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Leonardo, la serie: un esemplare di Ninja Turtle nel Rinascimento

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Parliamo di Leonardo, la nuova serie RAI. Prima di tutto, una precisazione: quanto segue non vuole essere un aprioristico atto d’accusa contro tutte le serie televisive passate recentemente in RAI. Sarebbe sciocco. Perché c’è anche chi il suo mestiere lo sa fare, vedi l’ottimo Molaioli di cui avevamo apprezzato un anno fa in Bella da morire la confermata predisposizione per il giallo, la capacità di costruire personaggi interessanti e quella passione quasi morbosa per gli ambienti lacustri, che pare perseguitarlo come un fantasma. Non è da sottostimare il fatto che un simile talento narrativo fosse sbocciato proprio al debutto sul grande schermo, con La ragazza del lago (2007).

Ma se esistono le eccellenze, vi sono anche in circolazione, purtroppo, prodotti televisivi tronfi e pecorecci, deleteri per la propria crescita personale. Dispiace semmai che a volte ricevano più attenzione e persino più elogi di altri, per esempio in ambienti che possono tranquillamente essere definiti istituzionali…

Leonardo, la serie TV e la cultura

Ogni riferimento ai salamelecchi dell’incorreggibile Dario Franceschini di fronte a Leonardo, la serie televisiva ideata da Frank Spotnitz e Steve Thompson, è puramente voluto. Procediamo con ordine. Abbiamo ancora negli occhi la pacchianeria della prima puntata di questa co-produzione internazionale, che ha debuttato martedì 23 marzo con Aidan Turner come protagonista, nell’impegnativo ruolo di Leonardo da Vinci.

E mentre scriviamo di ciò, ancora indecisi se buttarci nella visione della seconda puntata (comunque una pessima idea) o sfidare alla roulette russa qualche vicino di casa parimenti depresso e abbrutito, continuano a rimbombarci nella testa le parole del Ministro della Cultura, o meglio, di questo “incaricato ministeriale della Fine della Cultura in Italia”.

Leonardo e Franceschini

Franceschini-Leonardo

Così si è espresso, tramite Twitter, il politico del PD:
“Gli ascolti hanno premiato un’altra volta la scelta di unire storia, bellezza e Italia. Il successo di Leonardo un’altra indicazione per la Rai ad investire sempre di più in cultura, cinema, audiovisivo”.
La domanda sorge spontanea: cosa avrà visto l’ineffabile Ministro, per giustificare una reazione tanto euforica? In pratica ci ha già risposto lui. Gli ascolti!

Non ci sembra peraltro che l’idea di “investire sempre di più in cultura, cinema, audiovisivo” sia stata finora la priorità di questo uomo di governo, completamente sordo durante tutta la pandemia di fronte agli strazianti gridi di dolore provenienti dai teatri e dalle sale cinematografiche, la cui prolungata chiusura è già eloquente atto s’accusa.

Però, da personaggio abituato ad anteporre alla sostanza qualche vetrina scintillante e possibilmente molto “glamour”, nell’universo così kitsch di questa serie TV deve essersi sentito subito a suo agio. Perché, diciamolo subito, nel Leonardo televisivo del Leonardo da Vinci storico è rimasto ben poco.

In un’intervista di parecchi anni fa, quel raffinato e purtroppo poco conosciuto regista di film storici che è Claudio Bondì, autore di pellicole come Il richiamo (1993), L’educazione di Giulio (2001) e soprattutto lo stupefacente De reditu – Il ritorno (2004), ci aveva detto di come dal Maestro in persona, di cui era stato assistente per gli ultimi progetti televisivi, avesse appreso e fatto sua la “lezione rosselliniana”,

Ovvero quel gusto per la verosimiglianza storica, espressa sul set non necessarimente con mezzi sfarzosi, ma attraverso pochi tocchi sapienti riversati tanto nella sceneggiatura che nella messa in scena. Praticamente tutto il contrario di ciò che abbiamo visto finora nel bolso Leonardo partorito in modo fracassone da Frank Spotnitz e Steve Thompson…

Ci perdonino le maestranze, perché non bisogna dimenticare che cinema e televisione sono anche fonte di lavoro per costumisti, scenografi, fonici, attrezzisti. Questo comparto produttivo si è comunque mosso bene, dal punto di vista professionale. L’ambientazione è piuttosto credibile. Ciò che la anima, invece, decisamente no.

Leonardo, la trama e lo stile (inesistenti)

Leonardo

Dalle prime scene apprendiamo che uno spaesato, quasi spiritato Aidan Turner alias Leonardo da Vinci è in carcere, accusato di quello che oggi verrebbe definito un “femminicidio”. Già qui il primo quesito: perché far partire la biografia di uno dei più grandi Geni del Rinascimento, da un episodio inventato che persino Dan Brown non si sarebbe azzardato a introdurre tanto maldestramente nel racconto?

Dopo l’incipit “giallo” degno di un lungometraggio di David Fincher scopiazzato male, prenderà però forma, in flashback, una fantasia para-rinascimentale ancora più insulsa, finanche noiosa, nell’ibridare scene madri da Un posto al sole a turbamenti post-adolescenziali più consoni a un qualsiasi teen movie americano anni ’90.

Il ricettario è ampio! La Storia dell’Arte ridotta a una competizione tra gli allievi del Verrocchio piena di gelosie e colpi bassi, quasi fosse una puntata di X Factor. il finto clamore di un bacio gay piazzato lì nella speranza che si scandalizzi almeno Pillon della Lega. La modella preferita di Leonardo, ovvero quella Matilda De Angelis che almeno è un piacere per gli occhi, ridotta allo stereotipo della strafiga del liceo un po’ frustrata, perché non riesce a “convertire” l’amico omosessuale.

Dobbiamo aggiungere altro? Fa un po’ impressione pensare che dopo aver visto negli ultimi anni al cinema documentari e docu-fiction ispirati alla Storia dell’Arte di ottima fattura, prendiamo ad esempio il Caravaggio – L’anima e il sangue coprodotto da Sky e affidato alla brillante regia del messicano Jesus Garces Lambert, il piccolo schermo debba invece riservarci tanta sfavillante pochezza.

Il festival dei paradossi

Paradosso per paradosso, l’iperbolico e fumettistico teenager genio protagonista dell’improbabile, pittoresco, ma a tratti divertente lungometraggio d’animazione Leo da Vinci – Missione Monna Lisa, coi suoi strani marchingegni e i poco realistici inseguimenti dei pirati (!!!), era riuscito almeno a sollazzarci un po’. A questo punto la decisione è presa. La sera del 30 marzo si andrà alla ricerca di qualche vecchio episodio delle Tartarughe Ninja coi verdastri Leonardo, Raffaello, Donatello e Michelangelo a rinverdire, seppur solamente coi nomi, i fasti del Rinascimento. Non sarà di certo peggio, rispetto a come ci sta provando l’americaneggiante prodotto televisivo sdoganato in RAI, che comunque auguriamo di non perdersi all’entusiasta Dario Franceschini, ultimo baluardo della (scomparsa della) Cultura in Italia.

Stefano Coccia

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