La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: Storia e Albo d’Oro del Leone d’Oro

Indice dei contenuti

I. Introduzione: La Genesi e il Prestigio Duraturo della Mostra del Cinema di Venezia

La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, inaugurata nel 1932, detiene il primato di più antico festival cinematografico del mondo, un faro che per primo ha illuminato il cinema come forma d’arte degna di una celebrazione su scala internazionale. Nata come emanazione della più ampia Biennale di Venezia, istituzione culturale multidisciplinare fondata nel 1895, la Mostra ha ereditato un profondo legame con le arti visive, che ne ha plasmato la percezione iniziale e ne ha sottolineato la vocazione artistica. Fin dalla sua concezione, l’obiettivo primario fu quello di “far conoscere i prodotti migliori di un cinema inteso come forma d’arte” 2, un intento che ha distinto il festival da manifestazioni puramente commerciali e che ne ha permeato la storia.

Nel corso dei decenni, la Mostra si è evoluta trasformandosi in un evento di straordinaria risonanza globale, un crocevia fondamentale per la scoperta di nuovi talenti, il lancio di attori e registi sul panorama mondiale e un potente motore di influenza nella storia stessa del cinema. La sua capacità di anticipare tendenze, di presentare opere innovative e, talvolta, controverse, ne ha consolidato il prestigio. Tuttavia, il festival non è stato un’entità avulsa dal contesto storico e politico italiano; al contrario, è stato spesso uno specchio fedele, nel bene e nel male, delle politiche culturali espresse dai vari regimi e governi che si sono succeduti, attraversando periodi di forte condizionamento ma anche di coraggiosa autonomia.

La fondazione della Mostra nel 1932, in pieno regime fascista, non fu un evento casuale. Si inseriva, infatti, in una più vasta strategia culturale mirata a promuovere l’immagine di un’Italia moderna e all’avanguardia, utilizzando il cinema – potente mezzo di comunicazione di massa in rapida ascesa – come strumento di influenza culturale e, implicitamente, di affermazione politica. La figura di Giuseppe Volpi, all’epoca presidente della Biennale e precedentemente Ministro delle Finanze di Mussolini, sottolinea questo stretto legame iniziale tra il festival e le sfere del potere politico. Questa connessione originaria con il regime avrebbe inevitabilmente plasmato le prime edizioni, influenzandone le scelte e la percezione internazionale, e avrebbe richiesto, nel dopoguerra, un impegno significativo per riaffermare l’autonomia e la credibilità culturale del festival.

L’appartenenza iniziale alla Biennale d’Arte conferì immediatamente alla Mostra un’aura di “artisticità”. Se da un lato questo legame offrì una piattaforma prestigiosa e risorse organizzative, dall’altro potrebbe aver inizialmente inquadrato il cinema come un’arte “minore” o ancillare rispetto alle discipline più consolidate. La successiva e travolgente crescita della Mostra, la sua progressiva autonomizzazione e la sua capacità di imporsi come uno degli eventi cinematografici più importanti al mondo testimoniano, però, la definitiva affermazione del cinema come linguaggio artistico indipendente, dotato di una forza espressiva e di un impatto culturale autonomi e di vasta portata.

II. Le Origini e le Prime Edizioni (1932-1939): Tra Sperimentazione e Influenza Politica

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Le radici della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia affondano in un periodo di grande fermento culturale e di crescenti tensioni politiche. La sua nascita e i primi anni di vita furono caratterizzati da una fase di sperimentazione pionieristica, ma anche da una progressiva e inesorabile influenza del contesto politico italiano ed europeo.

La Prima Esposizione (1932): Un Inizio Non Competitivo

La prima edizione, denominata “Esposizione Internazionale d’Arte Cinematografica”, si svolse dal 6 al 21 agosto 1932 sulla suggestiva terrazza dell’Hotel Excelsior al Lido di Venezia. Questo evento pionieristico vide la partecipazione di nove nazioni e fu inaugurato dalla proiezione del film americano Dr. Jekyll and Mr. Hyde di Rouben Mamoulian. In questa fase embrionale, non furono assegnati premi ufficiali da una giuria. Si optò invece per un referendum tra il pubblico presente, chiamato a indicare i film e le interpretazioni ritenuti più meritevoli. Tra i riconoscimenti attribuiti dal voto popolare, A Nous la Liberté di René Clair fu eletto Film Più Divertente, Il fallo di Madelon Claudet di Edgar Selwyn fu designato come Film Più Commovente (con Helen Hayes premiata come migliore attrice e Fredric March come miglior attore), mentre Dr. Jekyll and Mr. Hyde ottenne il riconoscimento per il Film dalla fantasia più originale. Nonostante il notevole successo di pubblico e critica, la manifestazione non ebbe luogo nel 1933, segnando una breve interruzione prima della sua definitiva istituzionalizzazione.

La Svolta Competitiva (1934) e l’Istituzione della Coppa Mussolini

Il 1934 segnò un anno cruciale per la Mostra: il festival fu dichiarato un evento a cadenza annuale e vide crescere la partecipazione internazionale a diciassette paesi. Ma la novità più significativa fu l’introduzione della competizione ufficiale e dei primi premi. Tra questi spiccava la “Coppa Mussolini”, destinata al Miglior Film Straniero e al Miglior Film Italiano, un chiaro segnale della crescente attenzione e influenza del regime fascista sull’organizzazione. In totale, in quell’edizione furono assegnati diciassette premi (quattordici ai film e tre ai singoli artisti), oltre a cinque menzioni d’onore. La Coppa Mussolini per il Miglior Film Straniero andò a L’uomo di Aran del pioniere del documentario Robert J. Flaherty, mentre quella per il Miglior Film Italiano fu conferita a Teresa Confalonieri di Guido Brignone.

L’evoluzione da un evento basato sul referendum del pubblico a una manifestazione competitiva con premi dal nome così politicamente connotato fu estremamente rapida. Questa trasformazione rifletteva la volontà del regime fascista di appropriarsi del festival, trasformandolo in una vetrina del prestigio italiano e in uno strumento di soft power culturale. Il finanziamento proveniente dal Ministero della Cultura Popolare, istituito in quegli anni, e la stessa intitolazione del premio principale al Duce, non erano semplici omaggi, ma indicavano un controllo politico diretto e una strumentalizzazione della Mostra per fini di propaganda e consolidamento del consenso. Tale politicizzazione ebbe un impatto immediato sulla percezione internazionale del festival, portando negli anni successivi a critiche e, come reazione diretta, alla nascita di festival alternativi, primo fra tutti quello di Cannes.

Consolidamento e Crescita (1935-1938)

Le edizioni successive videro un progressivo consolidamento della struttura e un aumento del prestigio della Mostra. Nel 1935, Ottavio Croze fu nominato primo direttore artistico, carica che mantenne fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Nello stesso anno fu introdotta una giuria per l’assegnazione dei premi, sebbene inizialmente composta esclusivamente da membri italiani. Il sostegno finanziario proveniva in larga parte dal Ministero della Cultura Popolare, affiancato da contributi della Biennale e della città di Venezia.

Il 1937 fu un anno particolarmente significativo con l’inaugurazione del nuovo Palazzo del Cinema al Lido, progettato dall’architetto Luigi Quagliata. Questa nuova e imponente sede non rappresentò solo un miglioramento logistico, ma fu un investimento simbolico mirato a consacrare Venezia come una delle capitali mondiali del cinema, in grado di competere con Hollywood, e a fornire una cornice monumentale alla visione culturale del regime. La costruzione di un edificio dedicato e maestoso andava oltre la semplice necessità funzionale, segnalando l’ambizione di fare di Venezia un polo cinematografico di riferimento, in linea con le aspirazioni nazionalistiche e imperiali dell’epoca. La presenza al Lido di star di fama internazionale come Marlene Dietrich, Bette Davis e Jean Gabin in quegli anni serviva a legittimare ulteriormente questa ambizione.5

Tuttavia, parallelamente alla crescita strutturale e di immagine, si fecero sempre più sentire le pressioni politiche. L’edizione del 1938 fu particolarmente emblematica di questa tendenza: importanti riconoscimenti andarono a film esplicitamente propagandistici. Fonti storiche riportano che Benito Mussolini e Adolf Hitler intervennero direttamente per sovvertire le decisioni della giuria, imponendo la premiazione di Olympia di Leni Riefenstahl come Miglior Film Straniero e di Luciano Serra pilota, interpretato dal divo del regime Amedeo Nazzari e diretto da Goffredo Alessandrini (con la supervisione non accreditata dello stesso figlio del Duce, Vittorio Mussolini), come Miglior Film Italiano. Queste ingerenze palesi minarono profondamente la credibilità artistica del premio e del festival stesso.

L’Edizione del 1939 e le Ombre della Guerra

L’edizione del 1939 si svolse in un clima internazionale estremamente teso, alla vigilia dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Le assenze di molte cinematografie furono numerose e significative, riflettendo il deterioramento dei rapporti diplomatici. In questo contesto, venne assegnata unicamente la Coppa Mussolini, che andò al film italiano Abuna Messias – Vendetta africana di Goffredo Alessandrini. Alcune fonti lo indicano come “Miglior Film” in generale, altre come vincitore della Coppa Mussolini per il Miglior Film Italiano (con il titolo Cardinal Messias). Considerato il contesto e la drastica riduzione della partecipazione straniera, è plausibile che il premio sia stato attribuito al film di Alessandrini come principale opera in concorso, riflettendo le priorità politiche del momento.

Le crescenti e sfacciate ingerenze politiche nelle premiazioni, culminate negli episodi del 1938 e nella ridotta edizione del 1939, segnarono un punto di non ritorno per la credibilità artistica della Mostra in ambito internazionale. Se i premi non riflettevano più il merito artistico ma l’agenda politica dei regimi totalitari, la partecipazione e l’interesse della comunità cinematografica non allineata erano destinati a scemare drasticamente, come di fatto avvenne. Questo vuoto di credibilità contribuì a creare lo spazio per la nascita e l’affermazione di altri festival, come quello di Cannes, fondato nel 1939 (anche se la sua prima edizione effettiva si tenne solo nel 1946) proprio in reazione alle manipolazioni politiche di Venezia.

Di seguito una tabella riassuntiva dell’evoluzione dei primi premi assegnati alla Mostra del Cinema di Venezia dal 1932 al 1939:

AnnoNome Premio Principale / Tipo di RiconoscimentoFilm Vincitore (Straniero/Generale)RegistaNazioneFilm Vincitore (Italiano)Regista
1932Referendum del Pubblico: Film Più DivertenteA Nous la LibertéRené ClairFrancia
1932Referendum del Pubblico: Film Più CommoventeIl fallo di Madelon ClaudetEdgar SelwynUSA
1932Referendum del Pubblico: Film Più OriginaleDr. Jekyll and Mr. HydeRouben MamoulianUSA
1934Coppa Mussolini – Miglior Film StranieroL’uomo di AranRobert J. FlahertyRegno Unito/Irlanda
1934Coppa Mussolini – Miglior Film ItalianoTeresa ConfalonieriGuido Brignone
1935Coppa Mussolini – Miglior Film StranieroAnna KareninaClarence BrownUSA
1935Coppa Mussolini – Miglior Film ItalianoCasta DivaCarmine Gallone
1936Coppa Mussolini – Miglior Film StranieroL’imperatore della CaliforniaLuis TrenkerGermania Nazista
1936Coppa Mussolini – Miglior Film ItalianoLo squadrone biancoAugusto Genina
1937Coppa Mussolini – Miglior Film StranieroCarnet di balloJulien DuvivierFrancia
1937Coppa Mussolini – Miglior Film ItalianoScipione l’africanoCarmine Gallone
1938Coppa Mussolini – Miglior Film StranieroOlympiaLeni RiefenstahlGermania Nazista
1938Coppa Mussolini – Miglior Film ItalianoLuciano Serra pilotaGoffredo Alessandrini
1939Coppa Mussolini – Miglior Film ItalianoAbuna Messias (Cardinal Messias)Goffredo Alessandrini

Nota: Nel 1939, a causa del contesto bellico imminente e delle numerose assenze, fu assegnata principalmente la Coppa Mussolini al film italiano.

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III. Gli Anni della Guerra e l’Immediato Dopoguerra (1940-1948): Sospensione, Ripresa e Nuova Identità

Il decennio che si aprì con il 1940 fu profondamente segnato dal Secondo Conflitto Mondiale, che ebbe ripercussioni dirette e drammatiche sulla Mostra del Cinema di Venezia. Le edizioni tenutesi durante gli anni bellici furono inevitabilmente condizionate dal clima politico e militare, per poi lasciare spazio a una sospensione forzata e a una successiva, complessa, fase di ripresa e ridefinizione identitaria nel dopoguerra.

Le Edizioni Belliche (1940-1942): Un Festival Condizionato

Le edizioni della Mostra che si svolsero tra il 1940 e il 1942 furono pesantemente influenzate dal controllo dell’Asse Roma-Berlino. La programmazione e le premiazioni riflettevano chiaramente gli interessi propagandistici dei regimi fascista e nazista, trasformando di fatto il festival in una piattaforma per la cinematografia dei paesi belligeranti e dei loro alleati, isolandolo ulteriormente dal contesto cinematografico internazionale non allineato.

Nel 1940, la Coppa Mussolini per il Miglior Film Straniero fu assegnata a Der Postmeister del regista austriaco Gustav Ucicky, una produzione tedesca. Per il Miglior Film Italiano, le fonti riportano una discordanza: alcune indicano L’assedio dell’Alcazar di Augusto Genina, altre La corona di ferro di Alessandro Blasetti.8

L’edizione del 1941 vide la presentazione e la premiazione da parte del Ministero della Cultura Popolare di Heimkehr, un esplicito film di propaganda nazista. La Coppa Mussolini per il Miglior Film Straniero andò a un’altra opera di propaganda del Terzo Reich, Ohm Krüger di Hans Steinhoff. Anche per il Miglior Film Italiano del 1941 le fonti divergono, citando La corona di ferro di Blasetti o La nave bianca di Roberto Rossellini 8, quest’ultimo un’opera significativa per gli sviluppi futuri del cinema italiano.

Il 1942 rappresentò l’ultima edizione della Mostra prima della sospensione bellica. La Coppa Mussolini per il Miglior Film Straniero fu vinta da Der große König del regista tedesco Veit Harlan, mentre quella per il Miglior Film Italiano andò a Bengasi di Augusto Genina.8

Queste edizioni, dominate da opere che celebravano l’ideologia e gli sforzi bellici dell’Asse, rappresentarono il culmine della strumentalizzazione politica del festival. La partecipazione era di fatto limitata ai paesi dell’Asse e a nazioni neutrali o simpatizzanti, snaturando la vocazione internazionale della Mostra. Questo periodo oscuro rese ancora più imperativo, al termine del conflitto, un profondo processo di rinnovamento per riacquistare credibilità.

Nel settembre 1942, con l’aggravarsi della situazione bellica per l’Italia, le attività della Biennale di Venezia, e di conseguenza della Mostra del Cinema, furono ufficialmente sospese.

La Sospensione (1943-1945)

Tra il 1943 e il 1945, la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia non ebbe luogo a causa degli eventi bellici che sconvolgevano l’Italia e l’Europa. Durante questo periodo di interruzione, per un breve lasso di tempo, i padiglioni della Biennale ai Giardini di Castello furono utilizzati come studi cinematografici improvvisati, noti come “Cinevillaggio”, un’iniziativa ispirata da Cinecittà che vi rimase fino all’aprile del 1945.

La Ripresa (1946) e il Neorealismo

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La Mostra del Cinema riprese le sue attività nel settembre del 1946, in un’Italia da poco uscita dalla guerra e in piena fase di ricostruzione materiale e morale. Significativamente, questa ripresa avvenne quasi in contemporanea con la prima edizione effettiva del Festival di Cannes, anch’esso nato con l’intento di offrire una piattaforma al cinema internazionale libero da condizionamenti politici. In questa edizione della rinascita, il premio principale, assegnato da una giuria di giornalisti, andò a Il sudista (The Southerner) del grande regista francese Jean Renoir, una figura di spicco del cinema mondiale e noto antifascista, esule dalla Francia durante l’occupazione. La scelta di premiare Renoir fu altamente simbolica, segnando una netta volontà di rottura con il passato fascista del festival e un riallineamento con i valori democratici e la comunità cinematografica internazionale. Questo premio è spesso considerato un precursore diretto del Leone d’Oro o identificato come “Gran Premio Internazionale di Venezia”.

Il 1946 fu anche l’anno che vide l’affermazione prepotente del Neorealismo italiano, un movimento che avrebbe profondamente segnato la storia del cinema mondiale. Opere come Paisà di Roberto Rossellini, Il sole sorge ancora di Aldo Vergano e, l’anno successivo, Caccia tragica di Giuseppe De Santis, trovarono nella Mostra una vetrina importante.

Il “Gran Premio Internazionale di Venezia” (1947-1948)

Nelle due edizioni successive, il premio principale assunse la denominazione di “Gran Premio Internazionale di Venezia”, un ulteriore passo nel processo di distacco dalle connotazioni politiche del passato e di affermazione di una nuova identità legata al prestigio della città e alla sua vocazione internazionale.

L’edizione del 1947, tenutasi eccezionalmente nel suggestivo cortile del Palazzo Ducale, fu un grande successo, registrando un record di novantamila partecipanti e venendo considerata una delle più riuscite nella storia della Mostra. Il Gran Premio Internazionale di Venezia fu assegnato al film cecoslovacco Siréna (La sirenetta) di Karel Steklý.

Nel 1948, il massimo riconoscimento andò a un capolavoro del cinema britannico, Amleto (Hamlet), diretto e interpretato da Laurence Olivier.

Questi cambiamenti onomastici dei premi, abbandonando la “Coppa Mussolini”, erano essenziali per segnalare una cesura netta con il passato fascista e per ricostruire la credibilità internazionale del festival. Ancorare il premio alla città di Venezia, prima con un riferimento generico al suo prestigio internazionale e poi, come si vedrà, con il simbolo del Leone Marciano, mirava a conferirgli un’aura più universale e meno legata alle contingenze politiche, una scelta che si sarebbe rivelata vincente nel lungo periodo.

IV. L’Era del Leone d’Oro (1949-1968): Consacrazione Internazionale e Nuove Tendenze

Con la fine degli anni Quaranta, la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia entrò in una nuova fase, caratterizzata dall’introduzione del suo premio più iconico, il Leone, e da una progressiva affermazione come uno dei palcoscenici più prestigiosi per il cinema d’autore mondiale. Questo periodo vide la consacrazione di grandi maestri, la scoperta di nuove cinematografie e l’emergere di tendenze stilistiche che avrebbero profondamente influenzato la settima arte.

Nasce il Leone di San Marco (poi Leone d’Oro)

Il 1949 segnò una svolta simbolica fondamentale: il premio principale della Mostra fu rinominato “Leone di San Marco”, in omaggio diretto al simbolo millenario della città di Venezia. Questa scelta rafforzò ulteriormente il legame del festival con l’identità e il prestigio storico-culturale della città lagunare, distanziandosi definitivamente dalle denominazioni precedenti. Pochi anni dopo, nel 1954, il nome sarebbe stato leggermente modificato nel definitivo “Leone d’Oro”, destinato a diventare uno dei riconoscimenti cinematografici più ambiti al mondo.

Il primo Leone di San Marco, nel 1949, fu assegnato al film francese Manon di Henri-Georges Clouzot. L’anno successivo, nel 1950, il premio andò a un altro film francese, Justice est faite (Giustizia è fatta) di André Cayatte.8

Il 1951 fu un anno di particolare rilievo: la Mostra ottenne l’accreditamento formale da parte della FIAPF (Federazione Internazionale delle Associazioni di Produttori Cinematografici), un riconoscimento ufficiale della sua importanza nel panorama festivaliero internazionale. Ma, soprattutto, il Leone di San Marco fu conferito a Rashomon del regista giapponese Akira Kurosawa. Questa vittoria ebbe un impatto epocale: Rashomon non fu solo il riconoscimento di un capolavoro assoluto, ma aprì le porte del cinema occidentale alla cinematografia giapponese e, per estensione, a quella asiatica, fino ad allora largamente sconosciute o ignorate in Europa e America. La Mostra di Venezia si confermò così come un potente “talent scout” globale, capace di ridefinire la mappa del cinema mondiale e di fungere da ponte tra culture cinematografiche diverse, stimolando un dialogo interculturale che avrebbe arricchito il linguaggio cinematografico globale.

Nel 1952, il Leone di San Marco premiò Giochi proibiti (Jeux interdits) del francese René Clément. L’edizione del 1953, invece, si concluse senza l’assegnazione del premio principale, a causa dell’incapacità della giuria di raggiungere una decisione.

Gli Anni Cinquanta: Affermazione di Grandi Autori e Nuovi Divi

Gli anni Cinquanta furono un periodo di grande splendore per la Mostra, che contribuì in maniera decisiva all’affermazione internazionale di una nuova generazione di registi italiani come Federico Fellini, Francesco Rosi, Ermanno Olmi e Michelangelo Antonioni, affiancandoli a maestri europei del calibro di Ingmar Bergman, Robert Bresson e Claude Chabrol, e a importanti autori statunitensi come Elia Kazan. Oltre alla già citata “scoperta” del cinema giapponese con Kurosawa, la Mostra diede visibilità ad altri maestri nipponici come Kenji Mizoguchi.8

Nel 1954, con il premio che assumeva la denominazione definitiva di “Leone d’Oro”, la vittoria andò a Giulietta e Romeo, una coproduzione italo-britannica diretta da Renato Castellani. Questo fu il primo film a maggioranza produttiva italiana a conquistare il massimo riconoscimento del festival nella sua nuova veste.

Il Lido di Venezia divenne in questi anni una passerella imprescindibile per i nuovi divi del panorama cinematografico: nel 1954 fu la volta di Marlon Brando, protagonista di Fronte del porto di Elia Kazan, mentre nel 1958 l’attenzione fu catalizzata dalla presenza di Brigitte Bardot, interprete de La ragazza del peccato di Claude Autant-Lara.

Il Leone d’Oro del 1955 fu assegnato al capolavoro del regista danese Carl Theodor Dreyer, Ordet (La parola). Anche l’edizione del 1956 si concluse senza un vincitore per il Leone d’Oro.

Nel 1957, il premio andò all’India con Aparajito (L’invitto) di Satyajit Ray, secondo capitolo della sua celebrata Trilogia di Apu. L’anno successivo, nel 1958, il Leone d’Oro tornò in Giappone con Muhomatsu no issho (Il risciò) di Hiroshi Inagaki.8

L’edizione del 1959 vide un ex aequo tutto italiano, con il Leone d’Oro condiviso da due opere fondamentali della cinematografia nazionale: La grande guerra di Mario Monicelli, un’amara e potente riflessione sul primo conflitto mondiale, e Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini, un intenso dramma ambientato durante l’occupazione nazista.8

Gli Anni Sessanta: Free Cinema, Nouvelle Vague e Impegno Civile

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Gli anni Sessanta si aprirono all’insegna di un rinnovato fermento culturale e cinematografico. La Mostra di Venezia divenne una piattaforma privilegiata per la presentazione e la consacrazione di nuovi movimenti e tendenze estetiche. Il festival ospitò importanti film del Free Cinema inglese, fino ad allora semisconosciuto al grande pubblico, come Sabato sera, domenica mattina di Karel Reisz, Sapore di miele di Tony Richardson e Billy il bugiardo di John Schlesinger. Parallelamente, trovò piena consacrazione la Nouvelle Vague francese, presente con opere che avrebbero ridefinito il linguaggio cinematografico.8

Il Leone d’Oro del 1960 fu assegnato a Le passage du Rhin (Il passaggio del Reno) di André Cayatte, una coproduzione franco-italo-tedesca. Nel 1961, il premio andò a un’opera cardine della modernità cinematografica, L’année dernière à Marienbad (L’anno scorso a Marienbad) di Alain Resnais.8

L’edizione del 1962 vide un altro ex aequo, questa volta tra Italia e Unione Sovietica: il Leone d’Oro fu condiviso da Cronaca familiare di Valerio Zurlini e Ivanovo detstvo (L’infanzia di Ivan), opera prima di Andrej Tarkovskij, destinato a diventare uno dei più grandi maestri del cinema mondiale.8

Il cinema italiano continuò a mietere successi: nel 1963 vinse Le mani sulla città di Francesco Rosi, un potente film di denuncia sulla speculazione edilizia e la corruzione politica. Nel 1964, il Leone d’Oro andò a Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni, il suo primo film a colori, un’opera di straordinaria forza visiva e tematica. L’anno successivo, nel 1965, fu la volta di Vaghe stelle dell’Orsa… di Luchino Visconti.

La crescente attenzione della Mostra verso film con un forte impegno civile e politico, riflesso del cambiamento nel clima culturale e sociale dell’epoca, fu ulteriormente confermata nel 1966 con la vittoria de La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo, un’opera epocale sulla lotta per l’indipendenza algerina. Premiando questi film, la Mostra non solo ne riconosceva il valore artistico, ma si faceva anche cassa di risonanza per dibattiti cruciali, dimostrando la sua capacità di intercettare e valorizzare un cinema che interrogava criticamente il presente.

Nel 1967, il Leone d’Oro fu assegnato a Belle de jour (Bella di giorno) del maestro surrealista Luis Buñuel. Infine, l’edizione del 1968, che si svolse in un clima di forte contestazione studentesca e sociale che avrebbe profondamente segnato il decennio successivo, vide la vittoria del film tedesco-occidentale Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos (Artisti sotto la tenda del circo: perplessi) di Alexander Kluge.8

Questo ventennio, dal 1949 al 1968, fu cruciale per la Mostra di Venezia. Il festival riuscì a bilanciare la celebrazione dei maestri consolidati con la scoperta di nuove cinematografie e movimenti, consolidando il suo ruolo di piattaforma imprescindibile per l’evoluzione del cinema d’autore e l’affermazione di nuove estetiche. La sua capacità di intercettare e amplificare le istanze del cinema impegnato civilmente preannunciava, in qualche modo, le profonde trasformazioni e le contestazioni che avrebbero caratterizzato il decennio successivo.

V. La Crisi e la Contestazione (1969-1979): Anni di Non Competitività e Interruzioni

Il periodo compreso tra il 1969 e il 1979 rappresenta una fase complessa e travagliata nella storia della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Sull’onda lunga delle contestazioni socio-politiche del 1968, che misero in discussione le istituzioni culturali tradizionali e le loro strutture gerarchiche, il festival entrò in una profonda crisi identitaria che portò all’abolizione dei premi e a diverse interruzioni.

Abolizione dei Premi (1969-1979)

La spinta della contestazione fu tale che i registi italiani iscritti all’ANAC (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) si rifiutarono di partecipare alla manifestazione nei suoi formati tradizionali. In risposta a queste pressioni e nel tentativo di riformare il festival rendendolo percepito come più “democratico” o meno legato a logiche competitive viste come espressione di una cultura borghese, la Mostra abolì i premi a partire dall’edizione del 1969. Si inaugurò così una lunga fase non competitiva che caratterizzò l’intero decennio, con il festival che, in un certo senso, tornò allo spirito della sua prima edizione del 1932, focalizzandosi sulla presentazione delle opere piuttosto che sulla loro valutazione gerarchica.

Questa scelta, se da un lato poteva rivelare una certa “nobiltà culturale” e un tentativo di distacco dalle pressioni del mercato e della spettacolarizzazione, dall’altro rese la Mostra “praticamente estranea al concetto di festival vero e proprio” inteso come evento competitivo di richiamo internazionale. L’assenza del Leone d’Oro e degli altri riconoscimenti principali indebolì il profilo internazionale del festival, riducendone l’attrattiva per una parte dell’industria cinematografica e del pubblico.

Interruzioni del Festival

La crisi della Mostra negli anni Settanta fu ulteriormente acuita da diverse interruzioni. Il festival non si tenne infatti nel 1973, nel 1977 e nel 1978. Nell’anno 1977, al posto della consueta manifestazione, venne organizzata soltanto una rassegna dedicata specificamente al cinema dell’Europa dell’Est. Queste interruzioni furono un sintomo evidente della profonda crisi che il festival stava attraversando.

Le difficoltà della Mostra di Venezia in questo decennio non erano un fenomeno isolato, ma si inserivano in un più ampio quadro di crisi identitaria e finanziaria che molte istituzioni culturali italiane affrontarono in quel periodo, segnato da forte instabilità politica, tensioni sociali crescenti (i cosiddetti “anni di piombo”) e difficoltà economiche. La dicitura “seguente la riforma della Biennale”, menzionata in alcune fonti come causa delle interruzioni, suggerisce anche che riorganizzazioni interne all’ente principale potrebbero aver contribuito a questa fase di incertezza e ridotta attività.

Il Leone d’Oro “Sospeso”

Di conseguenza, il Leone d’Oro, simbolo del prestigio della Mostra, non fu assegnato per oltre un decennio. Il suo ritorno sulla scena avverrà soltanto nel 1980, segnando l’inizio di una nuova fase di rilancio e di recupero del prestigio perduto. Questa lunga parentesi non competitiva e le frequenti interruzioni crearono un vuoto che altri festival cinematografici, emergenti o più stabili, poterono sfruttare per accrescere la propria influenza, rendendo più ardua e significativa la successiva “rinascita” di Venezia negli anni Ottanta.

VI. La Rinascita e gli Anni Ottanta: Il Ritorno del Leone d’Oro e Nuove Scoperte

Dopo il turbolento decennio della contestazione e della non competitività, gli anni Ottanta segnarono per la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia un periodo di significativa rinascita e di ritrovato prestigio internazionale. Sotto la guida di nuove direzioni artistiche, il festival seppe rinnovarsi, tornando alla formula competitiva e riaffermandosi come uno degli appuntamenti cinematografici più importanti al mondo.

Il Ritorno alla Competitività (1980)

Il punto di svolta fu rappresentato dal ritorno all’assegnazione del Leone d’Oro nel 1980. Questa decisione, presa sotto la nuova direzione di Carlo Lizzani (in carica dal 1979 al 1982), faceva parte di una strategia più ampia volta a restaurare l’immagine e l’influenza del festival sulla scena internazionale, dopo la perdita di centralità subita negli anni Settanta. La scelta di premiare ex aequo due autori di grande calibro e provenienza diversa come il francese Louis Malle per Atlantic City, U.S.A. e l’americano John Cassavetes per Gloria – Una notte d’estate fu un chiaro segnale di questa rinnovata ambizione e apertura globale.

Un Decennio d’Oro per la Mostra

Gli anni Ottanta sono spesso considerati un vero e proprio “periodo d’oro” per la Mostra di Venezia 1, caratterizzato da una programmazione ricca e coraggiosa, capace di attrarre grandi autori e di scoprire nuovi talenti.

Nel 1981, il Leone d’Oro andò al film tedesco-occidentale Die bleiernen Jahre (Anni di piombo) di Margarethe von Trotta, un’opera intensa che rifletteva sulle tensioni politiche e sociali dell’epoca.

L’edizione del 1982 vide il trionfo di un altro maestro del Nuovo Cinema Tedesco, Wim Wenders, con Der Stand der Dinge (Lo stato delle cose). Quell’anno, la Mostra ospitò, spesso fuori concorso o in sezioni parallele, film destinati a diventare iconici, come E.T. l’extra-terrestre di Steven Spielberg, Blade Runner di Ridley Scott e C’era una volta in America di Sergio Leone, dimostrando una capacità di intercettare il grande cinema in tutte le sue forme.

Il Leone d’Oro del 1983 fu assegnato a Prénom Carmen (Nome: Carmen) del leggendario Jean-Luc Godard 8, mentre nel 1984 vinse il regista polacco Krzysztof Zanussi con Rok spokojnego słońca (L’anno del sole quieto).8

La Francia tornò a trionfare nel 1985 con Sans toit ni loi (Senza tetto né legge) di Agnès Varda, una delle figure femminili più importanti della Nouvelle Vague, e nel 1986 con Le Rayon vert (Il raggio verde) di Éric Rohmer.8

Il 1987 fu un anno di particolare rinnovamento per la Mostra, che godette di un forte sostegno da parte del pubblico e intensificò la sua ricerca di nuovi autori e opere provenienti da cinematografie allora considerate emergenti o meno note in Occidente, come quelle di India, Libano, Svizzera, Norvegia, Corea e Turchia. Il Leone d’Oro di quell’anno andò a Louis Malle per la seconda volta nella sua carriera, con il toccante Au revoir les enfants (Arrivederci ragazzi).

L’edizione del 1988 è ricordata per la presentazione del controverso film L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese, che suscitò ampi dibattiti, e per aver contribuito alla scoperta internazionale del regista spagnolo Pedro Almodóvar. In questi anni, la Mostra arricchì anche la sua offerta con nuove sezioni come “Orizzonti”, “Eventi Speciali” e “Notte”, mirate a esplorare diverse sfaccettature della produzione cinematografica contemporanea. Il Leone d’Oro del 1988 fu vinto da un maestro del cinema italiano, Ermanno Olmi, per La leggenda del santo bevitore.

Il decennio si concluse con la vittoria, nel 1989, del film taiwanese Beiqing chengshi (Città dolente) di Hou Hsiao-hsien, confermando l’attenzione del festival per le cinematografie asiatiche di qualità.

Questo “nuovo corso” degli anni Ottanta permise alla Mostra di Venezia di recuperare pienamente il suo status nel circuito dei grandi festival internazionali. La capacità di attrarre nuovamente grandi autori e film di richiamo, unita a un ruolo attivo nella scoperta di nuove cinematografie e talenti emergenti, consolidò la sua influenza. La Mostra dimostrò una strategia editoriale equilibrata, ospitando film controversi che stimolavano il dibattito culturale e, al contempo, blockbuster di grande richiamo popolare, mantenendo alta l’attenzione mediatica senza sacrificare la ricerca artistica. Questa poliedricità – vetrina per l’alta società, piattaforma per il cinema d’autore e luogo di discussione – ne rafforzò l’immagine di evento culturale centrale e imprescindibile nel mondo del cinema.

VII. Dagli Anni Novanta al Nuovo Millennio: Consolidamento e Nuove Sezioni

Proseguendo sulla scia della rinascita degli anni Ottanta, la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia affrontò gli anni Novanta e l’ingresso nel nuovo millennio consolidando il proprio prestigio, continuando a premiare grandi autori internazionali e prestando attenzione alle evoluzioni del linguaggio cinematografico e delle tecnologie produttive.

Anni Novanta: Grandi Autori e Co-produzioni Internazionali

Il decennio si aprì con il Leone d’Oro del 1990 assegnato a Rosencrantz & Guildenstern Are Dead (Rosencrantz e Guildenstern sono morti), esordio alla regia del celebre drammaturgo Tom Stoppard. Nel 1991, il premio andò a Urga (Territorio d’amore) del regista russo Nikita Mikhalkov, una coproduzione sovietico-francese che esplorava paesaggi e culture lontane.

Il cinema asiatico continuò a essere protagonista a Venezia: nel 1992 vinse il cinese Zhang Yimou con Qiu Ju da guan si (La storia di Qiu Ju).

Le edizioni del 1993 e del 1994 furono caratterizzate da Leoni d’Oro assegnati ex aequo, una scelta che potrebbe riflettere sia un’eccezionale qualità media dei film in concorso, sia una difficoltà della giuria nel raggiungere un consenso unanime, o persino una volontà di riconoscere contemporaneamente più tendenze o cinematografie significative in un panorama mondiale in rapida trasformazione dopo la fine della Guerra Fredda. Nel 1993, il premio fu condiviso da Short Cuts (America oggi) dell’americano Robert Altman e Trois couleurs: Bleu (Tre colori – Film blu) del polacco Krzysztof Kieślowski. L’anno successivo, nel 1994, l’ex aequo andò a Pred doždot (Prima della pioggia) del macedone Milčo Mančevski e a Aiqing wansui (Vive l’amour) del taiwanese Tsai Ming-liang. Se da un lato la condivisione del premio può attenuare l’unicità del riconoscimento, dall’altro testimonia la ricchezza e la complessità del cinema di quel periodo, con la Mostra che si faceva interprete di tale diversità.

Nel 1995, il Leone d’Oro fu vinto da Xích lô (Cyclo) del regista franco-vietnamita Trần Anh Hùng. L’anno seguente, nel 1996, il premio andò a Michael Collins dell’irlandese Neil Jordan, un’imponente ricostruzione storica.

Il Giappone tornò a trionfare nel 1997 con Hana-bi (Fiori di fuoco) di Takeshi Kitano, opera che consacrò definitivamente il regista a livello internazionale. Nel 1998, il Leone d’Oro premiò il cinema italiano con Così ridevano di Gianni Amelio.8

Il decennio si chiuse con la seconda vittoria al Leone d’Oro per Zhang Yimou, che nel 1999 si aggiudicò il premio con Yi ge dou bu neng shao (Non uno di meno).

Inizio Anni 2000: Innovazione e Nuove Tecnologie

L’ingresso nel nuovo millennio vide la Mostra di Venezia continuare sulla strada del prestigio, ma anche aprirsi con decisione all’innovazione e alle nuove sfide poste dall’evoluzione dell’industria cinematografica.

Nel 2000, il Leone d’Oro fu assegnato a Dayereh (Il cerchio) dell’iraniano Jafar Panahi, un film potente e coraggioso sulla condizione femminile nel suo paese. L’anno successivo, nel 2001, vinse Monsoon Wedding – Matrimonio indiano di Mira Nair, una vivace coproduzione internazionale che celebrava la cultura indiana.

Il 2002 fu un anno significativo per l’introduzione della sezione “Controcorrente” (originariamente “Upstream”), dedicata a “film di particolare vitalità e originalità”, spesso opere prime o seconde, o lavori di autori che sperimentavano nuovi linguaggi. Questa nuova sezione dimostrava la volontà della Mostra di rimanere una piattaforma per la scoperta e per l’innovazione, non limitandosi alla consacrazione di opere più tradizionali. Il Leone d’Oro del 2002 andò a The Magdalene Sisters (Magdalene) di Peter Mullan, un drammatico film irlandese-britannico.

Nel 2003, il massimo riconoscimento fu per il film russo Vozvraščenie (Il ritorno) di Andrej Zvjagincev, opera prima di grande impatto visivo e narrativo.

L’attenzione alle nuove tecnologie fu evidente nel 2004 con la proposta della sezione “Cinema Digitale” (precedentemente “Nuovi Territori Digitali” o “Net Immagine”), che esplorava le potenzialità creative offerte dai nuovi mezzi di produzione e diffusione. Nello stesso anno, furono conferiti Leoni d’Oro alla carriera a due giganti del cinema, Manoel de Oliveira e Stanley Donen. Il Leone d’Oro per il miglior film del 2004 fu assegnato a Vera Drake (Il segreto di Vera Drake) del britannico Mike Leigh.

La capacità di evolvere e di integrare le novità tecnologiche e artistiche si rivelò cruciale per un festival storico come Venezia, permettendogli di mantenere la sua rilevanza nel tempo e di continuare a essere un luogo di scoperta e anticipazione delle future direzioni del cinema.

VIII. La Mostra nel XXI Secolo (2005-Oggi): Sfide Globali, Nuovi Autori e Diversità

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Nel corso del XXI secolo, la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha continuato a rappresentare un punto di riferimento imprescindibile nel panorama cinematografico globale. Ha saputo affrontare le sfide della contemporaneità, promuovere nuovi autori provenienti da ogni angolo del mondo e ampliare i propri orizzonti tematici e formali, confermando il suo status di festival all’avanguardia.

Continuo Prestigio e Riconoscimenti a Cinematografie Diverse

L’albo d’oro del Leone d’Oro nel nuovo millennio testimonia una straordinaria apertura geografica e una capacità di intercettare opere di grande valore artistico da contesti culturali eterogenei.

Nel 2005, il Leone d’Oro fu assegnato a Brokeback Mountain (I segreti di Brokeback Mountain) di Ang Lee, un film che affrontava con sensibilità il tema dell’amore omosessuale nel contesto del West americano. L’anno successivo, nel 2006, il premio andò al cinese Jia Zhangke per Sanxia haoren (Still Life), un’opera poetica e critica sulla trasformazione della Cina contemporanea. Ang Lee si aggiudicò il suo secondo Leone d’Oro nel 2007 con Se, jie (Lussuria – Seduzione e tradimento), diventando uno dei pochi registi a ottenere questo doppio riconoscimento.

Il cinema americano tornò a vincere nel 2008 con The Wrestler di Darren Aronofsky, che segnò anche un grande ritorno per l’attore Mickey Rourke. Nel 2009, il Leone d’Oro premiò il cinema israeliano con Levanon (Lebanon) di Samuel Maoz, un claustrofobico dramma bellico.

Sofia Coppola fu la vincitrice nel 2010 con Somewhere , seguita nel 2011 dal russo Aleksandr Sokurov con la sua imponente trasposizione del Faust. Nel 2012, il Leone d’Oro andò al controverso regista sudcoreano Kim Ki-duk per Pietà.

Una svolta significativa si ebbe nel 2013, quando per la prima volta nella storia della Mostra, il Leone d’Oro fu assegnato a un documentario: Sacro GRA dell’italiano Gianfranco Rosi, un ritratto inedito della vita attorno al Grande Raccordo Anulare di Roma. Questa scelta segnalò una notevole apertura del festival a forme cinematografiche precedentemente considerate meno “autoriali” o da competizione principale, riflettendo un’evoluzione del concetto stesso di cinema d’arte.

Nel 2014, il premio andò allo svedese Roy Andersson per l’originalissimo En duva satt på en gren och funderade på tillvaron (Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza). Il 2015 vide la vittoria del venezuelano Lorenzo Vigas con Desde allá (Ti guardo), primo film venezuelano a ottenere tale riconoscimento. Nel 2016, il Leone d’Oro fu conquistato dal filippino Lav Diaz con la sua lunga e intensa opera Ang Babaeng Humayo (The Woman Who Left).

Il messicano Guillermo del Toro vinse nel 2017 con la favola dark The Shape of Water (La forma dell’acqua), che avrebbe poi trionfato anche agli Oscar. L’anno successivo, nel 2018, fu la volta di un altro regista messicano, Alfonso Cuarón, con Roma, un’opera autobiografica di grande impatto visivo ed emotivo, che segnò anche la prima vittoria di un film prodotto da una piattaforma di streaming (Netflix) in un festival maggiore, indicando un’ulteriore apertura della Mostra verso nuovi modelli produttivi e distributivi.

Il 2019 vide un altro evento storico: il Leone d’Oro fu assegnato a Joker di Todd Phillips, la prima pellicola basata su un personaggio dei fumetti a concorrere e vincere il massimo premio a Venezia, a dimostrazione della capacità del festival di legittimare artisticamente anche opere provenienti da generi popolari.

La regista Chloé Zhao trionfò nel 2020 con Nomadland, un ritratto toccante dell’America contemporanea. Nel 2021, il Leone d’Oro andò al film francese L’Événement (La scelta di Anne) di Audrey Diwan, un dramma intenso sul tema dell’aborto.

Il 2022 vide il secondo documentario nella storia della Mostra vincere il Leone d’Oro: All the Beauty and the Bloodshed dell’americana Laura Poitras, un’opera che intreccia arte, attivismo e denuncia sociale. Nel 2023, il premio è stato assegnato a Poor Things (Povere creature!) del greco Yorgos Lanthimos, un’opera visionaria e provocatoria. Infine, nel 2024, il Leone d’Oro è stato vinto da The Room Next Door dello spagnolo Pedro Almodóvar, segnando la prima vittoria per un film spagnolo nella storia del festival.

Questa notevole diversità geografica e di generi dei vincitori testimonia il ruolo consolidato della Mostra come piattaforma genuinamente globale, capace di valorizzare eccellenze cinematografiche da ogni continente e di riflettere un panorama cinematografico in continua evoluzione.

Nuove Sezioni e Attenzione alla Sostenibilità

Oltre ai riconoscimenti principali, la Mostra ha continuato a evolversi strutturalmente. Nel 2017 è stata introdotta una sezione competitiva dedicata ai film in Realtà Virtuale (VR), denominata “Venice Immersive” (precedentemente Venice VR), a testimonianza dell’interesse del festival per le nuove frontiere della narrazione audiovisiva.

Parallelamente, è cresciuta una significativa attenzione verso le tematiche dell’impatto ambientale e della sostenibilità degli eventi culturali di grande portata. La Mostra ha iniziato a implementare pratiche volte a ridurre la propria impronta ecologica e a promuovere una maggiore consapevolezza su queste problematiche all’interno dell’industria cinematografica, collaborando con esperti di sostenibilità e valutando la compensazione delle emissioni.

Questa proiezione verso il futuro, che coniuga l’innovazione tecnologica con la responsabilità ambientale, indica una Mostra consapevole delle sfide contemporanee e del suo ruolo nel promuovere un’industria cinematografica più responsabile e al passo con i tempi.

IX. Albo d’Oro: I Film Vincitori del Premio Principale della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

La storia del premio principale della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è complessa e riflette l’evoluzione stessa del festival. Prima di elencare i film vincitori, è utile ripercorrere brevemente le trasformazioni del nome del massimo riconoscimento e i periodi in cui non è stato assegnato.

Tabella Riepilogativa dell’Evoluzione del Premio Principale

PeriodoDenominazione del PremioNote
1932-1933Referendum del PubblicoNessun premio ufficiale con nome specifico per “Miglior Film”. L’edizione del 1933 non si tenne.
1934-1942Coppa MussoliniPremi distinti per il Miglior Film Italiano e il Miglior Film Straniero.
1943-1945Festival sospesoA causa della Seconda Guerra Mondiale.
1946Premio della Giuria dei GiornalistiAssegnato a The Southerner di Jean Renoir.
1947-1948Gran Premio Internazionale di Venezia
1949-1953Leone di San MarcoNel 1953 non fu assegnato.
1954-1968Leone d’OroNel 1956 non fu assegnato.
1969-1979Festival non competitivoNessun Leone d’Oro assegnato. Interruzioni del festival nel 1973, 1977, 1978.
1980-OggiLeone d’Oro

Di seguito, l’elenco cronologico dei film che hanno vinto il premio principale della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, con il titolo del film, l’anno, il regista, il paese di produzione, un link a un trailer o a una clip significativa su YouTube e una breve descrizione.

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Coppa Mussolini

L’uomo di Aran 1934 (Robert J. Flaherty, Regno Unito/Irlanda)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Straniero)

L’isola di Aran, uno scoglio inospitale al largo delle coste occidentali irlandesi, è il teatro della dura vita di una piccola comunità di pescatori e pastori. Il film, a metà tra documentario e finzione, narra la loro perenne lotta contro l’oceano e le forze della natura, scandita dai cicli naturali e dalla ricerca quotidiana della sopravvivenza.

Teresa Confalonieri 1934 (Guido Brignone, Italia)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Italiano)

Il film narra la storia di Teresa Confalonieri, figura celebre del Risorgimento italiano. Nel 1821, suo marito, il conte Federico Confalonieri, carbonaro, viene arrestato dagli austriaci e condannato a morte. Teresa intraprende una strenua lotta, implorando i potenti a Vienna, per ottenere la grazia per il marito, la cui pena capitale viene infine commutata in ergastolo.

Anna Karenina 1935 (Clarence Brown, USA)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Straniero)

Tratto dal celebre romanzo di Lev Tolstoj, il film racconta la travolgente e tragica storia d’amore tra Anna Karenina, moglie di un alto funzionario russo, e l’ufficiale dell’esercito Conte Vronsky. Per lui, Anna abbandona matrimonio, figlio e posizione sociale, andando incontro a un destino drammatico. 28

Casta Diva 1935 (Carmine Gallone, Italia)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Italiano)

Il film racconta in modo romanzato la giovinezza del compositore Vincenzo Bellini. Innamorato di Maddalena Fumaroli, compone per lei la celebre aria “Casta Diva”. Giunto al successo, Bellini inserirà quest’aria nell’opera Norma, salvandola da un potenziale fiasco e consacrando la sua fama.

L’imperatore della California 1936 (Luis Trenker, Germania Nazista)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Straniero)

Nei primi anni dell’Ottocento, Johann August Sutter, cittadino tedesco di origini svizzere, emigra in Nord America per motivi politici. Stabilitosi nelle valli attorno a Sacramento, fonda un prospero ranch. Tuttavia, la scoperta dell’oro nelle sue terre scatena una corsa all’accaparramento che lo porterà alla rovina.

Lo squadrone bianco 1936 (Augusto Genina, Italia)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Italiano)

Un ufficiale di cavalleria, deluso in amore, si arruola volontario nelle truppe cammellate italiane in Libia. La vita nel deserto è estremamente dura, ma il giovane ufficiale affronta ogni prova con coraggio, dimostrando il suo valore e assistendo alla morte eroica del suo capitano, fino a scegliere di rimanere fedele al suo dovere.

Carnet di ballo 1937 (Julien Duvivier, Francia)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Straniero)

Una giovane vedova, Christine, ritrova dopo sedici anni un vecchio carnet da ballo. Questo ritrovamento la spinge a rintracciare i suoi vari compagni di ballo di un tempo per scoprire cosa ne è stato di loro. Il viaggio nella memoria la porta a confrontarsi con il passato e con la constatazione che i bei momenti trascorsi non possono ritornare, spingendola a dedicarsi al figlio orfano dell’uomo che più aveva amato.

Scipione l’africano 1937 (Carmine Gallone, Italia)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Italiano)

Questo kolossal storico rievoca le gesta di Publio Cornelio Scipione durante la Seconda Guerra Punica. Dopo la disastrosa sconfitta romana a Canne per mano di Annibale, il film narra la campagna militare di Scipione in Africa, che culminerà con la decisiva vittoria romana nella battaglia di Zama, segnando la fine della potenza cartaginese.

Olympia 1938 (Leni Riefenstahl, Germania Nazista)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Straniero)

Documentario monumentale sulle Olimpiadi di Berlino del 1936, diviso in due parti: “Festa dei popoli” e “Festa della bellezza”. Il film, commissionato dal regime nazista, celebra l’evento sportivo con un’estetica imponente e innovativa per l’epoca, ma è anche intriso di elementi propagandistici, esaltando l’ideale ariano e la potenza della Germania nazista. Riprende immagini di massa del pubblico, delle personalità presenti, tra cui Adolf Hitler, e le competizioni atletiche.

Luciano Serra pilota 1938 (Goffredo Alessandrini, Italia)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Italiano)

Luciano Serra, un eroico pilota della Prima Guerra Mondiale, fatica ad adattarsi alla vita civile nel dopoguerra e, per amore del volo, rischia di perdere l’affetto della famiglia. Abbandonato dalla moglie e creduto morto in un incidente, si arruola volontario sotto falso nome per la guerra d’Etiopia. Lì ritrova il figlio, anch’egli pilota, e gli salva la vita sacrificando la propria.

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Abuna Messias (Cardinal Messias) 1939 (Goffredo Alessandrini, Italia)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Italiano)

Il film narra la vita del cardinale Guglielmo Massaia, missionario ed evangelizzatore dell’Abissinia (Etiopia) nel XIX secolo. Arrivato in Africa da solo e senza appoggi governativi, Massaia, soprannominato “Abuna Messias”, stringe un’alleanza con il re Menelik, ma deve affrontare l’ostilità dell’Abuna Atanasio e dell’imperatore, che lo costringono infine ad abbandonare la sua missione.

Der Postmeister 1940 (Gustav Ucicky, Germania Nazista)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Straniero)

Basato su una novella di Aleksandr Puškin, il film racconta la storia di Dunja, la bellissima figlia di un ingenuo e amabile maestro di posta. La ragazza si innamora perdutamente del capitano di cavalleria Minskij, che con la promessa di matrimonio la convince a seguirlo a San Pietroburgo. Lì, l’ufficiale la disonora, facendola diventare una mantenuta dell’alta società. Il padre, sconvolto, parte per cercarla.

L’assedio dell’Alcazar 1940 (Augusto Genina, Italia)

Film di propaganda bellica che celebra la resistenza delle forze nazionaliste spagnole assediate nell’Alcázar di Toledo durante la Guerra Civile Spagnola. L’opera esalta l’eroismo e il sacrificio dei difensori contro le forze repubblicane.

Ohm Krüger 1941 (Hans Steinhoff, Germania Nazista)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Straniero)

Film biografico di propaganda anti-britannica che racconta la vita di Paul Kruger, leader boero e presidente della Repubblica Sudafricana, e la sua lotta contro l’Impero Britannico durante la Seconda Guerra Boera. La pellicola dipinge i britannici come spietati e doppiogiochisti, e i boeri come vittime eroiche.

La nave bianca 1941 (Roberto Rossellini, Italia)

Opera di propaganda realizzata con la supervisione della Marina Militare italiana, il film racconta la vita a bordo di una nave da guerra italiana durante un’azione bellica. Dopo essere stata colpita, l’equipaggio viene tratto in salvo da una nave ospedale (la “nave bianca”), dove i feriti vengono accuditi da dedite crocerossine, ritrovando un po’ di serenità. Il film è considerato uno dei precursori del Neorealismo.

Der große König 1942 (Veit Harlan, Germania Nazista)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Straniero)

Film storico monumentale che glorifica la figura di Federico II di Prussia, detto il Grande. Ambientato durante la Guerra dei Sette Anni, il film dipinge il re prussiano come un leader carismatico e un genio militare, capace di condurre il suo paese alla vittoria contro avversari superiori, esaltando lo spirito di sacrificio e la disciplina prussiana. Fu un’importante produzione di propaganda del Terzo Reich.

Bengasi 1942 (Augusto Genina, Italia)

(Vincitore Coppa Mussolini Miglior Film Italiano)

Film di propaganda bellica ambientato durante la campagna del Nord Africa nella Seconda Guerra Mondiale. Narra le vicende di alcuni civili e militari italiani durante l’occupazione britannica di Bengasi e la successiva riconquista da parte delle forze italo-tedesche. Il film esalta l’eroismo italiano e la fedeltà alla patria.

Gran Premio Internazionale di Venezia

The Southerner (Il sudista) 1946 (Jean Renoir, USA)

(Vincitore Premio della Giuria dei Giornalisti)

Sam Tucker, un povero bracciante del Texas, decide di coltivare in proprio un appezzamento di terra trascurato per offrire un futuro migliore alla sua famiglia. Affronta un anno di dure battaglie contro la malattia, le intemperie (un’alluvione) e l’ostilità di un vicino geloso, lottando per la sopravvivenza e il sogno di un’esistenza indipendente.

Siréna (La sirenetta) 1947 (Karel Steklý, Cecoslovacchia)

(Vincitore Gran Premio Internazionale di Venezia)

Ambientato in un centro minerario della Boemia alla fine del XIX secolo, il film, vicino stilisticamente al neorealismo italiano, racconta la storia di uno sciopero di minatori. La protesta, causata dai bassi salari e dalle misere condizioni di vita, viene repressa duramente dalla polizia, e un’arrabbiata folla attacca l’abitazione dell’industriale responsabile.

Hamlet (Amleto) 1948 (Laurence Olivier, Regno Unito)

(Vincitore Gran Premio Internazionale di Venezia)

Trasposizione cinematografica della celebre tragedia di William Shakespeare. Il principe Amleto di Danimarca sospetta che suo padre, il Re, sia stato assassinato dal fratello Claudio, che ne ha usurpato il trono e sposato la vedova, Gertrude. Lo spettro del padre appare ad Amleto, confermando il delitto e chiedendo vendetta, innescando una spirale di follia (vera o simulata), intrighi e morte.

Leone di San Marco / Leone d’Oro

Manon 1949 (Henri-Georges Clouzot, Francia)

(Vincitore Leone di San Marco)

Libero adattamento del romanzo Manon Lescaut dell’Abbé Prévost, ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale. Robert Des Grieux, un combattente della Resistenza francese, salva Manon, una giovane donna accusata di collaborazionismo con i nazisti. Tra i due nasce una passione travolgente che li porterà a una fuga disperata e a una serie di compromessi, fino a un tragico epilogo nel deserto mentre tentano di raggiungere la Palestina.

Justice est faite (Giustizia è fatta) 1950 (André Cayatte, Francia)

(Vincitore Leone di San Marco)

Il film esplora il funzionamento della giustizia attraverso il processo a Elsa Lundenstein, accusata di aver praticato l’eutanasia sul marito malato terminale. La narrazione si concentra sulle deliberazioni della giuria popolare, i cui membri sono influenzati dalle proprie esperienze di vita e pregiudizi personali, portando a interpretazioni divergenti dei fatti presentati e sollevando complesse questioni morali.

Rashomon 1951 (Akira Kurosawa, Giappone)

(Vincitore Leone di San Marco)

Nel Giappone medievale, un boscaiolo, un monaco e un popolano si riparano da un temporale sotto il fatiscente portale di Rashomon. Discutono di un recente e sconcertante fatto di cronaca: l’omicidio di un samurai e la violenza subita da sua moglie in un bosco per mano di un famigerato bandito, Tajomaru. L’evento viene narrato attraverso quattro testimonianze contraddittorie: quella del bandito, della moglie, dello spirito del samurai (evocato da una medium) e del boscaiolo, che afferma di aver assistito di nascosto. Il film esplora la relatività della verità e la natura della memoria umana.

Jeux interdits (Giochi proibiti) 1952 (René Clément, Francia)

(Vincitore Leone di San Marco)

Durante l’esodo francese del giugno 1940, la piccola Paulette, di cinque o sei anni, perde i genitori e il suo cagnolino in un attacco aereo tedesco. Traumatizzata, viene accolta da una famiglia di contadini e stringe una profonda amicizia con il loro figlio decenne, Michel. Insieme, i due bambini cercano di elaborare il lutto e la brutalità della guerra creando un cimitero segreto per animali, un gioco innocente e macabro che riflette il mondo degli adulti.

(1953: Nessun Leone di San Marco assegnato)

Giulietta e Romeo 1954 (Renato Castellani, Italia/Regno Unito)

(Vincitore Leone d’Oro)

Adattamento cinematografico della celebre tragedia di William Shakespeare. Nella Verona rinascimentale, le famiglie Montecchi e Capuleti sono divise da un odio ancestrale. Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti si innamorano perdutamente, ma la loro passione è ostacolata dalla faida familiare, conducendoli a un tragico destino. Il film è noto per il suo approccio realistico e per le suggestive riprese nelle location originali.

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Ordet (La parola) 1955 (Carl Theodor Dreyer, Danimarca)

(Vincitore Leone d’Oro)

Ambientato nella campagna danese all’inizio del XX secolo, il film esplora i temi della fede, del dubbio e del miracolo attraverso le vicende della famiglia Borgen. Il patriarca Morten, i suoi tre figli – Mikkel, sposato e ateo; Johannes, studente di teologia impazzito che si crede Gesù Cristo; e il giovane Anders, innamorato della figlia di un sarto di una diversa confessione religiosa – affrontano una crisi spirituale e familiare che culmina nella morte e nella possibile resurrezione di Inger, moglie di Mikkel.

(1956: Nessun Leone d’Oro assegnato)

Aparajito (L’invitto) 1957 (Satyajit Ray, India)

(Vincitore Leone d’Oro)

Secondo capitolo della “Trilogia di Apu”, il film segue la crescita del giovane Apu. Dopo la morte del padre a Benares, Apu e sua madre Sarbajaya si trasferiscono in un villaggio del Bengala. Apu eccelle negli studi e ottiene una borsa di studio per frequentare il college a Calcutta. La sua partenza e la crescente indipendenza causano un profondo dolore alla madre, che si sente sempre più sola. Il film esplora il conflitto tra le aspirazioni individuali e i legami familiari.

Muhomatsu no issho (Il risciò) 1958 (Hiroshi Inagaki, Giappone)

(Vincitore Leone d’Oro)

Ambientato nel Giappone di inizio XX secolo, il film narra la storia di Matsugoro, un conducente di risciò povero ma dallo spirito vivace e generoso. Dopo aver aiutato un bambino ferito, Toshio, Matsu diventa amico della sua famiglia. Quando il padre di Toshio muore improvvisamente, Matsu assume un ruolo paterno per il ragazzo e si innamora segretamente della madre vedova, Yoshiko, pur consapevole della grande differenza di classe sociale che li separa.

La grande guerra 1959 (Mario Monicelli, Italia/Francia)

(Vincitore Leone d’Oro ex aequo)

Durante la Prima Guerra Mondiale, nel 1916, il romano Oreste Jacovacci e il milanese Giovanni Busacca, due soldati scansafatiche, furbastri e fondamentalmente vigliacchi, cercano in tutti i modi di evitare i pericoli del fronte. Nonostante le differenze e i battibecchi iniziali, i due stringono un’improbabile amicizia. Catturati dagli austriaci durante la ritirata di Caporetto, si troveranno di fronte a una scelta estrema che li porterà a un inaspettato atto di eroismo.

Il generale Della Rovere 1959 (Roberto Rossellini, Italia/Francia)

(Vincitore Leone d’Oro ex aequo)

Genova, 1944, durante l’occupazione nazifascista. Emanuele Bardone, un truffatore che si spaccia per colonnello Grimaldi, estorce denaro ai familiari di prigionieri politici promettendo intercessioni. Scoperto e arrestato dalla Gestapo, accetta di collaborare con i nazisti: dovrà infiltrarsi nel carcere di San Vittore fingendosi il generale Della Rovere, un capo della Resistenza appena fucilato, per carpire informazioni ai detenuti politici. L’esperienza lo trasformerà profondamente.

Le Passage du Rhin (Il passaggio del Reno) 1960 (André Cayatte, Francia/Italia/Germania Ovest)

(Vincitore Leone d’Oro)

Durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo la sconfitta della Francia nel 1940, due soldati francesi, il pasticcere Roger Perrin e il giornalista Jean Durrieu, vengono fatti prigionieri e inviati come lavoratori forzati in una fattoria tedesca. Roger si integra nella vita rurale, condividendo gioie e dolori dei contadini, mentre Jean seduce Helga, la figlia del borgomastro, sperando di trovare un modo per fuggire e tornare a combattere. Il film esplora le diverse reazioni umane di fronte alla prigionia e alla guerra.

L’année dernière à Marienbad (L’anno scorso a Marienbad) 1961 (Alain Resnais, Francia/Italia)

(Vincitore Leone d’Oro)

In un sontuoso e labirintico hotel barocco, un uomo (X) cerca di convincere una donna (A) che si sono già incontrati l’anno precedente, forse a Marienbad, e che hanno avuto una relazione, promettendosi di fuggire insieme. Lei non ricorda o nega. Attraverso frammenti di conversazioni, ricordi incerti e situazioni enigmatiche, il film esplora la natura del tempo, della memoria e della realtà, in una struttura narrativa onirica e non lineare.

Cronaca familiare 1962 (Valerio Zurlini, Italia

(Vincitore Leone d’Oro ex aequo)

Tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Vasco Pratolini, il film racconta la storia di due fratelli, Enrico e Lorenzo (Dino nel film). Alla notizia della morte prematura del fratello minore Lorenzo, Enrico, un giornalista romano, rievoca il loro passato: la separazione nell’infanzia, Lorenzo cresciuto dalla nonna povera e poi affidato a un ricco maggiordomo, mentre Enrico rimaneva con la nonna. Il film esplora il complesso e talvolta doloroso legame fraterno, segnato dalla distanza e da un affetto profondo ma inespresso.

Ivanovo detstvo (L’infanzia di Ivan) 1962 (Andrej Tarkovskij, Unione Sovietica)

(Vincitore Leone d’Oro ex aequo)

Durante la Seconda Guerra Mondiale sul fronte orientale, il dodicenne Ivan Bondarev, i cui genitori sono stati uccisi dai soldati tedeschi, opera come coraggioso esploratore per l’Armata Rossa, attraversando le linee nemiche attraverso paludi e fiumi. Nonostante i tentativi di alcuni ufficiali di proteggerlo mandandolo nelle retrovie, Ivan è consumato dal desiderio di vendetta e rifiuta di abbandonare la lotta. Il film è un potente atto d’accusa contro la guerra e la perdita dell’innocenza.

Le mani sulla città 1963 (Francesco Rosi, Italia)

(Vincitore Leone d’Oro)

Napoli, primi anni Sessanta. Il crollo di un palazzo in un quartiere popolare, causato da lavori edili speculativi, scatena un’inchiesta e un acceso dibattito politico. Al centro della vicenda c’è Edoardo Nottola, un potente costruttore edile e consigliere comunale della destra, che manovra per proteggere i suoi interessi e continuare i suoi affari, muovendosi tra corruzione, intrighi politici e cinismo. Il film è una spietata denuncia della speculazione edilizia e dei legami tra potere economico e politico.

Il deserto rosso 1964 (Michelangelo Antonioni, Italia/Francia)

(Vincitore Leone d’Oro)

Giuliana, giovane moglie di un ingegnere industriale a Ravenna, vive una profonda crisi esistenziale e un senso di alienazione. Reduce da un incidente d’auto che l’ha traumatizzata, fatica a trovare un senso nella sua vita, circondata da un paesaggio industriale freddo e inquinato che sembra riflettere il suo malessere interiore. Incontra Corrado, un collega del marito, con cui intreccia una breve relazione, ma neanche questo riesce a colmare il suo vuoto. Primo film a colori di Antonioni, che utilizza la cromia in modo espressionistico.

Vaghe stelle dell’Orsa… 1965 (Luchino Visconti, Italia)

(Vincitore Leone d’Oro)

Sandra (Claudia Cardinale) torna con il marito americano Andrew nella sua città natale, Volterra, per una cerimonia in onore del padre ebreo, uno scienziato deportato e ucciso dai nazisti. Il ritorno nella decadente dimora di famiglia risveglia fantasmi del passato: il rapporto ambiguo e quasi incestuoso con il fratello Gianni, scrittore fallito, i difficili legami con la madre malata e il suo attuale compagno, sospettato di aver tradito il padre. Segreti e tensioni irrisolte emergono, portando a un tragico epilogo.

La battaglia di Algeri 1966 (Gillo Pontecorvo, Algeria/Italia)

(Vincitore Leone d’Oro)

Il film ricostruisce con stile documentaristico e grande realismo gli eventi cruciali della battaglia di Algeri (1954-1957) durante la guerra d’indipendenza algerina dal dominio francese. La narrazione segue l’ascesa di Ali La Pointe, un piccolo delinquente che diventa uno dei leader del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) nella Casbah, e la spietata repressione messa in atto dai paracadutisti francesi guidati dal colonnello Mathieu. Il film esplora la violenza e le tattiche di entrambe le parti.

Belle de jour (Bella di giorno) 1967 (Luis Buñuel, Francia/Italia)

(Vincitore Leone d’Oro)

Séverine Serizy, giovane e bella moglie di un affermato chirurgo parigino, Pierre, è apparentemente felice ma interiormente frigida e tormentata da fantasie erotiche sadomasochistiche. Insoddisfatta della sua vita coniugale, decide segretamente di lavorare durante il giorno in una casa d’appuntamenti di lusso con lo pseudonimo di “Bella di giorno”. Questa doppia vita la espone a incontri e situazioni rischiose, confondendo sempre più realtà e fantasia.

Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos (Artisti sotto la tenda del circo: perplessi) 1968 (Alexander Kluge, Germania Ovest)

(Vincitore Leone d’Oro)

Leni Peickert, figlia di un artista circense morto tragicamente, eredita il suo sogno di creare un circo riformato e moderno, capace di competere con le nuove forme di intrattenimento come la televisione. Affronta difficoltà finanziarie e concettuali nel tentativo di realizzare questo progetto utopico, che riflette le contraddizioni e le aspirazioni di un’epoca di grandi cambiamenti sociali e culturali. Il film mescola finzione, documentario e saggio cinematografico.

(1969-1979: Nessun Leone d’Oro assegnato a causa della fase non competitiva del festival. Il festival non si tenne nel 1973, 1977, 1978)

Atlantic City, U.S.A. 1980 (Louis Malle, Canada/Francia)

(Vincitore Leone d’Oro ex aequo)

Lou Pascal, un anziano e piccolo gangster che vive di espedienti nella decadente Atlantic City, sogna ancora i fasti del passato. La sua vita si intreccia con quella di Sally Matthews, una giovane cameriera di casinò che aspira a diventare una croupier di successo in Europa. L’arrivo dell’ex marito di Sally, invischiato nel traffico di droga rubata alla mafia, trascina entrambi in una spirale di pericolo e violenza, offrendo a Lou un’ultima, illusoria occasione di grandezza.

Gloria – Una notte d’estate 1980 (John Cassavetes, USA)

(Vincitore Leone d’Oro ex aequo)

Gloria Swenson, ex-compagna di un boss mafioso, si ritrova a dover proteggere Phil, un bambino portoricano di sei anni, dopo che la sua famiglia è stata sterminata dalla mafia. Il padre del bambino, un contabile dell’organizzazione, prima di morire gli ha affidato un libro contabile che scotta. Inizialmente riluttante, Gloria intraprende una disperata fuga per New York con Phil, inseguita dai killer della mafia, trasformandosi in una sorta di dura e protettiva figura materna.

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Fabio Del Greco

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