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Mario Monicelli

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Mario Monicelli è nato a Roma il 16 maggio 1915. Scrittore, regista e sceneggiatore italiano, Monicelli è stato tra i più famosi registi italiani. Insieme a Dino Risi e Luigi Comencini, uno dei principali registi della commedia all’italiana, che contribuì a farsi conoscere all’estero con film come come Guardie e ladri, I soliti ignoti, La grande guerra, L’armata Brancaleone e Amici miei.

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Sei volte candidato all’Oscar (due volte per la sceneggiatura originale, quattro volte per il miglior film internazionale) e vincitore di numerosi premi cinematografici. Nel 1991 ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

La giovinezza di Mario Monicelli

Mario Monicelli nasce a Roma il 16 maggio 1915 da una famiglia di Ostiglia. Suo padre, Tomaso Monicelli, era un giornalista, direttore del Resto del Carlino oltre che di Avanti! , critico teatrale e drammaturgo. Monicelli era inoltre legato alla famiglia Mondadori: la sorella del padre, infatti, era la compagna di Arnoldo Mondadori e lo stesso Monicelli afferma di essere stato amico di Alberto e Giorgio Mondadori.

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Monicelli trascorse la sua giovinezza a Roma, poi si trasferì con i suoi familiari a Viareggio. Frequentò il ginnasio e due anni di liceo a Prato, presso il Convitto Nazionale Cicognini. Si stabilì poi a Milano, dove terminò il 3° liceo e iniziò anche gli studi universitari. A Milano Monicelli frequentò Riccardo Freda, Remo Cantoni, Alberto Lattuada, Alberto Mondadori e Vittorio Sereni; insieme avviarono, con il supporto dell’editore Mondadori, il giornale Camminare, in cui Monicelli si occupò di recensioni cinematografiche.  Monicelli raccontava esattamente come, nelle sue critiche, fosse estremamente spietato sul cinema italiano, mentre adorava i film francesi e americani. Forse lo faceva per una forma velata di antifascismo.

In seguito, Monicelli tornò in Toscana, dove concluse le sue ricerche universitarie, laureandosi presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa. Incuriosito dal mondo della celluloide. Nel 1934 gira il suo “primissimo esperimento cinematografico”, ovvero il cortometraggio Revealing heart, ispirato all’omonimo lavoro di Edgar Allan Poe, insieme ad Alberto Mondadori e Alberto Lattuada, con quest’ultimo nel ruolo di scenografo. Il film è stato bollato come un esempio di “cinema paranoico”.

Gli inizi di Mario Monicelli nel cinema

Aiuta Alberto Mondadori a realizzare il suo primo lungometraggio, I ragazzi della via Pal (1935), basato sul romanzo ungherese di Ferenc Molnár, inoltre realizzato nell’ambito del Cineguf milanese. Il film è stato inviato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, vince il ​​primo premio e dà l’opportunità di realizzare un film professionale. Monicelli poté così evitare le numerose fasi di formazione specialistica e fu mandato, insieme a Mondadori, a lavorare nella produzione di Gustav Machatý Ballerine, avvenuta a Tirrenia.

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Si avvicina al mondo del cinema grazie al rapporto con Giacomo Forzano, fondatore a Tirrenia degli studi cinematografici Pisorno, un mix dei nomi delle città Pisa e Livorno, che Mussolini intendeva realizzare. Negli ultimi anni in Monicelli prende forma quel certo spirito toscano che sarà determinante per la poetica cinematografica delle commedie del regista: molte battute di Amici miei sono episodi che in realtà fanno parte della sua giovinezza.

Subito dopo Monicelli trova lavoro, sempre come assistente, in Augusto Genina Lo squadrone bianco. In seguito interpreterà lo stesso ruolo di aiutante in diversi film, tra cui Corrado D’Errico dei fratelli Castiglioni; sul set conobbe Giacomo Gentilomo, con il quale ha realizzato 2 film, La granduchessa si diverte e Cortocircuito, nel quale ha ricoperto formalmente per la prima volta l’incarico di assistente alla regia oltre che co-sceneggiatore.

Sotto lo pseudonimo di Michele Badiek, nel 1937, dirige il film amatoriale Pioggia d’estate. Il film, in cui Monicelli aveva l’incarico di regista e sceneggiatore, vedeva la partecipazione dei suoi familiari, amici e concittadini. Fu un’esperienza importante per la sua formazione dove ha imparato a “scrivere per il cinema, a girare, a dirigere gli attori, e a capire che quanto organizzava quotidianamente non corrispondeva affatto alla realtà concreta. Nel frattempo fu anche assistente dell’attrice spagnola María Mercader, fidanzata di Vittorio De Sica. Monicelli fu inviato l’anno successivo a Napoli per partire per la guerra in Africa. Egli riuscì a evitare l’imbarco fino a quando l’8 settembre si tolse l’uniforme e fuggì a Roma, dove continuò a nascondersi nei mesi seguenti.

Nel lavoro semi-autobiografico L’arte della commedia, Monicelli racconta di aver continuato ad essere nell’esercito dal 1940 al 1943, cercando di impedire il suo trasferimento, temendo di essere inviato prima in Russia e poi in Africa, fino a quando i militari non si sono ritirati; a quel punto partì per Roma. Continuò a nascondersi fino all’estate del 1944. A Roma visitò spesso l’Osteria Fratelli Menghi, noto punto d’incontro di pittori, registi, sceneggiatori, scrittori e poeti tra gli anni Quaranta e Settanta.

Tra le occasioni che hanno segnato la sua vita una è stata senza dubbio il suicidio del padre, Tomaso Monicelli, cronista popolare e scrittore antifascista, avvenuto nel 1946. Di ciò disse: “Ho capito il suo gesto. Era stato ingiustamente tagliato fuori dal suo lavoro, anche dopo che la guerra era finita, e sentiva di non avere assolutamente più niente da fare qui. Se la vita smette di essere dignitosa non ne vale la pena, la vita non vale sempre la pena di essere vissuta.. Ho trovato io il corpo di mio padre. Verso le 6 del mattino ho sentito uno sparo di rivoltella, mi sono alzato e aprii la porta del bagno. Tra l’altro un bagno estremamente piccolo”.

I primi film di Mario Monicelli

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Nel 1945 Monicelli è assistente di Pietro Germi per il film Il testimone. Ne L’arte della commedia Monicelli racconta che tra lui e Germi si era instaurato un legame profondo; ha precisato: “Penso di essere uno dei pochi veri amici con cui aveva confidenza”. Di questo legame Monicelli raccontò di due episodi. Quando Germi entrò in un periodo di crisi dopo la morte della moglie, chiamò Monicelli per dirigere il film che stava preparando (Signore & Signori, 1966), informandolo che avrebbe potuto non dirigerlo più; A Monicelli piacque molto, ma lo rifiutò e spinse Germi a fare il suo film. L’altro episodio fu quando Germi, incapace di fare il film Amici miei per malattia, chiamò Monicelli per sostituirlo.

Nel 1946 Monicelli fu scelto, insieme a Steno, da Riccardo Freda per la sceneggiatura del film Aquila nera. Il film ebbe molto successo e la coppia Monicelli-Steno fu chiamata per creare le battute per il film Come persi la guerra di Carlo Borghesio, prodotto da Luigi Rovere; da quel film Monicelli e Steno firmarono una serie di sceneggiature cinematografiche. La collaborazione con Steno, che durerà fino al 1953, creerà sicuramente alcuni dei più affascinanti film post-guerra.

Monicelli si dedicò anche al teatro, sia in prosa che in versi, soprattutto negli anni Ottanta. Per la tv realizzò il cortometraggio Conoscete veramente Mangiafuoco? (1981), con Vittorio Gassman, La moglie ingenua e il marito malato (1989) e Come quando fuori piove (2000), mentre come documentario realizzò Un amico magico: il maestro Nino Rota (1999) e anche diversi film collettivi. Monicelli saltuariamente si è prestato come attore: L’allegro marciapiede dei delitti (1979), Sotto il sole della Toscana (2003), SoloMetro (2007).

Monicelli negli anni 2000

Monicelli ha interpretato lo stile e i contenuti della Commedia all’italiana. Il suo attore preferito è stato Alberto Sordi, che ha trasformato subito in una star ne La Grande Guerra e anche in Un borghese piccolo piccolo, ma ha anche avuto il merito di trovare le straordinarie capacità comiche di 2 attori drammatici, Vittorio Gassman in I soliti ignoti e Monica Vitti in La ragazza con la pistola. Il sorriso amaro che accompagna sempre le sue storie, l’ironia con cui ama delineare i personaggi perdenti, hanno costantemente identificato il suo lavoro. Probabilmente non è un caso che molti critici cinematografici considerino I soliti ignoti la prima vera commedia italiana, e Un borghese piccolo piccolo il lavoro che, con la sua drammatizzazione, chiude il ciclo di questo genere cinematografico.

Con l’avanzare dell’età Monicelli diminuì lentamente la sua attività senza però mai interromperla, grazie ad una forma fisica e psicologica costantemente buona. A riprova di ciò, all’età di 91 anni è tornato al cinema con un film inedito, Le rose del deserto (2006). In occasione del suo lancio, in un incontro con Gigi Marzullo, confidava di non essere preoccupato per la morte, ma di temere notevolmente il momento in cui avrebbe smesso di lavorare, poiché si sarebbe estremamente annoiato. 

In un incontro del 2008 dichiarò di aver definitivamente abbandonato l’attività di regista con il cortometraggio documentario Vicino al Colosseo… c’è Monti. Nonostante ciò, nel 2010 realizza La nuova armata Brancaleone, breve film di protesta contro i tagli alla cultura e all’istruzione. Nello stesso anno prende parte alla produzione del cortometraggio L’ultimo zingarata, omaggio al suo film Amici miei.

Il pensiero di Monicelli

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La sua ultima compagna è stata Chiara Rapaccini, conosciuta quando lui aveva 59 anni e anche lei 19. Hanno avuto una figlia, Rosa, quando lei aveva 34 anni e lui 74. Nel 2007 ha dichiarato che viveva solo, che non sentiva la mancanza dei bambini e dei nipoti, di essere elettore di Rifondazione Comunista e di aver pianto per l’ultima volta alla morte del suo papà, mentre in un’intervista ha rivelato, in particolare, il motivo per cui viveva da solo a 92 anni:

“Rimanere in vita il più a lungo possibile. L’amore delle donne, dei propri cari, delle figlie, delle mogli, delle amanti, è davvero pericoloso. La donna è un’infermiera dell’anima, e se ha un vecchio vicino è sempre pronta a interpretare ogni suo desiderio, a portargli ciò di cui ha bisogno. Così piano piano questo vecchio non fa più niente, rimane su una poltrona, non si sposta più e finisce per essere un vecchio rincoglionito. Se, invece, al vecchio è richiesto di fare le cose da solo, rifare il letto, uscire, accendere il fornello, spogliarsi, ha 10 anni di vita in più.

In un’intervista televisiva assume posizioni cupe e molto critiche nei confronti della società moderna: “La speranza è un trucco, è una brutta parola, non va detta. La speranza è una trappola creata dai padroni, quelli che ti dicono “Stai zitto, smetti di parlare, prega che avrai sicuramente il tuo riscatto, la tua ricompensa nell’aldilà, quindi ora stai buono, vai a casa.” […] Mai avere speranza, la speranza è una trappola inventata da chi comanda.”

“Quello che in realtà non è mai esistito in Italia è un grande sciopero, una grande rivoluzione, una rivoluzione che non è mai avvenuta in Italia… In Inghilterra, c’era in Francia, in Russia, in Germania, un po’ ovunque tranne che in Italia, quindi ci vuole qualcosa che riscatti genuinamente questi individui che in realtà sono sempre stati assoggettati, anzi sono servi di tutti da 300 anni.

Monicelli, ormai gravemente malato, ha deciso di togliersi la vita gettandosi dalla finestra della stanza che occupava in urologia, al 5° piano dell’Ospedale San Giovanni Addolorata, dove fu ricoverato. Dopo le commemorazioni civili svoltesi nella sua casa romana nel Rione Monti e alla Casa del Cinema, il suo corpo è stato cremato.

I capolavori di Mario Monicelli

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Nella filmografia di Mario Monicelli, tra alti e bassi, ci sono sicuramente alcuni capolavori cinematografici riconosciuti a livello internazionale. Maestro soprattutto nel genera della commedia, Monicelli però raggiunge la sua vetta artistica con un film drammatico e tragico, anche se dotato ancora degli elementi della commedia all’italiana: Un borghese piccolo piccolo. Allo stesso livello sono altri suoi film come Una vita difficile e altri. Vediamo quali.

Guardie e ladri (1951)

Guardie e ladri (1951), con Totò, film che al Festival di Cannes ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura. Fu prodotto da Dino De Laurentiis e da Carlo Ponti e interpretato da Totò e Aldo Fabrizi. Il film, che si è inserisce nell’esistente corrente neorealista, ed è uno dei lavori più vitali nati dalla collaborazione creativa tra i registi Monicelli e Steno, nonché tra i migliori film con Totò.

Ferdinando Esposito è un piccolo truffatore che cerca di sostenere i suoi familiari con le sue truffe. Con il suo compagno, Amilcare fa credere di aver trovato una vecchia moneta nel Foro Romano e inganna il signor Locuzzo, un viaggiatore americano che, purtroppo per Esposito, è il capo di stato di un comitato di beneficenza americano. Durante una diffusione di alcuni pacchi regalo a cui partecipa anche Esposito, il signor Locuzzo lo identifica e lo denuncia.

Ne L’arte della commedia Monicelli precisa che la collaborazione con Steno si interrompe proprio durante la realizzazione dei film Le infedeli e Totò e le donne. Entrambi i film dovevano essere sceneggiati e diretti a quattro mani da Steno e da Monicelli, eppure in realtà Monicelli si è occupato solo di Le infedeli per il fatto che era stanco di fare solo film comici; Steno invece si occupò di Totò e le donne. Monicelli fu anche sceneggiatore insieme a Federico Fellini e Pietro Germi.

Totò e Carolina (1955)

4 anni dopo Monicelli inverte i ruoli: in Totò e Carolina (1955) Totò non è più un poliziotto ma un ladro, e la censura dell’epoca non prese bene l’ironia sulla polizia: il film ebbe tagli spesso pesanti, così come, sebbene ai giorni nostri il duplicato originale sia stato effettivamente recuperato, resta da trasmettere nella versione censurata e inquinata da un titolo pazzesco imposto dalla censura dell’epoca, denigratorio nei confronti di Totò.

Trama: Il film è una commedia brillante che racconta la storia di Carolina, interpretata da Marisa Merlini, una giovane donna di buona famiglia che si innamora di Totò, interpretato dal celebre comico Totò. La differenza sociale tra i due diventa un ostacolo alla loro relazione, ma Carolina è determinata a sposare Totò, nonostante le obiezioni della sua famiglia. La trama segue le disavventure della coppia mentre cercano di superare gli ostacoli sociali e vivere la loro storia d’amore.

Recensione: “Totò e Carolina” è una commedia italiana classica, nota per l’umorismo di Totò e la sua brillante interpretazione. Il film affronta temi di differenze sociali e amore contro le convenzioni sociali. La chimica tra Marisa Merlini e Totò contribuisce al fascino della storia. È un film divertente e leggero che ha continuato a essere amato dal pubblico italiano per generazioni.

Padri e figli (1957)

Nel 1957 Monicelli vinse il premio come miglior regista al Festival Internazionale del Cinema di Berlino con Padri e figli.

Trama: Il film racconta la storia di due famiglie italiane che si riuniscono in occasione di una cena. Le famiglie rappresentano due generazioni diverse con visioni del mondo e stili di vita opposti. Durante la cena, emergono conflitti generazionali, contrasti di ideali e modi diversi di affrontare la vita. Il film esplora il divario tra le aspettative dei padri e i desideri dei figli.

Recensione: “Padri e Figli” è conosciuto per la sua narrazione sulle dinamiche familiari e generazionali. Il film offre una riflessione sulla società italiana dell’epoca e sulle sfide che emergono tra le diverse generazioni. Mario Monicelli è noto per la sua abilità nella commedia all’italiana, e questo film è un esempio del suo talento nel mettere in scena situazioni umoristiche e drammatiche all’interno di una famiglia italiana.

I soliti ignoti (1958)

Considerato il “punto di riferimento” della sua filmografia fu I soliti ignoti (1958), film che diede inizio al genere “Commedia all’ italiana”. I soliti ignoti, di cui Monicelli fu sceneggiatore insieme a Age e Scarpelli e Suso Cecchi D’Amico, ribaltarono per la prima volta la dialettica delle guardie e dei ladri con cui Monicelli stesso aveva creato la rappresentazione del rapporto tra autorità e libertà, tra giustizia finta e sopravvivenza reale dei più umili.

Con I soliti ignoti Monicelli abbandonò di conseguenza la dialettica antagonistica tra poliziotti e trasgressori della legge, rappresentando solo il lato mite, sconcertante di un gruppo di potenziali ladri destinati al fallimento.

Trama: Il film racconta la storia di una banda di ladri dilettanti che pianificano di compiere una rapina in una gioielleria a Roma. Tuttavia, a causa delle loro inesperienze e goffaggini, le cose non vanno come previsto. La banda è composta da personaggi memorabili, ognuno con la propria personalità e debolezza. La trama è una commedia brillante che si sviluppa con situazioni comiche mentre i ladri cercano di portare a termine il colpo.

Recensione: “I Soliti Ignoti” è un capolavoro della commedia italiana, noto per il suo umorismo intelligente e le performance eccezionali del cast. Il film offre una satira sulla società e sui sogni di ricchezza attraverso il fallimento dei suoi protagonisti. È considerato uno dei film più rappresentativi del genere della commedia all’italiana e ha lasciato un’impronta duratura nella storia del cinema italiano.

La grande guerra (1959)

L’anno successivo fu la volta di La grande guerra (1959 ), che vinse il Leone d’Oro ex aequo con Roberto Rossellini con Il Generale Della Rovere e ottenne una candidatura all’ Oscar per il miglior film in lingua straniera.

La grande guerra, lontana dagli stereotipi senza tempo della commedia, passa da un estremo del registro tragicomico a vari altri, affrontando un argomento doloroso e complesso come la prima guerra mondiale, ed è inoltre impreziosita dalle memorabili interpretazioni di Alberto Sordi e Vittorio Gassman.

Trama: Il film è ambientato durante la Prima Guerra Mondiale e segue le vicende di due soldati italiani, Oreste Jacovacci e Giovanni Busacca, interpretati rispettivamente da Alberto Sordi e Vittorio Gassman. I due sono molto diversi tra loro: Oreste è un contadino ingenuo, mentre Giovanni è un cittadino più istruito e cinico. Vengono arruolati nell’esercito italiano e inviati al fronte. La trama racconta le loro disavventure, le loro sfide quotidiane e la loro lotta per sopravvivere in un contesto di guerra assurda e distruttiva.

Recensione: “La Grande Guerra” è uno dei film italiani più amati e acclamati della sua epoca. È noto per il suo equilibrio tra comicità e dramma mentre esplora il tema della guerra. Le performance di Alberto Sordi e Vittorio Gassman sono eccezionali e contribuiscono al successo del film. Il film offre una visione realistica della vita dei soldati durante la guerra, e la sua commistione di umorismo e pathos lo rende un classico del cinema italiano.

I compagni (1963)

Monicelli è stato nel 1963 l’autore del film I compagni, che ottenne la 2a candidatura all’Oscar, quella per la migliore sceneggiatura. I compagni, film sui retroscena del sindacalismo e sugli operai, è poco noto al pubblico ma molto apprezzato dalla critica cinematografica (con Marcello Mastroianni, Renato Salvatori e Annie Girardot).

Trama: Il film è ambientato a Torino, Italia, nel 1898. Racconta la storia di un professore, interpretato da Marcello Mastroianni, che cerca di organizzare una sciopero tra i lavoratori di una fabbrica tessile. La fabbrica è caratterizzata da condizioni di lavoro estenuanti e da uno sfruttamento eccessivo dei lavoratori. Il professore, un intellettuale di sinistra, si impegna a mobilitare i lavoratori e ad aiutarli a migliorare le loro condizioni di vita e di lavoro. La trama segue il processo di organizzazione del movimento operaio e le sfide che i lavoratori devono affrontare mentre cercano di ottenere migliori diritti e condizioni di lavoro.

Recensione: “I Compagni” è un film importante che esplora le tematiche sociali e politiche del movimento operaio in Italia alla fine del XIX secolo. La performance di Marcello Mastroianni è notevole, e il film offre una visione realistica delle lotte e delle difficoltà che i lavoratori affrontavano in quel periodo storico. La regia di Mario Monicelli è acclamata per il modo in cui cattura l’atmosfera dell’epoca e il fervore del movimento operaio. È un film che riflette sull’importanza dell’organizzazione e della solidarietà tra i lavoratori.

Film a episodi

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Negli anni Sessanta Monicelli si dedicò anche a film aneddotici: Boccaccio ’70 (1962), Alta infedeltà (1964) e Capriccio all’italiana (1968), anche se l’episodio da lui diretto in Boccaccio ’70 fu tagliato dal produttore Carlo Ponti , scatenando la protesta dei registi italiani che decisero di boicottare il Festival di Cannes del 1962, che avrebbe dovuto essere inaugurato proprio da questo film.

L’armata Brancaleone (1966)

In L’armata Brancaleone (1966) Monicelli presenta un racconto tragicomico medioevale. Il film viene selezionato al Festival di Cannes.

Trama: Il film è una commedia medievale che segue le avventure del cavaliere Brancaleone da Norcia, interpretato da Vittorio Gassman. Brancaleone è un cavaliere spericolato ma sfortunato che si mette alla guida di un gruppo eterogeneo di avventurieri alla ricerca di un castello in cui poter stabilirsi. Nel corso del loro viaggio, affrontano una serie di situazioni comiche e incontrano personaggi stravaganti.

Recensione: “L’Armata Brancaleone” è una commedia classica italiana con un umorismo spesso grottesco e situazioni esilaranti. Vittorio Gassman offre una performance memorabile nel ruolo di Brancaleone, e il film è noto per le sue scene esilaranti e le trovate comiche. È una pellicola che mescola l’ambientazione medievale con il sarcasmo e la satira sociale. Il film è diventato un cult nella cinematografia italiana.

La ragazza con la pistola (1968)

Tra i vari altri notevoli film meritevoli di menzione La ragazza con la pistola (1968), terza nomination all’Oscar.

Trama: Il film segue la storia di Rosalba Barletta, interpretata da Monica Vitti, una giovane siciliana che vive a Londra. Dopo essere stata violentata da un suo connazionale, Rosalba decide di vendicarsi e intraprende un viaggio attraverso l’Europa per cercare l’aggressore e ucciderlo. Nel corso del suo viaggio, Rosalba si trasforma da una donna timida e sottomessa in una donna forte e determinata.

Recensione: “La Ragazza con la Pistola” è noto per essere una commedia nera e satirica che affronta temi di vendetta, emancipazione femminile e differenze culturali. Monica Vitti offre un’interpretazione eccezionale del personaggio principale, e il film mescola elementi di umorismo nero con una riflessione sulla crescita personale di Rosalba. La pellicola è stata apprezzata per la sua narrazione unica e per l’approccio audace alle questioni sociali e di genere.

Vogliamo i colonnelli (1973)

Nel 1973 il film Vogliamo i colonnelli viene selezionato al Festival di Cannes.

Milano: un ordigno esplosivo fa crollare la Madonnina del duomo di Milano, provocando un’ondata di indignazione in tutta la nazione oltre che all’estero. L’assalto è stato organizzato da estremisti conservatori per colpa della sinistra, ma l’on. Giuseppe Tritoni, che appartiene al complotto, finisce per rompere con il suo partito politico. La “Grande Destra” resta in realtà la ricerca di un progetto di inserimento proprio nel sistema, realizzandosi come la celebrazione che desidera “la libertà nell’ordine e anche l’ordine nella libertà”.

Romanzo popolare (1974)

“Romanzo Popolare” è un film italiano diretto da Mario Monicelli nel 1974.

Trama: Il film racconta la storia di Michele, interpretato da Ugo Tognazzi, un impiegato di mezza età che conduce una vita piuttosto monotona con sua moglie, Elena, interpretata da Ornella Muti. Un giorno, Michele riceve una misteriosa lettera che lo invita a partecipare a una serata di gala esclusiva in una villa lussuosa. Convinto che sia un errore, Michele decide di andare comunque e vive una serata straordinaria. Tuttavia, quando torna a casa e racconta l’esperienza a Elena, le cose si complicano e la sua vita prende una svolta inaspettata.

Recensione: “Romanzo Popolare” è una commedia italiana che esplora temi di desiderio, tradimento e riscatto. Il film è noto per la sua interpretazione di Ugo Tognazzi e per il modo in cui affronta le sfide delle relazioni coniugali. Mario Monicelli offre una narrazione accattivante e il film offre una riflessione sulla complessità delle dinamiche familiari e dei desideri umani. È un film che mescola umorismo con una profonda esplorazione dei personaggi.

Amici miei (1975)

La regia cinematografica spettava a Pietro Germi, che non ebbe alcuna possibilità di realizzarlo a causa di una malattia. I titoli di testa del film, infatti, rendevano omaggio allo sceneggiatore con le parole “un film di Pietro Germi” e poco dopo appariva la scritta “con la regia di Mario Monicelli”.

Trama: Il film segue le vicende di un gruppo di amici di mezza età che vivono in Toscana. Questi amici, interpretati da attori famosi come Ugo Tognazzi e Gastone Moschin, conducono una vita eccentrica e spesso indulgono in scherzi e comportamenti stravaganti. Nonostante le loro differenze di personalità, sono legati da una forte amicizia. La trama esplora le loro avventure, le risate e anche le sfide che affrontano nella maturità.

Recensione: “Amici Miei” è una commedia classica italiana amata per il suo umorismo intelligente e per le performances eccezionali del cast. Il film offre una rappresentazione affettuosa e spesso commovente dell’amicizia tra uomini di mezza età. Mario Monicelli crea una narrazione coinvolgente che mescola momenti comici con riflessioni sulla vita e sull’amicizia. Il film è diventato un punto di riferimento nel genere della commedia italiana.

Caro Michele (1976)

Caro Michele ha fatto guadagnare a Monicelli l’Orso d’argento al Festival di Berlino nel 1976. Michele è un ventitreenne nel 1970. La storia di lui, quella di alcuni membri della famiglia e anche di diversi colleghi, viene raccontata dalle lettere che la mamma, il fratello e anche un ex amante gli mandano ai numerosi indirizzi in cui il ragazzo vive nel corso dei mesi.

Trama: Michele sembra essere coinvolto nelle tumultuose proteste politiche e studentesche del 1968. Abbandona Roma e fugge a Londra, lasciando alle spalle anche il padre malato, che muore in ospedale senza avere l’opportunità di rivederlo. Nonostante la distanza geografica, mantiene un contatto epistolare con la madre, le sorelle e gli amici. Inoltre, fa rimuovere un mitra nascosto nello scantinato in cui viveva, raccomandando di prendersi cura di Mara, una ragazza con cui ha avuto una relazione, anche se non è chiaro se sia la madre del suo bambino.

Un borghese piccolo piccolo (1977)

Il film successivo, girato nel pieno degli anni di piombo italiani, è un capolavoro: racconta il dramma tratto da un lavoro dello scrittore Vincenzo Cerami: Un borghese piccolo piccolo (1977) è un lavoro profondamente significativo, internazionale rispetto alle commedie tragicomiche di precedenti e successivi opere.

Trama: Il film racconta la storia di Giovanni Vivaldi, interpretato da Alberto Sordi, un uomo comune e borghese che vive una vita tranquilla con la sua famiglia a Roma. La sua esistenza viene sconvolta quando suo figlio viene ucciso in un tentativo di rapina. Giovanni, travolto dal dolore e dalla rabbia, decide di vendicarsi, iniziando una caccia senza quartiere all’assassino di suo figlio. Nel processo di vendetta, Giovanni scopre un lato oscuro di se stesso che non avrebbe mai immaginato di avere.

Recensione: “Un Borghese Piccolo Piccolo” è un dramma italiano noto per la sua potente interpretazione di Alberto Sordi e per la sua toccante esplorazione dei temi di dolore, vendetta e moralità. Il film mette in evidenza come una tragedia personale possa trasformare radicalmente una persona e spingerla a compiere azioni impensabili. La regia di Mario Monicelli e la performance di Sordi contribuiscono a rendere il film un’opera intensa e memorabile.

Viaggio con Anita (1979)

“Viaggio con Anita” è un film diretto da Mario Monicelli nel 1979.

Trama: Guido Massaccesi, un dirigente bancario di Roma, riceve notizie preoccupanti da sua sorella Oriana riguardo alla grave malattia del padre Armando. Senza esitazione, abbandona temporaneamente sua moglie Elisa e il figlio, intraprendendo un viaggio verso Rosignano Solvay, il loro paese natale, a bordo di una maestosa Alfa Romeo Giulietta.

Deciso a rendere il viaggio meno solitario, Guido decide di visitare Jennifer, la sua amante con la quale non ha avuto contatti per mesi. Tuttavia, la netta rifiuto di Jennifer di seguirlo lo costringe a cambiare i suoi piani. Invece di Jennifer, Guido decide di portare con sé Anita Watson, una giovane ventiseienne americana giunta a Roma alla ricerca di un architetto italiano conosciuto a Chicago.

Il film ha origine da un trattamento scritto nel 1957 da Federico Fellini e Tullio Pinelli, con un contributo nella stesura da parte di Pier Paolo Pasolini. Questo trattamento prendeva spunto dal viaggio effettuato l’anno precedente da Fellini, coincidendo con la morte di suo padre[1]. Attualmente, il trattamento è inedito in Italia, con l’unica edizione disponibile in lingua inglese[2]. Questa opera fa parte dei tre grandi “viaggi” concepiti da Fellini, insieme a “Mastorna” e “Tulum,” che purtroppo non hanno mai visto la luce sul grande schermo.

Nel 1989, in un’intervista concessa a Virgilio Fantuzzi per La Civiltà Cattolica, Fellini confessò: “Il soggetto cinematografico, forse il più bello che ho mai scritto, ma che poi non ho mai realizzato, si intitolava ‘Viaggio con Anita.’ L’ho venduto molti anni dopo, un po’ con riluttanza, a Grimaldi, che l’ha fatto realizzare da Monicelli, ma è diventato completamente diverso. Se ho un rimpianto, è legato al fatto di non aver mai portato a compimento quel film.”

Il marchese del Grillo (1981)

Il marchese del Grillo (1981), che si avvale anche di una straordinaria interpretazione di Alberto Sordi. Il marchese del Grillo gli fece vincere l’Orso d’argento come miglior regista al Festival di Berlino del 1982.

Trama: Roma papale, 1809. Il marchese Onofrio del Grillo, nobile romano alla corte di papa Pio VII, trascorre le sue giornate, che iniziano sempre in tarda mattinata (con i domestici della residenza reale tenuti a non emettere alcun tipo di suono fino a quando si alza), in una pigrizia più totale, visitando spesso le taverne, coltivando storie d’amore clandestine con gente comune e mantenendo una prospettiva ribelle agli occhi della madre e della parentela convenzionale, tirannica e anche bigotta.

Recensione: “Il Marchese del Grillo” è una commedia italiana amata per la performance straordinaria di Alberto Sordi nel ruolo del marchese. Il film offre un ritratto affettuoso e spesso comico di un aristocratico che sfida le convenzioni sociali del suo tempo. La storia è ricca di situazioni esilaranti e offre una riflessione sulla società dell’epoca. Il marchese Onofrio del Grillo è diventato uno dei personaggi più iconici del cinema italiano.

Speriamo che sia femmina (1985)

Negli anni Ottanta e Novanta lo sguardo del regista cambia ancora una volta: dallo sciovinismo maschile di Amici miei all’esaltazione del femminile racchiusa nella lavoro Speriamo che sia femmina (1985), con cui tornò ad ottenere grandi onorificenze dalla critica cinematografica e anche dal pubblico.

Trama: Una gruppo di donne risiede in un casale nella campagna toscana. Elena, una signora ragionevole ed energica, gestisce la fattoria, mentre la pratica e intelligente cameriera Fosca è la vera divinità tutelare della casa, che offre servizio a tutti. Fosca si occupa di 2 bambine, la figlia Immacolata e anche la nipote di Elena, Martina che è figlia di Claudia, famosa attrice residente a Roma, che per narcisismo e necessità di lavoro ha abbandonato la bambina lasciandola alla sorella Elena.

Parenti serpenti

Il successivo Parenti serpenti (1991) presenta i membri di una famiglia attraverso i conflitti tra generazioni, che culminano in un finale straziante e sbalorditivo.

Trama: La festa sta per essere celebrata. A Sulmona quattro ragazzi, insieme alle rispettive famiglie, si incontrano nella casa dei loro genitori: Saverio, sergente sostituto dei carabinieri fuori servizio attualmente affetto da una lieve demenza senile, e anche Trieste, ancora energica e anche vivace.

Il nucleo familiare è composto dai seguenti personaggi: Lina, una donna nevrotica che lavora nella biblioteca comunale di Teramo, il marito Michele, geometra dello stesso comune, cacciatore, tifoso della squadra del Pescara e democristiano e il figlio Mauro; Milena, casalinga entusiasta dei quiz televisivi, depressa per la sua sterilità, e il coniuge Filippo, importante maresciallo dell’Aeronautica Militare a Roma.

Recensione: Nel cuore di ‘Parenti Serpenti’ (1992) emerge una tavola imbandita, al centro di essa si erge una famiglia di medio-borghesi. Sono tutti pronti a sfogare le loro emozioni in modo esagerato, che siano lacrime, proteste teatrali o aggressioni convulse, mescolate con una dolcezza ipocrita. Questa famiglia, in apparenza unita nei loro egoismi e nei loro atteggiamenti da vittime, è infelice e malata. È bombardata dalle chiacchiere dei tabloid e dalla televisione, ma questo non la scagiona. Anzi, qui emergono chiaramente le asprezze dell’istinto di Monicelli, una famiglia che non merita perdono, ma che deve essere fatta esplodere, senza mezzi termini.

E la storia del film è narrata dal punto di vista di un giovane adolescente che osserva gli adulti con occhi ancora ingenui, anche se nella sua oggettività apparentemente semplice si cela il desiderio di ribellione e, allo stesso tempo, la compassione.

Cari fottutissimi amici

Nel 1994 realizza il grottesco Cari fottutissimi amici, con protagonista il genovese Paolo Villaggio. Il film, proposto al Festival di Berlino nello stesso anno, vince l’Orso d’argento.

Trama: Toscana, agosto 1944. Le operazioni di guerra si sono trasferite ancora più a nord e, in mezzo alla devastazione, un anziano ex pugile genovese raduna un gruppo di giovani con l’obiettivo di costituire una compagnia itinerante di spettacoli di pugilato, per racimolare un po’ di denaro.

Lungo la strada, si unisce loro un uomo di colore americano, evaso da un campo di prigionia e anche lui con aspirazioni da disertore, un precedente complice, l’ex fidanzata di un comunista e anche un cane. Tra feste di liberazione, riunioni improvvisate, contadini armati e matrimoni partigiani, il gruppo cercherà infine di tornare a Firenze.

Le rose del deserto (2006)

“Le Rose del Deserto” è un film del 2006, l’ultima opera diretta da Mario Monicelli, che si ispira liberamente al romanzo “Il deserto della Libia” di Mario Tobino e alla canzone “Il soldato Sanna” tratta dall’opera “La guerra d’Albania” di Giancarlo Fusco. Il titolo del film prende il nome dalla forma minerale del gesso chiamata “rosa del deserto”.

Trama: Libia, estate 1940. Durante la campagna del Nord Africa, una sezione sanitaria del Regio Esercito italiano (la Minotauro) si accampa a Sorman, una sperduta oasi nel deserto libico. La guerra lì appare come lontana, e ognuno cerca svago come può: il maggiore Strucchi scrivendo lettere alla giovane moglie, il tenente Salvi dedicandosi all’hobby della fotografia. Assieme a un frate italiano, i militari iniziano poi a prestare assistenza alla popolazione locale, bisognosa di cure mediche. Tutti sono convinti che la guerra finirà presto e che per Natale saranno a casa, ma arriva il momento della controffensiva inglese, che li costringerà a fare i conti con la realtà della guerra.

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