Slow life

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Cosa significa oggi la parola Slow life? E’ il risultato della filosofia dello slow living: l’arte di vivere lentamente che ha dato vita ad un vero e proprio movimento per riconquistare il tempo in una società sempre più veloce, stressante e orientata alla produttività. Nel titolo è racchiuso il senso di questo nuovo film di Fabio del Greco.

La trama di Slow life

Lino Stella, il protagonista di Slow life, il nuovo film di Fabio del Greco, è impiegato in una biblioteca comunale. Un lavoro a tempo indeterminato che è il miraggio di milioni di persone. Ma da un po’ di tempo non sopporta le sue giornate lavorative, si sente stressato e prende un periodo di ferie per dedicarsi alla sua passione principale disegnare fumetti. Vuole approfittare del periodo di libertà anche per rilassarsi, giocare con la sua tartaruga, vedere la sua fidanzata. Ma la società intorno a lui sembra complottare contro il suo progetto di relax. 

Il primo allarme viene proprio uno dei suoi colleghi: sapendo che Lino approfitta dei periodi di tempo libero per disegnare e vendere fumetti lo mette in guardia: come titolare di un lavoro pubblico a tempo indeterminato non può farlo. Non può avere altre entrate di denaro se è un dipendente dello Stato. 

Questa affermazione risuona come una privazione della libertà personale e fa da incipit a tutta la storia: l’uomo non è libero di perseguire ciò che più gli piace e ciò che gli interessa davvero perché è inserito in un meccanismo assurdo legittimato dalla burocrazia e dalla legge. 

Lino Stella prova a vendere i suoi fumetti ma nulla sembra dargli soddisfazione. L’editore, interessato di più ai film porno che guarda nel suo ufficio, svilisce il suo lavoro: sono fumetti di supereroi che secondo lui non hanno nessuna potenzialità commerciale, troppo dark. 

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Riappropriarsi della libertà e del proprio tempo

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Fabio del Greco, classe 1974, cineasta indipendente fin dall’età di 12 anni, realizza film con una libertà creativa che sarebbe difficile da ottenere all’interno delle produzioni ufficiali. Mentre i registi che operano nel circuito tradizionale faticano a reperire i fondi e a realizzare i film, per non parlare della distribuzione, Del Greco realizza un film l’anno, toccando le tematiche che più gli interessano: il senso della vita, la manipolazione e condizionamenti dell’individuo, il mondo dell’interiorità e dello spirito. 

Lo sguardo del regista si sofferma in Slow life sul microcosmo del condominio dove abita il protagonista. Un piccolo pezzo di società che ripropone le stesse dinamiche che esistono su scala più grande. L’invadenza dell’amministratrice che decide quello che si deve e non si deve fare e nega l’esistenza di un infestazione di scarafaggi, la signora anziana del piano di sotto che parla solo con i suoi gatti, un agente immobiliare disposto a fare qualsiasi cosa pur di avere nel suo portafoglio un nuovo appartamento da vendere. 

Slow life: alla ricerca di una vita tranquilla

Con ironia e uno stile grottesco il regista ci racconta in Slow life un mondo di egoismi e di mancanza di comunicazione tra gli individui in un mondo meccanizzato e burocratizzato. Gli inquilini del condominio appaiono sempre serrati dietro le loro porte o dietro le sbarre delle inferriate di una finestra. Un modo di vivere che produce conflitti e sofferenze. 

Entra in scena anche il postino: un uomo che prova un sadico piacere nel consegnare multe e cartelle esattoriali nel quartiere. Lino è una delle sue principali vittime. Nonostante Lino barricato in casa si rifiuti di rispondere al suono del citofono, il postino gli infila diverse cartelle esattoriali e multe facendole strisciare furtivamente sotto la porta. Lino incomincia a perdere la pazienza e le sue vacanze si colorano di nero: chiama l’ufficio dei vigili urbani per protestare perché quelle multe le ha già pagate. Ma la vigilessa che risponde con una voce da automa lo ammonisce di non alzare la voce: il suo nome è già schedato nei loro archivi come uno che non vuole sottostare alle regole. 

Slow life, contro produttività, stato e burocrazia

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Questo momento di rottura è il primo di una lunga serie: Lino capisce sempre più chiaramente che non c’è possibilità di dialogo con questi “rappresentanti impersonali” della società. Esiste solo un meccanismo kafkiano che sembra studiato apposta per stritolare l’individuo, la burocrazia, le regole, lo stato, l’avidità, il denaro come unico parametro che regola tutto. 

L’agente immobiliare che suona con invadenza alla sua porta può solo usare l’istinto predatorio di vendita: non ci pensa due volte ad usare la ferita del lutto familiare di Lino per avere qualche possibilità in più di concludere un affare. Il film si trasforma in una grottesca Home Invasion, o si potrebbe anche dire Western casalingo. Lino Stella deve difendere a tutti i costi la sua casa dagli invasori come ci si difende dagli attacchi degli indiani. E anche il suo protagonista si trasforma, interiormente ed esteriormente. 

Un mix di genere per raccontare la schiavitù della vita moderna

Difficile etichettare con un solo genere questo nuovo film di Fabio Del Greco. Parte come una commedia divertente con dei toni grotteschi e surreali, diventa a tratti un dramma esistenziale con una sottotraccia di critica sociale fino a trasformarsi in un thriller. Tutti questi generi convergono nel finale che assomiglia più ad una fiaba morale e che prende un totale distacco dagli eventi accaduti.

Slow Life è la vicenda di un uomo in cui molti potranno riconoscersi: un uomo tranquillo che vuole solo essere lasciato in pace e riappropriarsi della propria libertà e del proprio tempo. Ma nella società in cui viviamo riappropriarsi della vita sembra un sogno irraggiungibile. È una guerra senza esclusione di colpi tra l’individuo, le sue aspirazioni, e l’egoismo e la prepotenza degli “invasori”, guidati dalla follia che siamo abituati a dare per scontata ogni giorno. 

Bollette, multe, regole condominiali e comunali, venditori aggressivi, vigili prepotenti. Il potere e l’arroganza dello Stato che ignora l’individuo se non per tartassarlo di tasse, regole, e doveri, dove qualche volta i cittadini onesti si trasformano in criminali, e viceversa. Dove l’avidità consumistica e il capitalismo sembrano fare parte del DNA delle persone senza possibilità di redenzione. 

Le relazioni personali sono frantumarsi sotto il peso di questi meccanismi insormontabili. Il fumettista Lino Stella è destinato a vedere la sua casa trasformarsi in una prigione e ad incontrare il suo lato oscuro.

Dapprima realistico lo stile del film diventa con il passare dei minuti sempre più surreale, come se la perdita del senso di realtà del protagonista rispecchiasse l’evoluzione del racconto. Le immagini si distorcono, la fotografia diventa onirica e accesa. È un finale che non ci si aspetta quello di Slow Life, e ancor più originale è l’epilogo del film, che ne trasforma anche il senso in un apologo morale. 

Intervista al regista 

Come nasce l’idea di Slow Life? 

Credo che il desiderio di vivere una vita tranquilla e lenta compatibile con i ritmi della natura e del nostro corpo sia un desiderio frustrato di milioni di persone. Siamo costretti dalla società ad una vita di produttività che ci fa perdere di vista le cose più importanti: goderci il nostro tempo che il bene più prezioso che abbiamo in assoluto. L’idea di vita che la società ci propone oggi è in buona parte un’aberrazione. Trovare un lavoro sicuro e comprarsi una casa, pagare il mutuo mese per mese. Accontentarci delle ferie estive e rinunciare a noi stessi per soddisfare come cittadini le richieste della società civile dimenticando il nostro vero essere. Scegliere la strada della competitività ed è successo a tutti i costi anche se non è compatibile con la nostra crescita personale

In Slow life però c’è anche una componente dark e di genere. 

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Si, ho pensato di parlare di queste tematiche attraverso il genere e i suoi elementi più oscuri. In realtà slow life conserva questa peculiarità di altri miei film di essere un qualcosa a sé stante, di non applicare metodologicamente i codici di nessun genere. La cosa che ultimamente mi è più congeniale è utilizzare una commistione di generi senza preoccuparmi troppo di dare al pubblico un prototipo di film ben definito. Quello che mi interessa di più fare attraverso il cinema è portare avanti la mia ricerca personale, e condividere successivamente con il pubblico quei frammenti di verità che riesco a trovare. 

Secondo te la società sta cambiando in meglio o in peggio? 

Entrambe le cose, in maniera diversa. Nei film però è molto più interessante occuparsi del lato peggiore, il cosiddetto lato oscuro. Un film nasce sempre a partire dai conflitti, ogni racconto cinematografico è un campo di battaglia. Senza conflitti non c’è film e in qualche modo non c’è nemmeno la vita. Mi alleno e mi diverto sempre ad osservare il lato peggiore degli eventi, al contrario di quello che sostiene il pensiero positivo. Vedo da tempo una spirito di sopraffazione, intolleranza ed egoismo che sembra caratterizzare l’epoca in cui viviamo. La gente non ha più rispetto per il proprio prossimo, è capace di ammazzare per un parcheggio, vive nell’indifferenza. Sembra non avere più interesse, amore o semplice curiosità verso gli altri. E per lo Stato gli individui sembrano semplicemente non esistere: le tasse e il pagamento delle multe, a volte inflitte ingiustamente o inventate dal nulla, sono l’unico momento di contatto tra l’individuo e lo Stato. La burocrazia, L’indifferenza e l’avidità trasformano le persone in mostri. Sottrarsi a questo meccanismo causato da una società concepita male sin dalle sue radici, può essere molto difficile e complicato. Ed è quello che vorrebbe fare il protagonista del mio film. 

Come hai scelto il cast di Slow life?

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Dopo molti incontri con diversi potenziali attori per il ruolo di protagonista ho scelto Alessandro Macaluso anche se non aveva mai girato neanche un cortometraggio, per una questione che non si può spiegare razionalmente. Innanzitutto il fatto che fosse un fumettista disponibile a inserire parte della sua vicenda di vita nella struttura drammatica del film mi sembrava arricchire nel senso giusto la trama. Secondo, la sua recitazione, diversa da quella di tanti attori professionisti, mi sembrava più naturale e spontanea: ho cercato di fare in modo che fosse il più possibile se stesso davanti alla telecamera, che ci fosse poca differenza tra attore e personaggio. Per fare questo abbiamo riscritto insieme la sceneggiatura, adattandola alla sua personalità, alla sua attività di fumettista, e abbiamo aggiunto che avevano un senso che andava oltre la finzione. 

È un modo di lavorare che applico spesso nei miei film: quando è possibile cerco ridurre al minimo la distanza tra la finzione cinematografica e la vita. Non si tratta però di un approccio documentaristico, finora ho realizzato quasi esclusivamente film di finzione. I conflitti del racconto cinematografico e quelli del protagonista, anche se sono ispirati alla sua vita reale, ad un certo punto devono esplodere nelle loro estreme conseguenze. In fondo quando si fa un film si cerca proprio questo: spingersi nei territori estremi dell’esperienza umana. Chi interpreta un film strutturato in questo modo ha una grande possibilità: guardarsi da fuori, esaminare i propri conflitti con distacco, mettere in scena una sorta di psicodramma terapeutico. 

Nel caso di Slow life le visioni mie e di Alessandro coincidevano, volevamo entrambe raccontare la stessa cosa: una società ingiusta e alienante dove la libertà e le aspirazioni creative dell’individuo vengono annientate, un mondo dove indifferenza e intolleranza sono all’ordine del giorno. Eravamo anche d’accordo sul raccontarlo in maniera grottesca, divertente, dark ma anche leggera. Io volevo realizzare una specie di fiaba ma ho capito che con Alessandro avrei potuto aggiungere sfumature thriller più nette che avrebbero migliorato il progetto. 

Paolo Di Gialluca è un attore con cui ho già collaborato nel film La donna dello smartphone, ed è uno di quei pochi attori che sa offrirti una recitazione puramente cinematografica, che sa muoversi e creare immagini attraverso la propria fisicità. Il 99% degli attori ha soprattutto esperienze teatrali e ignora completamente il mondo delle immagini in movimento. 

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Altro attore del cast con cui ho già lavorato nel film Altin in città, di cui era protagonista, è Rimi Beqiri, di cui conoscevo già bene il modo di lavorare. Poi c’è Chiara Pavoni, che ha recitato praticamente in tutti i miei film, e Roberto Pensa, con cui collaboro spesso. Maria Grazia Casagrande invece l’ho conosciuta in occasione del film La donna dello smartphone in cui ha interpretato il ruolo della maestra prepotente che fa mobbing. Anche Alexandra Maravia compare in molti miei film sin dal primo lungometraggio, un noir in bianco e nero del 2007 dal titolo Una vita migliore, che continua ad essere visto moltissimo sulle piattaforme di streaming, soprattutto negli Stati Uniti. 

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La fotografia è stata curata da Daniele Franceschini, docente all’istituto di cinematografia Roberto Rossellini, con cui ho fatto tre film. Nella parte finale girata in interni di notte è riuscito ad inventare un’illuminazione artificiale molto interessante. Un genere di scene abbastanza complesse da realizzare. 

E la distribuzione di Slow life come avverrà? 

Slow life verrà distribuito in tutto il mondo tramite Le piattaforme di streaming, in anteprima assoluta su Indiecinema. Abbiamo atteso molto la riapertura dei cinema ma al momento nonostante la famosa data del 26 aprile sia passata da un po’ di giorni, quasi nessun cinema ha deciso di riaprire. E purtroppo alcuni esercenti mi hanno già detto che non riapriranno. Il settore delle sale cinematografiche è stato praticamente raso al suolo da un governo che millantando sui media ristori ha in realtà lasciato fallire molti settori con aiuti economici ridicoli. Prepariamoci alle visite archeologiche nei cinema con le guide che ci spiegheranno: “Qui una volta si tenevano strani rituali…” Speriamo comunque di poter fare un’uscita in sala appena sarà possibile. Nel frattempo sarà possibile godersi il film nel proprio cinema casalingo.

Intervista all’attore protagonista Alessandro Macaluso

Che tipo di personaggio interpreti in Slow life?

In questo film di Fabio ho l’ onore e l’onere di interpretare il personaggio principale: Lino Stella, un uomo che vuole solo perseguire e trasformare in realtà le sue ambizioni( in questo caso artistiche) perché è stanco di essere omologato e imprigionato dalle regole imposte da un sistema che non condivide e a cui sente di non appartenere.

Qual è stato il tuo modo di approcciarti al personaggio?

Naturalmente prima di ogni altra cosa ho seguito i consigli di Fabio. Poi oltre a vedere i film da lui consigliati ho cercato una mia strada. Guardando e riguardando tantissimi film fino a tarda notte, cercando di cogliere un movimento una risata uno sguardo che poi cercavo di fare “mio” sempre con un taccuino a canto su cui segnavo tutto ciò che mi veniva in mente: pensieri, scene, disegni, canzoni. Inoltre mi sono imposto una mia “visione” del metodo Stanislavskij: per tutta la durata delle riprese ero Lino anche fuori dal set. Parlavo come lui, mi muovevo come lui, e indossavo quello che indossava lui. In quel periodo i miei amici mi prendevano per “un pazzo” anche se poi, onestamente, non è stato faticoso perché io e Lino abbiamo tantissime cose in comune. Cmq la cosa più importante è stato lo scambio continuo di idee (anche a tarda notte) con Fabio. È soprattutto grazie a quelle discussioni, a quel flusso costante di creatività, che è nato Lino e di conseguenza il modo migliore e più naturale per interpretarlo.

Dici una tua riflessione dopo aver visto il film.

Slow Life è un film che esce veramente dagli schemi di quello che oggi in Italia si produce maggiormente e che siamo abituati a vedere. È una giostra in cui si alternano generi e stati d’animo. Ci sono momenti comici, situazioni grottesche e violenza (sia mentale che materiale), ma su tutto prevale un senso di dramma. Il dramma di una persona che sogna una vita migliore ma che non riesce ad ottenerla perché ogni cosa intorno a lui sembra fare di tutto per non fargliela ottenere. Lino viene portato al limite della follia da tutte le persone che lo circondano. È come un Cristo: circondato però da tanti Giuda pronti ad umiliarlo e a tradirlo per i loro fini. E alla fine la sua mente si spacca in mille pezzi come un vetro rotto. Credo che Lino sia un personaggio in cui oggi, purtroppo, molte persone si possono identificare. E questa è una realtà molto triste. Per concludere sono stato onorato di fare parte di questo splendido progetto di Fabio. Non smetterò mai di ringraziarlo per avermi dato questa opportunità che ho vissuto visceralmente e in cui ho messo tutto me stesso.

Intervista all’attrice Chiara Pavoni

In Slow life quale personaggio interpreti?

Una vigilessa intenta ad alienare il tanto desiderato relax del protagonista Lino Stella, interpretato da Alessandro Macaluso.

Quale è stato il tuo modo di approcciarti al personaggio?

In realtà io non guido per cui ho poche possibilità di confrontarmi con i vigili, ma è bastato pensare a ciò che è più distante da me. La realtà dell’essere attori apre un rapporto empatico con il pubblico e con il prossimo, empatia e sensibilità, secondo me sono le parole più adatte per descrivere un artista, credo che impersonare questo personaggio mi ha avvicinato più di qualsiasi altro alla completa introspezione per trovare il mio contrario. Ogni ruolo per un attore è una grande occasione per conoscersi profondamente. Ed il modo di fare regia di Fabio mi ha sempre incuriosito ed interessato e questa possibilità, come dicevo, di interpretare personaggi così lontani da me ed il suo aiuto prezioso mi ha permesso di delineare i punti di forza.

Dacci una tua riflessione dopo aver visto il film?

Da anni interpreto ruoli impegnativi, donne maltrattate, violentate, fragili. L’amore per il mio lavoro, la tenerezza per i personaggi, l’immedesimazione per la sofferenza mi consentono di entrare nell’unicità di ogni ruolo. Interpretare personaggi non convenzionali, come questo o il contrario di questo che spesso mi affidano soprattutto in teatro è meravigliosamente stimolante. Cerco sempre di conoscere e di apprezzare le persone da un punto di vista spirituale e di non giudicarle solo dalla loro apparenza. Quindi apprezzo particolarmente la generosità, la vitalità, l’ottimismo e la lealtà nella vita, e cerco di trasferirla nei miei personaggi. La cosa che mi disturba davvero tanto è la saccenza, ho timore inoltre delle persone che hanno paura, di dare, di amare insomma di vivere, soprattutto se si allineano a dei modelli di conformismo e di comodità. La mia vigilessa è il contrario della filosofia della Slow life.

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