Intervista con Steven Paul Whatmough

Indice dei contenuti

Parla l’autore del brillante, originalissimo lungometraggio “The Korean from Seoul”

L’eccentrico film, dotato di una vena satirica dalla forte impronta anticapitalista, era stato selezionato per il Concorso Lungometraggi della seconda edizione di Indiecinema Film Festival. Ma solo ora siamo riusciti a contattare il giovane regista originario dell’Australia, che però al momento si trova in Corea del Sud per lavoro.
Giusto in tempo per la speciale serata che Indiecinema dedica al cinema indipendente australiano, in programma giovedì 3 ottobre (ore 20) al Circolo ARCI Arcobaleno di Roma!

Un curioso ponte tra la Corea e l’Australia

Nel tuo film, selezionato per la seconda edizione di Indiecinema Film Festival, attraverso il protagonista si instaura subito un eccentrico legame tra Australia e Corea. Come è nata questa idea? Ci sono ragioni autobiografiche dietro?

In termini di narrazione, il personaggio principale doveva semplicemente rappresentare un gruppo minoritario. Ho approfittato del fatto che avevo intenzione di rifarmi una vita in Corea, semplicemente per rendere il personaggio all’apparenza coreano e per fare alcune riprese a Seul, mentre visitavo il paese. L’ironia di fondo è che, sebbene ci fossero molti membri del cast originari di diversi paesi asiatici diversi, nessuno in realtà è coreano (con una minuscola eccezione).

Hai diretto “The Korean from Seoul”, risultandone poi uno dei personaggi principali. Com’è stato affrontare questo doppio ruolo, davanti e dietro la macchina da presa?

Non credo di aver mai creato alcun progetto performativo, in cui poi non includessi me stesso, quindi l’intero processo mi è sembrato abbastanza naturale. Ci sono due ragioni principali per cui recito nei progetti cinematografici che realizzo. Innanzitutto, non mi considero un grande attore, ma sono molto competente nel fare acrobazie e mi piace avere un motivo valido per fare cose stupide davanti alla videocamera, come possono essere le ridicole scene di combattimento. Penso che una delle motivazioni principali che mi spingono a fare film sia semplicemente inventare situazioni ridicole, spesso fisicamente caotiche, con cui gli attori possano interagire, e poi capire come giustificare la loro inclusione all’interno di una narrazione più ampia. La seconda ragione è che usare se stessi per interpretare un personaggio è pratica confortevole, per chi lavora con un micro budget. Rende anche le riprese più facili per coloro che non sono organizzati di natura, come me.

Un cast eterogeneo e diversi livelli di satira

Puoi dirci qualcosa anche sugli altri interpreti?

Ben Carew, che ha interpretato William Knoll e m’ha aiutato molto col “sound” inerente a ogni location e in generale con tutto il lavoro della troupe, su svariate scene, è un buon amico incontrato all’università australiana RMIT. Mi ha davvero aiutato moltissimo a girare un gran numero di scene. In realtà era molto riluttante ad interpretare il suo personaggio, perché non pensava di rendergli giustizia, ma c’è consenso unanime in giro sul fatto che abbia compiuto un lavoro brillante. Anche Andrew Pocock, che nel film interpretava Cliff Knoll, è un buon amico dell’RMIT che m’ha aiutato molto. Pui-Mei Doherty, che ha interpretato invece Chien Ling, all’epoca era solo una collega di lavoro, che, nonostante non aspirasse assolutamente a stare davanti a una videocamera, è stata così così gentile da fermarsi nel mio “studio” come “attrice”, un paio di volte dopo il lavoro. Penso di averle dato una bottiglia di vodka per affrontare i suoi problemi. Il personaggio che combatte il protagonista Nam-Hong nell’ultima scena era semplicemente un ragazzo che abbiamo incontrato per strada, si chiama Ivo. Non credo di aver mai più avuto contatti con lui. Anche se c’erano membri del cast che cercavano parti specifiche da interpretare, penso che tu possa esserti fatto un’idea generale di come gran parte del cast del sia stato assemblato.

Il comitato di selezione del nostro festival ha parecchio apprezzato sia il tono ironico di molte situazioni e dialoghi, sia quello spirito anticapitalista, ostile al neoliberismo selvaggio di oggi, che ci sembra di aver colto in più di un momento. Cosa puoi dirci a riguardo?

Mi piace l’ironia perché è un ottimo modo per sublimare i pensieri antisociali, supponendo che se ne abbiano i mezzi e la comprensione. In termini di spirito anticapitalista, The Korean From Seoul è risultato volutamente vago, ma il fatto che la maggior parte del film si svolga all’interno di una società commerciale, apparentemente grande, pone le basi per la descrizione di quegli ambienti e pratiche aziendali che subiscono qui il peso della satira. Non mi considero realmente qualificato per assestare colpi ben informati sui sistemi politici, ma mi piace provare a immaginare il comportamento e i processi mentali dei partiti che spingono al limite tali sistemi.

Un film sperimentale che ci ha ricordato anche Lars von Trier

Per quanto riguarda lo stile autarchico, eclettico, anarchico, sperimentale di molte scene, cosa puoi dirci invece?

Ne parlavo poco fa riguardo all’attrazione per l’aspetto performativo di situazioni bizzarre. Adoro mettere insieme un sacco di variabili e vedere cosa succede. È anche piuttosto conveniente, quando il processo di realizzazione del film è in qualche modo correlato all’argomento trattato, in questo caso la satira di culture aziendali insensate, condizioni di lavoro impossibili e sensibilità sociali sconcertanti. Un altro aspetto è semplicemente quello di compensare così l’assenza di una sceneggiatura completamente sviluppata. Devi lavorare con ciò in cui sei bravo, e sicuramente all’epoca non ero un narratore competente. Avere un mucchio di bottiglie di zucchero lanciate addosso aiuta col processo di improvvisazione.

Quali autori e generi cinematografici ti ispirano di più? Ad alcuni di noi, nel tuo lavoro, è piaciuto vedere qualcosa che ricorda “Il grande capo” (The Boss Of It All), un film di Lars von Trier…

Ho visto alcuni film di Lars von Trier molto tempo fa, ma non ho mai visto “The Boss Of It All“. Prometto che farò uno sforzo supplementare per guardarlo. Facevo di tutto per trovare film unici e interessanti, un tempo, ma ho perso interesse per certe questioni molto tempo fa. Ho stilato un elenco di cose che ritengo abbiano una certa responsabilità per il mio lavoro. Satirici: l’australiano Shaun Micallef e il britannico Chris Morris. Film: Trash Humpers di Harmony Korine e District 9 di Neil Blomkamp. Autore: l’australiano Peter Carey. Televisione: Trailer Park Boys di Mike Clatturburg.

Distribuzione, circuito festivaliero e cinema indipendente

Questo tuo film è poi uscito nelle sale o ha viaggiato maggiormente attraverso i festival? E avete già avuto contatti con il pubblico italiano prima del nostro evento?

The Korean From Seoul è terminato nel 2015. Ho provato a mandarlo ai festival cinematografici ma nessuno lo ha accettato, quindi l’ho lasciato marcire. Poi nel 2020, dopo aver abbandonato da tempo ogni interesse per tali cose artistiche, mi sono ritrovato annoiato a morte per via di una lunga serie di vacanze nazionali coreane dal lavoro. Quindi ho pensato che 5 anni fossero sufficienti per poter rivedere il film con occhi nuovi e rivisitarlo. L’ho modificato per renderlo più tollerabile agli umani ed è stato accettato in una variegata batteria di festival, metà dei quali molto probabilmente erano truffe. Penso che questa sarà la prima volta in cui viene proiettato in Italia. Inoltre, l’ho caricato su Filmhub ed è disponibile per lo streaming su una notevole varietà di piattaforme, in particolare Prime Video e Tubi.

Prima di tale lungometraggio, qual era la tua formazione cinematografica? E dopo averlo girato, hai fatto altri film o hai comunque in programma nuovi lavori?

Ho ricevuto una formazione molto ampia studiando Belle Arti (arti multimediali) all’università RMIT di Melbourne. Sebbene coprisse molti aspetti tecnici generali della produzione audiovisiva e della narrativa, lo studio lì si concentrava maggiormente sul video e sulla sound art, piuttosto che sulla produzione cinematografica. Il vero vantaggio di questo corso è stato fare amicizia e costruire rapporti di collaborazione con persone come, tra gli altri, Ben e Andrew.

Attualmente sto pianificando un nuovo lavoro. Ho scritto una sceneggiatura completa e ho avuto molta corrispondenza con una società di produzione interessata, ma non posso entrare ulteriormente nei dettagli finché non sarà confermato tutto. Tutto quello che posso garantire è che non realizzerò più contenuti indipendenti.

Più in generale, come è la situazione del cinema indipendente in Australia?

Non ne ho la più pallida idea, mi dispiace. Ho vissuto principalmente in Corea, negli ultimi 7~8 anni, e non seguo molto quello che succede in Australia.

Picture of Stefano Coccia

Stefano Coccia

0 0 voti
Film Rating
Subscribe
Notificami
0 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Inline Feedbacks
View all comments
0
Ci piacerebbe sapere cosa ne pensi.x