Coccia

Stefano Coccia

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