Nato a Varsavia nel 1897 Jean Epstein fu uno dei più famosi registi del cinema francese. Orfano di padre e si trasferì con la madre e la sorella, anche lei futura regista e sceneggiatrice, in Svizzera. Poi si spostarono in Francia, a Lione, dove Jean Epstein studiò medicina e conobbe August Lumière.
Jean Epstein era una personalità molto eclettica. Si interessa sia di cinema che di letteratura d’avanguardia, di scienza, filosofia, psicologia. Fondamentale è l’incontro con Blaise Cendrars che promuove la pubblicazione di La poesie aujourd’hui, un novel d’intelligence, nel 1921.
Jean Epstein: Bonjour Cinéma
Blaise lo introduce nei circoli dell’avanguardia impressionista,dove conosce Delluc e Abel Gance, con i quali collabora rispettivamente per Le Tonnare e la Roue e soprattutto Canudo, al quale nel 1923 dedica il documentario La montagne infidele, girato sull’Etna durante un eruzione e oggi perduto.
Al 1922 risalgono tanto l’esordio nella regia con il geografico Pasteur quanto la pubblicazione dei saggi la Lyrosophie e Bonjour Cinéma. In questi testi pone le basi di tutta la sua futura riflessione teorica sul cinema proseguito con straordinaria continuità fino agli ultimi anni di vita.
Per Jean Epstein ill cinema è il luogo di una sintesi rivoluzionaria definita lirosofica di scienze ed estetica. Il cinema è una macchina capace di generare sentimento, una percezione al tempo stesso oggettiva e soggettiva nata dalle scoperte del pensiero razionale ma produttrice di un’esperienza irrazionale e trascendente della realtà.
Questa concezione del cinema è anche la chiave del suo concetto di fotogenia, già utilizzato da Delluc, ma ripreso da Epstein in una nuova e originale accezione. La fotogenia è una creazione che il cinema realizza nell’atto stesso di riprodurre il reale, una reinvenzione del mondo ottenuta grazie alla singolare percettività dell’obiettivo alla sua capacità di rivelare dimensioni ulteriori dello spazio e del tempo.
I film di Jean Epstein
Jean Epstein tenta di concretizzare la sua ricerca sulla fotogenia già nel primo lungometraggio L’albergo rosso, tratto da Balzac, dove utilizza flashback, doppia esposizione, dissolvenza, angolatura insolita di molte riprese. Racconta in questo film una complessa storia a cornice.
Nel successivo Cuore fedele, melodramma ambientato nel porto di Marsiglia, la sperimentazione sulle possibilità creative del cinema giungie a produrre veri e propri stati visionari, come nel montaggio rapido della scena della giostra o nell’ indimenticabile primo piano della protagonista Gina Mantes, fluttuante sulle onde del mare.
L’attrazione esercitata su Jean Epstein dell’elemento fluido, che rivela nei suoi film l’ispirazione bergsoniana dei suoi scritti, è ancora evidente in La bella nivernese. Questo film sembra quasi un’anticipazione dell’Atalante di Jean Vigo: girato sulla Senna a bordo di una chiatta. A partire dal 1929 realizza una serie di documentari in Bretagna a partire dalla fine degli anni 20, dove l’elemento liquido è sempre presente.
I film su commissione
Associato alla corrente dei registi impressionisti Jean epstein crede all’inizio di poter coniugare la sua ricerca con le esigenze commerciali del cinema. Realizza una serie di film per la Albatros, giovane compagnia creata da un gruppo di registi e attori russi emigrati in Francia.
Uno di questi film è Il leone dei Mongoli con Ivan Mozzuchin, L’affiche, su sceneggiatura della sorella Maria, e Il cavaliere della notte, un filmone storico che aveva molto successo alla metà degli anni Venti, pieno di splendidi paesaggi. Ma l’esperienza del lavoro su commissione si vuole si rivela deludente.
I film indipendenti
Nel 1926, per garantirsi una maggior autonomia, Epstein dà vita ad una propria casa di produzione. Sono di questo periodo i suoi film muti più originali in cui il regista esplora non solo le nuove possibilità percettive del cinema, ma anche forme e materiali narrativi inediti come il triplice flashback che descrive l’enigmatica personalità di Lui, il protagonista di La glace à trois faces, o i temi di Edgar Allan Poe utilizzati per legare l’immagine ai valori primordiali della vita e della morte.
La caduta della casa degli Usher
In La caduta della casa degli Usher, a cui collabora il giovanissimo Luis Bunuel, già adottato dalla città di Parigi, sperimentare diverse forme molto affascinanti di rallenty ed esposizione multipla, per ottenere una sconcertante distorsione temporale, in cui la morte stessa non è più un evento irreversibile. Madeline, morta per essere divenuta immagine, torna dall’oltretomba per ricongiungersi al marito pittore che l’ha uccisa con la sua visione.
Nonostante la notevole attenzione suscitata dal film nel circuito dei cineclub nessuno di questi film indipendenti di Epstein riesce a imporsi sul mercato ufficiale e la casa di produzione fallisce. Pressato dai debiti Jean Epstein si rifugia in Bretagna. La scoperta del territorio bretone, regione di confine tra mare, Terra e cielo, ancora lontano dalla modernità, segna l’inizio di una nuova fase della sua vita e della sua originale ricerca artistica.
Finis Terrae
Finis Terrae è il nome di una piccola località affacciata sull’oceano Atlantico. Il film apre un nuovo ciclo di sperimentazione di Jean Epstein che unisce cinema ed etnografia, documentario e finzione, esplorando i volti ed i gesti di attori non professionisti, registrando il lavoro quotidiano nella raccolta delle alghe in Mon Vran, incorporando motivi delle narrazioni orali bretoni come la leggenda dell’oro nascosto sul fondo del mare in L’oro del mare, fino a sfruttare il lavoro di mago del cinema per rappresentare il pensiero magico ancora vivo fra quelle popolazioni in L’oro del mare e Canzone d’amore. La ricerca sulla Bretagna prosegue parallelamente alla ricerca sul sonoro e alla riflessione teorica della fonogenia.
Ma tutti i tentativi di ritrovare il successo di pubblico di film come Marius et Olive a Paris, Cuor di vagabondo, La femme du bout du monde, sono votati al fallimento e causa di conflitti con i produttori. In seguito allo scoppio della guerra e dell’occupazione nazista lo allontanano dal cinema per diversi anni riesce a trovare un incarico come operatore culturale alla Croce Rossa.
Ma nel 1944 per le origini ebraiche viene arrestato con la sorella dalla Gestapo, ma sopravvive. Subito dopo la guerra pubblica l’intelligence d’une machine e le Cinema diable, testi in cui organizza molte delle idee raccolte nel corso degli anni. Ha la gioia di poter tornare a vedere e registrare la Bretagna nel 1947, con il film Le tempestaire, splendido film finale con cui crea una sorta di terra immaginaria fatta di volti, spazi e suoni veri.
Con Le feux de la mer, rigoroso documentario sui fari dell’isola di Ouissant e della costa di Finistère. Negli ultimi anni della sua vita, malato, è ancora pieno di progetti: scrive saggi, soggetti, documentari, sceneggiature. Muore lasciando in eredità un cinema di sensibilità rarissima, pieno di vitalità e di sperimentazioni visive irripetibili. Un cinema fatto di confine tra terra e acqua, di isole e penisole. Un vero inno alla potenza di creazione del mondo naturale.